La civilta islamica: teoria fisica, metodo sperimentale e conoscenza approssimata. Tecnologia e meccanica
Tecnologia e meccanica: al-Murādī e la tradizione andalusa
Gli ingegneri andalusi non svilupparono metodi o macchinari radicalmente innovativi nel campo dell'ingegneria civile, che in epoca medievale si occupava principalmente dell'approvvigionamento idrico sia delle aree urbane sia di quelle rurali. Essi, tuttavia, non si limitarono a riprendere le tecniche di origine romana o visigota, ma introdussero i metodi amministrativi elaborati in Siria e realizzarono imponenti sistemi d'irrigazione, in particolare lungo il Guadalquivir e a Valencia. Una delle tecniche di irrigazione più diffuse nell'Andalus era la qanāt, una galleria sotterranea che serviva a raccogliere l'acqua di infiltrazione e a trasportarla attraverso una condotta quasi orizzontale. Questo metodo, di origine persiana, già noto ai Romani, fu diffuso in Spagna e nell'Africa del Nord dagli Arabi; Madrid ancora oggi viene approvvigionata di acqua da una di queste gallerie. Le dighe e i canali realizzati dai Romani furono conservati dagli Arabi, che però nel corso del X sec. ricostruirono molti dei sistemi d'irrigazione dei campi di riso intorno a Valencia e dei fertili terreni che circondano la città. Per quanto riguarda le macchine per il sollevamento dell'acqua, gli Andalusi furono i primi a introdurre in Europa sia la sāqiya e la nā῾ūra (noria) a trazione animale ‒ che divennero gli strumenti più largamente utilizzati nel Medioevo dalle fattorie unifamiliari per attingere l'acqua dai pozzi ‒ sia le norie idrauliche, delle quali si fece largo uso. Collegando la ruota di una noria con un asse di trasmissione, furono inoltre realizzati mulini ad acqua che consentivano di utilizzare l'energia idraulica per macinare i cereali o per scopi industriali, come dimostra l'esempio della produzione di carta a Jativa.
Questi dispositivi contribuirono ad aumentare la produzione di beni e a migliorare il tenore di vita della popolazione. Tuttavia, contrariamente a quanto si possa pensare, gli ingegneri andalusi non hanno lasciato alcun trattato tecnico riguardante questo ramo della tecnologia; le nostre conoscenze si basano quindi principalmente sulle testimonianze archeologiche e sui numerosi esempi di costruzioni e di tecniche meccaniche tuttora utilizzate. La fabbricazione di congegni di altro tipo, come orologi ad acqua o clessidre, giocattoli e automi, concepiti per il piacere estetico dei cortigiani, diede origine a una branca tecnologica a sé, caratterizzata da grande eleganza e raffinatezza, che si rivela molto utile per identificare l'origine e la trasmissione delle invenzioni. Anche in questo caso non ci sono pervenuti esemplari a causa della fragilità delle macchine; tuttavia si hanno istruzioni relative alla loro fabbricazione grazie ai dati riportati in alcune fonti scritte.
Le notizie riguardanti questi congegni non appaiono sempre in un contesto scientifico. Il primo autore musulmano che in un suo poema fa riferimento a un orologio ad acqua in grado di indicare le ore del giorno e della notte è ῾Abbās ibn Firnās (m. 887), un ingegnere e poeta attivo alla corte degli emiri andalusi ῾Abd al-Raḥmān II e Muḥammad I. Nel X sec. la moschea di Cordova era dotata di un pulpito manovrabile, che scompariva al termine del sermone. Nel XII sec., al-Zuhrī riferisce l'esistenza di due curiose clessidre, costruite a Toledo e attribuite a Ibn al-Zarqālī (m. 1100), il più importante astronomo dell'Andalus: questi calendari meccanici, che indicavano l'ora e il giorno del mese lunare, erano ancora funzionanti nel 1085, al momento della conquista della città da parte di Alfonso VI. Alcune fonti dell'XI sec. parlano infine di liuti automatici e di nastri trasportatori che collegavano la cucina di una casa con la sala da pranzo; quest'ultimo congegno, che consentiva di portare le pietanze in tavola e di riportare i piatti vuoti in cucina senza l'intervento umano, era già noto a Damasco.
I numerosi trattati tecnici originari del Mashreq giunti sino a noi forniscono un'idea sufficientemente precisa delle invenzioni più significative. I trattati andalusi scampati alla distruzione sono invece pochissimi: restano, infatti, solo due testi che trattano direttamente tale argomento. Il primo autore che è possibile associare a questa branca della tecnologia è Aḥmad o Muḥammad ibn Ḫalaf al-Murādī, vissuto nell'XI sec., del quale però ancora non si hanno notizie certe. La sua unica opera conosciuta, è il Kitāb al-Asrār fī natā᾽iǧ al-afkār (Libro dei segreti sui risultati dei pensieri), che costituisce la più importante fonte di informazioni sulla meccanica di precisione andalusa in nostro possesso. La copia ancora esistente del Kitāb al-Asrār fu realizzata nel 1266 ed è il primo dei testi contenuti in una raccolta di trattati scientifici arabi conservata nella Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze (Or. 152). Le opere contenute in tale raccolta sono uno dei rarissimi esempi di testi arabi copiati a Toledo, alla corte di Alfonso X di Castiglia, e rappresentano un chiaro indizio dell'interesse nutrito dal re per questo genere di tecnologia.
Lo scopo del suo libro, afferma al-Murādī, è quello di favorire la riscoperta di una scienza che stava cadendo nell'oblio. Rispetto ai delicati meccanismi descritti nei trattati prodotti nei paesi dell'Oriente islamico, le macchine di al-Murādī si distinguono per le loro notevoli dimensioni, per la loro potenza e per una serie di importanti innovazioni. Egli presenta 31 modelli di macchine. I modelli dal numero 1 al numero 5 rappresentano grandi congegni dotati di movimenti a orologeria e di automi meccanici, ma privi di una specifica funzione di misurazione del tempo, mentre quelli dal 6 al 20 e quelli dal 27 al 30 si riferiscono a orologi veri e propri, dotati anch'essi di automi meccanici e progettati per indicare le ore stagionali. I modelli dal 21 al 24 riguardano macchine da guerra a forma di torre, mentre i modelli 25 e 26 raffigurano macchine per attingere l'acqua dai pozzi. Il modello 31 è presentato come una meridiana universale; si tratta quindi di uno strumento astronomico più che di un congegno meccanico, circostanza che rende evidenti gli stretti rapporti che legavano all'epoca questi due campi della scienza.
Sfortunatamente il manoscritto non è del tutto leggibile; in media, il 40% di ogni pagina è stato irrimediabilmente danneggiato da tagli, strappi o dall'umidità. Inoltre, le descrizioni sono brevi e ambigue e la loro comprensione non è migliorata dalle illustrazioni, schematiche e prive di ogni rappresentazione delle figure umane o animali. Benché le condizioni del manoscritto siano tali da rendere estremamente difficile la comprensibilità del funzionamento dei meccanismi operativi, è stato però possibile identificare alcuni elementi fondamentali delle prime cinque macchine e giungere a una ricostruzione della prima e a una descrizione completa della seconda. Si tratta di due macchine a energia idraulica, dotate di una serie di meccanismi che permette agli automi meccanici di eseguire una breve scena drammatica. I personaggi della prima macchina sono due fanciulle, quattro gazzelle, tre serpenti e un uomo dalla pelle nera. Quando l'azione ha inizio, le due fanciulle escono da un padiglione e le gazzelle iniziano a bere. Subito dopo, l'uomo emerge da un pozzo, e dopo un certo tempo compaiono i serpenti e tutti i personaggi ritornano alla posizione di partenza. La scenetta si svolge sul coperchio di una scatola contenente i meccanismi che generano i movimenti di tutti i personaggi e lo spettacolo può essere programmato in modo da iniziare a intervalli di tempo regolabili, acquistando così una funzione di segnatempo.
In questo strumento il meccanismo utilizzato per trasformare l'energia potenziale dell'acqua in un movimento alternato trasferito agli automi è il bilanciere; la macchina contiene in tutto tre bilancieri. Di questi, due sono composti da un'asta dotata di un fulcro centrale, a un'estremità della quale è sospesa una tazza, bilanciata all'estremità opposta da un contrappeso; quando la tazza è piena d'acqua, l'asta ruota attorno al fulcro, producendo il movimento di uno dei personaggi. Una valvola posta sul fondo della tazza permette quindi all'acqua di fuoriuscire, producendo il movimento contrario. L'elemento più interessante è però costituito dal terzo bilanciere, che è fornito di due tazze, collocate alle due estremità della sbarra oscillante. Un tubo, dotato di una valvola, dirige automaticamente il flusso dell'acqua verso la tazza che si trova più in alto, producendo un movimento alternato analogo a quello fornito dagli altri due bilancieri. L'aspetto maggiormente innovativo del terzo bilanciere è costituito da un tubo parzialmente riempito di mercurio e collegato all'asta, che consente di regolare la frequenza del movimento oscillatorio.
I modelli dal 2 al 5 sono mossi da ruote idrauliche di vario tipo, a seconda dell'intensità e delle caratteristiche del flusso d'acqua. Come quelle dei mulini ad acqua, sono collegate a un'asse che trasmette il moto rotatorio alla macchina. Anche questi congegni sono basati su una serie di movimenti alternati, che permettono l'esecuzione di azioni diverse. La macchina numero 2 è fornita di una coppia di percorsi simmetrici, che rappresentano la stessa scena: un cavaliere insegue un fante, che si nasconde prima di essere raggiunto; il cavaliere torna quindi nella posizione iniziale. La macchina numero 3 rappresenta un cieco e un cane, che si muovono avanti e indietro. Nella numero 4 si assiste invece a un combattimento tra due capre, che si scontrano a intervalli regolari. La macchina numero 5 mette in scena una battaglia tra due gruppi di soldati usciti dai rispettivi castelli, nei quali rientrano al termine dell'azione. In questi modelli il moto rotatorio continuo è trasformato in moto alternato per mezzo di treni di ingranaggi, che combinano ruote segmentali e ruote epicicliche. Le ruote segmentali sono dotate di denti solo in alcuni tratti della loro circonferenza, in modo da produrre una trasmissione intermittente del moto. Gli ingranaggi epiciclici sono costituiti invece da un asse articolato in un punto prossimo alla circonferenza della ruota, in modo da trasformare il movimento circolare in moto rettilineo alternato. L'opera di al-Murādī rappresenta la più antica testimonianza dell'applicazione di questa invenzione alla trasmissione di una grande coppia motrice.
Un secondo testo che conferma l'esistenza nell'Andalus di una tradizione di studi nel campo della meccanica di precisione è anch'esso legato al regno di Alfonso il Saggio, ma non è scritto in arabo. Si tratta dell'ultimo dei Libros del saber de astronomía, redatto in castigliano nel 1277 e contenente la descrizione di cinque orologi. Tranne il relogio de la candela, un orologio a candela, l'invenzione degli altri quattro è attribuita a Isḥāq ibn Sīd (XIII sec.), il principale consigliere scientifico del re e con ogni probabilità il copista del Kitāb al-Asrār di al-Murādī. L'orologio più interessante era dotato di un astrolabio che compiva una rivoluzione completa ogni ventiquattr'ore; il suo funzionamento era assicurato da un peso sospeso a una corda arrotolata intorno a un asse e la velocità del movimento era regolata dal flusso di mercurio attraverso i successivi compartimenti di un contenitore cilindrico di legno. Tra il XVI e il XVIII sec. non era raro incontrare nelle aree rurali di diversi paesi europei delle versioni più recenti di questo tipo di orologio, in cui il mercurio era sostituito con acqua. Questa tradizione di studi meccanici proseguì anche nei secoli successivi sia nel Maghreb, sia in Europa. Benché finora non siano state ancora effettuate ricerche sui possibili influssi esercitati dal Kitāb al-Asrār sugli orologi descritti nei Libros del saber de astronomía, è evidente che questi congegni, con i meccanismi e le tecniche in essi incorporati, servirono da base ai successivi sviluppi della tecnologia europea. A eccezione dello scappamento meccanico, infatti, tutte le tecniche contenute nell'orologio meccanico ‒ la più importante macchina inventata nel corso del Medioevo ‒ erano già utilizzate nei meccanismi a orologeria andalusi.
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