Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Sul finire del XIV secolo, esauritasi la fase più intensa delle traduzioni dall’arabo, le scienze matematiche europee affrontano un periodo di sviluppo in massima parte concentrato sull’analisi e sulla critica di quanto già svolto dagli studiosi greci e islamici. Nel XV secolo si condensano le fasi più problematiche di questo processo, accompagnate da un sempre più marcato disconoscimento del debito culturale contratto con il mondo islamico in favore di una sempre più stretta identificazione – di fatto più mitizzata che reale – del pensiero scientifico cristiano come discendente diretto del pensiero greco.
I fattori che determinano il nuovo atteggiamento del mondo latino verso le eredità greca e islamica sono molteplici e non necessariamente legati ai contenuti delle discipline matematiche. Il più evidente di essi è la diffusa e giustificata preoccupazione per l’avanzare dei Turchi nel bacino del Mediterraneo, presentati come terribili nemici dal potere imperiale e da quello ecclesiastico. Anche se l’espansione turca crea nuove aree di sovrapposizione fra le culture cristiana e islamica, generando situazioni per alcuni versi analoghe a quelle presenti nei secoli precedenti nelle aree meridionali di Spagna e Italia, il passaggio di informazioni scientifiche da Oriente a Occidente è nella maggior parte dei casi mantenuto sotto silenzio. Secoli di rivalità politica, economica e religiosa, culminati nella lunga stagione delle crociate, avevano minato la convivenza pacifica fra le due culture e ridotto sensibilmente il livello di tolleranza per il diverso proprio del mondo cristiano, di per sé già basso.
Soprattutto dopo il 1453, anno della caduta di Costantinopoli (l’odierna Istanbul) in mano ai Turchi, la penisola balcanica si trasforma nella terza porta di ingresso del sapere matematico islamico in Europa, e specialmente di quello astronomico prodotto fra il XIII e il XIV secolo nelle aree mediorientali soggette all’Impero ottomano. Allo stesso tempo, per effetto della conquista turca, molti matematici bizantini abbandonano i relitti dell’Impero d’Oriente e cercano rifugio in Italia, dove introducono manoscritti in lingua greca di opere antiche e recenti. Tuttavia, mentre nei lavori degli autori europei della seconda metà del XV e di tutto il XVI secolo si può cogliere menzione diretta dei nuovi testi greci entrati nel mondo latino, non altrettanto si può dire per le influenze islamiche più recenti. Queste ultime si rivelano soltanto per cenni o per via indiretta, cioè attraverso la troppo evidente somiglianza di alcune teorie e di alcuni strumenti scientifici europei con quelli elaborati a Maragha, a Damasco, a Samarcanda e, successivamente, a Istanbul. Ammettere di aver adoperato materiali scientifici islamici diversi da quelli ormai già liberamente circolanti in Europa significava di fatto esporsi ad accuse di connivenza con l’aborrito nemico o di eresia.
Non sono solo i fattori esterni a modificare l’ordine esteriore dei rapporti con le scienze matematiche greche e islamiche. La grande quantità di traduzioni disponibili genera altri fenomeni collegati all’atteggiamento con cui i matematici europei affrontano i lavori dei predecessori. Dalle traduzioni delle opere filosofiche e scientifiche greche circolanti, e soprattutto da quelle di Archimede di Siracusa, molti studiosi traggono la convinzione che il mondo sensibile sia misurabile, interpretabile e rappresentabile con la geometria, nonché costituito da un continuum omogeneo finemente divisibile. Per esempio, nel XIV secolo Nicola Oresme si convince che qualunque cosa misurabile possa essere immaginata nella forma di una quantità continua, rappresentabile graficamente.
Su questa base affronta utilmente lo studio del moto uniforme e del moto uniformemente accelerato, elaborando alcuni schemi nei quali la velocità acquisita da un corpo in caduta e il tempo trascorso, se messi in relazione diretta, si traducono in rette e aree. Sebbene non altrettanto sottile, anche Nicola Cusano si incammina lungo un percorso interpretativo nel quale è ormai radicata la convinzione che ogni vera conoscenza scientifica debba basarsi su accurate misurazioni. Egli trae inoltre ispirazione dai metodi geometrici di Archimede per condurre un personale tentativo di risolvere il vecchissimo problema della quadratura del cerchio calcolando la media fra i perimetri dei poligoni regolari inscritti e circoscritti a una circonferenza. Per quanto in definitiva fallimentare, o forse proprio per questo, il tentativo di Cusano contribuisce ad alimentare il dibattito sulle conoscenze matematiche dei Greci.
Il grande interesse per l’antichità proprio del XV secolo induce alcuni studiosi ad adottare un atteggiamento critico sul ruolo avuto dall’intermediario islamico nella trasmissione del sapere greco. Ne emerge il sospetto che le scarse potenzialità di alcuni metodi matematici e la mancata aderenza ai fenomeni sensibili di alcune teorie scientifiche non sussistessero nell’enunciazione originale, ma derivassero dalle molteplici occasioni di errore insite nell’elaborato processo di traduzione dal greco all’arabo e dall’arabo al latino. L’intermediario islamico poteva inoltre avere alterato i contenuti originali anche rielaborando, togliendo e aggiungendo parti essenziali. Infine, non tutto il sapere matematico greco poteva essere stato tramandato e preziosi documenti giacevano forse ancora nascosti nelle biblioteche dell’Impero d’Oriente. In definitiva, intorno alla metà del XV secolo, insieme a una crescente ammirazione per le scienze greche, i matematici europei acquisiscono la consapevolezza che la presenza di uno o più intermediari fra la forma originaria e la forma acquisita del sapere greco poteva essere la principale responsabile di quanto in tale sapere sembrava non funzionare.
Johann Müller di Königsberg (1436-1476), meglio conosciuto con il nome latinizzato di Regiomontano, è senza dubbio la figura più significativa e autorevole del processo di recupero dei classici matematici greci. Formatosi all’Università di Vienna sotto la guida di Georg Peurbach, del quale in breve diviene stretto collaboratore, Regiomontano intrattiene attivi rapporti culturali con Giovanni Bessarione, nominato cardinale a Roma dal 1439 per gli sforzi profusi nel tentativo di riunificare le Chiese latina e greca. Dopo la caduta di Costantinopoli, divenuto uno dei più importanti esuli di lingua greca presenti sul suolo italiano, Bessarione si reca come legato pontificio a Vienna, per ottenere dall’imperatore Federico III (1415-1493) e dai principi germanici il sostegno militare indispensabile per organizzare una crociata di riconquista. Attivo propagandista dell’importanza del sapere greco, una volta giunto a Vienna nel 1460, Bessarione incontra sia Peurbach, sia Regiomontano ed esercita su entrambi il proprio potere di persuasione prospettando la necessità di rintracciare e recuperare tutti i manoscritti matematici greci presenti nella cristianità. I due matematici si mostrano molto sensibili al suggerimento al punto di pianificare un viaggio in Italia. A causa della morte improvvisa di Peurbach, solo Regiomontano segue Bessarione nella missione di studio e di ricerca di quei manoscritti che gli esuli greci di Costantinopoli si diceva avessero portato con sé. Egli rimane in Italia per sei anni stringendo rapporti con i più alti esponenti del clero, studiando il greco e raccogliendo preziosi materiali documentari. Dal 1467 al 1471 si trasferisce in Ungheria, dove accanto all’insegnamento all’Università di Pressburg (l’odierna Bratislava) viene probabilmente in contatto con le informazioni scientifiche che filtrano dall’Oriente attraverso l’area balcanica. Una volta rientrato negli Stati germanici, mette infine in atto i propri ambiziosi piani di recupero delle matematiche greche secondo le linee guida che si vanno delineando nella cultura europea. Stabilitosi a Norimberga, grazie all’aiuto del ricco mecenate e allievo Bernhard Walther, Regiomontano realizza in primo luogo un osservatorio astronomico equipaggiato con gli strumenti descritti da Claudio Tolomeo nell’Almagesto. In questo modo egli si colloca come elemento di punta in quella tradizione di ricerca che ormai prevede l’elaborazione di teorie scientifiche solo a partire da una valida e aggiornata base osservativa. In secondo luogo Regiomontano impianta una stamperia per mezzo della quale diffondere nuove traduzioni di classici scientifici greci e altre opere matematiche moderne. Egli coglie infatti l’importanza che il nuovo mezzo tecnologico della stampa, apparso in Europa intorno alla metà del secolo, avrebbe avuto per la diffusione delle scienze matematiche.
Proprio in relazione all’ampia circolazione che un’opera a stampa avrebbe avuto rispetto alla limitata portata di una sua versione manoscritta, Regiomontano si interessa ai due problemi fondamentali concernenti l’accurata traduzione dei testi e l’intelligibilità della veste grafica. A differenza delle opere a stampa di contenuto religioso, storico e letterario, che entro la fine del secolo avrebbero toccato il considerevole numero di 30 mila, la realizzazione di opere di contenuto matematico richiede competenze tipografiche speciali. Oltre ai caratteri dell’alfabeto, esse impiegano cifre numeriche di vario genere, simboli speciali (fra cui le lettere greche), diagrammi e figure la cui funzione sarebbe stata compresa a pieno dal lettore solo attraverso una presentazione limpida e ordinata della pagina stampata. Nel 1474, a conclusione della propria riflessione su tali questioni, Regiomontano pubblica in una raffinata versione bilingue, latina e tedesca, il proprio Kalendarium, contenente le posizioni astronomiche e i principali fenomeni celesti previsti per il periodo dal 1475 al 1531. Intorno al 1475 stampa invece il prospetto di un ambizioso progetto editoriale, rimasto in massima parte incompiuto a causa della sua precoce scomparsa nell’anno seguente. Il prospetto comprendeva nuove traduzioni dal greco degli Elementi di Euclide, di tutte le opere superstiti di Archimede, delle Coniche di Apollonio di Perga, della Geografia, dell’Almagesto, del Tetrabiblos e delle Armoniche di Claudio Tolomeo, del Commentario all’Almagesto di Teone di Alessandria (IV sec.), e via dicendo.
Nonostante questa operazione di recupero culturale, che affronta tutte le discipline del quadrivio (aritmetica, geometria, astronomia e musica) e che viene ripresa da altri studiosi del XIV e del XV secolo, i matematici europei non tornano mai a servirsi dei metodi e del formalismo greco, ormai poco comprensibili nella loro versione originaria. Essi proseguono invece sulla via della fusione dei contenuti greci con il formalismo islamico, intrapresa nel XIV secolo, e attraverso di essa preparano il terreno alla grande fioritura scientifica del XVI e del XVII secolo.