L'Ottocento: matematica. Immagini della matematica nell'Ottocento
Immagini della matematica nell'Ottocento
Il panorama della matematica negli ultimi decenni del XIX sec. è per molti aspetti quello familiare ancora oggi. Fare matematica è una professione socialmente riconosciuta. I matematici non sono più gli sparuti accademici del Settecento, che vivono della generosità di qualche sovrano più o meno illuminato; sono in generale dei professori, e i luoghi della ricerca sono soprattutto le università e gli istituti di istruzione superiore. Alle memorie e ai resoconti delle accademie si sono affiancate riviste che riflettono il crescente processo di specializzazione della disciplina. Tale stato di cose, che accomuna i paesi più avanzati in campo matematico, è il risultato del percorso complesso e differenziato che l'indagine storica dello sviluppo di questa scienza nel corso del secolo mette in evidenza. Lontano dall'essere lineare, è un percorso che riflette il prevalere nei vari Stati di tradizioni e scuole che privilegiano temi di ricerca differenti e pongono in primo piano diversi valori e concezioni della matematica. Nonostante il suo carattere di scienza astratta, che a prima vista sembra assicurarle uno statuto speciale, indifferente alle vicende terrene, anche per la matematica come per le altre scienze della Natura, le profonde differenze politiche ed economiche esistenti tra i diversi Stati fanno da sfondo e motivano arretratezze e sviluppi disuguali, diversità di concezioni, di intenti e priorità.
Quello delineato nelle pagine seguenti è un panorama sostanzialmente europeo. Infatti, fino alla fine degli anni Settanta del XIX sec., il periodo qui considerato, la storia della matematica è essenzialmente il racconto dello sviluppo della disciplina in Francia e Germania in primo luogo, e poi in Italia e Gran Bretagna, con l'apporto di qualche contributo della Russia o dei paesi dell'Impero austro-ungarico. Soltanto verso la fine del secolo si affacciano sulla scena matematica realtà fino ad allora marginali come gli Stati Uniti o l'Estremo Oriente. L'ordine non è casuale. Nella prima metà del secolo è la Francia il paese dominante in campo matematico; le rivoluzioni che ne hanno segnato la storia politica hanno anche scandito la storia della sua istituzione più originale e prestigiosa, l'École Polytechnique, lasciando una traccia profonda in matematica.
Dalla fine del Settecento Parigi è il centro della matematica mondiale e l'École Polytechnique la fucina di generazioni di matematici. La scuola, con il nome di École Centrale des Travaux Publiques, viene istituita con un decreto del Comité de Salut Public del 21 ventoso anno II (11 marzo 1794). Nell'agosto 1793 l'Académie Royale des Sciences era stata soppressa, insieme a tutte le istituzioni basate su principî elitari, e gli académiciens erano stati mobilitati per far fronte alle necessità e alle urgenze della patria in pericolo. Però, come aveva ripetuto l'"organizzatore della vittoria" Lazare Carnot (1753-1823), un ingegnere allievo a suo tempo di Gaspard Monge (1746-1818) all'École du Génie di Mézières, la Repubblica aveva bisogno di savants, di ingegneri civili e militari per costruire ponti e strade, bastioni e terrapieni, e poi di astronomi, di meccanici, di geometri. è per far fronte a tali necessità che nasce l'École Centrale; vengono selezionati quattrocento allievi mediante un concorso che si svolge in ventidue città e, nel dicembre 1795, si tengono i primi "corsi rivoluzionari". L'obiettivo dell'École non è soltanto quello di formare "ingegneri di ogni genere", ma anche di "ristabilire l'insegnamento delle scienze esatte, che era stato sospeso per la crisi della rivoluzione" (Fourcy 1828).
Nel progettare la scuola Monge si ispira alla sua esperienza a Mézières e alle idee illuministe del filosofo e matematico Jean-Antoine-Nicolas Caritat de Condorcet (1743-1794): l'intento è istruire i cittadini e diffondere l'insegnamento scientifico e tecnico. è un progetto ambizioso ed enciclopedico, basato sull'idea che l'insegnamento debba essere intimamente legato alle applicazioni. Il "principio d'applicazione" definisce la gerarchia delle scienze e determina l'organizzazione del piano degli studi; da qui il ruolo privilegiato attribuito alla geometria descrittiva. Per Monge, essa non è soltanto la scienza che insegna a "rappresentare con esattezza oggetti tridimensionali in disegni che hanno solamente due dimensioni" con il metodo della doppia proiezione ortogonale, ma è anche il linguaggio comune all'uomo di genio e all'artista, ed è soprattutto materia di grande interesse strategico per le sue applicazioni alla progettazione di macchine, di ponti, di terrapieni e di fortificazioni. Accanto alla geometria descrittiva, che occupa quasi la metà delle ore di lezione, si colloca l'analisi matematica, considerata soprattutto per le sue applicazioni alla geometria e alla meccanica. Le lezioni teoriche sono accompagnate da esercitazioni pratiche nei laboratori, dove gli allievi eseguono tavole e realizzano esperienze sotto la guida di répétiteurs. Alla fondazione dell'École Centrale fa seguito nell'anno III l'istituzione dell'École Normale Supérieure, dove lo stesso Monge, Joseph-Louis Lagrange (1736-1813) e Pierre-Simon de Laplace (1749-1827) sono chiamati a tenere corsi finalizzati alla formazione degli insegnanti.
Dopo Termidoro le cose cambiano radicalmente. L'École Normale viene chiusa, l'École Centrale, ribattezzata Polytechnique, è ristrutturata negli scopi e nell'insegnamento. Abbandonate le ambizioni enciclopediche di Monge, progressivamente ridotto il numero degli studenti selezionati ogni anno sulla base di un concorso (alla fine saranno duecento), all'École Polytechnique viene riservato l'insegnamento di metodi generali e astratti, destinati a essere applicati nelle varie "scuole d'applicazione" (richiamate in vita dall'Ancien Régime) alle quali i polytechniciens possono accedere mediante un esame che sostengono dopo due anni di studio. L'École des Ponts et Chaussées, l'École des Mines, l'École de l'Artillerie, l'École du Génie garantiscono l'ingresso nei corrispondenti Corps professionali.
Durante l'Ancien Régime, le armes savantes come l'artiglieria e l'ingegneria militare erano alla lunga divenute privilegio esclusivo dei nobili. Ora a esse si accede attraverso un concorso meritocratico che si svolge sull'intero territorio nazionale ed è basato su un esame in cui la matematica riveste un ruolo essenziale, sia per la sua importanza nella futura professione, sia per la convinzione che consenta di misurare l'intelligenza dei candidati. L'École Polytechnique diventa la scuola di formazione dei quadri tecnici del paese, il passaggio obbligato per accedere ai vari corpi dello Stato, sia in campo civile sia militare, e la matematica acquista il peso dominante nella formazione scolastica francese, che da allora è rimasto sostanzialmente immutato. Come immutate sono le conseguenze della decisione presa nel 1804, quando la scuola è posta sotto la direzione di un generale e gli studenti diventano cadetti soggetti alla disciplina militare. Contemporaneamente Napoleone riapre l'École Normale Supérieure, cui affida il compito di formare insegnanti per le scuole secondarie. In quegli anni si viene così delineando il sistema di istruzione superiore caratteristico della Francia.
Con l'istituzione delle grandes écoles cambia definitivamente anche il ruolo sociale del matematico. Non più un dotto o un accademico che pubblica i risultati delle sue ricerche negli atti delle Accademie o in grandi trattati, come avveniva di norma nel Settecento; con il nuovo secolo il matematico è soprattutto un insegnante, nelle grandes écoles, nelle università o nelle accademie militari, che scrive manuali per studenti e pubblica in riviste che diventano sempre più specializzate e si affiancano alle pubblicazioni accademiche. Il "Journal" e la "Correspondance" dell'École Polytechnique ne costituiscono i primi esempi, insieme alle "Annales de mathématiques pures et appliquées", fondate nel 1810 a Montpellier da Joseph-Diez Gergonne (1771-1859).
La necessità di manuali per prepararsi all'esame di ammissione alla scuola, seguirne i corsi e poi sostenere l'esame finale determina una produzione di libri di testo senza precedenti, che alimenta una vera e propria industria libraria in grado di poter contare su tirature di migliaia di copie per i manuali di algebra, di geometria e di calcolo infinitesimale più adottati, come quelli di Sylvestre-François Lacroix (1765-1843) o Adrien-Marie Legendre (1752-1833), a lungo ristampati, tradotti all'estero e divenuti celebri. Di conseguenza, cresce nel paese il livello delle conoscenze matematiche. D'altra parte, la difficile competizione per esservi ammessi e l'elevato livello dei suoi corsi aumenta non soltanto il prestigio dell'École, che attira giovani brillanti da ogni parte d'Europa, ma anche il valore e il ruolo sociale attribuito alla matematica e ai matematici.
"I primi geometri d'Europa" sono coinvolti a vario titolo nella vita dell'École Polytechnique fin dalla sua creazione. Lagrange vi tiene corsi facoltativi che hanno dato origine a celebri opere come il Traité des fonctions analytiques (1797) e le Leçons sur le calcul des fonctions (1806). La teoria di Lagrange mostra come passare da una data funzione alle sue funzioni derivate, e viceversa, mediante regole "semplici e uniformi", operazioni puramente algebriche che corrispondono alle ordinarie operazioni di derivazione e integrazione. Questa concezione algebrica permette di trattare dallo stesso punto di vista i fondamenti del calcolo e le sue applicazioni alla geometria e alla meccanica. Del resto, la Méchanique analitique (1788) aveva mostrato come si poteva "ridurre la teoria della meccanica e l'arte di risolvere i problemi a essa connessi a delle formule generali il cui semplice sviluppo fornisce tutte le equazioni necessarie". In una parola, ridurla a essere "una nuova branca" dell'analisi, il cui fondamento è dato dalla teoria delle funzioni analitiche. L'influenza di Lagrange è determinante e l'analisi matematica diventa il fulcro dell'insegnamento.
Più che l'austero e schivo Lagrange, il grand patron della scienza francese dell'epoca è tuttavia Laplace, che sa coniugare in maniera magistrale le sue grandi doti matematiche con un'abilità politica che lo guida indenne attraverso il fuoco della Rivoluzione e della reazione termidoriana per approdare con Napoleone alla nobiltà imperiale che riesce a mantenere dopo il ritorno dei Borboni. Nel 1816, all'indomani della Restaurazione gli viene affidata la riorganizzazione dell'École Polytechnique. Il ruolo dominante dell'analisi si traduce allora nella decisione di affidare allo stesso docente l'insegnamento dell'analisi e della meccanica, all'epoca si tratta di Augustin-Louis Cauchy (1789-1857) e di André-Marie Ampère (1775-1836). L'insegnamento della geometria descrittiva, demandato a un geometra di secondo piano, degenera alla lunga in una pratica ripetitiva che segna il declino definitivo della materia, ridotta in sostanza alla copiatura di tavole preesistenti.
Come la Théorie e il Calcul des fonctions di Lagrange, anche il Cours d'analyse (1821) e il Résumé (1823) di Cauchy sono destinati a fare epoca. I nuovi criteri di rigore adottati nel Cours mettono in evidenza i limiti della concezione 'algebrica' lagrangiana. D'altra parte, Cauchy condivide con Lagrange l'idea del primato dell'analisi e l'esigenza di chiarirne i fondamenti, preliminare alle applicazioni alla meccanica e alla geometria. Il quadro dell'insegnamento delineato da Laplace si mantiene inalterato fino al 1830 quando Cauchy, ultracattolico e realista convinto, abbandona Parigi a seguito della Rivoluzione di Luglio; inizia per l'École Polytechnique un periodo di lento, relativo declino, anche se essa mantiene un'importanza decisiva nella vita matematica francese. Per averne un'idea è sufficiente guardare alla presenza di polytechniciens tra i membri dell'Académie des Sciences tra la Restaurazione e la fine del secolo. Della cinquantina di accademici che si occupano di matematica, distribuiti nelle varie classi (geometria, meccanica, astronomia e fisica), due terzi si sono formati all'École, molti dei rimanenti sono stati eletti prima della Restaurazione. La presenza dei polytechniciens, schiacciante verso la metà del secolo, accenna a diminuire solamente dopo il 1880, quando l'École Normale Superieure comincia a divenire la sede privilegiata per la formazione dei matematici.
"è principalmente nelle applicazioni dell'analisi al sistema del mondo che si manifesta la potenza di questo meraviglioso strumento" aveva scritto Laplace nella Mécanique celeste (1799-1825), la monumentale opera in cinque volumi che raccoglie in un corpo teorico unitario i risultati ottenuti nello studio del moto dei corpi celesti. Preceduta dall'Exposition du système du monde (1796) e arricchita di aggiunte e supplementi, la Mécanique celeste è un trionfo dell'analisi matematica. Il modello newtoniano ispira anche le ricerche di Laplace sui fenomeni della capillarità, che egli pubblica nel 1806 come supplemento alla Mécanique celeste. Laplace vi delinea un "programma" di matematizzazione dei fenomeni naturali, spiegato in termini meccanici di forze agenti su punti materiali, che, corroborato dalle concezioni deterministiche espresse nel saggio Théorie analytique des probabilités (1812), orienta nei decenni successivi le ricerche di fisica di uomini come Ampère, Cauchy, Siméon-Denis Poisson (1781-1840) e Claude-Louis-Marie-Henri Navier (1785-1836).
A quel modello si contrappone lo studio della propagazione del calore intrapreso da Jean-Baptiste-Joseph Fourier (1768-1830). Fourier considera il calore come una sorta di fluido continuo, determina l'equazione differenziale alle derivate parziali che descrive il fenomeno e, tenendo conto delle simmetrie del corpo e delle condizioni al contorno, la integra sviluppando le soluzioni in serie trigonometriche (serie di Fourier).
"L'analisi matematica è tanto estesa quanto la Natura stessa" afferma Fourier nella Théorie analytique de la chaleur (1822), dando voce a idee largamente condivise tra i polytechniciens.
Di fronte all'egemonia della Francia in campo matematico, è soltanto per ironia della sorte che il princeps mathematicorum della prima metà del secolo (e certamente uno dei più grandi matematici della storia) trascorra l'intera vita scientifica nel ducato di Hannover. Carl Friedrich Gauss (1777-1855), il matematico che con le Disquisitiones arithmeticae (1801) ha fondato la moderna teoria dei numeri, dal 1807 dirige l'Osservatorio astronomico di Gottinga e coltiva interessi nei campi più diversi: dall'astronomia teorica all'aritmetica superiore, alla fisica matematica, alla teoria del potenziale e del magnetismo terrestre. Egli intravede la possibilità di una geometria non euclidea, pone le basi dell'analisi complessa, mostra un primo esempio di moderno rigore nello studio della serie ipergeometrica, introduce idee fondamentali nella teoria delle superfici che segnano la nascita della moderna geometria differenziale. Tuttavia per quanto grande, Gauss è una figura isolata nel panorama della matematica in Germania, per molti versi più simile a un matematico del Settecento che a uno del proprio tempo. "Gauss è inavvicinabile" scrive Niels Henrik Abel (1802-1829), e ha ragione. In un secolo in cui l'insegnamento nelle università o negli istituti di istruzione superiore costituisce una parte essenziale della professione del matematico, Gauss non ama insegnare e non ha studenti. Rari sono i suoi corsi all'università. Come un accademico settecentesco è privo di obblighi di insegnamento, e scrive preferibilmente in latino quando ormai prevale l'uso delle lingue nazionali. Non ama pubblicare se non quando le cose hanno raggiunto la necessaria perfezione, secondo un motto pauca sed matura che non avrebbe potuto essere fatto proprio da nessuno dei matematici di Parigi. Affida le sue scoperte a un diario scientifico o alle lettere che scambia con pochi amici fidati: Friedrich Wilhelm Bessel (1784-1846), il direttore dell'Osservatorio di Königsberg, che nei suoi studi sulle equazioni differenziali ha introdotto nuove funzioni trascendenti che oggi portano il suo nome; l'astronomo Heinrich Christian Schumacher (1780-1850) che dirige l'osservatorio di Altona; o ancora Farkas Bólyai (1775-1856), antico compagno di studi a Gottinga, il padre di János (1802-1860), che con Nikolaj Ivanovič Lobačevskij (1793-1856) condivide la scoperta della geometria non euclidea.
Solamente la pubblicazione del diario e della corrispondenza scientifica successiva alla morte di Gauss testimoniano ai posteri che le sue affermazioni ‒ giudicate dal giovane Bólyai un maldestro tentativo di appropriarsi della propria scoperta e da Legendre un reiterato tentativo di rubargli teoremi e risultati come la legge di reciprocità quadratica o il metodo dei minimi quadrati ‒ erano invece del tutto legittime e fondate.
Le lettere di Abel, che nel 1825 ha lasciato la nativa Christiania, come si chiamava allora la capitale della Norvegia, per un viaggio di studi in Europa, offrono un'immagine di prima mano dello stato della ricerca in Germania e in Francia. A Berlino Abel ha fatto la conoscenza di August Leopold Crelle (1780-1855), un ingegnere appassionato di matematica, ben introdotto negli ambienti intellettuali della capitale prussiana, amico di Wilhelm von Humboldt (1767-1835), il filosofo e politico che nel 1810 viene incaricato di dar vita all'Università di Berlino dopo che la sconfitta di Jena nel 1806 ha rivelato le debolezze del sistema di istruzione prussiano di fronte alle armate di Napoleone e dei suoi ufficiali usciti dalle écoles. Crelle è un modesto matematico, ma uno straordinario scopritore di talenti; organizza a casa sua incontri settimanali cui partecipa anche Martin Ohm (1792-1872; il fratello del celebre fisico Georg Simon), un convinto esponente della "scuola combinatoria" allora dominante in Germania, che dell'analisi privilegia gli aspetti formali, e la manipolazione di algoritmi infiniti senza alcuna delle preoccupazioni di convergenza che aveva manifestato Cauchy. A casa di Crelle, Abel incontra anche Jacob Steiner (1796-1863), destinato a diventare uno dei geometri più influenti in Germania nei primi decenni del secolo. Con i due giovani Crelle discute il progetto di una nuova rivista di matematica, che prende corpo nel 1826 nel "Journal für die reine und angewandte Mathematik"; i primi fascicoli comprendono sei lavori di Abel e cinque di Steiner.
Lasciata Berlino, nell'estate dello stesso anno Abel si trova a Parigi. "La città più rumorosa del Continente" d'estate ha l'aspetto di "un deserto". Dei grandi matematici francesi incontra solamente Legendre, ormai "vecchio come le pietre" e Cauchy, che "è matto", è "ultra cattolico e bigotto, cosa strana per un matematico", ma è anche "il solo che sappia come si deve fare matematica". I fascicoli dei suoi Exercises de mathématique, una specie di rivista personale, affascinano Abel. Cauchy vi presenta le sue più recenti scoperte nella teoria delle funzioni 'immaginarie', il nuovo campo dell'analisi che egli sta sviluppando da qualche tempo. In un pamphlet pubblicato l'anno precedente ha esteso la nozione di integrale al campo complesso e posto le basi della teoria dei residui che costituisce, a suo dire, un nuovo calcolo analogo al calcolo differenziale. Cauchy "è l'unico che oggigiorno faccia della matematica pura" scrive Abel. "Poisson, Fourier, Ampère etc. non si occupano che di magnetismo e altre faccende di fisica. Laplace non scrive quasi più. L'ultima cosa che ha fatto è stato un supplemento alla Théorie des probabilités".
Gli interessi di Abel sono però lontani dalle applicazioni. Negli articoli affidati al "Journal" di Crelle ha dimostrato l'impossibilità di risolvere algebricamente le equazioni di quinto grado, esteso il teorema del binomio a esponenti complessi, presentato i primi elementi di una nuova teoria, la teoria delle funzioni ellittiche, che finirà per dominare l'analisi nel corso del XIX secolo. A Parigi Abel ha ultimato una grande memoria su una nuova classe di funzioni trascendenti che ha sottoposto invano al giudizio dell'Académie. Il teorema di Abel, un monumentum aere perennius nell'opinione dei matematici della seconda metà del XIX sec., passa inosservato nelle mani di Legendre e Cauchy. "Ciascuno lavora per conto suo senza occuparsi di quello che fanno gli altri. Tutti vogliono insegnare e nessuno vuole imparare. L'egoismo più assoluto regna ovunque", scrive sconfortato Abel prima di lasciare la capitale francese e fare ritorno a Berlino.
Rispetto alla Francia delle grandes écoles, l'aria che si respira in Germania è del tutto diversa. Le università detengono il monopolio dell'istruzione superiore. Gli ingegneri si formano in istituti che sono poco più che scuole secondarie, dove il livello di istruzione è incomparabilmente più basso che nelle scuole di Parigi. Per studiare il modello di istruzione francese, nel 1830 il ministro prussiano dell'Istruzione e degli Affari culturali invia Crelle a Parigi. Nel suo rapporto, molto elogiativo del sistema francese, non mancano tuttavia accenti fortemente critici per l'eccessiva enfasi posta in Francia sulle applicazioni. Anche un tecnico come Crelle, che il governo prussiano incaricherà di sopraintendere alla realizzazione della prima linea ferroviaria tedesca, da Berlino a Potsdam, è sensibile al neoumanesimo e alle ragioni della "scuola combinatoria", e ritiene che "il vero scopo" della matematica sia di "illuminare la ragione ed esercitare le forze dello spirito". è vero che il "Journal", che egli ha fondato e che nel giro di pochi anni diventerà la più autorevole rivista internazionale di matematica, prevede fin dal titolo di pubblicare lavori di matematica 'applicata'. Tuttavia di fatto sono di gran lunga prevalenti gli articoli di matematica 'pura', come quelli di algebra e di analisi di Abel, e quelli di Steiner di geometria proiettiva. Per dare spazio alla matematica 'pratica' Crelle dà vita nel 1829 a un secondo giornale, il "Journal für die Baukunst", del quale sono apparsi 30 volumi fino a quando, nel 1851, ne viene interrotta la pubblicazione.
La geometria pura che affascina Steiner era stata coltivata in Francia da Monge e da Carnot, che nella Géometrie de position (1803) aveva mostrato come si potesse fare della geometria senza ricorrere ai "geroglifici dell'analisi". Quest'idea era stata ripresa e sviluppata da Jean-Victor Poncelet (1788-1867) un giovane polytechnicien allievo di Monge. Ufficiale del genio nella Grande Armata inviata da Napoleone alla conquista della Russia, Poncelet era stato fatto prigioniero. "Privo di ogni specie di libri", aveva cominciato a riflettere sulle proprietà proiettive delle figure piane, che sono indipendenti dalle dimensioni e si mantengono invariate quando si proietta la figura su un nuovo piano mediante rette concorrenti in un punto, il centro di proiezione. Al ritorno in patria Poncelet aveva reso noto qualche suo risultato nelle "Annales" di Gergonne, prima di presentare una grande memoria all'Académie che apparve a stampa nel Traité des propriétés projectives des figures (1822), il volume che segna la nascita della geometria proiettiva come ramo della matematica con metodi e obiettivi propri.
Dopo la pubblicazione del Traité Poncelet fu sempre più assorbito da compiti istituzionali (ispettore alle manifatture e alle fortificazioni per conto del governo, professore di meccanica industriale nella Scuola di applicazioni di Metz) che lo allontanarono dalla ricerca geometrica. In Francia la sua eredità fu raccolta da Michel Chasles (1793-1880), un polytechnicien che ancora studente si era segnalato per ricerche geometriche originali e nel 1829 aveva vinto un premio dell'Académie des Sciences di Bruxelles per "un esame filosofico dei diversi metodi usati nella geometria recente". La memoria vincitrice "sui due principî generali della scienza", la dualità e la proiettività, fu data alle stampe nel 1837 preceduta da un imponente Aperçu historique sur l'origine et le développement des méthodes en géométrie di oltre 500 pagine, uno dei testi che influenzarono maggiormente intere generazioni di geometri, nel quale le note storiche si alternano ai contributi teorici originali. La geometria descrittiva, che ha conosciuto il suo momento di gloria all'epoca di Monge e Jean-Nicolas-Pierre Hachette, è forse ancora un campo di ricerca passibile di sviluppi, scrive Chasles nell'Aperçu; ma certo è la geometria proiettiva che si avvia a dominare il campo degli studi geometrici.
In Germania le ricerche di geometria proiettiva si sviluppano secondo due indirizzi, due 'scuole' scientifiche divise da polemiche, ostilità personali e contrasti che alimentano la contrapposizione tra il centro (Berlino) e la periferia (Bonn), e la cui eco è ancora ben viva negli ultimi decenni del XIX secolo. L'indirizzo puramente 'sintetico', coltivato da Steiner e da Christian von Staudt (1798-1867), rifiuta il ricorso alle tecniche dell'analisi e si contrappone all'indirizzo 'analitico' perseguito da Ferdinand Möbius (1790-1868), il cui Barycentrische Calcul (1827) è "un nuovo strumento per trattare analiticamente la geometria", e da Julius Plücker (1801-1868) secondo il quale "la geometria, come d'altra parte la meccanica" non è altro che "un'interpretazione grafica di certe relazioni" analitiche, come egli mostra negli Analytisch-geometrische Entwicklungen (1828-1831). Il contrasto tra 'scuole' assume i toni dell'ostilità personale con Steiner e Plücker. Nominato professore a Berlino nel 1832, per le sue concezioni della geometria Plücker va incontro alla crescente opposizione di Steiner e di Carl Gustav Jacob Jacobi (1804-1851), al punto da accettare quattro anni più tardi un'offerta dalla periferica università di Bonn, presso la quale abbandona la geometria per dedicarsi alla fisica-matematica e riprendere a occuparsi di geometria solo nel 1863, anno della morte di Steiner che era stato nominato al suo posto.
A Berlino dominano le ricerche in matematica 'pura'. Sulle orme di Abel, Jacobi si dedica alle teoria delle funzioni ellittiche e delle loro trasformazioni, e pubblica nel 1829 i Fundamenta nova theoriae functionum ellipticarum, una monumentale opera che ispira generazioni di matematici, a cominciare da Karl Theodor Wilhelm Weierstrass (1815-1897). Jacobi vi mostra in particolare che le funzioni ellittiche si possono esprimere come quozienti di certe serie rapidamente convergenti, le serie Θ, che hanno fatto la loro comparsa nella Théorie analytique de la chaleur di Fourier, ma che a Jacobi interessano per le applicazioni in teoria dei numeri.
Le funzioni ellittiche erano state ottenute da Abel come funzioni inverse degli integrali ellittici studiati da Legendre. Dopo la morte prematura di Abel nel 1829, in analogia con quelle funzioni Jacobi comincia a studiare le funzioni inverse degli integrali iperellittici, che si rivelano essere un caso particolare della "classe estesissima di funzioni trascendenti" oggetto della memoria parigina di Abel, che vede finalmente la luce nel 1841. In quella memoria Abel considerava funzioni "le cui derivate possono essere espresse per mezzo di equazioni algebriche, i cui coefficienti sono funzioni razionali di una stessa variabile" e stabiliva per esse un fondamentale teorema di addizione, che generalizzava agli integrali 'abeliani' il teorema di addizione per gli integrali ellittici stabilito da Euler. A prima vista un semplice teorema di calcolo integrale, in realtà uno dei più profondi teoremi di tutta la storia della matematica, che doveva ispirare le ricerche di Georg Friedrich Bernhard Riemann (1826-1866) sugli integrali abeliani e svolgere un ruolo fondamentale nello sviluppo della moderna geometria algebrica.
Nel giro di pochi anni i lavori di Abel e Jacobi arricchiscono l'analisi matematica di nuove funzioni trascendenti, che trovano applicazioni in geometria, meccanica e teoria dei numeri e nel corso del secolo diventano uno dei principali argomenti di ricerca e di insegnamento in ogni università. Grazie ai suoi lavori Jacobi aveva ottenuto una cattedra a Königsberg, nella Prussia orientale. Nella capitale prussiana la figura di maggior prestigio è Peter Gustav Lejeune Dirichlet (1805-1859), un allievo di Ohm, che coltiva l'analisi e la teoria dei numeri e ha trascorso un periodo di studio a Parigi, entrando in contatto con Fourier e il gruppo di giovani matematici raccolti intorno a lui. Nel 1829 Dirichlet pubblica una memoria destinata a far epoca. Applicando i moderni standard di rigore stabiliti da Cauchy, Dirichlet mostra che sotto ipotesi abbastanza generali sulle discontinuità e il numero di oscillazioni, una funzione è rappresentabile mediante una serie di Fourier convergente. La teoria delle serie di Fourier rappresenta un filo rosso che attraversa tutta la storia dell'analisi reale del XIX sec., una fonte inesauribile di idee e di problemi, dalla nuova definizione di integrale di Riemann, ai primi passi della teoria degli insiemi di punti di Georg Cantor (1845-1918).
In Prussia, figure come quelle di Dirichlet o di Jacobi sono paradigmatiche di una concezione dell'insegnamento superiore centrato sulle università e sulla figura del professore, che coniuga la ricerca avanzata con l'insegnamento e la formazione di giovani. Esemplare da questo punto di vista è il seminario fisico-matematico fondato a Königsberg da Jacobi e dal fisico Franz Ernst Neumann (1798-1895) sull'esempio dei seminari di filologia delle facoltà umanistiche. è una pratica che "si contrappone diametralmente alla tradizione del XVIII secolo", ha scritto Felix Klein (1849-1925). Nel seminario gli studenti sono educati a fare ricerca. Ci sono libri, riviste, rapporti continui con i docenti, conferenze sugli argomenti più avanzati. Nel corso degli anni il seminario di Königsberg si rivelerà una vera e propria 'scuola' di matematici, modello dei seminari che verranno istituiti nelle principali università tedesche, da Berlino a Gottinga. Rivendicando i successi della matematica pura, all'inizio degli anni Trenta Jacobi poteva scrivere orgogliosamente a Legendre che, contrariamente a quello che pensava Fourier, "scopo della scienza è l'onore dello spirito umano e che, da questo punto di vista, una questione di teoria dei numeri vale tanto quanto una relativa al sistema del mondo" (Jacobi 1881-91, I, p. 454).
Nelle campagne d'Italia, le punte delle baionette napoleoniche impongono agli Stati italiani, insieme agli ideali di libertà, uguaglianza e fraternità, una radicale trasformazione delle strutture accademiche e delle istituzioni della ricerca scientifica. Sul modello dell'Institut di Parigi viene creato a Bologna l'Istituto Nazionale, che raccoglie gli scienziati della Repubblica Cisalpina, con alcune isolate ma significative prese di distanza, come quelle del medico e matematico modenese Paolo Ruffini (1765-1822). Nel 1808 viene istituita la Scuola Normale Superiore a Pisa sul modello dell'analoga struttura parigina. Le nuove istituzioni hanno vita breve, e sono destinate a scomparire con la caduta di Napoleone. Il ritorno alla 'normalità' precedente ai turbinosi rivolgimenti provocati dalla Rivoluzione francese non cancella la memoria di quella fugace esperienza, pur se sostenuta da armi straniere, che lascia nella maggior parte degli scienziati il sentimento diffuso di appartenenza a una comunità nazionale, a dispetto delle barriere politiche che separano il paese in anacronistici 'stati' frutto di rivincite politiche e delicati equilibri dinastici. è tale diffuso sentimento che assicura il successo dei Congressi degli scienziati italiani, che si tengono tra il 1839 e il 1947 seguendo l'esempio di quanto avviene in Germania e in Gran Bretagna.
Le cronache dei Congressi non raccontano di memorabili discussioni in campo matematico. Tra il regno di Piemonte, il Lombardo-Veneto, il Granducato di Toscana e il Regno delle due Sicilie (agli scienziati dello Stato della Chiesa è formalmente impedito di prender parte agli incontri) il panorama è diseguale. L'arretratezza è a tratti desolante. Non mancano tuttavia uomini che mostrano di essere al corrente dei più recenti risultati della ricerca fisica e matematica d'Oltralpe; e non manca la presenza di scienziati stranieri.
Una prima ventata di novità era venuta nel 1830, quando Cauchy, esule da Parigi, era approdato a Torino accettando l'offerta di una cattedra di Fisica sublime istituita per lui da Carlo Alberto. La "moderna analisi" propugnata dal matematico francese trova incomprensione e ostilità negli ambienti matematici italiani di fede lagrangiana, matematici come Giovanni Plana (1781-1864), il direttore dell'Osservatorio torinese che era stato allievo dell'école Polytechnique o Antonio Bordoni (1788-1860) professore di calcolo sublime a Pavia, ma suscita l'attenzione di Gabrio Piola (1791-1850), un nobiluomo milanese che con i suoi "Opuscoli matematici e fisici" (1832-1834) contribuisce a far conoscere nel nostro paese i nuovi metodi analitici. Al congresso di Torino nel 1840 Charles Babbage (1792-1871) cattura l'attenzione dei presenti con i suoi progetti di macchine calcolatrici e Luigi Federico Menabrea (1809-1896) scrive per la "Bibliothèque universelle de Genève" un articolo espositivo dell'Analytical Engine che diverrà celebre. Tre anni più tardi, a Lucca, l'intervento di Jacobi ‒ venuto in Italia per ragioni di salute accompagnato da Dirichlet e Steiner ‒ dà un'idea delle ricerche più avanzate in Europa nel campo della meccanica e della teoria delle equazioni differenziali.
L'incalzare degli avvenimenti politici annulla il previsto congresso del 1848. La "primavera dei popoli" che infiamma l'Europa lascia intravedere in Italia la possibilità di affrancarsi dalla dominazione straniera. I matematici partecipano numerosi alle battaglie della Prima guerra d'indipendenza. Tuttavia le speranze alimentate dalle prime vittorie si rivelano effimere e tramontano con la 'fatal Novara', fatale per un decennio anche per le sorti della ricerca scientifica.
I segni di ripresa si manifestano verso la fine degli anni Cinquanta. Agli occhi di Francesco Brioschi (1824-1897), un allievo di Bordoni che si è segnalato per i suoi lavori sui determinanti e gli invarianti, la rinascita della matematica italiana necessita di un nuovo giornale, in grado di rappresentare il "movimento scientifico nazionale" e "di tenere al fatto gli Italiani del movimento scientifico degli altri paesi civilizzati". Dal 1850 Barnaba Tortolini (1808-1874), professore di calcolo sublime a Roma, pubblica gli "Annali di scienze matematiche e fisiche", che Brioschi pensa di rilanciare. A tale scopo prende contatto con Enrico Betti (1823-1892) professore di algebra alla Scuola Normale Superiore di Pisa e Angelo Genocchi (1817-1889) che insegna algebra e geometria complementare a Torino. Se l'appartenenza a "varj stati" riflette la geografia politica disegnata per l'Italia dal Congresso di Vienna, un profondo sentimento patriottico accomuna Betti, Brioschi e Genocchi. La Prima guerra d'indipendenza, alla quale hanno preso parte, ne è stata la cartina di tornasole. Tale comune sentire ‒ condiviso anche da Luigi Cremona (1830-1903), Eugenio Beltrami (1835-1900) e Felice Casorati (1835-1890), allievi di Brioschi, e da tutta la generazione dei matematici 'risorgimentali' ‒ è un ingrediente essenziale per comprendere il senso delle iniziative e delle attività intraprese da questo gruppo di uomini in campo matematico.
All'inizio del 1858 esce il primo numero dei nuovi "Annali di matematica pura e applicata" che fin dal titolo si ispira agli omologhi giornali pubblicati a Berlino e a Parigi. Nell'intenzione dei 'compilatori', gli "Annali" si propongono "di rappresentare lo stato della scienza tra noi" e, al tempo stesso, "richiamare l'attenzione continua dei dotti degli altri paesi; e far cessare il lamento che i nostri lavori non sono conosciuti fuori d'Italia". La pubblicazione degli "Annali" segna una svolta nella storia della matematica nel nostro paese, così come il celebre viaggio intrapreso nell'autunno dello stesso anno da Betti, Brioschi e Casorati nelle capitali della scienza europea, Gottinga, Berlino e Parigi. C'è nei matematici italiani della generazione risorgimentale la volontà di uscire dall'isolamento in cui erano cresciuti i loro maestri, e di confrontarsi con quanto avviene nei centri europei all'avanguardia, nella consapevolezza che la ricerca matematica sta assumendo una dimensione internazionale in rapida espansione.
Per Brioschi, il viaggio è anche l'occasione di un confronto tra le istituzioni di istruzione superiore europee, che egli mette a frutto al momento dell'Unità. Divenuto segretario particolare del ministro della Pubblica Istruzione, il fisico pisano Carlo Matteucci (1811-1868), promuove la creazione a Milano, priva di sede universitaria, di un Istituto Tecnico Superiore (l'odierno Politecnico) per la formazione degli ingegneri. "La storia delle nazioni", afferma Brioschi, rende evidente che "le più grandi rivoluzioni politiche" sono sempre state accompagnate o dalla "creazione di nuovi istituti" o da "profonde modificazioni nell'ordinamento delle esistenti". E non c'è dubbio per Brioschi che anche in Italia, con l'unificazione del paese, si sia compiuta "una grande rivoluzione politica, amministrativa, economica". Il nuovo Istituto Tecnico, una scuola per la formazione di una classe di tecnici indispensabile per lo sviluppo industriale di una nazione che si affaccia sulla scena europea, risponde alle "necessità" che secondo Brioschi "accompagnano le grandi rivoluzioni politiche, e diedero alla Francia la scuola politecnica, la scuola normale, l'Istituto Nazionale, e furono in Germania la principal causa del movimento scientifico delle sue università".
Per mettere la matematica italiana al passo delle altre realtà europee occorre anche rinnovare l'insegnamento nelle università. Ancora per iniziativa di Brioschi vengono istituite dal governo unitario nuove cattedre di geometria superiore, "un ospite affatto nuovo" delle nostre università, come afferma Cremona, allora nominato professore a Bologna, nella prolusione al suo corso di geometria proiettiva. Al rilancio dell'insegnamento superiore deve corrispondere un analogo impegno di riforma di quello secondario. Per Cremona, "ora che il giogo straniero non ci sta più sul collo" si tratta di far piazza pulita degli "scelleratissimi testi" adottati nell'Impero austro-ungarico, che "per più anni hanno inondato le nostre scuole". Cremona è convinto, e lo scrive a Betti, che "i metodi moderni, specialmente di Steiner e Staudt, sono destinati a rinnovare tutto lo scibile geometrico, sin dagli elementi". E tuttavia tali metodi non si possono certo insegnare nelle scuole. In assenza di buoni libri elementari che "giungano al livello de' progressi odierni della scienza", la scelta per l'insegnamento della geometria nei ginnasi e nei licei classici cade sugli Elementi di Euclide.
La riforma prende corpo nel 1867, auspici Betti e Brioschi che siedono nel Consiglio superiore della Pubblica Istruzione. La matematica è considerata "principalmente come un mezzo di coltura intellettuale", una "ginnastica del pensiero, diretta a svolgere la facoltà del raziocinio". Sull'esempio delle scuole inglesi, si raccomanda il ritorno agli Elementi euclidei. L'adozione del testo euclideo, di cui Betti e Brioschi hanno curato una nuova edizione, scatena critiche e polemiche, che trovano eco nelle pagine del "Giornale di matematiche", la nuova rivista creata nel 1863 da Giuseppe Battaglini (1826-1892), che rappresenta il principale veicolo in Italia della diffusione delle geometrie non euclidee. Per quanto contrastata, non c'è dubbio che la riforma abbia favorito il fiorire di studi geometrici nel nostro paese. Nel giro di un decennio, la politica intrapresa comincia a dare i suoi frutti. Con i loro lavori nei moderni campi della geometria proiettiva e della geometria non euclidea, dell'analisi reale e complessa, della teoria delle forme e degli invarianti, i matematici italiani si affermano a livello internazionale come interlocutori riconosciuti, competenti e autorevoli. A partire dagli anni Settanta del XIX secolo, l'Italia si avvia a diventare uno dei paesi più avanzati in campo matematico.
L'isolamento in cui erano vissuti i matematici inglesi dopo la morte di Newton aveva finito per escluderli dagli straordinari sviluppi che il calcolo e la meccanica avevano conosciuto sul Continente. Aveva ragione l'autore di una recensione della Mécanique céleste di Laplace, apparsa anonima a Edimburgo nel 1807: un matematico inglese, perfettamente al corrente di ciò che era stato pubblicato in patria, non sarebbe neppure riuscito "ad andare oltre la prima pagina delle opere di Euler e d'Alembert". All'inizio del secolo, la necessità di una profonda riforma per uscire dall'isolamento è condivisa da Charles Babbage, John Herschel (1792-1871), George Peacock (1791-1858) e un gruppo di amici, i "giovani infedeli" che nel 1812 danno vita a Cambridge all'Analytical Society. L'intento è di farla finita con la dot-age, l'era dei puntini della notazione newtoniana, ereditata da una tradizione ancora dominante, per instaurare l'era del d-ism, l'era dei differenziali della matematica continentale. L'anno seguente, il volume di Memoirs of the Analytical Society, pubblicato da Babbage e Herschel, dà corpo alla volontà di cambiamento. Ispirandosi alle idee di Lagrange, nei loro lavori Babbage e Herschel sviluppano un'originale algebra degli operatori, un calcolo simbolico che applicano alla soluzione di equazioni funzionali e di equazioni differenziali e alle differenze finite. Nel 1816 appare la loro traduzione del Traité élémentaire di Lacroix, obiettivo originario della Society. "Proponiamo attualmente delle riforme per i colleges ‒ scrive allora Herschel a Peacock ‒ che introdurranno la vera fede al Trinity", il college di Cambridge dove insegnava Newton.
La volontà di riforme suona eretica non soltanto per la memoria di Newton. L'attività dei "giovani infedeli" è volta a minare alla base la "sacra alleanza " tra teologia e filosofia della Natura che domina a Cambridge come a Oxford, università anglicane intessute di un legame profondo tra scienza e religione, e d'altra parte le sole università in Inghilterra prima della fondazione di quelle di Londra (1828) e di Durham (1837). I colleges sono il luogo di formazione delle classi dirigenti inglesi, che si tratti di giuristi o uomini d'affari, uomini di Stato o di Chiesa. Secondo una stima di Peacock del 1841, almeno la metà degli studenti di Cambridge prende gli ordini, e ancora circa un terzo nella seconda metà del secolo. Nella battaglia riformatrice, in cui si impegna soprattutto Peacock, quello che viene messo in discussione è la concezione e il ruolo sociale della matematica che si insegna nei colleges. Peacock è un convinto sostenitore dei metodi dell'algebra astratta. "La scienza del ragionamento generale con linguaggio simbolico", come la definisce nel Treatise on algebra (1830), deve a suo avviso costituire la base dell'insegnamento. Le idee di Peacock incontrano l'opposizione degli uomini più legati alla tradizione, come William Whewell (1794-1866). Lo studio della matematica, scrive Whewell nel 1835, ha visibilmente esercitato una grande influenza sulle "abitudini mentali" di chi è uscito dall'università. Tuttavia la matematica cui pensa Whewell è l'aritmetica elementare, e soprattutto la geometria, che insegna la concatenazione logica di argomenti e deduzioni, le successive tappe di "una convinzione chiara e di un pensiero attivo". Gli elementi di una solida educazione, di "un'abitudine intellettuale di grande valore" che il calcolo simbolico a suo parere non può certo dare. A quella concezione si collega anche l'opera di Newton, che studia il moto con il metodo geometrico degli Antichi, ma non "gli splendidi ragionamenti simbolici" della meccanica analitica di Lagrange o della meccanica celeste di Laplace, che certo "non contengono alcunché di essenziale ai nostri scopi". Quali sono però gli scopi da perseguire? Fornire buone abitudini intellettuali ai gentlemen, oppure colmare rapidamente "l'abisso che ha separato learned men e practical men", come dirà Dionysius Lardner al congresso della British Association for the Advancement of Science nel 1834? Colmare il fossato sempre più profondo che si è creato tra l'insegnamento nei colleges di Cambridge e di Oxford e le pratiche sociali e culturali proprie della rivoluzione industriale in atto costituisce una delle preoccupazioni che hanno motivato fin dalle origini i giovani dell'Analytical Society. Al mondo dei practical men ha guardato con particolare attenzione Babbage, che dal 1820 si è dedicato alla realizzazione di macchine da calcolo. Più che di chierici, la nazione ha bisogno di economisti e di calcolatori, sostiene Babbage che nel 1834 dà vita alla London Statistical Society.
A Cambridge le idee di Peacock influenzano le nuove generazioni di studenti e trovano un formidabile veicolo di diffusione nel "Cambridge mathematical journal" fondato nel 1837: Duncan F. Gregory (1813-1844), allievo di Peacock come Arthur Cayley (1821-1895), Augustus De Morgan (1806-1871), James J. Sylvester (1814-1897) e George Green (1793-1841). Nel giro di pochi anni alla 'scuola' di Cambridge si forma la gran parte dei matematici che hanno segnato la rinascita di questa scienza oltre Manica. Alla morte di Gregory, il giornale da lui fondato si trasforma nel "Cambridge and Dublin mathematical journal", al quale fa seguito nel 1855 il "Quarterly journal of pure and applied mathematics". A questi giornali, che hanno contribuito a creare in Gran Bretagna un clima favorevole alla ricerca matematica, si affianca "The mathematician", legato agli ambienti matematici dell'accademia militare di Woolwich, che pubblica soprattutto lavori di geometria analitica e descrittiva. Nel "Journal" di Gregory appaiono nel 1840 anche i primi articoli di George Boole (1815-1864), un autodidatta di genio, che coniuga una sicura padronanza dei metodi simbolici con una grande originalità di pensiero. Quei lavori di Boole segnano la nascita della teoria degli invarianti che, nelle mani di Cayley e Sylvester, diventerà una delle più feconde teorie algebriche del XIX secolo.
Quando viene fondata la London Mathematical Society nel 1865, il Regno Unito è ormai una realtà matematica con caratteri di originalità propri. Più che l'era dei differenziali, come inizialmente auspicava l'Analytical Society, i metodi simbolici sviluppati dalla 'scuola' di Cambridge hanno favorito la nascita dell'era dell'algebra simbolica e astratta, che finisce per caratterizzare la produzione matematica nella Gran Bretagna di tutto il secolo. Lo stesso spirito algebrico informa le ricerche logiche di De Morgan e Boole e i lavori sui quaternioni di William R. Hamilton (1805-1865), che a loro volta trovano generalizzazioni oltre Atlantico, con Benjamin Peirce (1809-1880) e suo figlio Charles (1839-1914).
Dopo la Restaurazione, l'École Polytechnique si è progressivamente trasformata in una scuola dove la matematica, e soprattutto l'analisi, ha una posizione predominante. I corsi di Cauchy ne sono l'espressione paradigmatica. Tuttavia, il fatto che in quindici anni di lezioni non sia riuscito a formare un solo matematico non è soltanto la prova delle pessime qualità di insegnante di Cauchy ma, come ha osservato Belhoste, "è il fallimento di una istituzione". Di fatto, come lamentano molti polytechniciens, l'École non risponde alle necessità della rivoluzione scientifica e industriale in corso al di là della Manica. Per colmare un ritardo largamente sentito nei ceti industriali, nel 1829 nasce a Parigi su iniziativa privata l'école Centrale des Arts et Manifactures, dove si insegna la 'scienza industriale': la geometria descrittiva, la meccanica e la fisica dal punto di vista delle applicazioni nell'industria. La Rivoluzione di Luglio è l'occasione per una riforma dell'École Polytechnique. Affidata all'astronomo Dominique-François Arago (1786-1853), la riforma si muove in una direzione diametralmente opposta a quella auspicata dagli industriali. Arago accentua il carattere di scuola speciale militare e, al tempo stesso, accresce il potere del corpo insegnante, di cui sono chiamati a far parte matematici di primo piano come Charles-François Sturm (1803-1855), Joseph Liouville (1809-1882) e Michel Chasles (1793-1880). Tuttavia, secondo un sistema in vigore in Francia dall'inizio del secolo, essi 'cumulano' cariche e insegnamenti e gli effetti si fanno sentire sulla qualità dei corsi, spesso di livello modesto. A lungo andare l'École Polytechnique è diventata un'École 'monotechnique', protesta Comte, dove l'insegnamento è degenerato nell'"abuso di abitudini algebriche", un "automatismo" di formule astruse che mortifica la creatività. Ne risultano, sottolinea Belhoste, un ventennio di immobilismo e isolamento.
All'indomani della rivoluzione del 1848, la scuola è soggetta a una nuova riforma a opera del polytechnicien e astronomo Urbain-Jean-Joseph Le Verrier (1811-1877), che si inserisce nel contesto della riforma complessiva del sistema di istruzione secondaria francese e rovescia l'impostazione data da Arago. Sul modello delle 'Scuole d'applicazione', anche l'insegnamento all'école Polytechnique privilegia ora gli aspetti applicativi e pratici, di immediata utilità per futuri ingegneri, e mette da parte gli sviluppi matematici puramente teorici e astratti che avevano caratterizzato il periodo precedente. Viene ridata nuova importanza alla geometria descrittiva, e la meccanica ‒ separata dall'insegnamento dell'analisi ‒ viene riunita al corso di macchine industriali.
Il risultato di tali scelte è che verso la metà del secolo si accentua il declino dell'école Polytechnique quale grande istituzione scientifica e, con esso, viene meno l'egemonia della Francia in campo matematico. Negli anni Sessanta l'école Polytechnique, "tagliata fuori dalla ricerca da una trentina d'anni sia in geometria sia in analisi malgrado qualche iniziativa di certi professori, perpetua un'eredità divenuta sclerotizzata, centrata su un corso di geometria descrittiva e di stereotomia e su un corso d'analisi caratterizzato dallo sviluppo pletorico della geometria infinitesimale delle curve e delle superfici" (Gispert 1996, p. 400).
Negli anni di autoritarismo politico e ideologico che caratterizzano la vita politica e universitaria della fine del secondo Impero, gli ambienti matematici francesi lavorano in condizioni di autarchia, impermeabili a quanto avviene all'estero. Il "Journal de mathématiques pures et appliquées", che Liouville ha fondato nel 1836 sul modello del giornale di Crelle, rispecchia fedelmente la situazione. Lo stesso Liouville, che nel 1846 ha pubblicato nel suo giornale gli scritti di Évariste Galois (1811-1832), destinati a rivoluzionare la teoria delle equazioni e l'intero campo dell'algebra, riempie le pagine del "Journal" di articoli su questioni algebriche particolari. Occorrerà attendere l'opera di Camille Jordan (1838-1922) alla fine degli anni Sessanta prima che le pagine lasciate da Galois comincino a dar frutti.
Il declino matematico del paese è denunciato da Chasles, che nelle conclusioni del suo Rapport sur le progrès de la géométrie (1870) lamenta che in Francia sono pressoché ignorate due branche considerevoli della matematica, "quella parte dell'algebra che abbraccia le funzioni trascendenti" e "le ricerche più recenti" sulla teoria degli invarianti e dei covarianti che prosperano in Germania e in Inghilterra e "trovano da qualche anno in Italia dei distinti cultori, il cui numero tende ad aumentare". Più diretto e allarmato è il linguaggio del giovane Gaston Darboux (1842-1917), che nel 1869 dà vita al "Bulletin des sciences mathématiques" per "risvegliare il fuoco sacro e far comprendere ai francesi che c'è una quantità di cose nel mondo di cui non hanno neppure un'idea e che se noi siamo sempre una grande nazione, non ce ne si accorge affatto all'estero". L'analisi è impietosa: "tutti i nostri geometri sembrano appartenere a un'altra epoca". Sono rimasti alla scienza di venti o trent'anni fa, considerano cose accessorie tutte le teorie moderne. Altrettanto succede in analisi, per la teoria delle funzioni di variabile complessa, dove domina la tradizione di Cauchy e gli studenti francesi dovranno aspettare l'ultimo decennio del XIX sec. per sentire parlare a lezione delle teorie di Riemann.
Dopo la sconfitta di Sedan che mette fine alla Guerra franco-prussiana, la critica diventa ancora più esplicita; scrive Louis Pasteur nel marzo 1871: "Se nel momento del supremo pericolo la Francia non ha trovato degli uomini superiori per mettere in opera le sue risorse e il coraggio dei suoi ragazzi, bisogna attribuirlo al fatto che la Francia da mezzo secolo si è disinteressata delle grandi opere del pensiero, particolarmente nelle scienze esatte" (in Gispert 1991, p. 17). è in questo clima che, sull'esempio inglese, per iniziativa di Chasles e Darboux nasce nel 1872 la Société Mathématique de France. L'anno seguente alla Société aderisce anche Charles Hermite (1822-1901), professore all'école Polytechnique e alla Sorbona, allora la figura più autorevole della matematica francese. E si comprende perché al giovane Mittag-Leffler, che nel 1874 da Stoccolma si era recato nella capitale francese per seguire i suoi corsi, Hermite raccomandi invece di andare a Berlino, dove tiene i suoi corsi Weierstrass, che "è il maestro per tutti noi".
Alla vigilia della guerra franco-prussiana Felix Klein e il norvegese Sophus Lie (1842-1899), al termine di un soggiorno di studio a Parigi, inviano un rapporto all'Università di Berlino. È opinione diffusa nei circoli matematici francesi, scrivono Klein e Lie, che gli studi matematici non siano affatto al livello in cui erano cinquant'anni fa; che il grande successo di quegli anni abbia portato all'autarchia e alla chiusura rispetto a tutto ciò che avviene all'estero. La preoccupazione è condivisa dal governo, tanto che il ministro della Pubblica Istruzione francese è stato inviato in Germania per studiare il sistema delle università tedesche.
Fino al momento dell'unificazione sotto la guida della Prussia, il panorama dell'istruzione matematica tedesca era assai composito, vi erano notevoli differenze tra i trentanove Stati che, tra il 1816 e il 1866, formavano il Deutscher Bund. Si andava da Stati come la Prussia, in cui la matematica costituiva una delle più importanti materie d'insegnamento, a Stati come l'Hessen-Kassel dove un decreto del 1843 fissava le equazioni di primo grado come limite dell'insegnamento nelle scuole secondarie. Al di fuori della Prussia, l'insegnamento della matematica era in generale di carattere elementare, legato alle facoltà umanistiche, alla teologia, alla filosofia e alla filologia. In Baviera, per esempio, gli studenti seguivano corsi di 'scienza generale' per due anni prima di accedere alle scienze 'speciali', insegnate nelle facoltà e legate alla professione. I corsi propedeutici di filosofia furono aboliti solamente nel 1848. L'esiguità di insegnamenti matematici nelle università dà conto del fatto che tra gli insegnanti di scuole e ginnasi di provincia si potessero trovare uomini come Weierstrass o come Hermann Grassmann (1809-1877), la cui Ausdehnungslehre (Teoria dell'estensione, 1844), una delle opere più profonde della matematica dell'Ottocento, espone, secondo le parole dell'autore, "un nuovo ramo della matematica", un sistema generale e astratto di cui "la teoria dello spazio può al più servire come un esempio" per illustrarne i concetti. In termini moderni, si può dire che il nocciolo matematico dell'opera di Grassmann è in gran parte costituito dalla teoria degli spazi vettoriali a n dimensioni, in sostanza, dall'algebra lineare e multilineare. Tuttavia, l'originalità di pensiero e il peculiare linguaggio filosofico adottato, unitamente al fatto di operare a Stettino, lontano dai principali centri matematici, non contribuiscono certo alla diffusione delle idee di Grassmann. All'epoca della pubblicazione, l'Ausdehnungslehre passa sostanzialmente inosservata, e comincia ad attirare l'attenzione dei matematici solamente verso la fine degli anni Sessanta dell'Ottocento, con il diffondersi dei metodi dell'algebra lineare (matrici, determinanti, ecc.) e il contemporaneo affermarsi dei quaternioni di Hamilton.
Del resto, come era avvenuto in Italia, anche in Germania le cose cambiano con l'unificazione politica. Pur tra contrasti e opposizioni, il 'modello prussiano' di istruzione, che assegna un ruolo di rilievo alla matematica, finisce per imporsi in tutto il paese. La capitale della Prussia è divenuta capitale del Reich, e la sua università deve essere all'altezza della nuova situazione politica. È significativo che nel 1866 Weierstrass scriva a Casorati che nessuno in Europa guarda al movimento scientifico italiano con maggiore simpatia di quanto facciano i matematici tedeschi.
Dalla fine degli anni Cinquanta, quando Weierstrass viene chiamato a Berlino, la predilezione per i temi della matematica pura, sottolineata a suo tempo da Jacobi, diventa esclusiva nella capitale. Ernst Eduard Kummer (1810-1893) e Leopold Kronecker (1823-1891) coltivano la teoria dei numeri e l'algebra superiore. La teoria delle funzioni di variabile complessa, la teoria delle funzioni ellittiche e abeliane, il calcolo delle variazioni, sono gli argomenti che stanno a cuore a Weierstrass, e che costituiscono ripetutamente l'argomento dei suoi corsi. Dopo la morte di Steiner, la geometria è sparita dall'agenda dei matematici berlinesi. La preoccupazione dominante è il rigore in analisi, il rigore assoluto che può assicurare l'aritmetica dei numeri naturali. È una concezione condivisa da Kummer, Kronecker e Weierstrass, il 'triumvirato' che guida le sorti della matematica berlinese. Il "Journal für die reine und angewandte Mathematik" fondato da Crelle, affidato alla loro direzione viene scherzosamente chiamato negli ambienti matematici tedeschi il "Journal für die reine unangewandte Mathematik", il giornale per la matematica pura inapplicata. Il gioco di parole è più rivelatore di tanti commenti.
Le lezioni di Weierstrass, il 'legislatore dell'analisi' come dirà Hermite, attirano un numero crescente di studenti da ogni parte d'Europa. In una società in cui la professione del matematico è comunque largamente minoritaria, si fa fatica a dar credito ai testimoni dell'epoca, che raccontano di diverse centinaia di studenti che affollano le aule delle sue lezioni. Negli anni Settanta Berlino si avvia a diventare la capitale della matematica, e Funktionenlehre a diventare sinonimo di teoria delle funzioni secondo i principî di Weierstrass. In analisi, il punto di vista 'aritmetico' di Weierstrass si contrappone a quello di Riemann, che nella teoria delle funzioni complesse si è servito di metodi geometrici intuitivi, giudicati poco rigorosi a Berlino. Una parte cospicua del lavoro di Weierstrass e dei suoi allievi consiste proprio nel rendere 'rigorosi' i risultati del grande matematico di Gottinga. La contrapposizione di metodi è anche una contrapposizione di scuole. A quella 'aritmetica' dominante nella capitale si contrappone un'emergente 'scuola' geometrica, che trova a Gottinga la sua sede naturale. Nella città di Gauss, l'eredità di Dirichlet e di Riemann è raccolta da Alfred Clebsch (1833-1872). Dopo gli iniziali studi di meccanica teorica e fisica matematica, a seguito dell'incontro con Paul A. Gordan (1837-1912), Clebsch si dedica alla teoria delle curve e degli invarianti algebrici e birazionali. Rielabora in termini geometrici l'intera teoria riemanniana delle funzioni abeliane, affronta il problema della classificazione delle curve algebriche secondo il genere, e risolve nei casi più semplici il problema della uniformizzazione delle curve: data una curva di genere p, è possibile esprimere le coordinate di un punto generico della curva mediante funzioni univoche ('uniformi') di uno (o più) parametri? Un problema che, per essere risolto nella sua generalità, metterà a dura prova il genio di Klein e di Poincaré. Nei lavori di Clebsch e Gordan trova ispirazione una fiorente 'scuola' di geometria, che coniuga le idee di Riemann con i metodi della geometria proiettiva, e in Germania ha tra i protagonisti Alexander Brill (1842-1935) e Max Noether (1844-1921). Per dar voce alle nuove tendenze, nel 1869 Clebsch e Carl Neumann fondano i "Mathematische Annalen", una rivista che, nelle mani di Klein, nel corso degli anni diventerà il luogo privilegiato di pubblicazione dei geometri, tedeschi e non, contrapposto al "Journal" dei matematici berlinesi.
Nel 1808, concludendo il suo Rapport a Napoleone, il segretario dell'Institut Jean-Baptiste-Joseph Delambre (1749-1822) esitava ad avventurarsi in previsioni sul futuro della matematica. Le principali teorie si erano imbattute in "difficoltà insormontabili". La 'potenza dell'analisi' sembrava ormai 'praticamente esaurita'. Settant'anni più tardi la matematica aveva conosciuto uno sviluppo che neppure il più ottimista dei profeti le avrebbe potuto predire. Sul tronco della scienza del Settecento sono nati nuovi rami, campi del tutto inediti hanno arricchito il panorama in maniera insospettabile. La teoria newtoniana della gravità ha dato origine alla teoria matematica del potenziale, che consente di affrontare anche lo studio delle forze elettriche e magnetiche. Nelle mani di Gauss, Dirichlet, Jacobi, Kummer e Kronecker la teoria dei numeri, da una raccolta di risultati isolati, è diventata una disciplina con metodi e problemi propri. Dalla risoluzione delle equazioni algebriche, che affaticava i matematici sin dal Rinascimento, Galois ha preso le mosse per creare domini interamente nuovi dell'algebra, come la teoria dei gruppi e dei campi. Con la geometria non euclidea di Lobačevskij e Bólyai, e le varietà a n dimensioni di Riemann, la geometria euclidea ha perso il posto privilegiato che occupava da migliaia di anni. Nella concezione di Klein, è diventata un caso particolare della geometria proiettiva. A partire dai suoi lavori sulle serie di Fourier, Cantor ha dato nuovo senso all'infinito in matematica. Le peculiarità delle scuole nazionali non impediscono alla matematica di essere un'impresa internazionale, cui concorrono gli scienziati dei paesi più progrediti.
I successi della matematica confermano l'idea di un mondo in continuo progresso. Il mondo che Eric J. Hobsbawm ha definito 'il trionfo della borghesia', che caratterizza il quarto di secolo che va dal 1848 alla metà degli anni Settanta, in cui domina la convinzione che l'economia basata "sulle sane fondamenta di una borghesia composta di coloro che l'energia, il merito e l'intelligenza avevano sollevato fino alla loro posizione, e ve li mantenevano" avrebbe creato un'epoca in cui "la ragione trionfasse, all'uomo si schiudessero nuove opportunità, e scienze e arti progredissero; insomma un mondo di continuo e accelerato progresso materiale e morale". In quel mondo, l'immagine della matematica 'pura', garanzia di certezze, diventa dominante. D'altra parte, lo studio della Natura e dei fenomeni fisici continua a essere una straordinaria sorgente di nuovi problemi. Così come l'immenso campo di applicazioni aperto dallo sviluppo industriale. Gli ultimi decenni del XIX sec. si annunciano ai matematici come una grande stagione, ricca di nuovi sviluppi.
Belhoste 1994: La formation polytechnicienne, 1794-1994, sous la direction de Bruno Belhoste, Amy Dahan-Dalmédico et Antoine Picon, Paris, Dunod, 1994.
Biermann 1973: Biermann, Kurt R., Die Mathematik und ihre Dozenten and der Berliner Universität, Berlin, Akademie-Verlag, 1973.
Bottazzini 1990: Bottazzini, Umberto, Il flauto di Hilbert. Storia della matematica moderna e contemporanea, Torino, Utet, 1990 (altra ed.: 2003).
‒ 1994: Bottazzini, Umberto, Va' pensiero. Immagini della matematica nell'Italia dell'Ottocento, Bologna, Il Mulino, 1994.
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