L'Ottocento: biologia. L'embriologia
L'embriologia
L'embriologia è la scienza che studia lo sviluppo dell'individuo dal momento della fecondazione a quello della nascita. L'embriologo si interessa dunque alle cellule sessuali (ovuli e spermatozoi) che concorrono alla formazione dell'essere vivente. Nei primi anni del XIX sec., tuttavia, l'embriologia non si era ancora costituita come una vera e propria scienza e lo studio dell'embrione rientrava nel quadro più generale del dibattito sulla generazione o 'propagazione'. Dalla cultura settecentesca l'embriologia ricevette in eredità la storia dello sviluppo, comprendente le tre teorie sulla generazione e l'ereditarietà. Queste idee erano state oggetto del dibattito scientifico e filosofico del secolo dei Lumi, al quale avevano partecipato personalità di rilievo della scienza della vita, quali Georges-Louis Leclerc de Buffon, Charles Bonnet, Caspar Friedrich Wolff, Albrecht von Haller e Lazzaro Spallanzani. La discussione era imperniata sulla definizione dello statuto dell'embrione e aveva origine, di volta in volta, dal quadro dogmatico della teoria della preesistenza dei germi (teoria dell'emboîtement des germes o dell'incapsulamen-to), dalla teoria della preformazione o da quella dell'epigenesi. Non sempre queste tre teorie, che circolavano peraltro in diverse varianti, erano in netto contrasto tra loro, e vi fu chi propose delle soluzioni di compromesso, come Bonnet nelle sue Considérations sur les corps organisés (1762).
La teoria della preesistenza dei germi fu la meno longeva: nata sul finire del Seicento, sopravvisse soltanto fino agli anni Venti dell'Ottocento. Jacques Roger ha sottolineato, nel 1963, che essa non va confusa con le teorie della preformazione. La preesistenza dei germi aveva infatti quale suo unico fondamento una concezione teocentrica: era stato Dio a creare tutti gli esseri viventi e a porre nelle ovaie di Eva, così come in quelle delle femmine degli animali, dei 'germi' che ‒ 'incapsulati' gli uni negli altri ‒ al momento della nascita sarebbero stati perfetti come al principio. Secondo tale teoria, non si trattava di generazione vera e propria ma di 'perdita dell'incapsulamento': quando il 'liquido seminale' maschile lo risvegliava dal suo torpore originario, il germe andava incontro a uno sviluppo, a una crescita nel senso fisico del termine. I sostenitori della teoria della preesistenza osservavano anche che, prima di assumere la forma perfetta, caratteristica della specie, il germe subiva una serie di trasformazioni. Al fine di superare tale contraddizione tra teoria (o dogma) e osservazione, essi si servirono dell'assunto dell'invisibilità: i germi preesistevano, fin dal momento della creazione, nel loro stato perfetto e incapsulati gli uni negli altri, ma erano invisibili (come i microrganismi che, grazie al microscopio, venivano scoperti nello stesso periodo); sarebbe stata soltanto la crescita a renderli visibili all'occhio umano. La teoria della preformazione raggruppava un insieme composito di concezioni secondo le quali la generazione aveva origine da sostanze o molecole che contenevano virtualmente le strutture dell'individuo futuro: era questo il significato della teoria delle molecole organiche di Buffon. Le strutture anatomiche e le caratteristiche specifiche di ciascun individuo erano contenute in potenza nelle molecole o nella materia (teoria ippocratica) e si differenziavano nel corso della crescita dell'embrione per epigenesi. La teoria dell'epigenesi permetteva di dar conto dello sviluppo dell'embrione per stadi morfologici successivi e l'osservazione dimostrava al teorico la correttezza di questa ipotesi. Le modificazioni della materia originaria, a partire dalla quale l'essere prendeva forma, potevano essere attribuite anche a una 'forza vitale', come nella teoria epigenetica dello sviluppo del germe proposta da Wolff nel 1759. All'inizio del XIX sec. l'embriologia dovette dunque confrontarsi con queste tre teorie. Accantonata quella della preesistenza dei germi, il confronto tra epigenesi e preformazione non smise di alimentare il dibattito e assunse anzi un'importanza ancora maggiore con la nascita dell'embriologia sperimentale. Le due visioni e interpretazioni del vivente, che sembravano opposte, finirono per trovare, grazie soprattutto al lavoro degli embriologi di fine Ottocento, la via della conciliazione.
Con il progredire del secolo, l'embriologia divenne dapprima una disciplina scientifica (1817) e in seguito, alla fine degli anni Ottanta, una scienza sperimentale. Tale periodo storico fu dunque di grande importanza per gli embriologi e per la conoscenza dell'embrione: si gettarono le basi della biologia dello sviluppo del Novecento.
Il processo ‒ di natura teorica, scientifica e sperimentale ‒ che portò alla costituzione di una scienza dell'embrione può essere ricondotto all'intersecarsi, tra il 1800 e il 1880, di quattro campi d'indagine: (1) l'embrione fu oggetto di ricerche anatomiche (anatomia comparata e trascendentale, e morfologia monistica haeckeliana); (2) esso venne studiato nel divenire delle sue strutture tessutali indifferenziate (embriologia scientifica) e nel contesto evoluzionistico della ricapitolazione; (3) nell'ambito della teoria cellulare, esso fu ricondotto alla cellula-uovo, e l'embriologo si interessò alla discendenza di questa prima cellula (genealogia cellulare); (4) l'embrione venne sottoposto a sperimentazione nell'ambito teorico della teratologia e del trasformismo.
All'inizio del XIX sec., a prescindere dalla sua preparazione teorica, ogni studioso sapeva che l'anatomia dell'embrione nel corso dello sviluppo andava incontro a una serie di modificazioni. Tuttavia, l'origine e la formazione dell'embrione rimanevano misteri oscuri e incomprensibili. In questo senso nel Libro III del suo Handbuch der menschlichen Anatomie (Manuale di anatomia umana), Johann Friedrich Meckel scrisse: "È estremamente difficile stabilire con precisione in quale momento si formi il feto umano. Non c'è da stupirsene, poiché si tratta di un problema che suscita ancora oggi grandi incertezze nella storia degli stessi animali ovipari […]. L'origine prima del nuovo organismo è coperta da un velo di oscurità impenetrabile […]" (1815-20 [1825, p. 744]). Queste affermazioni erano ancora presenti nella traduzione francese edita nel 1825, rivista e ampliata dall'autore. Si tratta di una testimonianza fondamentale per la storia dell'embriologia, che mostra lo iato tra uno studio anatomico dell'embrione, il solo aspetto accessibile all'osservatore, e un'embriologia scientifica, all'epoca ancora al di là dal costituirsi.
L'embriologia, nel suo significato più generale di studio dell'embrione, fu quindi, almeno all'inizio, una disciplina descrittiva e comparativa. Si tratta di due metodi che meritano di essere presi in considerazione separatamente: il primo si concretizzava nell'elaborazione di monografie sulle quali venivano pubblicati i disegni delle diverse forme assunte dall'embrione nel corso del suo sviluppo (embriologia descrittiva); il secondo si serviva delle conoscenze anatomiche relative all'embrione al fine di delineare un quadro teorico generale dell'anatomia, come nel caso esemplare dell'anatomia comparata e trascendentale. Un altro scopo degli studi comparativi era quello di trovare argomentazioni che si opponessero al fissismo delineando una concezione del vivente che, a partire dalle trasformazioni anatomiche e fisiologiche che intervenivano nel corso del tempo, permettesse di stabilire l'esistenza di una relazione tra l'ontogenesi e la filogenesi (embriologia comparata). Così, pur operando in campi di studio differenti, sia gli anatomisti comparati e trascendentali (che appartenessero o meno alla Naturphilosophie) sia gli embriologi comparati (che lavoravano nell'ambito dell'embriologia scientifica) si interessarono agli embrioni di diversi ordini di vertebrati e invertebrati, facendone oggetto di comparazione anatomica tanto tra le diverse specie quanto tra l'organismo immaturo e quello adulto. Le monografie embriologiche, e in particolare le illustrazioni che vi erano contenute, rappresentavano importanti strumenti di lavoro e di consultazione per coloro che studiavano l'anatomia dell'embrione e che erano interessati alla diversità delle forme con cui la vita si manifestava. Il modello privilegiato fu inizialmente quello dell'embrione di pollo, già descritto da Marcello Malpighi nel De formatione pulli (1673): agli embriologi ottocenteschi, questo studio non chiedeva altro che una migliore precisazione dei dettagli dei fatti osservati e, naturalmente, un ulteriore sforzo di comprensione dell'embriogenesi. Nel corso del secolo, infatti, si moltiplicarono le monografie e i compendi sullo sviluppo embrionale, sia dei vertebrati o degli invertebrati in generale sia di specifici organi corporei. I grandi trattati erano basati sulle singole ricerche eseguite dai vari embriologi. Il primo fu quello scritto da Gabriel Gustav Valentin, Handbuch der Entwicklungsgeschichte des Menschen mit vergleichender Rücksicht der Entwicklung der Säugethiere und Vögel (Manuale di storia dello sviluppo dell'uomo a confronto con la storia dello sviluppo dei mammiferi e dei volatili, 1835), che fu seguito dal trattato di embriologia di Rudolf Albert von Kölliker, Entwicklungsgeschichte des Menschen und der höheren Thiere (Storia dello sviluppo dell'uomo e degli animali, 1861), e dall'opera A treatise on comparative embryology (1880-1881) di Francis M. Balfour.
Tuttavia, prima di approdare all'embriologia scientifica, le cui descrizioni morfoanatomiche erano principalmente intese a definire le tappe del processo di differenziazione, l'embrione era stato oggetto di un'indagine speculativa, condotta da un gruppo di anatomisti trascendentali tra i quali étienne Geoffroy Saint-Hilaire (1772-1844), che si ispirava in parte alle idee sviluppate dal suo collega Antoine-étienne-Reynaud-Augustin Serres (1786-1868). Le teorie degli studiosi che afferivano al Muséum di Parigi appartenevano a un mondo che è stato definito 'delle idee' e posto in contrasto, in maniera in parte arbitraria, con quello 'dei fatti' che faceva capo a Georges Cuvier (1769-1832). Questa scuola di pensiero accomunava, pur con le dovute differenze, diversi autori legati all'area culturale tedesca e alla Naturphilosophie. Uno dei rappresentanti di questa scienza romantica ‒ che attribuiva alle prime molecole, dalle quali si sviluppavano tutti gli organismi viventi, un'origine fisico-chimica ‒ fu Lorenz Oken, che espose le sue teorie sul vivente nell'opera Lehrbuch der Naturphilosophie (Trattato di filosofia della Natura, 1809-1811).
L'embriologia speculativa dei primi dell'Ottocento vedeva il mondo organico come un sistema di 'analogie' (termine che, all'epoca, era ancora sinonimo di omologia). Ciascun organo e organismo era riconducibile a un modello, a un essere astratto e ideale che conteneva in sé tutte le possibilità anatomiche e che garantiva un'unità di composizione e di progetto organizzativo. Si trattava, in altri termini, di un''unità di tipo'. L'anatomia rispondeva alle leggi e ai principî della connessione, dell'equilibrio organico e delle analogie (Philosophie anatomique, 1818) che erano stati fissati da Geoffroy Saint-Hilaire. Tali principî erano applicati tanto agli organismi compiuti quanto agli embrioni, ma soltanto uno riguardava specificamente questi ultimi: si trattava dell'arresto di sviluppo, che Geoffroy Saint-Hilaire nella sua Philosophie anatomique des monstruosités humaines (1822) denominò 'ritardo di sviluppo'. Esso consentiva di spiegare la genesi delle mostruosità, delle malformazioni e delle anomalie grazie alla conoscenza dell'anatomia embrionale. La ciclopia, per esempio, derivava da un arresto dello sviluppo della parete che avrebbe dovuto dividere i due abbozzi oculari posti all'interno di un'orbita che nell'embrione era inizialmente unica. Privi di separazione, essi finivano per ricongiungersi fino a formare un unico occhio, in ragione della loro 'affinità' e per l'azione di una legge fisica di ispirazione newtoniana, la legge universale o principio di attrazione del simile, formulata sempre da Geoffroy Saint-Hilaire.
Il principio dell'arresto dello sviluppo permetteva inoltre di stabilire una relazione tra la nascita embrionale e il progressivo aumento della complessità del mondo animale. Secondo questa concezione, l'embrione dei mammiferi nel corso del suo sviluppo non faceva che ripetere gli stadi anatomici corrispondenti alle strutture degli animali inferiori. All'interno del quadro teorico rappresentato da tale approccio anatomico (anatomia trascendentale) e morfologico (morfologia haeckeliana), si possono distinguere storicamente due fasi, caratterizzate la prima dalla nozione di ripetizione e la seconda da quella di ricapitolazione. Comparve a fare da 'spartiacque', nel 1866, la Generelle Morphologie der Organismen (Morfologia generale degli organismi) di Ernst Heinrich Haeckel. Il pensiero caratteristico del primo periodo è efficacemente rappresentato da un'affermazione del medico patologo Gabriel Andral nel Précis d'anatomie pathologique (1829): "È interamente possibile che l'uomo e gli altri animali appartenenti alle classi superiori subiscano nel corso del loro sviluppo un arresto che fa sì che molti dei loro organi rappresentino esattamente lo stato normale degli esseri inferiori" (p. 96). Nello stesso senso si espresse Serres nel 1842 e nel 1859: "Nelle forme fugaci e passeggere proprie dell'embriogenesi dell'uomo e dei vertebrati si ritrovano le forme arrestate e permanenti degli organismi degli invertebrati" (Serres 1859, p. 206).
Gli anatomisti trascendentali ponevano il vivente all'interno di una topologia che garantiva un ordine geometrico, a cui non era affatto estraneo il modello della formazione dei cristalli. Secondo tale concezione topologica, l'embrione si trovava al centro di un cerchio e il suo sviluppo veniva attribuito all'azione di forze centrifughe e centripete; ciò spiegava il motivo per cui gli arti si differenziavano prima della colonna vertebrale, e le strutture invertebrate prima di quelle vertebrate. L'anatomia trascendentale, che non si poneva affatto il problema dell'origine (si trattava di una questione di ordine divino che, in quanto tale, era di pertinenza dei teologi), era una scienza di tipo comparativo che riduceva gli organismi ai loro organi. Essa teorizzava inoltre l'esistenza di una continuità tra il vivente e il non vivente, composto di molecole imperiture che venivano eternamente riciclate: vi era unità fra ciò che era vivo e ciò che non lo era e l'embrione si formava grazie al nutrimento apportato da queste molecole.
La distinzione tra organi adulti ed embrionali non aveva più valore fondante, poiché l'embrione dei mammiferi, precedentemente all'acquisizione della forma specifica dei vertebrati superiori, ripercorreva prima l'organogenesi degli invertebrati e poi quella dei vertebrati inferiori. Si trattava, nelle parole di Serres, della "forma transitoria degli embrioni superiori", che veniva assunta "fugacemente e passando per le conformazioni organiche e permanenti degli animali inferiori" (Serres 1859, p. 26). Forme fugaci e transitorie, dunque, ma in nessun caso innovative: lo sviluppo embrionale attestava la varietà degli esseri viventi ma non la loro variabilità, poiché la teoria dominante era all'epoca quella della fissità delle specie. L'anatomia trascendentale era basata sulla teoria di una preformazione originaria della materia, simbolizzata dall''essere astratto', e riteneva che gli organismi fossero soggetti a una predeterminazione organica, imposta loro da un unico progetto organizzativo. Era tuttavia necessario prendere in considerazione lo sviluppo epigenetico dell'embrione, sia per la fondatezza della nozione di ripetizione, sia per integrare nell'unità di progetto anche i mostri, facendoli rientrare in una qualche normalità organica. L'epigenesi, tuttavia, era vista come una 'metamorfosi' di tutte le strutture organiche (adulte ed embrionali) e non come una spiegazione del solo processo di differenziazione embrionale. Essa rappresentava la libertà dell'organismo di rispondere all'ambiente circostante e di progredire nel suo sviluppo di essere organico o di uomo pensante: l'embrione si era così liberato non soltanto dalle pastoie dell'eterna fissità di organizzazione che gli erano state imposte dal dogma settecentesco della preesistenza e dell''incapsulamento' dei germi, ma anche dalle limitazioni di ordine sociale che lo stesso dogma gli aveva conseguentemente attribuito (vi erano embrioni nobili ed embrioni plebei). Va intesa in questo senso l'affermazione di Serres secondo cui quella della preesistenza rappresentava "la dottrina dell'ereditarietà assoluta delle razze, e della solidarietà dei figli ai padri", mentre l'epigenesi dimostrava "la libertà umana e il diritto a una personalità propria" (ibidem, pp. 24, 76). La teoria della preesistenza dei germi e del loro incapsulamento era divenuta obsoleta dal punto di vista ideologico, benché vi fosse ancora qualche resistenza, espressa, per esempio, dal botanico Alexis Jordan (1814-1897); il suo declino risaliva agli anni 1820-1828, durante i quali Geoffroy Saint-Hilaire aveva tentato, inutilmente, alcune esperienze di 'teratologia e trasformismo sperimentale': "Tuttavia, il fine segreto delle mie ricerche, che non ho più timore di confessare in questi tempi di giorni migliori, era l'esame di un principio che dominava le questioni di ordine più elevato concernenti l'organizzazione degli animali: mi riferisco alla teoria filosofica nota con il nome di preesistenza dei germi" (Geoffroy Saint-Hilaire 1828, p. 221). L'abbandono della teoria della preesistenza non segnò tuttavia il declino dell'idea della preformazione, che voleva la materia originaria creata e finalizzata nel suo sviluppo dalla monade all'uomo, in riferimento all'essere ideale o all'interno di un progetto unico.
Gli anatomisti misero in relazione embriogenesi, organogenesi, zoogenesi, teratogenesi e anatomia comparata, affermando che "l'organogenesi animale corrisponde spesso a un'anatomia comparata transitoria, e l'anatomia comparata degli esseri perfetti corrisponde anche a sua volta a un'organogenesi permanente; e che, in secondo luogo, l'embriologia generale rappresenta a volte una zoologia transitoria, mentre la zoologia degli animali adulti rappresenta a volte anche un'embriogenesi permanente" (Serres 1859, p. 8). All'interno di tale sistema, in cui tutte le cose erano come 'una dentro l'altra', l'anatomista si interessava agli organi finiti, che appartenessero all'embrione o all'individuo adulto (i differenti stadi organici che l'embrione attraversava transitoriamente corrispondevano agli organi finiti degli individui adulti che componevano la scala zoologica): dopo tutto, la barriera che divideva l'embrione dall'essere adulto coincideva con quella che separava tra loro i gruppi zoologici appartenenti ai differenti generi e famiglie.
La storia dell'embriologia di questa parte del secolo vide i filosofi della Natura e i trascendentalisti difendere un sistema teorico all'interno del quale la preformazione e l'epigenesi avevano un ruolo esplicativo: l'embrione era formato dalle molecole (Geoffroy Saint-Hilaire) oppure dalla mescolanza dei 'fluidi generatori' prodotti dall'uomo e dalla donna (Meckel), con l'uovo come prodotto secondario; il modello embriologico non era estraneo a quello cosmico (Oken) e la materia che formava l'embrione era soggetta alle leggi della chimica (affinità chimiche) e della fisica (principio di attrazione di Newton), con o senza il concorso delle forze vitali specifiche del vivente che 'animavano' la metamorfosi organica dell'embrione. Se le teorie embriologiche di questi autori rimasero astratte e speculative e non ebbero alcun impatto diretto sullo sviluppo dell'embriologia scientifica, va anche detto che, in compenso, le osservazioni anatomiche sulle quali avevano tanto insistito e dibattuto, in merito al parallelismo tra lo sviluppo embrionale e la progressione della scala zoologica, conobbero nuova fama con la pubblicazione, nel 1859, dell'opera On the origin of species di Charles Darwin.
Nell'ambito degli studi tesi a dimostrare l'unità del mondo organico o l'origine comune di tutte le specie viventi, o entrambe le cose, Ernst Heinrich Haeckel (1834-1919) formulò un articolato sistema di pensiero con il quale difendeva un'ideologia monistica e formulava la 'legge biogenetica fondamentale'. Egli espose la sua visione del mondo vivente e le sue posizioni teoriche, che riservavano all'embrione un ruolo di primo piano, non tanto nei due volumi della Generelle Morphologie der Organismen, quanto nelle due opere successive: Natürliche Schöpfungsgeschichte. Gemeinverständliche wissenschaftliche Vorträge über die Entwickelungs-Lehre im Allgemeinen und diejenige von Darwin, Goethe und Lamarck im Besonderen (Storia della creazione naturale. Conferenze scientifico-popolari sulla teoria dell'evoluzione in generale e specialmente su quella di Darwin, Goethe e Lamarck, 1868) e Anthropogenie oder Entwickelungsgeschichte des Menschen (Antropogenia o storia dell'evoluzione dell'uomo, 1874). Haeckel illustrò quella che riteneva la dimostrazione della sua concezione del vivente, proponendo una formulazione estrema del parallelismo tra lo sviluppo dell'embrione (ontogenesi) e quello degli organismi (filogenesi): "Questo principio biogenetico, sul quale non smetteremo di tornare e la cui conoscenza è necessaria al fine di comprendere al meglio la storia dell'evoluzione organica, può essere formulato brevemente nei termini che seguono: l'ontogenesi non è che una ricapitolazione abbreviata della filogenesi" (Haeckel 1874a [1877, p. 5]). Haeckel non apparteneva più al contesto dell'anatomia trascendentale, bensì a quello di una morfologia basata sull'embriologia scientifica, con un particolare interesse per l'anatomia dell'embrione. Egli però falsificò in parte le nozioni di embriologia scientifica dell'epoca, fornendo rappresentazioni inesatte o palesemente inventate degli stadi embrionali, e per questo è stato oggetto di critiche da parte degli embriologi contemporanei (Rupp-Einsenreich 1996). Haeckel considerava l'embriologia o, per utilizzare la sua terminologia, l'ontogenesi, un mezzo per dimostrare la sua teoria; il suo obiettivo non era quello di elaborare una scienza esatta dello sviluppo. Inoltre egli si rivolgeva al grande pubblico con il desiderio di rendere comprensibile a tutti un pensiero scientifico e un'ideologia che, nel 1868, lo condussero, secondo Ludwig Rutimeyer, professore di zoologia e anatomia comparata a Bale, a una 'mistificazione del pubblico e della scienza'; analogamente Wilhelm His, nel suo Unsere Körperform und das physiologische Problem ihrer Entstehung (La nostra forma corporea e il problema fisiologico della sua origine, 1874), dichiarò che l'Anthropogenie di Haeckel conteneva numerosi errori nella raffigurazione di embrioni. L'accusato replicò solo parzialmente alle critiche.
Nonostante tutto, Haeckel contribuì in misura significativa alla diffusione del materialismo scientifico. Egli offrì un supporto concreto al pensiero di Darwin secondo cui all'embriologia spettava un ruolo di primo piano nella riflessione teorica sul trasformismo. Darwin sottolineò infatti a più riprese, nella corrispondenza degli anni 1859-1860, il suo interesse per l'embriologia: "A mio parere l'embriologia è di gran lunga la disciplina che contiene il maggior numero di prove a favore della mutabilità delle forme". Nell'abbozzo manoscritto del 1844, pubblicato nel 1909 con il titolo The foundation of the origin of species, e nelle successive edizioni dell'opera On the origin of species egli si riferì spesso a tale scienza. La sua restava un'embriologia delle forme, cui rivolgersi al fine di sostanziare una concezione unitaria del vivente che giustificasse a sua volta quella che all'epoca veniva chiamata 'teoria della discendenza' o 'dottrina genealogica':
L'unità di tipo delle grandi classi è inequivocabilmente dimostrata anche dagli stadi attraversati dall'embrione nel corso del processo di acquisizione della forma adulta. Così, per esempio, in una certa fase dello sviluppo embrionale le ali dei pipistrelli, le mani, i piedi o gli zoccoli dei quadrupedi, e le natatoie dei cetacei non sono per nulla differenti, essendo tutte costituite da un semplice osso indiviso. In uno stadio precedente, gli embrioni dei pesci, degli uccelli, dei rettili e dei mammiferi sono straordinariamente simili. (Darwin 1958b [1998, pp. 160-161])
Nel formulare tale concezione ricapitolazionista, Darwin era stato sostenuto dall'autorità di Karl Ernst von Baer (1792-1876) e di Richard Owen (1804-1892), che rifiutavano la teoria di Lorenz Oken (1779-1851) secondo la quale gli embrioni delle specie che si trovavano in una posizione elevata della scala degli esseri viventi assumevano nel corso del loro sviluppo le forme adulte (e non quelle embrionali) degli animali inferiori. Darwin, tuttavia, espresse il suo pensiero definitivo su tale questione nella sesta edizione dell'opera On the origin of species, in cui si legge che: "Anche nei gruppi le cui forme adulte sono state modificate al massimo, la conformazione delle larve rivela spesso la comune origine […]. Poiché l'embrione ci mostra spesso, più o meno chiaramente, la struttura del progenitore più antico e meno modificato del gruppo, possiamo vedere perché forme antiche ed estinte allo stato adulto assomiglino così spesso agli embrioni di specie attuali della stessa classe" (1859 [1896, p. 531]). Darwin espresse così il suo apprezzamento per la legge biogenetica di Haeckel, della quale era stato uno degli ispiratori, anche riferendosi agli studi che Fritz Müller aveva condotto sulle larve degli invertebrati marini e presentato nel Für Darwin (Per Darwin, 1864).
La teoria della discendenza per trasformazioni successive delle specie non poteva prescindere dalla ricerca delle origini, tanto più che i pionieri di quest'ultima propugnavano un'ideologia materialistica che si era sbarazzata dei dogmi del creazionismo, del fissismo e della teologia. Tale intento animava anche gli sforzi di Haeckel e di un certo numero di embriologi che cercarono le origini là dove speravano di trovarle, vale a dire nel mondo marino che è all'origine della Terra e dei primi esseri viventi. Si moltiplicarono così le spedizioni scientifiche intraprese allo scopo di studiare gli organismi del mare, e a partire dagli anni Settanta furono fondate le stazioni marittime, che si sarebbero rivelate siti di ricerca particolarmente produttivi per la biologia in generale e per l'embriologia in particolare. Tra le numerose stazioni marittime fondate nella seconda metà del XIX sec., di particolare importanza per il progresso delle ricerche embriologiche fu la Stazione Zoologica di Napoli (istituita nel 1872) che, grazie al suo fondatore Felix Anton Dohrn, era animata da un notevole internazionalismo scientifico. Dohrn, che aveva letto i lavori di Müller, la considerava un istituto di ricerca dedicato alla biologia storica, e quindi l'embriologia dava il suo contributo proprio allo studio della genealogia delle specie animali.
Nel quadro concettuale della ricapitolazione haeckeliana l'indagine sulle origini interessava l'embriologia poiché l'incontro delle due cosiddette 'cellule sessuali', suo principale oggetto di studio, simboleggiava o rappresentava lo stadio unicellulare nel quale l'uomo aveva fatto il suo ingresso nel mondo dei viventi. L'ovulo rimandava alla fase unicellulare nucleata, la morula a quella pluricellulare dei 'protozoi' e la gastrula ‒ oggetto della 'teoria della gastrea' di Haeckel ‒ a quella degli 'animali intestinali' o 'metazoi'; ciascuno stadio embrionale corrispondeva a uno evolutivo, secondo una concezione ricapitolazionista che, provocando con le sue 'esagerazioni' le critiche degli embriologi, aveva di fatto finito con il dare nuovo impeto alle loro ricerche. Fu proprio nell'Ottocento che l'embriologia entrò a far parte delle discipline maggiori.
La nascita dell'embriologia scientifica viene fatta risalire storicamente alle prime ricerche di Christian Heinrich von Pander (1794-1865). Tra il 1817 e il 1818 egli scoprì un 'nuovo mondo' grazie allo studio approfondito degli abbozzi embrionali di pollo nei primi cinque giorni della loro formazione. Ne fece l'oggetto della sua tesi, Dissertatio inauguralis, sistens historiam metamorphoseos quam ovum incubatum prioribus quinque diebus subit (1817), che venne, nello stesso anno, tradotta in tedesco con il titolo Beiträge zur Entwickelungsgeschichte des Hühnchens im Eie (Saggio sulla storia dello sviluppo del pulcino nell'uovo). A partire dalle sue osservazioni iniziali, Pander formulò la prima teoria dei foglietti embrionali o 'foglietti germinativi' (Keimblätter): tali strati di tessuto, che costituivano le prime fasi di sviluppo dell'embrione, contenevano o determinavano i futuri organi. Lo studio dei foglietti, che avrebbe gettato le basi dell'embriologia scientifica o storia dello sviluppo (Entwickelungsgeschichte), fu proseguito soprattutto da Baer, che nel 1835 formulò la nozione di 'foglietti organogenetici'. A tali ricerche si dedicarono anche Robert Remak, tra il 1850 e il 1855, e Thomas H. Huxley tra il 1849 e il 1869. Quest'ultimo suddivise i foglietti germinativi in ectoderma, mesoderma ed endoderma (o entoderma), e confermò una parte delle osservazioni di Remak a proposito del ruolo dei foglietti embrionali nella diversificazione degli organi: dall'ectoderma derivavano il sistema nervoso e la pelle, dal mesoderma le strutture muscolari, ossee e circolatorie, e dall'endoderma gli apparati digerente e respiratorio.
L'origine dell'embriologia scientifica deve molto all'apporto di alcuni anatomoembriologi appartenenti al mondo russo-germanico. A un primo gruppo, formatosi intorno a Ignaz Dollinger (1770-1841) e composto da Pander, Baer e Remak, si unirono in seguito Heinrich Rathke (1793-1860), che si specializzò nello studio delle prime fasi dell'embriogenesi e della formazione di alcuni organi specifici negli invertebrati, e Johannes Peter Müller (1801-1858), che si occupò inizialmente della respirazione dell'embrione (De respiratione foetus, 1823) con l'intento di addentrarsi nei problemi lasciati aperti dalla fisiologia. Müller proseguì le sue ricerche embriologiche studiando la differenziazione del sistema urogenitale e dimostrò in particolare che il canale evidenziato da Rathke, in seguito denominato 'canale di Müller', era all'origine delle vie genitali femminili (ovidotto). Il suo lavoro fu pubblicato nel 1830 con il titolo Bildungsgeschichte der Genitalien aus anatomischen Untersuchungen an Embryonen des Menschen und der Thiere (Storia della formazione degli organi genitali in base a ricerche anatomiche su embrioni umani e animali). Tra le ricerche condotte dagli embriologi appartenenti a questo gruppo vanno ricordate anche quelle di Theodor Ludwig Wilhelm von Bischoff (1807-1882), che si interessò in particolare allo sviluppo dell'uovo nei vertebrati superiori.
La scuola embriologica 'di lingua tedesca' fu particolarmente attiva negli anni 1819-1834, corrispondenti al periodo in cui Baer soggiornò a Königsberg, dove portò a termine le ricerche di Pander sul ruolo dei foglietti germinativi. Sulle rive del Baltico giungeva l'influenza di poli culturali come San Pietroburgo e Berlino, ma alla nascita dell'embriologia scientifica contribuirono in maniera altrettanto determinante centri universitari di importanza minore: Dorpat, dove Baer incontrò il fisiologo e anatomista Karl Friedrich Burdach (1776-1847) e ricevette nel 1814 la laurea in medicina; Würzburg, dove egli studiò anatomia comparata con Dollinger, e Pander si laureò in medicina nel 1817. Quest'ultimo fu eletto membro dell'Academia Scientiarum Imperialis Petropolitana nel 1821; Baer ricevette lo stesso titolo nel 1826, e dal 1834 al 1867 ne fu membro interno. L'autore di riferimento degli embriologi che si riunivano intorno a Baer era Caspar Friedrich Wolff (1734-1794), la cui Theoria generationis (1759) aveva gettato le fondamenta dell'approccio epigenetico allo studio dello sviluppo dell'embrione.
L'opera di Baer costituì il quadro concettuale all'interno del quale andarono delineandosi le due principali linee di ricerca dell'embriologia dell'Ottocento: (1) lo studio dell'aspetto morfoanatomico dello sviluppo embrionale e le sue implicazioni per le teorie ricapitolazioniste, trattato principalmente nei due volumi del suo Über Entwickelungsgeschichte der Thiere. Beobachtung und Reflexion (Sulla storia dello sviluppo degli animali. Osservazione e riflessione, 1828-1837); (2) le ricerche sull'uovo e sulla fecondazione che seguirono la sua scoperta, nel 1827, della cellula-uovo dei mammiferi (De ovi mammalium et hominis genesis).
Nell'Anthropogenie (1874) Haeckel riconobbe che gli studi embriologici di Baer rappresentavano "le più solide fondamenta della nostra scienza ontogenetica". Nel dare il suo importante contributo alla comprensione dei foglietti embrionali e del loro destino organico, Baer dimostrò che la superficie piana costituita da tali foglietti 'discoidali rudimentali' si modificava in volume, incurvandosi e saldandosi a formare i canali che si sarebbero in seguito trasformati nei diversi organi. Egli fornì una logica allo studio tridimensionale della differenziazione embrionale e indicò la via da seguire per costituire una scienza della storia dello sviluppo. Pose inoltre l'accento sulla necessità di mettere in relazione tassonomia ed embriologia, correlando quattro modalità embriogenetiche diverse con i quattro tipi zoologici distinti e fondamentali che erano già stati proposti da Cuvier (vertebrati, articolati, molluschi e radiati). Combinando embriologia, anatomia comparata e tassonomia, egli definì ‒ a quanto sembra indipendentemente da Cuvier ‒ i quattro tipi fondamentali: (1) il periferico (gli infusori, le meduse e le stelle marine); (2) il longitudinale (gli animali segmentati, come i vermi e gli insetti); (3) il massiccio o molluscoide (i molluschi, i rotiferi e i polizoi); (4) il vertebrato. Formulò quindi quella che, grazie a Haeckel, sarebbe assurta al rango di 'legge di Baer':
Lo sviluppo di un individuo appartenente a una qualsiasi classe zoologica avviene conformemente a due principî generali: anzitutto, vi è un continuo perfezionamento del corpo animale dovuto a una differenziazione istologica e morfologica vieppiù crescente; in secondo luogo, la forma generale propria del tipo si trasforma in una forma più particolare. Il grado di perfezione del corpo animale è determinato dalla maggiore o minore eterogeneità degli elementi e delle diverse parti del suo complesso apparato, ovvero dalla maggiore o minore differenziazione istologica e morfologica. Il tipo è determinato invece dalla posizione relativa degli elementi organici e degli organi. Il tipo è del tutto indipendente dal grado di perfezione: uno stesso tipo può raggiungere diversi gradi di perfezione e, viceversa, uno stesso grado di perfezione può essere ritrovato in diversi tipi. (Haeckel 1874a [1877, p. 39])
Tra coloro che condussero le prime importanti ricerche di embriologia scientifica tra il 1820 e il 1850, alcuni si interessarono allo studio fondamentale della segmentazione dell'uovo: Jean-Louis Prévost e Jean-Baptiste-André Dumas studiarono le rane (1824); Mauro Rusconi i tritoni (1836); Carl Theodor Ernst von Siebold i nematodi (1837); Christian Lovén gli idroidi (1837); Michael Sars gli asteroidei e i nudibranchi (1837); Carl Vogt i pesci e Carl Georg Bergmann gli uccelli. Di questo nuovo gruppo di embriologi interessati ai primi segnali di vita dell'uovo, faceva parte Bischoff, che apportò un notevole contributo all'embriologia prendendo in esame i vertebrati superiori, meno conosciuti sotto questo aspetto dei vertebrati inferiori e degli invertebrati. I suoi lavori più importanti riguardarono lo sviluppo delle uova della femmina del coniglio, Entwicklungsgeschichte des Kanincheneis (Storia dello sviluppo dell'uovo del coniglio, 1842) e del cane, Entwicklungsgeschichte des Hundeeies (Storia dello sviluppo dell'uovo del cane, 1845). A proposito di tali trattati, Rudolf Albert von Kölliker scrisse: "Bischoff ha il grande merito di aver prodotto il primo lavoro completo sui primi tratti dell'embrione dei mammiferi, ed è su [questi suoi] due scritti in particolare che basiamo principalmente le nostre idee sugli stadi più precoci dell'essere umano" (Kölliker 1861 [1882, p. 28]). Sempre secondo Kölliker per quanto riguarda la specie umana, Victor Coste, titolare, nel 1844, della prima cattedra di embriologia del Collège de France, aveva pubblicato nella sua Histoire générale et particulière du développement des corps organisés (1847-1859) le "più belle illustrazioni di giovani embrioni umani, involucri dell'uovo e uteri gravidi che siano mai state disegnate" (ibidem, p. 27). A suscitare l'interesse degli embriologi verso una più approfondita conoscenza dell'uovo contribuì prima la scoperta della sua vescicola germinativa (nucleo dell'ovocita) da parte di Jan Evangelista Purkynje nel 1825, e poi quella della macula germinativa (nucleolo) a opera di Rudolph Wagner nel 1835. In seguito, con lo sviluppo delle teoria cellulare da parte del botanico Matthias Jacob Schleiden (1804-1881) e dello zoologo Theodor Schwann, nel 1838-1839, gli studi sulle fasi precoci dell'ovogenesi rappresentate dalla 'frammentazione del vitello' (che fosse totale, come nel caso delle uova degli anfibi, o parziale, come in quelle degli uccelli) aprirono all'embriologia nuove prospettive di ricerca. Si trattava, secondo Kölliker, "di studiare in primo luogo la composizione istologica dei foglietti germinativi di Pander e Baer, e di seguirne lo sviluppo a partire dalla cellula dell'uovo primitivo; e in secondo luogo di mettere in relazione il loro contributo alla formazione degli organi con le funzioni svolte dai loro elementi morfologici" (1861 [1882, p. 17]). Kölliker, che era un'autorità in materia di embriologia, ex allievo di Müller e dell'anatomista Jacob Henle, nonché amico di Schwann, nell'opera Entwicklung der Cephalopoden (Evoluzione dei cefalopodi, 1844) affermò "che nell'intero sviluppo dei tessuti animali, nonché di quelli vegetali, non si ha alcuna produzione di cellule al di fuori di quelle già esistenti; che tutti i fenomeni vanno invece interpretati come dovuti a modificazioni di organi elementari tutti inizialmente equivalenti e discendenti da un unico elemento primitivo" (ibidem, p. 19). Egli ‒ insieme a coloro che condividevano le sue idee, come Karl Bogislaus Reichert e Remak ‒ si trovò in contrasto con l'ipotesi di Schwann, sostenuta tra gli altri da Vogt nel suo lavoro sull'embriologia del rospo ostetrico (1842). Secondo tale ipotesi le cellule dell'embrione nascerebbero per 'formazione libera' da un fluido plastico prodotto dalla dissoluzione delle sfere di segmentazione: Vogt e Schwann negavano qualsiasi continuità cellulare nel corso dello sviluppo. La teoria di Kölliker, che ipotizzava al contrario un'origine cellulare unica (la cellula-uovo) per tutte le linee istologiche embrionali, divenne principio generale grazie a Rudolf Virchow, che in Die Cellularpathologie (La patologia cellulare, 1858) formulò il noto assioma omnis cellula e cellula: nel nuovo clima intellettuale era finalmente possibile dedicarsi allo studio del 'lignaggio' (genealogia) delle cellule embrionali.
Una volta stabilito che l'uovo era la cellula primitiva e l'embrione il risultato di una serie di sue divisioni successive, l'embriologo, in collaborazione con il citologo, passò ad approfondire la propria conoscenza della struttura interna della cellula-uovo. Dal nuovo punto di vista della teoria cellulare, egli poteva concentrare i propri sforzi sui meccanismi della fecondazione e della divisione, della differenziazione istologica e organica. A guidare queste ricerche fu, con la pubblicazione dell'opera On the origin of species di Darwin, il desiderio di decifrare la genealogia cellulare dello sviluppo embrionale e di stabilire un parallelismo tra questa e la genealogia delle specie. Numerosi embriologi si dedicarono allo studio approfondito della cellula e del suo nucleo; il lavoro che (ancor prima di quello di Virchow) diede origine a queste nuove ricerche fu, secondo Kölliker, quello di Leopold Auerbach (1828-1897) sulla formazione e divisione delle cellule, Zelle und Zellkern. Bemerkungen zu Strasburger's Schrift: 'über Zellbildung und Zelltheilung' (Cellula e nucleo della cellula. Osservazioni sullo scritto di Strasburger: 'Sulla formazione e divisione delle cellule', 1855), ma le grandi scoperte della citologia embrionale scaturirono dallo studio della fecondazione.
Remak, che condusse ricerche sui foglietti germinativi e sul loro destino organico, fu tra coloro che segnarono profondamente l'embriologia della seconda metà del XIX secolo. Egli riteneva, come la maggior parte degli embriologi suoi contemporanei, che l'embrione derivasse esclusivamente dal 'disco proligero' o blastoderma, e che il sacco vitellino avesse soltanto una funzione trofica. Diversamente pensava Wilhelm His sr (1831-1904), il quale nelle Untersuchungen über die erste Anlage des Wirbelthierleibes (Ricerche sul primo impianto del corpo dei vertebrati, 1868) sosteneva che il 'vitello bianco' fosse composto da cellule che contribuivano alla formazione dei vasi e del sangue. Tale teoria venne criticata dalla comunità embriologica nel suo insieme, e in particolare da Kölliker e Virchow, tuttavia le ricerche di His non mancarono di esercitare, per altri aspetti, un notevole impatto sul progresso della disciplina.
Se gli anatomisti trascendentali, nell'ambito dell'embriologia speculativa, avevano spiegato lo sviluppo dell'embrione in termini di forze centripete e centrifughe, la nuova scienza non si serviva di un vocabolario molto dissimile. Ecco come si espresse Kölliker a proposito delle diverse ipotesi riguardanti la genesi del mesoderma (foglietto intermedio):
(1) Il foglietto intermedio si forma tra gli altri due foglietti per immigrazione delle sfere di segmentazione in direzione centripeta, dai lati verso il centro (Peremeschko, Stricker, Oellacher, Klein, Balfour, Foster); (2) il foglietto intermedio nasce per proliferazione dei bordi ('bordo marginale') del disco blastodermico in direzione centripeta (Götte); (3) il foglietto intermedio si origina per proliferazione della regione mediale dell'ectoderma, e lo strato che risulta da tale proliferazione diventa indipendente e continua a espandersi in direzione centrifuga (io stesso). (Kölliker 1861 [1882, p. 26])
Le nuove ricerche di embriologia cellulare non avevano tuttavia scoraggiato quelle di embriologia comparata, e ancor meno quelle concernenti le origini e il passaggio dagli invertebrati ai vertebrati, che tra il 1860 e il 1880 venivano ancora portate avanti attivamente. In tale ambito si distinse particolarmente l'opera dell'embriologo russo Alexandr Onufrievič Kovalevskij (1840-1901). Nel 1864, nella baia di Napoli, egli intraprese lo studio dello sviluppo dell'anfiosso (Cefalocordati), considerato l'animale vertebrato più primitivo, e di alcuni invertebrati marini tra i quali la 'grande ascidia' (Urocordati). La larva natante di quest'ultima possedeva un'appendice caudale che presentava una corda dorsale e un tubo neurale; ben presto, tuttavia, essa si fissava al substrato, perdendo la sua appendice e dunque le sue potenzialità di 'vertebrato': lo stadio adulto era infatti privo tanto della corda quanto del tubo (John Goodsir aveva già paragonato l'anatomia dell'anfiosso a quella dell'ascidia nel 1844). Fu in una serie di scritti e appunti pubblicati tra il 1865 e il 1871 che Kovalevskij rese note le sue osservazioni embriologiche, evidenziando le particolarità della larva dell'ascidia che l'avevano indotto a stabilire un parallelismo tra l'ultimo degli invertebrati, l'ascidia, e lo sviluppo del primo vertebrato, l'anfiosso. Haeckel si servì dei lavori di Kovalevskij, sostenendo che: "La concordanza fondamentale che si manifesta, al principio dell'evoluzione embrionale, tra l'anfiosso e l'ascidia dimostra non soltanto la loro stretta parentela anatomica e tassonomica, ma anche la loro consanguineità, la loro discendenza comune da una stessa forma ancestrale; ciò getta una vivida luce sulle radici più antiche dell'albero genealogico umano" (Haeckel 1874a [1877, p. 297]). Darwin, che era notevolmente interessato all'embriologia, non mancò di segnalare i lavori di Kovalevskij e di sottolinearne la portata per le riflessioni sul trasformismo: "Sembra dunque, se guardiamo all'embriologia, che è sempre stata per il classificatore la guida più attendibile, che abbiamo infine scoperto la via che potrà condurci all'origine da cui discendono i vertebrati" (Darwin 1871 [1891, p. 174]). Tuttavia Alfred Giard, fondatore della stazione marittima di Wimereux, istituita nel 1874, esperto di embriologia delle ascidie e difensore della teoria dell'evoluzione, criticò le conclusioni tratte da Haeckel e Darwin, sostenendo invece che tra l'anfiosso e l'ascidia non esisteva alcuna relazione genealogica diretta (omologia ereditaria) e che le loro affinità erano soltanto di carattere adattativo (omologia adattativa). D'altro canto, ciò non gli impedì di pensare che "l'organizzazione della larva dell'ascidia, al di là delle varie ipotesi e teorie, ci dimostra che la Natura può forgiare in un animale invertebrato la struttura fondamentale del tipo vertebrato (la corda dorsale) per la sola questione vitale dell'adattamento, e questa semplice possibilità di passaggio cancella l'abisso tra i due sottoregni, benché ci sia ancora ignoto come tale passaggio sia avvenuto in realtà" (Giard 1872, p. 281).
Haeckel aveva avuto come maestro Kölliker, che fu tra i critici più faziosi della 'legge biogenetica fondamentale o essenziale'; allo stesso modo, Baer formulò un principio secondo il quale fondamentalmente, l'embrione di una forma animale superiore "non è dunque mai simile a un'altra forma animale ma soltanto al suo embrione". Secondo Kölliker l'ontogenesi non poteva essere una ricapitolazione della filogenesi, per quanto abbreviata, poiché presentava strutture ‒ come l'amnio, l'allantoide e la placenta ‒ che non appartenevano affatto alla storia della discendenza; inoltre, la constatazione dell'esistenza di modalità di sviluppo non assimilabili in vertebrati superiori prossimi quali il coniglio e il porcellino d'India (che, rispetto al primo, presentava un'inversione dei foglietti) non permetteva di farli discendere l'uno dall'altro. Né la falsificazione degli embrioni (cenogenesi, ossia la comparsa nell'embrione di strutture nuove per la linea filetica cui esso appartiene), alla quale Haeckel aveva fatto ricorso per superare la difficoltà nello spiegare le eccezioni e i casi che non rientravano direttamente nella sua teoria, convinse chi lo criticava. Era vero che di solito in biologia le eccezioni non confermavano affatto la regola, portando lo studioso ad adattare uno o più dati biologici alla sua nuova teoria, a domandarsi le possibili ragioni e a formulare nuove ipotesi, ma per Kölliker era l'ontogenesi a dover chiarire la filogenesi, e non viceversa, tanto più che, nella sua adesione alla teoria evoluzionista, egli raccomandava di abbandonare la dottrina di Darwin e di Haeckel "per abbracciare la concezione di uno sviluppo che procede per salti e che è governato da cause intrinseche" (Kölliker 1861 [1882, p. 410]). L'atteggiamento di Kölliker segna esattamente il punto di svolta al quale l'embriologia si stava avvicinando tra la fine degli anni Settanta e l'inizio degli Ottanta, svolta comune a un certo numero di studiosi che praticavano una scienza dello sviluppo che doveva bastare a sé stessa, cercando di scoprire le leggi che regolavano l'ontogenesi senza fare ricorso alla filogenesi. E poiché il biologo, evidentemente, ignorava le leggi della filogenesi, gli era difficile applicarle allo studio delle leggi dello sviluppo come avrebbe voluto Haeckel, il quale sosteneva che "la filogenesi è la causa meccanica dell'ontogenesi e [che] lo sviluppo della specie, conformemente alle leggi dell'ereditarietà e dell'adattamento, ha determinato le fasi dello sviluppo dell'individuo" (Haeckel 1874a [1877, p. 5]). Gli embriologi indirizzarono dunque la loro attenzione altrove, e in particolare alla teoria meccanica dell'embriogenesi. Era questa l'idea generale espressa da His nella Untersuchung e in Unsere Körperform (La nostra forma corporea, 1875). Tale teoria fu adottata da Kölliker e da altri embriologi:
L'ipotesi di His, secondo la quale l'intero sviluppo corporeo non consiste in fondo che in momenti meccanici molto semplici (tensione delle lamine elastiche per effetto della disparità di accrescimento delle varie parti, ripiegamenti determinati da ostacoli chiusi), merita di essere presa in seria considerazione non soltanto perché rappresenta il primo tentativo di fornire una spiegazione logica, ai sensi della storia naturale moderna, della formazione del corpo, ma anche perché contiene indubbiamente in sé molto di vero. (Kölliker 1861 [1882, p. 27])
È interessante notare ancora una volta come, pur essendo mutati i concetti e i contesti scientifici, i termini utilizzati per descriverli fossero rimasti gli stessi. Ritroviamo così negli scritti di His una spiegazione della meccanica embrionale dello sviluppo dei foglietti in termini di ripiegamenti: "tutti gli ammassi di sostanza che hanno l'aspetto di proliferazioni locali devono essere riconducibili a particolari ripiegamenti del disco" (His 1868, p. 56), e "l'idea di considerare la formazione del corpo come un fenomeno di ripiegamento è stata già espressa nel modo più preciso da Pander" (ibidem, p. 66). Il concetto di ripiegamento veniva diffusamente utilizzato per fornire una spiegazione meccanica del movimento del vivente dagli anatomisti trascendentali le cui concezioni erano vicine all'indirizzo filosofico leibniziano.
Una scoperta fondamentale di questa fase dell'embriologia scientifica rimane quella della cellula-uovo dei mammiferi, a opera di Baer (1827). Se il suo lavoro originale in latino venne tradotto solo dopo molto tempo, in tedesco da Benno Ottow (1927) e in francese da Gilbert Breschet (1929), nel frattempo non fu certo ignorato e sollecitò, negli embriologi e nei citologi che aderivano alla teoria cellulare, l'interesse per la fecondazione, primissimo istante di vita del futuro embrione.
La nascita di una storia della fecondazione può essere fatta risalire alle esperienze di Prévost e Dumas, i quali nel 1824 misero in evidenza il ruolo che in tale evento biologico avevano gli 'animalculi' o gli 'zoospermi', ovvero gli spermatozoi. I due studiosi replicarono un protocollo sperimentale che era stato utilizzato nel 1775 da Spallanzani, il quale aveva già scoperto il ruolo degli 'animalculi seminali' nella fecondazione, ma ne aveva negato la funzione per via delle idee preconcette che lo legavano al dogma della preesistenza dei germi. Analizzando frazioni filtrate di sperma di rana, Prévost e Dumas arrivarono a scoprire che, contrariamente a quelle intatte, quelle che erano state private degli spermatozoi non avevano alcun potere fecondativo. Furono le loro ricerche, insieme alla scoperta di Baer, a porre le premesse per la nascita dello studio scientifico della fecondazione. La loro importanza divenne ancor più evidente con la comparsa della teoria cellulare, e la fecondazione diventò oggetto delle investigazioni sia degli embriologi sia dei citologi, mentre diversi embriologi divenivano citologi per necessità. Grazie alle nuove conoscenze della struttura fine della cellula, Wilhelm August Oscar Hertwig poté portare a termine nel 1875 gli studi sulle uova di riccio che gli permisero di descrivere il fenomeno della coniugazione tra il nucleo dell'uovo e quello dello spermatozoo. Negli anni Ottanta, molti embriologi-citologi contribuirono al progresso della conoscenza della fecondazione: Edouard van Beneden, per esempio, scoprì la meiosi (1883-1884) e i centrosomi (1887).
Fu Geoffroy Saint-Hilaire a condurre per primo, tra il 1820-1822 e il 1826-1827, una serie di esperienze sulle uova di gallina, mettendo in pratica i progetti sperimentali che aveva concepito durante la campagna d'Egitto. Egli ascriveva la crescita dell'embrione e le trasformazioni caratteristiche della specie al nutrimento e alle influenze esercitate dalle molecole e dai 'fluidi imponderabili' che costituivano il mezzo o l'ambiente nel quale esso si sviluppava. Scopo dei suoi esperimenti era quello di dimostrare la fondatezza dell'ipotesi epigenetica confutando nel contempo il dogma della preesistenza dei germi e del loro incapsulamento, opponendogli uno sviluppo epigenetico che offrisse all'embrione la libertà di adattare la propria organizzazione alle sollecitazioni dell'ambiente che gli era stato assegnato dal piano divino (preformazione del piano unico). Geoffroy Saint-Hilaire sperava dunque di dimostrare, grazie al suo progetto sperimentale, che modificando l'ambiente nel quale l'embrione dell'uccello si sviluppava era possibile ottenere una modificazione delle sue strutture organiche. A tale scopo egli eseguì due serie di esperimenti: nella prima copriva le uova con un sottile strato di tessuto per rallentare gli scambi tra l'embrione e i 'fluidi imponderabili', nella seconda praticava aperture nei loro gusci per accelerare, al contrario, la penetrazione di tali fluidi. Sperava di trovarsi in tal modo di fronte a forme rettiliane, progenitrici degli uccelli, ma anche a mostri che, al contrario delle forme proprie della specie, non avrebbero potuto essere considerati preesistenti. Non ottenne ciò che sperava, né ciò che si aspettava di trovare utilizzando per i suoi esperimenti uova di animali mutanti quali le galline padovane con 'ernia cefalica', ma le idee da cui era partito esercitarono un importante influsso su Camille Dareste, che tra gli anni Sessanta e gli anni Novanta fondò e sviluppò la teratologia sperimentale.
Dareste, come Geoffroy Saint-Hilaire, agì sull'uovo intero (sempre di gallina), agitandolo oppure sottoponendolo a ipotermia (interrompendone cioè l'incubazione per diverse ore). Usando questo metodo sperimentale, detto 'indiretto', egli produsse un elevato numero di mostruosità e anomalie. Dareste studiava la genesi di alcune malformazioni al fine di comprendere i meccanismi embrionali che le producevano, ma ciò gli permise anche di scoprire alcuni meccanismi propri dello sviluppo normale, come la formazione del cuore. Studiando gli embrioni che presentavano due cuori con l'obiettivo di risalire all'origine di tale malformazione, e ripercorrendo le fasi dello sviluppo embrionale fino al momento in cui la distinzione tra normale e anormale si faceva incerta, egli arrivò a constatare tra il 1866 e il 1877 che il cuore dell'embrione era il risultato della fusione di due abbozzi cardiaci. Lo studio di quanto era anormale permetteva dunque di riconoscere ciò che era normale. La mostruosità (o malformazione, o anomalia), che era il risultato di un arresto dello sviluppo embrionale (Geoffroy Saint-Hilaire), ovvero l'immagine di uno stadio embrionale congelato e ingrandito, divenne un modello di grande interesse per lo studio dell'embriogenesi. Geoffroy Saint-Hilaire e Dareste fornirono, l'uno nella teoria e l'altro nella pratica, un contributo di valore determinante affinché nascesse, nel 1887, una nuova disciplina: l'embriologia sperimentale.
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