L'Italia preromana. I siti falisci: Capena
Antica città del Lazio (gr. Καπίννα; lat. Capena, Capenas), di cui le fonti letterarie ricordano la fondazione (Cato, Orig., XXX, 48; Serv., Aen., VII, 697; Priscian., Inst., IV, 21 e VII, 60) a opera di giovani veienti, mentre l’etnico e il toponimo sono menzionati da Plutarco (Cam., II, 6 e ss.), dal Liber Coloniarum (I, 216 e II, 255) e da Stefano di Bisanzio (s.v. Καπίννα).
Notizie sulle vicende storiche di C., legate agli scontri con Roma e al successivo inserimento nello Stato romano (tribù Stellatina), sono soprattutto in Cicerone, Livio, Plinio, Plutarco e Festo. La presenza nel suo territorio del santuario di Lucus Feroniae viene ricordata da Livio (I, 30, 5, per la sua frequentazione dal VII sec. a.C.; XXVI, 11, 8, per la devastazione operata da Annibale), da Strabone (V, 9, 2) e da Dionigi di Alicarnasso (III, 32). La definizione topografica del sito è rimasta dubbia fino alla localizzazione di P.L. Galletti (1756), poi provata dagli scavi di G. Mancini degli anni Cinquanta del Novecento. Situata nelle vicinanze del Monte Soratte, l’area dell’abitato sorgeva sul rilievo collinare di origine vulcanica in località La Civitucola o Castellaccio, nei pressi della confluenza fra il fosso di San Martino e quello di Vallelunga. Dall’inizio del Novecento scavi regolari vennero condotti soprattutto nelle necropoli di San Martino, Le Saliere, Le Macchie, Monte Cornazzano, Monte Pacciano e Monte Cuculo. I complessi sepolcrali più antichi, in prevalenza tombe a fossa, si datano alla seconda metà dell’VIII e nel VII sec. a.C.; alcuni permangono fino alla conquista romana, mentre altri mostrano una cesura con l’inizio del V sec. a.C. e forme di riutilizzazione dei sepolcri in fasi successive.
L’area della città è stata oggetto di numerose indagini, in particolare di superficie, che hanno individuato i resti delle mura di V sec. a.C., una delle porte urbiche, tratti di pavimentazione stradale, cunicoli e pozzi di età arcaica. Dopo la caduta di Veio, C. venne incorporata nello Stato romano: di questa fase, nell’area della città, si segnala un edificio rettangolare databile al I sec. a.C. Per quel che concerne le necropoli gravitanti attorno all’area della città, quella di San Martino appare la più cospicua per numero e qualità di rinvenimenti: si tratta nella maggior parte di tombe a camera ipogea, ma sono attestate anche tombe a fossa. Questo spazio sepolcrale fu in uso dal VII al III-II sec. a.C. Gli scavi dei primi anni del Novecento portarono alla luce circa 200 tombe nella necropoli delle Saliere, in gran parte a fossa, ma anche a camera, di VII e VI sec. a.C., alcune delle quali riutilizzate nel corso della fase repubblicana. Anche la necropoli di Le Macchie consta di numerose tombe a camera di VII e VI sec. a.C., in alcuni casi riutilizzate successivamente. Una maggiore varietà tipologica nell’architettura funeraria si è riscontrata nella necropoli di Monte Cornazzano, con tombe a fossa e a camera oggi quasi completamente distrutte, comprese fra l’età orientalizzante e quella romana. Necropoli minori sono quelle di Monte Pacciano e di Monte Cuculo, mentre interessanti emergenze archeologiche si riscontrano a Monte Foco (una villa romana tardorepubblicana e primo-imperiale).
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