Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Il Quattrocento è un secolo di rilevanti trasformazioni per l’universo culturale e didattico, anche se i cambiamenti appaiono molto più graduali di quanto l’incalzante avanzare della temperie umanistico-rinascimentale lascerebbe credere e ancora avvolti dalla radicata tradizione di studi di matrice medievale. La rivalutazione dei classici come portatori di un complesso di valori fortemente incentrati sulle capacità umane e la sperimentazione di nuove forme di apprendimento, fondate sull’ampliamento dell’orizzonte disciplinare e sull’adozione di un metodo critico basato sul confronto analitico tra dottrine e opinioni variegate, convivono con l’egemonia della tradizione aristotelico-tomistica imperniata sul richiamo agli autori e ai testi consolidati. In questo clima, la circolazione dei nuovi movimenti culturali avviene prevalentemente in luoghi e istituzioni differenti rispetto a scuole e università, sedi dell’insegnamento ufficiale.
Nel XV secolo la fioritura dell’umanesimo ha ormai raggiunto livelli maturi di espressione e di diffusione nell’Europa occidentale e soprattutto nella penisola italiana, che è senza dubbio la culla di uno straordinario risveglio culturale, di natura poliedrica e pluridisciplinare. Tale movimento di arte e di pensiero, tuttavia, non solo affonda le sue radici in fermenti ed esperienze già avviatesi nel periodo medievale, ma incontra la tenace resistenza della docenza scolastica e accademica, che ancora per lungo tempo resterà ancorata ai tradizionali curricula studiorum dominati dall’intangibilità delle auctoritates, dall’invariabilità dei percorsi disciplinari e dei testi utilizzati, dalla rigidità del metodo mnemonico, dalla standardizzazione dei processi di apprendimento incardinati sull’acquisizione di tecniche di ragionamento e argomentazione rigorosamente accreditate. L’incontrastato predominio della scolastica nei luoghi ufficiali di formazione si traduce in una generale comunanza culturale dei letterati, per i quali l’aristotelismo, oltre a costituire il modello cui si è uniformata la loro istruzione, si manifesta come “una sorta di koinè, un insieme di modi di dire e di pensare, definizioni, concetti, conoscenze di varia natura, esplicite o implicite che, inculcate fin dal tempo della scuola, s’imponevano quasi universalmente con la forza dell’evidenza”; per gli intellettuali dell’epoca l’aristotelismo è “prima di tutto una logica, un’arte del sillogismo inteso come la tecnica dimostrativa per eccellenza” (Jacques Verger, Gli uomini di cultura nel Medioevo, 1997).Nonostante la formale tenuta dell’universo educativo tradizionale, si deve ritenere che nel corso del XV secolo l’impalcatura curricolare degli istituti di istruzione si vada progressivamente arricchendo di nuove discipline e, anche se difficilmente permeabili alla cultura umanistica, le università si rivelano pur sempre la sede privilegiata degli scambi intellettuali e sono ancora ispirate a un fertile cosmopolitismo, favorito dalla fruttuosa consuetudine della peregrinatio accademica. Docenti e soprattutto studenti si spostano materialmente da una sede universitaria all’altra, alla ricerca di un continuo approfondimento delle conoscenze, artefici essi stessi di produttivi flussi di sapere, ai quali l’unità religiosa europea – ancora non turbata – consente di mantenere un respiro internazionale. La dimensione cosmopolitica della cultura non è ancora stata intaccata dalla frattura confessionale provocata dall’affermarsi del protestantesimo, che, spaccando l’Europa, determinerà un proliferare di nuove fondazioni universitarie – promosse e sovvenzionate dai poteri pubblici, bisognosi di orientare e controllare la formazione delle élite –, che tenderanno a ridimensionare la vocazione sovranazionale, ripiegando su di un piano essenzialmente regionale.
Nel Quattrocento la formazione dei letterati, dei giuristi, degli scienziati avviene nelle università, che conferiscono titoli e mantengono un prestigio pressoché inalterato, nonostante le esperienze degli intellettuali si compiano e attingano ai nuovi ideali culturali in contesti diversi dai siti ufficiali di istruzione. Se questi restano generalmente caratterizzati da una matrice religiosa, lo spirito laico del Rinascimento pervade le città, le corti, i circoli culturali, le botteghe degli artisti, le accademie, generando un fervore crescente, che propende per la sostanziale unitarietà della cultura, per l’integrazione delle discipline e delle esperienze cognitive, per una conoscenza della realtà che ambisce a essere eclettica e globale. Esempi illuminanti di tale tendenza sono i percorsi di vita e di lavoro di Leonardo da Vinci, Leon Battista Alberti, Michelangelo Buonarroti – solo per citarne alcuni – i quali coltivano contemporaneamente passioni e attività molteplici, che vanno dalla poesia alla pittura, dalla letteratura alla scultura, dalla matematica all’architettura, in un’ottica organica e armoniosa del sapere.
La rivalutazione dell’esperienza terrena dell’uomo, con le sue preziose potenzialità, fa gradualmente affiorare l’esigenza di riformare i sistemi educativi vigenti, che iniziano ad apparire inadeguati alla sensibilità emergente. È l’Italia che diventa ispiratrice e promotrice dello straordinario rinnovamento culturale dei secoli XIII-XVI, nonché a offrire i principali itinerari di sperimentazione di nuovi ideali pedagogici improntati a uno sviluppo integrale della personalità: i contubernia umanistici – una specie di pensionati non universitari ma molto selettivi – creati da Guarino Veronese o da Vittorino da Feltre, coniugano la solida tradizione dell’insegnamento delle scuole di grammatica con l’immissione di contenuti disciplinari e stili educativi di tipo innovativo, che contemplano l’armoniosa edificazione del corpo e della mente, ampliano la gamma dei testi di studio ed estendono la lettura dei classici, nello spirito rinascimentale del conseguimento dell’umana virtus. La pedagogia si rinnova con la riscoperta di autori, quali Quintiliano e Plutarco, che diventano imprescindibili punti di riferimento per i trattati sull’educazione elaborati nel corso del Quattrocento, tra i quali si ricordano il De liberorum educatione di Enea Silvio Piccolomini – il futuro papa Pio II – e il De ordine docendi et studendi elaborato da Battista, figlio di Guarino Veronese.
In questa temperie culturale, l’uomo è spinto a “osare”, a investigare la realtà, a interpretarla, a sviluppare attitudini critiche sulla base di analisi, confronti ed elaborazioni. L’invenzione della stampa, in pieno secolo XV, rappresenta un rivoluzionario fenomeno di accelerazione di tali processi: la moltiplicazione dei libri favorisce enormemente la divulgazione delle conoscenze e permette di diffondere opinioni diverse, di comparare visioni divergenti, di discernere idee, concetti, enunciati, di rielaborare informazioni.
Nel XV secolo l’insegnamento, per tutti i gradi d’istruzione, è dominato dal latino. Sebbene il volgare, oltre a essere la lingua parlata da tutti i ceti sociali, sia ormai largamente affermato anche in ambito letterario, contabile e a volte legislativo, la lingua della cultura, della Chiesa, del patrimonio librario dell’erudizione occidentale, della scuola è il latino, nel quale risultano codificati tutti i saperi disciplinari contenuti nei testi utilizzati negli istituti di istruzione e col quale ci si esprime anche oralmente nel contesto scolastico. Questa prassi è pienamente attestata nell’ambiente accademico, mentre è lecito sostenere che per l’istruzione elementare si deroghi spesso da tale principio, trasmettendo una parte delle conoscenze in lingua volgare. Ciononostante, l’istruzione si presenta globalmente incentrata sul latino e produce una società caratterizzata da un marcato bilinguismo: a scuola si studia in latino, nella vita quotidiana si pratica il volgare.
Abbiamo evidenziato come nel Quattrocento l’istruzione venga prevalentemente impartita in istituzioni che vanno dalla scuola di grammatica all’università, anche se bisogna considerare che per l’insegnamento di base è già abbastanza diffusa la prassi del precettorato privato adottata dall’aristocrazia, la quale inizia a tributare una certa importanza alla preparazione culturale dei propri rampolli, al di là del tradizionale addestramento militare cui sono elettivamente destinati. Per i fanciulli delle famiglie impossibilitate al mantenimento di un precettore, l’apprendimento dei rudimenti del leggere e dello scrivere avviene attraverso la madre – nel caso in cui questa possieda un minimo livello di alfabetizzazione –, e mediante la frequenza di scuole che, a seconda degli anni di studio che vi si trascorrono e della competenza dei maestri, offrono una preparazione che può oscillare dall’acquisizione dei fondamentali elementi della grammatica allo studio propedeutico delle discipline insegnate all’università.
Le percentuali di frequenza scolastica e di conseguimento di livelli anche essenziali di alfabetizzazione differiscono nelle diverse aree europee e si distinguono per i centri urbani e le zone rurali. I fattori che influenzano questi aspetti sono costituiti dalla diffusione e dalla distribuzione delle istituzioni educative sul territorio, dai costi connessi all’istruzione – che è a pagamento –, dalle esigenze e dalle aspettative familiari rispetto alla formazione dei propri figli. Alla maggior parte di loro è sufficiente imparare a leggere, scrivere e far di conto: lo apprendono spesso dai parroci, che provvedono a fornire un’essenziale educazione religiosa accanto ai rudimenti del sapere di base. Esistono anche scuole in prevalenza destinate alla formazione del ceto borghese e mercantile, nelle quali si dedica particolare cura allo sviluppo delle abilità di calcolo e contabilità; così come la preparazione degli artigiani, ma anche dei pittori e degli scultori, si compie attraverso un più o meno lungo apprendistato presso le botteghe.
Per chi ha la fortuna di iscriversi alla scuola di grammatica, il curriculum completo è orientativamente ancora impostato sul tradizionale sistema delle sette arti liberali (accorpate in un trivium, composto da grammatica, dialettica e retorica, e in un quadrivium, comprendente aritmetica, geometria, musica e astronomia), anche se di fatto tale classificazione ha cessato di essere operativa ormai da tempo e si è progressivamente aperta all’inserimento di altre discipline, influenzata sia dall’avanzare dei nuovi movimenti culturali, sia dalle mutate esigenze sociali. In genere, l’apprendimento, fondato sul metodo mnemonico, consiste nell’iniziale acquisizione degli elementi della grammatica latina, integrati da una complessiva educazione religiosa e morale. Questo iter, sempre improntato all’ideale cristiano e orientato a fini edificanti, si realizza con il supporto, per lo più standardizzato, di testi consolidati: il salterio (una raccolta di salmi), facili testi liturgici, quindi l’accreditato manuale di Elio Donato per la grammatica e una selezione di semplici brani per esercitarsi nella traduzione (per esempio: i Distici catoniani, l’Ecloga Theoduli e l’Aesopus dal repertorio classico, il Fior di Virtù, le Vite dei Santi, il Floretus dalle raccolte cristiane). L’ampliamento ad altre opere e autori si verifica nel prosieguo degli studi, quando il curriculum prevede l’introduzione degli allievi all’intera gamma degli studia humanitatis, contemplanti la logica e le arti liberali, tra le quali, grazie all’impulso dei nuovi ideali formativi, prendono piede la storia, la filosofia morale, la poesia, cui si affiancano i saperi del quadrivio.
Le scuole di grammatica possono sorgere per iniziativa pubblica (annesse alle cattedrali, alle chiese o ai monasteri; sovvenzionate dalle amministrazioni cittadine o da corporazioni) o privata (gestite da maestri più o meno qualificati, che vivono delle rette pagate dagli alunni) ed essere affidate a insegnanti laici o più spesso ecclesiastici, la cui preparazione varia moltissimo da caso a caso e determina fondamentalmente la qualità dell’istruzione.
La prosecuzione degli studi, per quei pochi che possono permetterselo a causa dei costi molto elevati e del carattere fortemente selettivo degli istituti di formazione, avviene nelle università. Strutturate come organismi autonomi nella scelta degli insegnanti, nell’adozione dei programmi di studio, nel conferimento dei titoli, esse sono dotate di rigidi regolamenti che disciplinano la vita di docenti e discenti, ai quali è fatto obbligo di esprimersi esclusivamente in latino, anche nel corso delle conversazioni extra accademiche. L’accesso all’università, che è destinato a studenti più giovani rispetto a oggi, è subordinato a un’adeguata conoscenza della lingua latina. I corsi universitari hanno una lunghezza variabile e solo pochi allievi completano l’intero arco accademico. Esso ha inizio con l’insegnamento delle arti liberali, che ricalca, progressivamente ampliato e approfondito, il percorso di studi affrontato nel grado scolastico precedente. I livelli superiori dell’istruzione accademica contemplano lo studio della teologia, della medicina, del diritto. Fra queste discipline predomina il diritto, che, nella duplice branca di diritto civile e diritto ecclesiastico, rappresenta la meta formativa più ambita per il prestigio della sua tradizione e per la spendibilità nell’universo socio-professionale. Anche in merito agli atenei, l’Italia quattrocentesca riveste un ruolo privilegiato sia rispetto all’antichità di fondazione, sia riguardo alla reputazione internazionale. Gli storici hanno individuato due “modelli” universitari prevalenti nell’Europa tardo-medievale: il “modello mediterraneo”, di matrice bolognese, nel quale domina il diritto; e il “modello nord-europeo”, di matrice parigina, nel quale prevalgono le arti liberali con la filosofia e la teologia.
Il fervore rinascimentale penetra lentamente nei luoghi ufficiali di trasmissione del sapere, mentre si afferma precocemente – in particolare nella penisola italiana – nelle città e presso le corti principesche e nobiliari, tra le quali primeggiano la Roma papale, la Napoli angioina e poi aragonese, le signorie dell’Italia centro-settentrionale. Non bisogna, comunque, trascurare il fatto che spesso nei centri culturali “alternativi” alle università si ritrovano gli stessi personaggi che risultano inseriti nell’istruzione scolastica e accademica, segno di un processo culturale che da parallelo alla linea tradizionale tende progressivamente a trasfondersi in essa.
Intellettuali, poeti e artisti, cultori dei nuovi ideali umanistici trovano nei sovrani, nei principi e nei cardinali quattrocenteschi dei generosi promotori delle loro opere e del loro impegno culturale, potendo contare su un indispensabile sostegno economico e, soprattutto, sulla possibilità di esprimere in modo gratificante la propria arte. Le dimore principesche si fregiano di presentarsi come piacevoli luoghi per l’esercizio letterario, le serene conversazioni culturali, il proficuo scambio di idee, il ritrovo privilegiato di pensatori, scrittori e artisti famosi, che finiscono per rientrare in un progetto funzionale all’affermazione del potere politico. La cultura è promossa anche mediante l’allestimento di collezioni artistiche e librarie, di cui rappresenta una brillante dimostrazione la Biblioteca Vaticana dotata in questi anni dai pontefici Niccolò V e Sisto IV.
Fioriscono, sotto gli auspici delle autorità, cenacoli culturali che ambiscono a caratterizzarsi come spazi permanenti di comunanza intellettuale, deputati al confronto e alla promozione di studi che, in campo letterario, si muovono lungo il duplice binario della riscoperta del latino classico e della nobilitazione del volgare. L’Accademia Pontaniana di Napoli, l’Accademia Romana fondata da Giulio Pomponio Leto costituiscono fulgidi esempi di una sociabilità culturale che mira a rivalutare l’otium dell’attività intellettuale, che attribuisce un’intrinseca superiorità alla dimensione contemplativa dell’esperienza umana, che intende recuperare i valori coltivati dal mondo classico. L’esaltazione dell’estetica, dell’eleganza, del culto dell’amicizia, la consuetudine dell’amabile e intelligente intrattenimento rappresentano i cardini della formazione ideale dell’uomo di cultura.