Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
L’islam ha un nucleo essenziale dogmatico e comportamentale. Favorito da una serie di vittorie, si diffonde ovunque, in modo stabile o per un certo periodo, come in Europa, dove sopravvive in molti Stati, soprattutto in quelli balcanici, dopo lo smembramento dell’Impero ottomano. A oggi i musulmani d’Europa vivono il conflitto tra la coscienza di una loro missione universale e la necessità di non rinunciare a nulla del loro patrimonio.
Dicono sia il 570 l’anno in cui nasce e ha nome Ahmad, mutato in seguito in Muhammad, in italiano Maometto. Perde presto padre e madre e, orfano, ha la prima certezza di dovere e poter fidare unicamente su una presenza, non di questo mondo, che gli si rivela poi sul monte Hira, nelle vicinanze della Mecca, forse nel 610. Qui, per il tramite dell’arcangelo Gabriele, riceve la rivelazione del Corano, copia letterale di un testo esistente ab aeterno, e per questo immutabile, ineguagliabile e onnicomprensivo di ogni possibile scibile umano. L’atto stesso di rivelazione determina l’elezione di Muhammad a sigillo della profezia. Si chiudono definitivamente, con lui e nella sua persona, i due precedenti filoni profetici del giudaismo e del cristianesimo, a tutto beneficio del profetismo arabo e della centralità della Mecca come faro di una nuova e insostituibile religione, l’islam, i cui cardini sono la professione di fede in un Dio unico e uno, Allah, con il riconoscimento che Muhammad è il suo inviato e profeta; la preghiera da innalzare a Dio cinque volte al giorno, al canto del muezzino e in ogni altra circostanza in cui essa sia auspicabile a beneficio del singolo e della comunità; il versamento della decima per l’affermazione e la diffusione dell’islam in ogni angolo della terra nonché per provvedere alle necessità dei poveri, degli orfani e delle vedove; il digiuno nell’intero mese di ramadan, dal mattino alla sera, per ringraziare Allah del dono della rivelazione coranica e della cura ch’egli ha di ogni singola creatura di cui conosce il destino; il pellegrinaggio alla Mecca, centro della presenza di Allah nel santuario a Lui più sacro, la kaaba, simbolo della ricomposizione del passaggio dell’uomo sulla terra e del suo ritorno alla casa di Allah. islam è, quindi, la nuova religione in sé, non rimpiazzabile da nessun’altra, e l’insieme delle norme giuridiche, etiche e comportamentali enunciate e indicate dal Corano, in seguito strutturate e illustrate dalle principali quattro scuole della tradizione giuridica islamica.
Accolta e professata dapprima da persone imparentate con Muhammad, tra le quali la moglie Khadigia e il cugino Ali, la nuova religione, sorta sulle radici della legge ebraica e sul tronco di un cristianesimo ridimensionato alla luce di un cripto-nestorianesimo, molto diffuso nella Siria di allora, che considerava Cristo non figlio di Dio, ma solo figlio di Maria, capace di compiere miracoli per liberalità e concessione da parte di Dio stesso, l’islam risponde alle aspettative spirituali, sociali ed etiche delle popolazioni umiliate e angariate dai poteri centrali di Bisanzio e della Persia. Le due potenze erano sull’orlo del collasso, la frammentazione dell’effettivo controllo sui rispettivi sudditi favorisce l’insorgere di un generalizzato scontento. Una parallela subordinazione delle diverse rappresentanze ecclesiali alle direttive del potere secolare, rende sempre più profondo il solco tra dogma e pietà religiosa. L’islam si presenta come unica alternativa atta ad arginare, combattere e debellare tale disfacimento. Quello che il Corano ha previsto, asserendo che “a frotte” le genti avrebbero abbracciato e condiviso la predicazione di Muhammad e dei suoi successori, si avvera nel giro di pochi decenni. Soprattutto grazie alla sagace politica aggregativa svolta da Muhammad nei riguardi delle diverse etnie, all’inizio diffidenti ma poi pronte a identificarsi nel ruolo storico del fondatore, e all’illuminata politica espansionistica dei primi quattro califfi ben diretti, ossia Abu Bakr, Omar, Ali e Othman, che costituiscono l’appendice storico-dottrinale più autentica della pura religiosità islamica.
La determinazione ad affermare ovunque il dogma islamico, serve a enfatizzare le sue possibilità di divenire la religione della restaurazione dei valori umani. Le prime campagne militari, scandite dai rispettivi piani espansionistici dei singoli califfi, ma sempre finalizzate a impiantare ovunque la religione di Allah, puntano, dopo avere sedato i dissidi interni tra le tribù all’indomani delle vittorie riportate sui Bizantini nei territori limitrofi, sulla Palestina (636), sull’Egitto (639-645), sulla Mesopotamia (633-636), sulla Persia (637-651), sulla Transoxiana e il Khwarezm (712), sull’Ifriqiya o Africa settentrionale, dove sorgeranno non pochi emirati e su cui si affermerà poi la dinastia fatimide, oltremodo nota per la personalità del califfo al- Hakim(996-1020), patrocinatore e sostenitore della dottrina drusa. Più tardi, nel 656, l’unità interna del blocco musulmano conosce il suo primo grande trauma di scissione, con la battaglia del Cammello, cui fa seguito, solo un anno dopo, la battaglia di Siffin e di lì a poco, nel febbraio 661, con l’uccisione di Ali. La morte di Ali segna l’affermarsi della dinastia omayyade, che resterà alla guida del nascente impero musulmano sino al 749.
Nel frattempo le schiere musulmane cingono d’assedio Costantinopoli una prima volta nel 668-669, nel 674-677 una seconda volta e una terza nel 717. Poco prima, il 10 ottobre 680, con la cruenta battaglia di Karbala tra al-Husayn (626-680), figlio di Ali, e le schiere del califfo, si era consumata la definitiva divisione dei musulmani in sunniti, ovvero fedeli seguaci del califfato elettivo e della tradizione profetica così come trasmessa nel Corano e nelle prime testimonianze dei Compagni del Profeta, e sciiti, vale a dire i seguaci di Ali e sostenitori della legittimità successoria sua e dei suoi figli, di cui sarebbero stati defraudati dal Consiglio che aveva eletto invece Abu Bakr. Su queste due anime di un islam fortemente politicizzato spunteranno in seguito multiformi ramificazioni.
Per quanto concerne l’Europa, la presenza musulmana ha inizio con lo sbarco in Spagna nel 711 a opera di Tariq Ibn Ziyad (?-720). Otto anni dopo, Cordova diviene centro della provincia musulmana di al-Andalus, che più tardi avrebbe costituito il fiorente emirato andaluso degli Almoravidi a opera di Abd al-Rahman, strappato poi, nel 1145, dalla dinastia degli Almohadi.
La minaccia più grande sembrò essere un’invasione dei musulmani di al-Andalus, sbaragliati poi da Carlo Martello (685-741) a Poitiers nell’ottobre 732. Negli anni 827-831 i musulmani si affacciano su Mazara, dove si impiantano in modo pressoché stabile, ed espugnano Palermo. Nell’871 cade l’emirato di Taranto, Siracusa cede all’assedio musulmano nel maggio 878, nel 1013 la dinastia abbaside regna su Siviglia che sarà recuperata a opera di Ferdinando III, detto il Santo, il 25 novembre 1248. Nel periodo fra il 1061 e il 1091 i Normanni strappano la Sicilia ai musulmani. Il 2 gennaio 1492, con la presa di Granada a opera dei re cattolici, Isabella di Castiglia e Ferdinando II d’Aragona, l’islam è costretto ad abbandonare l’Europa.
Segue il periodo degli Ottomani, illuminato sul sorgere dalla sapiente organizzazione di Solimano il Magnifico. Morto in guerra contro l’Austria, nella battaglia di Seghedino, gli succede il figlio Selim II, durante il cui regno ha luogo la battaglia di Lepanto il 7 ottobre 1571, scatto d’orgoglio dell’Europa contro il titano ottomano. La crisi interna cresce a mano a mano che le potenze europee si rafforzano e allargano i loro confini. Austria, Francia, Inghilterra, Germania e Russia impongono sempre più le loro condizioni alla Sublime Porta. Sorprende in modo particolare la non riuscita fusione e amalgama tra gli eterogenei elementi sottomessi all’autorità del sultano. La frammentazione a scatole chiuse dell’intero apparato della burocrazia, estranea a un confronto con la sudditanza, non ha agevolato, addirittura frenandola, l’unità necessaria sia in campo politico sia religioso sia etnico. Si è riproposta, per ironia della sorte, una situazione non molto dissimile da quella anteriore all’affermarsi dello stesso islam in terra d’Arabia ai tempi di Muhammad.
Solo una rivoluzione epocale avrebbe potuto restituire nuova linfa al languente islam del periodo ottomano. Il che avviene, di fatto, con lo smembramento del medesimo, nel 1923, con la nascita di quelli che sono oggigiorno diventati i Paesi Arabi. Si profila la grande costituzione degli Stati europei sorti dalle ceneri del colosso d’argilla ottomano, dove tuttavia si conserva una superficiale struttura esterna musulmana sovrapposta a un più antico patrimonio religioso e culturale non del tutto abraso. Le risorte Bulgaria, Bosnia ed Erzegovina, dichiarate indipendenti con la pace di Berlino (1878), sono un campanello d’allarme. Abd al-Hamìd II (1876-1909), infatti, è il primo a sentire la necessità di programmare e sostenere una sorta di panislamismo integrale, trovando l’opposizione dei riformisti e dei nazionalisti. Nel 1896 c’è la sollevazione di Creta, dichiarata subito indipendente, e l’annessione della Tessaglia alla Grecia. Nel 1911, sotto il governo del sultano Muhammad V, l’Italia si annette la Tripolitania, la Cirenaica e il Dodecaneso, mentre i Greci procedono all’annessione di Salonicco e i bulgari di Adrianopoli, che poi è recuperata dai Turchi. Nel marzo del 1923 Muhammad VI è privato del suo titolo di sultano, dopo che nel marzo del 1923 è stato fatto califfo, quasi ultimo sussulto di un’epopea gloriosa e millenaria, Abdul Mejid II, cugino del deposto sultano. Dalle ceneri dell’Impero ottomano nascono così la Turchia, l’Egitto, la Siria, il Libano, la Transgiordania, la Palestina, lo Stato di Israele in seguito alla dichiarazione di Balfour (1917) formalizzato poi nel 1948 come Stato Ebraico di Palestina con il nome di Eretz Israel, l’Arabia Saudita, l’Iraq, il Marocco, l’Algeria, la Tunisia, la Libia. Capisaldi dell’islam, pur se impiantato su atavici sistemi religiosi, sociali ed etnici di multiformi varietà, divengono altresì l’Iran, l’Afganistan, il Pakistan, l’India, il Kashmir, l’Indonesia, la Cina e non pochi satelliti dell’impero sovietico.
Nell’Europa, da gran tempo orientata a promuovere il progresso e l’affermazione dei diritti fondamentali dell’uomo, l’iniziale inserimento della popolazione islamica ivi emigrata in pianta stabile non conosce né radicalismo né antagonismo irriducibili. Non poche aree del continente europeo, infatti, costituiscono zone di presenza e di influenza musulmana di diversa tipologia, nessuna storicamente radicata e parecchie occasionalmente impiantate. Una sorta di condivisione delle parti migliori delle due realtà sembra addirittura auspicare una sinergia dei rispettivi patrimoni, latente e sottotraccia, garante di un quieto vivere per via di inerzia piuttosto che per reciproca autostima. L’assuefazione di governi e gruppi islamici a regimi di vita europei, con scollamento dalla fedele osservanza della tradizione, dà tuttavia origine a non pochi malcontenti in frange a forte spinta conservatrice. La radicalizzazione del conflitto e una conseguente esasperazione delle molteplici identità ad alto profilo socio-religioso, pur sempre affratellate dal comune denominatore “islam”, è stata una delle più speculari intuizioni programmatiche dell’ayatollah Khomeini. Come nella stragrande maggioranza delle spinte innovative e conservative dei movimenti islamici di tutto il Novecento, la rivoluzione khomeinista, di matrice sciita ma non per questo non autenticamente islamica, individua il mondo pagano, da debellare con i suoi idoli e i loro adoratori, nel grande Satana americano che, creatura dell’occidente europeo nella sua formazione, organizzazione interna e nella colonizzazione industriale da esportare con ogni mezzo, è a quest’ultimo accomunato. La divisione del dominio sulla terra tra i due blocchi della paganità, da una parte, e della gente dell’islam conscia di avere per propria dimora l’universo intero, dall’altra, è una vera e propria vivificazione odierna di elementi propri dell’islam.
Mai come nel recente Novecento la comunità musulmana ha avuto coscienza di questa sua missione universale e della sua necessità storica di essere e stabilirsi ovunque, senza rinunciare a nulla del suo patrimonio. Se quindi le presenze islamiche in Europa reclamano e pretendono di autodeterminarsi nel rispetto delle loro inalienabili tradizioni, non lo fanno per un semplice principio di tolleranza, ma muovendosi sotto la spinta di indifferibili necessità di riformismo e di fondamentalismo, da realizzarsi a seconda dei territori nei quali con loro si impianta necessariamente l’islam che si portano dentro. La concezione di una modernità sulla base di una vera e propria democrazia liberale non è ancora un humus ideale che dia vita a un islam moderato, orientato a conoscere l’altro e a riconoscersi in lui.