Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Grazie all’influenza dell’umanesimo, l’insegnamento delle scienze nelle università, benché ancora incentrato su Aristotele, comincia a innovarsi nel contenuto e nei metodi. I gesuiti controllano una parte significativa dell’insegnamento nel mondo cattolico. Accanto alla filosofia scolastica, nei loro collegi è impartito l’insegnamento delle matematiche. La nascita degli orti botanici, dei teatri anatomici, così come di istituzioni private per l’insegnamento delle matematiche applicate, danno sempre maggior importanza agli aspetti pratici e sperimentali della formazione scientifica. In Inghilterra e nella Penisola Iberica l’insegnamento della matematica e dell’astronomia è finalizzato alla formazione di cartografi e naviganti. Collezioni private e musei si arricchiscono di oggetti di interesse naturalistico provenienti da ogni parte del mondo e divengono luoghi di ricerca scientifica.
A partire dal XIII secolo, con il progressivo recupero del corpus aristotelico, la filosofia di Aristotele era divenuta il fondamento dell’insegnamento universitario, soprattutto nelle facoltà delle arti, ma anche in medicina e in teologia. Il dominio di Aristotele dura ancora per tutto il Cinquecento, sia nell’Europa cattolica che in quella protestante. In Germania, Lutero condanna la filosofia aristotelica, ma Melantone, cui si deve la riorganizzazione delle università nei territori della Riforma, la pone ancora al centro dell’attività didattica nelle università. Tra i calvinisti, anche se cominciano a essere introdotte alcune innovazioni curriculari, i testi aristotelici continuano a essere oggetto dell’insegnamento universitario. La filosofia che si insegna nel XVI secolo non è più lo stesso aristotelismo insegnato nelle università medievali. Grazie all’opera degli umanisti, in varie università si introduce la lettura del testo greco, con importanti risultati sia per il lessico filosofico che per l’interpretazione del pensiero dello Stagirita. Le opere spurie (come per esempio il popolarissimo Secretum secretorum) sono separate dal corpus aristotelico, mentre la Poetica ne viene a far parte. Si recuperano i commentari greci alle opere di Aristotele – come quelli di Alessandro di Afrodisia (fine II - inizio III sec.), Simplicio e Filopono (VI sec.) – con il conseguente arricchimento delle tematiche filosofiche e scientifiche.Per quanto riguarda Platone, l’intero corpus delle sue opere – messo a disposizione dal lavoro degli umanisti – viene introdotto nelle università solo in modo parziale e molto lentamente. Il carattere non sistematico e la posizione marginale della logica e della filosofia naturale nei dialoghi platonici ne limitano la diffusione nelle università. In Germania, Melantone è restio a introdurre Platone nell’insegnamento, in quanto ritiene che la filosofia platonica contenga i germi dello scetticismo – che egli rifiuta perché dannoso per la fede. In Inghilterra, a Oxford, nella prima parte del secolo domina la filosofia scolastica, successivamente prevale l’insegnamento degli umanisti; gli statuti prevedono che la filosofia morale sia fondata sulla Politica ed Etica di Aristotele, oppure sulla Repubblica di Platone. In Francia Platone è insegnato da Adrien Turnèbe e da Pierre de la Ramée al Collège Royal. In Italia, nell’ultimo quarto del secolo, sono istituite cattedre specifiche di filosofia platonica (a Ferrara, Pisa e Roma), dove insegnano Francesco Patrizi e Jacopo Mazzoni. Lo studio di Platone, però, è ancora un corso opzionale per studenti che vogliono acquisire una formazione filosofica più ampia. Anche se i testi neoplatonici fanno lentamente il loro ingresso nelle università, la Theologia platonica di Marsilio Ficino non è mai utilizzata come testo di insegnamento.
Nell’insegnamento della medicina si verificano tre importanti mutamenti: l’influenza degli studi umanistici, lo sviluppo degli studi di botanica e l’introduzione sistematica delle dissezioni. La botanica diviene oggetto di un insegnamento specifico, la “lettura dei semplici”. Tra le prime letture di botanica vi sono quella di Roma (1513) e di Padova (1533), con la funzione d’impartire nozioni di farmacologia ai medici, istruendoli sulle virtù terapeutiche delle piante. A Montpellier e a Basilea uno stesso professore insegna anatomia (facendo dissezioni) in inverno e botanica in estate. La botanica ha un forte sviluppo soprattutto a Bologna: dopo essere stata istituita come disciplina universitaria da Luca Ghini, raggiunge una posizione di prestigio con Ulisse Aldrovandi, cui si deve la fondazione dell’orto botanico. L’insegnamento della botanica si trasforma progressivamente in insegnamento di storia naturale, così da includere intorno alla metà del secolo anche la mineralogia.
La medica pratica diviene parte integrante della formazione del medico già alla fine del XV secolo: a Padova gli statuti del 1496 prevedono che lo studente passi un anno lavorando a fianco di un medico di fama. La diffusione della dissezione contribuisce a liberare l’insegnamento medico dal tradizionale carattere libresco che lo aveva a lungo caratterizzato.L’insegnamento della matematica comprende l’astronomia, l’astrologia, l’ottica, la geografia e la meccanica. Euclide, Tolomeo e Giovanni Sacrobosco (?-1256 ca.) sono, ancora alla fine del secolo, gli autori principali su cui si svolge l’attività didattica. Mentre la filosofia e la medicina occupano una posizione dominante in ambito accademico, la matematica ha una posizione alquanto marginale; raramente infatti in un’università c’è più di un docente. Ancora alla fine del secolo, quando Galileo Galilei arriva a Padova (1592), è l’unico professore di matematica (e la cattedra è stata a lungo vacante), mentre nella stessa università ci sono ben quattro docenti di medicina teorica e quattro di medicina pratica.
Nella seconda metà del secolo cominciano a emergere orientamenti pratici nell’insegnamento della matematica, soprattutto in istituzioni non universitarie, sia in Spagna che Inghilterra. L’insegnamento delle matematiche applicate è impartito nella Casa de la Contratación di Siviglia, dove nel 1552 Filippo II crea una cattedra di cosmografia e tecnica della navigazione; a Madrid è costituita un’accademia di matematica e a San Sabastian una scuola di navigazione. I manuali di navigazione prodotti dai piloti spagnoli nella prima metà del XVI secolo sono tra i più noti e sono tradotti in varie lingue. Nel 1597, grazie a un lascito del mercante Sir Thomas Gresham, a Londra è fondato il Gresham College, un’istituzione non universitaria finalizzata a impartire conoscenze di matematica e astronomia per fini pratici (topografia, cartografia e navigazione). Nel Gresham College, dove oltre al latino viene adottato anche l’inglese come lingua d’insegnamento, sono istituite le prime cattedre di geometria e astronomia che saranno poi occupate da alcuni dei maggiori scienziati del Seicento.
Interessi botanici
Lo sviluppo della botanica nel secolo XVI
L’importanza delle università italiane, in questi sviluppi, non può essere sottovalutata. Era abituale, per studenti di arti e scienze, viaggiare attraverso l’Europa per recarsi in Italia a studiare e prendere un titolo accademico. Turner, il “padre della botanica inglese”, studiò medicina in Italia, prima di scrivere il suo A New Herball. Quasi tutti gli altri botanici che scendevano dal nord delle Alpi si spinsero nei loro viaggi fino in Italia. Secondo il costume dell’epoca, questi studenti portavano con sé il loro album amicorum, in cui prendevano note, e dove chiedevano, alle persone che incontravano nei loro viaggi, di scrivere una frase o di mettere almeno la loro firma. È possibile imparare molte cose, a proposito delle università italiane, leggendo questi alba amicorum di studenti dei paesi del nord. Uno dei viaggiatori della seconda metà del XVI secolo fu Geert ten Broecke, o Paludanus, che si laureò a Padova e dev’essere rimasto assai impresso da questa università, dai suoi studenti e dai suoi professori. Di tutti questi rimane infatti un’immagine nel suo album amicorum, oggi conservato presso la Biblioteca Reale a L’Aia. Paludanus fu in corrispondenza con Clusio e possedette una delle più famose Wunderkammer del tempo. Alla fine del secolo, viaggiatori provenienti da ogni parte d’Europa si recavano da lui per vedere le sue collezioni. Paludanus era farmacista e raccoglieva ogni sorta di oggetti strani. È notevole, pertanto, il fatto che quando l’università di Leida, alla fine degli anni ottanta, decise di seguire la tradizione italiana, con il dare vita a un orto botanico, la prima persona a cui ci si rivolse fu proprio Paludanus. In realtà, ciò che doveva principalmente interessare, all’università, era di entrare in possesso della sua preziosa collezione, così da poterla mostrare agli studenti di medicina; trascurabile doveva essere invece il loro interesse per lo studio scientifico delle piante. Più tardi fu chiesto a Clusio di allestire un giardino medicinale ma, come sappiamo, egli non rispose propriamente alle loro richieste, dando invece vita ad un vero e proprio orto botanico.
A. Minelli, L’orto botanico di Padova 1545-1995, Padova, Marsilio Editori, 1995
Nei Paesi cattolici, la Compagnia di Gesù, fondata da Ignazio di Loyola, ha un ruolo di primo piano nell’istruzione: nei numerosi collegi gesuiti, in Europa e nel Nuovo Mondo, si segue lo stesso ordinamento degli studi (la ratio studiorum). L’insegnamento filosofico è basato sulle opere di Aristotele e prevale l’aristotelismo tomista, in particolare la versione di Francesco Toledo (1532-1596). I gesuiti si oppongono al naturalismo rinascimentale, in special modo all’averroismo e alla filosofia della natura di Bernardino Telesio, e sono agguerriti avversari del copernicanesimo. La compagnia può vantare un numero cospicuo di validi matematici, come per esempio Christoforo Clavio (1537-1612), che contribuisce alla riforma del calendario e introduce l’insegnamento della matematica nella ratio studiorum, il suo allievo Gregorio di Saint-Vincent, che elabora un nuovo metodo per la quadratura del cerchio, e Christopher Grienberger, che dà importanti contributi alla meccanica e all’idrostatica. Tra gli allievi di Clavio va menzionato Matteo Ricci, geografo, matematico e traduttore degli Elementi di Euclide in lingua mandarina.
Intorno agli anni Trenta del Cinquecento si istituirono le prime cattedre universitarie per la storia naturale; nel decennio successivo, a Pisa e a Padova, nascono i primi orti botanici. A scopo didattico e di ricerca, sono anche costituite raccolte di piante essicate (erbari) e di altri naturalia.
Gli orti botanici nascono anche al di fuori delle università: a Firenze il granduca Cosimo ne fonda uno nel 1545, mentre in Inghilterra la loro nascita è dovuta soprattutto all’iniziativa di privati. Il naturalista e botanico inglese William Turner costruisce un orto botanico presso la cattedrale di Wells, mentre John Gerard, il celebre autore dell’ Herball, ne crea un altro a Londra, con circa mille piante. L’università di Oxford deve attendere il 1621 per avere un orto botanico. In tutti, almeno all’inizio, prevale un netto indirizzo medico, con la collezione di piante medicinali semplici (da cui il nome, allora comune, di “giardino dei semplici”), che deve costituire il sussidio alla cattedra di medicina. Solo verso la fine del secolo gli orti botanici cominciano a emanciparsi da una funzione subordinata alla medicina e sono organizzati secondo i principi della sistematica delle piante, raggruppate in base alle loro proprietà.
Le collezioni private tra Quattro e Cinquecento hanno un carattere composito: accanto a oggetti artistici e reperti archeologici, monete e medaglie, sono presenti oggetti di varia natura: strumenti scientifici, minerali, animali e piante esotici, mostruosità, artefatti, oggetti rari, fossili. La collezione di antichità e di oggetti rari è un segno di distinzione e prestigio di principi e di nobili in tutta Europa, tra i quali si diffonde uno spirito di emulazione nel collezionare. La collezione dell’arciduca Ferdinando del Tirolo nel castello di Ambras si costituisce con l’ausilio di Pietro Andrea Mattioli, uno dei maggiori naturalisti del Cinquecento. La più nota collezione è quella dell’imperatore Rodolfo II, che si avvale della collaborazione di matematici, naturalisti e alchimisti. Nel corso del secolo, le collezioni includono un numero crescente di oggetti di interesse naturalistico, quali piante e animali esotici, minerali e fossili, nonché strumenti scientifici. In genere non sono organizzate in maniera sistematica, ma secondo i criteri più vari: si va dal gusto del collezionista al luogo o al periodo in cui gli oggetti sono stati reperiti, mentre in altri casi l’unico criterio è quello di distinguere i tre regni (minerale, vegetale e animale). Le finalità delle collezioni naturalistiche sono molteplici: la curiosità di chi le ha raccolte, ma anche il prestigio che conferiscono a chi le possiede. Suscitare la meraviglia del visitatore diviene uno dei principali obiettivi della collezione, un obiettivo che durerà a lungo nei musei di storia naturale, che includono rarità, oggetti strani e meravigliosi.Benché non pubblici in senso moderno, i musei e le collezioni rinascimentali sono aperte ad alcuni visitatori, che il proprietario della collezione ammette in virtù del loro prestigio sociale o intellettuale. Progressivamente, il ruolo delle collezioni muta e divengono anche luoghi di trasmissione di conoscenze e di ricerca, frequentati da studiosi e curiosi, come quella del naturalista bolognese Ulisse Aldrovandi, una delle più note in Europa, e le raccolte dei farmacisti Francesco Calzolari a Verona e Ferrante Imperato a Napoli. Calzolari dedica particolare attenzione alle proprietà terapeutiche degli oggetti e delle piante collezionate, anche se non mancano rarità anatomiche e patologiche. Il fine è duplice: destare la meraviglia dei visitatori e fornire oggetti rari e utili su cui condurre la ricerca medico-naturalistica.