L'inhumaine
(Francia 1924, Futurismo, bianco e nero/colorato, 135m a 22 fps); regia: Marcel L'Herbier; produzione: Cinégraphic; soggetto: Georgette Leblanc; sceneggiatura: Marcel L'Herbier con la collaborazione di Pierre Mac Orlan; fotografia: Georges Specht; scenografia: Alberto Cavalcanti, Fernand Léger, Claude Autant-Lara, Robert Mallet-Stevens; costumi: Paul Poiret; musica: Darius Milhaud.
Claire Lescot, celebre cantante, dà un ricevimento nella sua spettacolare villa nei dintorni di Parigi. Alcuni facoltosi pretendenti cercano di guadagnarsi i suoi favori: un uomo d'affari americano le offre una catena di teatri, un maragià una sontuosa incoronazione, un rivoluzionario la fedeltà delle masse contadine della Mongolia. Claire rimane indifferente a queste offerte e annuncia che partirà da sola per un viaggio intorno al mondo, a meno che qualcuno riesca a convincerla a non farlo. Alla villa arriva anche Einar Norsen, un giovane scienziato che confessa a Claire di amarla. Ma la 'disumana' lo respinge sdegnosamente ed egli giura che si toglierà la vita. Einar abbandona la festa e apparentemente si getta da un precipizio a bordo della propria automobile. Claire è turbata dalla notizia della sua morte, ma decide comunque di esibirsi la sera successiva al Teatro degli Champs-Élysées. Il pubblico è scandalizzato dalla presunta crudeltà della cantante, ma viene infine conquistato dal suo talento. Dietro le quinte un misterioso personaggio chiede a Claire di identificare il corpo di Einar. La donna viene così condotta a casa di quest'ultimo, dove finalmente dà sfogo al proprio dolore accanto a una figura coperta da un lenzuolo. Einar, che aveva soltanto finto il suicidio, è commosso alla vista di Claire che manifesta i propri sentimenti e le fa visitare il suo laboratorio, dove cerca di conquistarla mostrandole una sua invenzione: una sorta di proto-apparecchio televisivo capace di trasmettere la sua voce in tutto il mondo. Claire lascia il laboratorio di Einar per recarsi al teatro dove terrà un altro concerto. Dopo lo spettacolo il maragià, geloso, nasconde un rettile velenoso in un mazzo di fiori. Mentre si dirige a casa di Einar, Claire viene morsa dall'animale e muore. Grazie ai macchinari del suo moderno laboratorio, Einar riesce però a riportarla in vita.
L'inhumaine era stato pensato come vetrina dell'arte modernista francese e anteprima dell'Esposizione delle Arti Decorative, che avrebbe avuto luogo nel 1925. Marcel L'Herbier, che considerava il cinema un'arte di sintesi, per questo suo progetto ottenne la collaborazione di alcuni dei più importanti artisti francesi degli anni Venti. L'architetto Robert Mallet-Stevens disegnò gli spogli e astratti esterni della villa di Claire e del laboratorio di Einar, Fernand Léger il laboratorio di ispirazione cubista, i cui ingranaggi rotanti, archi, cerchi e rettangoli avrebbero trovato un'eco nel suo contemporaneo Ballet mécanique. Alberto Cavalcanti disegnò il grande atrio in stile art déco della villa di Claire, dominato da una piattaforma a scacchi bianchi e neri che graficamente si accorda con le uniformi dei domestici. Claude Autant-Lara ideò lo stilizzato giardino d'inverno della villa, mentre lo stilista Paul Poiret creò per il personaggio di Claire i turbanti e gli scintillanti abiti a guaina ornati di pelliccia. René Lalique, Jean Puiforcat e Jean Luce realizzarono gli oggetti d'arredo, mentre Pierre Chareau disegnò i mobili e Raymond Templier i gioielli. Darius Milhaud compose l'accompagnamento musicale al film, oggi perduto. Jean Börlin e i Ballet Suédois appaiono sul palcoscenico del Teatro degli Champs-Élysées prima del concerto di Claire.
L'Herbier fu uno dei più prolifici e acclamati registi del cinema impressionista. Di questo 'movimento' L'inhumaine rappresenta una sorta di emblema. Il film combina pittoricismo e montaggio ritmico. Effetti ottici quali sovraimpressioni, dissolvenze, uso di mascherini e di particolari angolazioni di ripresa mettono in evidenza la soggettività dei personaggi e sottolineano drammaticamente i momenti topici della vicenda. L'immagine dei musicisti jazz che si esibiscono nel salone di Claire, mostrata dal punto di vista di Einar, diviene sfuocata quando questi perde i sensi per l'emozione. Quando Einar si reca alla villa di Claire, le carrellate saettanti, le immagini sovrapposte della strada e la sua confusa visione del bosco accentuano la sensazione di velocità. Anche il montaggio del film è sorprendente. Ispirandosi alle tecniche utilizzate da Abel Gance in La roue (La rosa sulla rotaia, 1923), L'Herbier si serve di stacchi rapidi e accelerazioni per sottolineare l'importanza di alcuni momenti, quali l'incidente d'auto di Einar e la morte di Claire in seguito al morso del serpente. Ma la scena più emozionante del film è certamente la resurrezione di Claire nel laboratorio di Einar. Tra le luci abbaglianti e i quadranti, le leve e i pendoli oscillanti di Léger, Einar e i suoi quattro assistenti, nelle loro tute scintillanti, si precipitano a eseguire pericolosi esperimenti. Le immagini in campo lungo del laboratorio si alternano ai primissimi piani dei volti con gli occhi sbarrati di Einar e Claire. A completare il dinamismo delle inquadrature intervengono poi gli altalenanti movimenti di macchina, le sovrimpressioni, i lampi di colori primari e il montaggio dal ritmo sempre più incalzante: tutto contribuisce a sottolineare la frenesia delle azioni di Einar e ad accentuare gli elementi puramente grafici e ritmici della scena. La celebrazione tematica di scienza e tecnologia è validamente sostenuta dallo stile visivo del film. Esso si dimostra infatti straordinariamente ottimista nei confronti della modernità, identificata con gli eleganti ambienti modernisti, l'euforia della velocità dell'automobile, il potere di comunicazione della tecnologia e le capacità salvifiche della scienza. Il film, tuttavia, è assai meno celebrativo nei confronti della 'donna moderna', restituendo a Einar, nel finale, piena autorità rispetto a Claire. L'inhumaine non ebbe un'accoglienza unanime: alcuni biasimarono il film per la sua mancanza di 'unità'; molti critici trovavano che Georgette Leblanc fosse troppo vecchia per il ruolo di Claire Lescot, mentre Jaque Catelain, Claude Autant-Lara e lo stesso L'Herbier ne criticarono la recitazione e l'eccessivo controllo sulla sceneggiatura. Ma varie voci riconobbero nel film un sorprendente sfoggio di talento modernista. Studi più recenti (Richard Abel e Michael Shanahan) ne hanno messo in evidenza il virtuosismo tecnico, criticandone però la vena misogina.
Interpreti e personaggi: Georgette Leblanc (Claire Lescot), Jaque Catelain (Einar Norsen), Philippe Hériat (maragià Djorah de Manilha), Fred Kellermann (Frank Malher), Léonid Walter de Malte (Kranine), Marcelle Pradot (ragazza innocente), Raymond Guérin-Catelain (sudamericano), Émile Saint-Ober (passante), Las Bonambellas, Jean Börlin, Ballets Suédois di Rolf de Maré.
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