L'Europa tardoantica e medievale. Le testimonianze islamiche nella Penisola Iberica: al-Andalus
Denominazione geografica impiegata dagli autori arabi fino alla fine del Medioevo per indicare i territori conquistati dall’Islam nella Penisola Iberica.
Il termine, di etimologia incerta, è stato messo, anche se dubitativamente, in relazione con quello di Vandali (ar. al-Andalīš), che avrebbero denominato la Vandalicia, la provincia romana della Betica. Il nome al-A., in quanto sinonimo di Spagna musulmana, non trova corrispondenza in un’entità storico-geografica stabilmente definita, ma nel corso della storia è riferito ai soli territori sotto il dominio dell’Islam, la cui estensione viene progressivamente ridotta dall’avanzare della Reconquista cristiana, fino a limitarsi dalla metà del XIII secolo al solo principato nasride di Granada. Iniziata nel 711 a opera di forze arabe e berbere riunite sotto l’egida del califfato omayyade, la conquista islamica della Penisola Iberica procedette con straordinaria rapidità, grazie anche allo stato di decadenza del regno visigoto. Nel volgere di pochi anni l’occupazione del territorio ispanico fu perfezionata fino a comprendere quasi tutta la penisola, con l’esclusione delle estreme regioni settentrionali (Galizia e Asturie). I governatori musulmani posero la capitale a Siviglia e quindi, a partire dal 716, a Cordova. Abd ar-Rahman, l’ultimo dei principi omayyadi di Damasco sopravvissuti al massacro della famiglia compiuto dagli Abbasidi, quando questi presero il potere nel 750, trovò rifugio in Spagna, dove nel 756 costituì un emirato indipendente. Stabilì quindi la sua residenza a Cordova, che mantenne il ruolo di capitale, unificò il territorio di al-A. con un’energica azione politica, instaurò relazioni diplomatiche con i regni cristiani del Nord, con l’Africa settentrionale e con l’impero bizantino. La dinastia omayyade di Cordova raggiunse il suo apogeo nel X secolo con Abd ar-Rahman III, che nel 929 si proclamò califfo, e con suo figlio al-Hakam II. Agli inizi dell’XI secolo il califfato di Cordova, minato da dissidi e torbidi interni, cominciò a disgregarsi, fino a estinguersi definitivamente nel 1031.
Nel corso dell’XI secolo, col declino del califfato, il territorio di al-A. venne frazionato in una serie di principati retti da capi e governatori locali, i cosiddetti mulūk al-tawā’if (“re delle fazioni”), o Reyes de Taifas secondo le fonti spagnole. Favorita dalla frammentazione del potere e dal perenne stato di lotta fra i vari principati musulmani, la Reconquista cominciò a conseguire i primi successi e, grazie all’abilità politica di Alfonso VI di Castiglia, nel 1085 fu occupata Toledo. I progressi della Reconquista costrinsero i Reyes de Taifas a chiamare in soccorso gli Almoravidi, dinastia che governava il Marocco dal 1056; questi, guidati dall’emiro Yusuf ibn Tashfin, intervennero in Spagna e, dopo avere sconfitto le forze cristiane nella battaglia di Zallaqa (1086), s’impossessarono di al-A., eliminando i Reyes de Taifas, con l’eccezione degli Hudidi di Saragozza, il cui principato sopravvisse fino agli inizi del XII secolo. Per alcuni decenni lo Stato almoravide conobbe un periodo di prosperità e riuscì a contenere la pressione cristiana, ma nel 1145 fu annientato da un’altra dinastia musulmana nata in Marocco, quella degli Almohadi (1130-1269). Il potere almohade in Spagna durò per circa un secolo: dopo la sconfitta inflitta ai musulmani nella battaglia di Las Navas de Tolosa (1212), le forze cristiane riconquistarono progressivamente Cordova (1236), Valencia (1238) e Siviglia (1248). Con la scomparsa degli Almohadi, l’ultima dinastia islamica a sopravvivere in Spagna fu quella dei Nasridi. Muhammad I ibn al-Ahmar, il fondatore della dinastia, nel 1238 s’impadronì di Granada, che divenne la capitale di un regno che si estendeva lungo la costa mediterranea tra Almería e Gibilterra. Divenuti vassalli del sovrano di Castiglia, i Nasridi riuscirono a conservare il potere per circa due secoli e mezzo e, nonostante il precario equilibrio politico mantenuto stipulando accordi con i Merinidi del Marocco e con i re cristiani, la loro capitale godette ancora di un notevole prestigio e fu un brillante centro di cultura. Quando nel 1492 il regno di Granada venne eliminato dalle forze congiunte di Ferdinando d’Aragona e di Isabella di Castiglia, si concluse definitivamente la storia della dominazione musulmana nella Penisola Iberica.
Le espressioni culturali che contraddistinguono gli otto secoli in cui la Penisola Iberica venne a trovarsi sotto la dominazione islamica rivelano influssi e forme artistiche provenienti dall’Oriente (Bisanzio, Siria, Mesopotamia e Persia), direttamente o per il tramite dell’Egitto e dell’Ifriqiyya (Tunisia), che s’innestarono in maniera feconda e vivace sulle preesistenti tradizioni classico-romana e visigota. L’incontro di tradizioni diverse e la complessità della società iberica, sia dal punto di vista etnico sia da quello religioso (accanto a musulmani e cristiani vi era anche una consistente comunità di Ebrei), produssero una cultura composita, che, grazie all’azione di sintesi e di unificazione compiuta dall’Islam, si manifestò con un linguaggio coerente in espressioni di notevole raffinatezza formale. Le manifestazioni artistiche nate in questo clima sincretico subirono un’ulteriore evoluzione nell’XI secolo sotto le dinastie berbere e diedero luogo al cosiddetto “stile ispano-moresco”, che si diffuse con caratteri simili in Spagna e nell’Africa settentrionale. Tra i rari documenti della cultura materiale appartenenti al primo periodo della dominazione musulmana in Spagna (711-756), si segnalano monete e scarsi frammenti di ceramica. Sulle monete vennero riportate dapprima formule religiose islamiche tradotte in latino, mentre a partire dal 716 si trovano iscrizioni bilingui in latino e arabo.
Più consistenti sono le testimonianze letterarie e monumentali relative al periodo omayyade (emirato e califfato di Cordova). La città più importante fu certamente Cordova, dove si svilupparono attività commerciali e industriali, ma che divenne anche il più brillante centro di cultura dell’Occidente, per l’impulso dato alle arti, alla filosofia e alle scienze e fu sede di una celebre biblioteca che contava 400.000 volumi, mentre l’architettura civile della Spagna omayyade è documentata dalle strutture portate alla luce a Madinat az-Zahra, città palatina nei pressi di Cordova. Durante il periodo omayyade anche altri centri godettero di particolare fortuna. Nel Meridione della penisola sono da ricordare Siviglia e le città costiere di Malaga e Almería; queste ultime, importanti città portuali e centri di commercio, furono dotate dell’arsenale e di cittadelle fortificate (alcazaba). Un altro insediamento notevole, situato nel cuore della penisola, fu Toledo, che si sviluppò come importante centro di cultura. Sempre in periodo omayyade ebbe grande impulso la costruzione di opere difensive, quali cinte murarie e fortezze. Tra queste ultime, caratterizzate generalmente da un recinto murario in pietra da taglio rinforzato da torri a sezione quadrangolare, sono da ricordare la Conventuale di Mérida, fondata nell’838, e quelle di Madrid, di Salamanca, di Peñafora e di Huesca, costruite tutte nel X secolo.
Del periodo dei Reyes de Taifas, che nonostante il frazionamento politico fu caratterizzato da una vita culturale intensa e brillante, non rimangono che scarse vestigia monumentali. Col moltiplicarsi delle corti, notevole sviluppo ebbe l’architettura palatina, anche se, per sopperire alle minori disponibilità economiche rispetto a quelle della Spagna unificata sotto il potere califfale, si cercò d’imitare più l’apparenza che la solidità delle residenze omayyadi: alle strutture murarie in pietra si sostituirono mura in terra e mattoni, così come ai pannelli di rivestimento in pietra e in marmo si preferirono rivestimenti in stucco. Tra gli esempi più importanti sono da ricordare il palazzo degli Hammudidi a Malaga e quello degli Hudidi a Saragozza, denominato Aljafería, costruito dal sovrano al-Muktadir (1049-1081). La moschea dell’Aljafería, con la sua ornamentazione carica e sovrabbondante, rivela la tendenza del periodo ad accentuare in chiave “barocca” l’aspetto decorativo a sfavore di quello strutturale.
Quasi nulla rimane delle opere architettoniche realizzate dagli Almoravidi nella Penisola Iberica, se si eccettuano le tracce di due moschee identificabili nella chiesa nota come Ermita del Castillo (Huelva) e nella chiesa di S. Maria del Castillo a Badajoz; per il castello di Murcia sussiste il dubbio che possa essere attribuito a questo periodo. Relativamente più consistenti sono invece le testimonianze monumentali di epoca almohade. A Siviglia, divenuta durante il regno di Abu Yaqub Yusuf (1163-1184) la residenza sul territorio iberico dei sovrani Almohadi, nel 1172 fu costruita una Grande Moschea per sostituire quella del IX secolo, divenuta insufficiente per le accresciute esigenze di carattere demografico. Tra le opere di architettura militare degli Almohadi sono da ricordare le cinte murarie di Cáceres e Badajoz, provviste di numerose torres albarranes (bastioni avanzati all’esterno del perimetro difensivo, ma a esso collegati). A questa categoria appartiene anche la Torre dell’Oro di Siviglia: di forma dodecagonale, sormontata da un’analoga struttura di minori dimensioni, fu collocata come avamposto in posizione strategica sul Guadalquivir. L’ultima dinastia islamica della Spagna, quella dei Nasridi, è nota soprattutto per gli interventi architettonici realizzati a Granada e in particolare per quelli compiuti sul colle chiamato Sabika (nella zona orientale della città), che portarono alla grandiosa realizzazione del complesso dell’Alhambra, cittadella fortificata, residenza reale, nella quale si trovava la sede dell’apparato amministrativo.
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