L'Europa tardoantica e medievale. I territori entro i confini dell'Impero. La Francia
La denominazione Francia, utilizzata già dagli scrittori del IV sec. d.C. (Claud., De consulatu Stilichonis, I, 237) è derivata dal nome dei Franchi, per indicare il territorio a destra del Reno dove questi si erano stanziati, penetrando entro i confini della provincia romana della Gallia.
A partire dal III sec. d.C., infatti, il confine renano dell’Impero era stato attaccato dagli Alamanni e dai Franchi, ma fu nel V secolo che il territorio della regione francese vide l’afflusso di importanti gruppi di popoli delle Migrazioni, che ne avrebbero condizionato la storia dei secoli successivi. I Burgundi, inizialmente stanziati sulla riva sinistra del Reno in qualità di difensori dell’Impero, nel 443 vennero costretti dal generale Ezio a lasciare quegli stanziamenti e a spostarsi nella Sapaudia (Savoia). Qui essi dettero vita al regno burgundo, il cui territorio, solo parzialmente corrispondente a quello della Borgogna, che nel toponimo ne conserva la memoria, nel 532-534 venne incorporato nel regno franco. Analogamente, la Bretagna ricorda nel nome gli spostamenti delle popolazioni dei Sassoni e degli Angli che, tra il 440 e il 460, invasero la provincia romana della Britannia, causando un afflusso nell’area continentale di persone di origine celtica in fuga. La Bretagna fu contea franca e ducato, ma tentò a lungo di conservare la propria autonomia sia rispetto al regno franco sia a quello di Francia, nel quale fu annessa solo nel 1532. Tra la fine del V e gli inizi del VI secolo furono i Franchi e i Visigoti a disputarsi il predominio sui territori della Gallia. Tutte le terre a ovest del Reno erano infatti divise tra gli Alamanni a est, i Franchi Sali e Ripuari a nord, e il regno dei Visigoti, con capitale a Tolosa, a sud. Il territorio di questo regno situato a nord dei Pirenei, fino alla Garonna e a Tolosa, venne annesso al regno franco da Clodoveo, re dei Franchi Sali, nel 507, in seguito alla battaglia di Vouillé che aveva trovato il pretesto nell’arianesimo visigoto che il sovrano, divenuto cattolico, voleva combattere. Nel VI secolo la Francia era costituita solo dai territori a nord della Loira, ma il regnum Francorum, dopo la morte di Clodoveo, vide l’inizio di un lungo e complesso periodo di suddivisioni dinastiche, che non impedirono però l’annessione graduale di nuovi territori (Provenza, Rezia e, ancora non stabilmente, Turingia). Al tempo di Clotario II (584- 629) la suddivisione territoriale era in tre grandi aree: Neustria a ovest, Austrasia a nord, fino allo Schelda a comprendere parte del territorio dell’odierno Belgio, e Borgogna.
I dati forniti dalle indagini archeologiche non mostrano alcun radicale cambiamento né nella struttura economica né in quella insediativa, che possa essere attribuito al sopraggiungere delle nuove popolazioni. Nelle città si nota la conservazione più o meno intatta dei monumenti, mentre nelle campagne, dove in vero la documentazione è più lacunosa, non sembra cogliersi inizialmente alcuna variazione nell’estensione delle terre coltivate, anche se casi di diminuzione dello spazio coltivato sono stati riscontrati in Normandia e nel Delfinato, né nella organizzazione degli insediamenti, che conservano il villaggio come nucleo principale. Durante l’Alto Medioevo l’habitat è di tipo disperso, con piccoli insediamenti costituiti da edifici in legno, talvolta con ridotto uso della pietra, e da capanne interrate, anche nei casi in cui essi si siano impiantati su preesistenti strutture gallo-romane (ad es., Fontaine-Villers presso Avernes, Drancy, Limetz-Villez, Saint-Germain-les-Corbeil). La stessa dispersione connota anche l’ubicazione degli edifici di culto. Durante l’epoca merovingia si nota il moltiplicarsi degli insediamenti accentrati, che sembrano mantenere però una certa continuità con quelli gallo-romani, ponendosi o nelle strutture delle ville rustiche o negli stessi vici (ad es., Trainecourt presso Mondeville), anche se è pure frequente il caso di villaggi sorti ex novo (ad es., Brebières, Douai, Le Gué de Mouchamp presso Juvincourt), o che si spostano all’interno di uno stesso territorio per avvicinarsi alla necropoli merovingia: questa poteva essersi impiantata su antiche villae (ad es., Montcaret, Sarde-l’Abbaye) o continuare a utilizzare un sepolcreto gallo-romano (ad es., Lavoye, Frénonville, Mézières) oppure ancora essere distante dalla villa gallo-romana (ad es., nella Loira). Le produzioni di manufatti mostrano una continuità con l’epoca precedente: nella ceramica sono ancora presenti le sigillate accanto a forme altomedievali a esse ispirate, mentre nella monetazione si avverte ancora l’ispirazione imperiale. Nell’oreficeria si coglie invece l’introduzione di elementi nuovi, apportati dai Germani, oramai fusi con quelli di tradizione gallo-romana.
Come in altre realtà europee coeve, l’elemento nuovo di questo periodo è costituito dall’introduzione del cristianesimo, che ebbe nell’area franca un ruolo politico particolarmente rilevante già a partire dall’età merovingia. Nelle principali città, tra il IV e il V secolo, sorsero i gruppi episcopali, mentre le sepolture dei martiri e gli edifici di culto a essi dedicati svolsero il ruolo di nucleo catalizzatore delle aree funerarie extraurbane. L’inserimento della cattedrale nel tessuto cittadino non sembra rispondere a un unico criterio: vi sono casi in cui essa si pone nella precedente area forense o ai margini di questa (Aix, Antibes, Fréjus), utilizzando sia edifici pubblici sia quelli privati, e casi, più rari, in cui la chiesa e il battistero si pongono alla periferia della città, su strutture preesistenti (ad es., Cimiez presso Nizza, su un impianto termale). Nelle campagne il processo di penetrazione del cristianesimo è, ancora di più di quanto non avvenga per le città, oggetto di analisi e dibattito, che si svolge mano a mano che la ricerca archeologica fornisce nuovi dati (ad es., Montferrand, Tavers, Viuz-Faverges, Chasseyles- Montbozon). Da questi sembra emergere che la cristianizzazione sia stata completata più precocemente nel Sud, nel V, un po’ più tardi nel Nord, nel VI-VII secolo. In questo periodo sono infatti attestati i monasteri e le chiese plebane. Nelle necropoli il cristianesimo comportò la variazione della disposizione delle sepolture, preferibilmente disposte in senso est-ovest, la comparsa del simbolismo cristiano (ad es., necropoli di Bois De Butte, Audun-Le-Tiche) e la disgregazione dei nuclei familiari all’interno dei sepolcreti. A partire dall’VIII secolo il numero delle chiese rurali aumentò notevolmente, sintomo della progressiva organizzazione pievana, processo che sembra essere arrivato a compimento soltanto nel X secolo, durante il quale è documentato il sorgere di cappelle sui possessi dell’aristocrazia fondiaria.
La suddivisione territoriale merovingia ritrovò l’unità con Carlo Martello e alla morte di questi (741), di nuovo vi fu la ripartizione tra i figli che avrebbero ricoperto il ruolo di maggiordomi: a Carlomanno l’Austrasia e a Pipino la Borgogna e la Neustria, mentre il ducato d’Aquitania rimase dominio comune; tale suddivisione ebbe una durata molto breve perché nel 747 il regno venne riunito nelle mani di Pipino, con il quale ebbe inizio il periodo di massima espansione del regno dei Franchi. Le complesse vicende dinastiche che ebbero luogo tra i Carolingi che succedettero a Carlo Magno (768-814), portarono nei due secoli successivi alla progressiva differenziazione, non solo territoriale, della Germania. Tale processo, al compimento del quale soltanto i sovrani della parte occidentale del regno continuarono a definirsi “re dei Franchi”, legando in questo modo il proprio nome a quello del nascente regno di Francia, venne iniziato inconsapevolmente da Carlo Magno stesso, quando nell’806 divise i territori: quelli da sempre appartenuti ai Franchi, la Neustria e l’Austrasia, andarono al primogenito Carlo, assieme a parte della Borgogna, alla Turingia, alla Frisia e alla Sassonia; Ludovico ebbe la Borgogna, l’Aquitania e la Guascogna; a Pipino toccarono l’Italia, la Baviera e l’Alemannia. I territori del regno di Francia rimasero poi, in seguito al trattato di Verdun (843), per secoli quelli situati a ovest di Rodano, Saona, Mosa, e a sud dello Schelda (la cd. “frontiera dei quattro fiumi”). Nel 911 i Normanni provenienti dalla Penisola Scandinava, sotto la guida di Rollone, si stanziarono, autorizzati dal re franco occidentale Carlo III il Semplice, nella penisola di Cotentin, dove fondarono il ducato che da essi, come la regione attuale, prese nome, e dal quale nel 1066 partirono per la conquista della Gran Bretagna.
Il lungo periodo delle lotte dinastiche per la successione che caratterizzò anche la dinastia carolingia continuò fino a che la corona non toccò a Ugo Capeto (941-996), iniziatore della dinastia che avrebbe visto la nascita della struttura feudale, in cui i conti e i duchi avrebbero acquistato sempre maggiore autorità nei confronti del potere statale. Dopo un periodo di crisi, tra la fine dell’XI e l’inizio del XII secolo, la corona riuscì ad allargare i propri domini fino ai Pirenei, attraverso il matrimonio di Luigi VII con Eleonora d’Aquitania, che portò in dote l’Alvernia, il Poitou, il Limosino, il Périgord e la Guascogna. Nel 1154 divenne sovrano del regno anglo-normanno Enrico Plantageneto d’Angiò, il quale aveva avuto dal padre, Goffredo, il ducato di Normandia, l’Angiò, la Turenna, il Maine e dalla moglie Eleonora, sposata dopo che questa era stata ripudiata da Luigi VII, l’Aquitania. In tal modo il re d’Inghilterra divenne padrone di estesi territori sulla costa atlantica francese, aprendo un periodo di tentati- vi di attrarre attorno agli Angiò gli altri ducati e contee di Francia, a discapito del sovrano francese.
A partire dall’inizio dell’età capetingia la ripresa economica si concretizzò in nuovi impulsi per l’agricoltura, le arti e i mestieri, ma anche per il commercio, specie dopo la riapertura dei traffici commerciali nel bacino del Mediterraneo, in seguito alle crociate. L’apogeo di questa crescente floridezza economica si ebbe nel XIII secolo durante il regno di Luigi IX (1214-1270) cui si deve l’accordo (1258) con l’inglese Enrico III, il quale restituì definitivamente la Normandia, il Poitou, la Turenna e l’Angiò, tenendo i possedimenti del Sud della Francia, per i quali si dichiarò però vassallo del sovrano francese. La dinastia capetingia raggiunse il culmine della potenza con Filippo il Bello (1285-1314), quando alla sovranità del re di Francia vennero annessi altri territori e venne posta l’ipoteca su quelli della Borgogna. È con questo sovrano che iniziò il passaggio dall’organizzazione feudale del regno a quella di tipo monarchico. Nel 1328 la dinastia regnante fu, con Filippo VI, quella dei Valois, che erano a capo oramai di uno Stato in cui erano state gettate le basi per lo sviluppo dell’identità nazionale. La ripresa economica, iniziata dopo il Mille, portò con sé un aumento demografico e la necessità da parte delle fasce di popolazione più povere di spostarsi per trovare terre nuove da abitare, cosa questa che comportò una variazione nella geografia del popolamento, con la costruzione di villes neuves e con il fluire verso le antiche città romane, mentre nelle campagne il frazionamento territoriale in piccole unità, conseguente alla frammentazione politica postcarolingia, rafforzò il potere dell’aristocrazia fondiaria: gli insediamenti erano costituiti non più solo dal villaggio e dai nuclei formati attorno alle chiese, ma anche dai castelli, che sorsero numerosi. Questi costituiscono un elemento di novità, in quanto durante l’epoca carolingia i proprietari terrieri erano vissuti per lo più sul proprio possedimento (allodio), mentre le villae e le curtes facevano capo ai proprietari più abbienti. Le cours erano delimitate da un fossato, chiuse da palizzate di legno e potevano avere un accesso litico (ad es., Annapes); solo occasionalmente avveniva il riuso di fortificazioni di età protostorica. Poiché la funzione principale del nuovo castello non era quella difensiva, specie all’inizio, questo era costituito essenzialmente dal tipo cosiddetto “a motta”, che nei casi più semplici presentava una motta di terra e legno, costruita con la sistemazione di un rilievo naturale (ad es., Grimbosq, Mirville); alla motta si associava il dongione, generalmente di legno, e una basse cour dove si trovavano gli “edifici domestici”, la cappella e l’abitazione del signore, quando questa non era situata nel dongione. La motta poteva sfruttare le preesistenze, come nei casi di Doué-La-Fontaine (residenza comitale carolingia) o del castrum di Andone (preesistenze dell’età del Ferro e romana); a Chirens le indagini archeologiche hanno messo in evidenza la presenza di un grande edificio ligneo, a tre navate, datato alla prima metà dell’XI secolo. Non era esclusa comunque, per queste fortificazioni, la funzione di controllo su strade, ponti o valichi. Il consolidarsi dell’uso del castello portò a veri insediamenti d’altura, come è il caso di Rougiers, vissuto dal XII al XV secolo, quando venne abbandonato, o dei castelli della regione di Fumel, in cui già tra la metà dell’XI e la fine del XII secolo, sono attestate costruzioni in pietra.
Tra il X e il XII secolo il castello divenne, insieme all’edificio di culto, l’elemento catalizzatore degli insediamenti che si concentrarono attorno a esso. In questo periodo infatti i nuovi villaggi sorsero secondo le esigenze dettate dalla concentrazione in uno stesso sito delle funzioni, religiosa, funeraria e difensiva, e questo a volte portò anche l’abbandono delle strutture precedentemente utilizzate. Questa variazione dell’habitat comportò talvolta anche la riorganizzazione delle aree agricole intorno ai villaggi. Per quanto riguarda le città, queste videro tra l’XI e il XVI secolo un notevole aumento del loro numero; a partire dall’XI secolo sono generalmente cinte da mura (ad es., Tolosa, Autun, Nîmes) e costituite da un unico nucleo o da due nuclei vicini, uno dei quali è quello formatosi dalla presenza di un santuario suburbano che ha svolto la funzione catalizzatrice nei confronti dell’abitato, secondo una tendenza nota già in età altomedievale, quando alla base della formazione di nuove città poteva esservi la formazione dei portus (agglomerati di carattere commerciale senza funzioni amministrative), come nel caso della Francia del Nord (ad es., Valenciennes), oppure la presenza di un monastero (ad es., Saint-Denis). Dagli inizi del XIV secolo iniziò un declino economico, essendo venute meno le condizioni che avevano determinato l’ascesa economica. Entrarono in crisi i commerci delle drapperie fiamminghe e la nobiltà iniziò a mal tollerare il dominio della corona francese; la crisi economica portò a frequenti svalutazioni, a un aumento dei prezzi che scontentò la borghesia delle città; nelle campagne la crisi dell’agricoltura legata ad alcuni cattivi raccolti portò malcontento e difficoltà anche in questi ceti della popolazione; a tutte queste cause si aggiunga la peste nera del 1348.
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