L'Europa tardoantica e medievale. I popoli delle migrazioni nelle regioni occidentali: I Germani
L’etnonimo Germani è riferito a diverse popolazioni e tribù dell’Europa centrale e orientale e della Scandinavia meridionale (soprattutto tra il I e il IV sec. d.C.), appartenenti alla famiglia linguistica indo-germanica, dalla quale si distaccarono successivamente alla prima rotazione consonantica germanica.
Il termine, il cui significato non è ancora stato chiarito in modo soddisfacente, si applicava originariamente a un gruppo di piccole tribù insediate nel territorio dell’attuale Belgio, i Germani Cisrenani (più tardi Tungri). Questi sarebbero giunti da est varcando il Reno. La loro prima menzione si trova in Posidonio (80 a.C. ca.); più tardi ne troviamo riferimento in Cesare (57-53 a.C.). Con questo termine Galli e Romani indicavano senza distinzione tutta la popolazione stanziata nel territorio prospiciente la riva destra del Reno; i Germani stessi, comunque, non avevano un nome che li designasse globalmente. Le più recenti ricerche storico-archeologiche hanno destituito di fondamento la tesi secondo cui l’area di origine dei Germani sarebbe da localizzare – e si presume sin dall’età del Bronzo (II millennio a.C.) – tra la Scandinavia meridionale e il medio corso dell’Elba, da cui una progressiva e costante “germanizzazione” si sarebbe spinta verso sud e ovest.
La formazione e la diffusione del popolo germanico sembrano invece essere più cautamente da considerare un processo estremamente complesso e finora non del tutto chiarito. L’unico elemento che trova gli studiosi concordi è che all’etnogenesi delle tribù germaniche presero parte numerosi gruppi etnici dell’età del Ferro di origini e livelli culturali diversi, insediati tra la costa e la media montagna. In questo territorio, circoscritto approssimativamente dai fiumi Reno, Meno, Vistola e dai monti Sudeti, negli ultimi secoli prima di Cristo sono testimoniati diversi gruppi culturali regionali dell’età del Ferro, in parte legati da un rapporto di continuità con le culture dell’età del Bronzo, che erano rimasti esposti all’influsso, più o meno intensivo, della più evoluta civiltà delle tribù celtiche, la cui area di insediamento si estendeva dalla Gallia, attraverso la Germania meridionale e la Boemia, fino alla Polonia meridionale. L’apertura all’influsso celtico (oppida, monetazione, tipologie di gioielli, forme produttive evolute) portò le zone situate in diretto contatto con l’area celtica (i corsi superiori dell’Oder e della Vistola, ossia l’area tra il Meno e il limite settentrionale della media montagna) a un elevato livello di acculturazione.
Nonostante le differenze regionali, che traevano per lo più origine dalle tradizioni precedenti, il gravitare ai confini della civiltà celtica di La Tène costituiva l’elemento unificante per tutti i gruppi di popoli della parte settentrionale dell’Europa centrale. Quindi, la formazione del popolo germanico può essere interpretata come un processo di livellamento di diversi gruppi etnici dell’età del Ferro preromana, sotto la spinta di forti influssi celtici – che tuttavia non ne determinarono una perdita di identità – iniziato in alcune zone già nel III sec. a.C. e in parte protrattosi nel periodo a cavallo degli inizi dell’era cristiana. A favore di questa ipotesi depone la grande mobilità di singole tribù, che ancora durante la dominazione romana si costituivano e ricostituivano (ad es., i Catti) o, al contrario, si dissolvevano (ad es., i Sugambri). Al definirsi dell’identità etnoculturale germanica potrebbe aver contribuito in modo significativo un gruppo linguistico diverso dal celtico. Di conseguenza, per il periodo antecedente il IV-III sec. a.C. non è ancora possibile parlare di Germani.
In questa fase formativa un ruolo rilevante, seppure non determinante, fu quello svolto dai portatori della cultura del gruppo Jastorf (dal VI-V sec. a.C.), evolutasi senza soluzione di continuità dal Bronzo Recente. Considerati gli antenati dei cosiddetti Germani dell’Elba, questi partirono dalla Scandinavia, attraversarono il Meclemburgo e il Brandeburgo e giunsero nella Boemia settentrionale. Singoli movimenti migratori di tali gruppi dalla zona dell’Elba e del Saale nel II-I sec. a.C. nella Germania sud-occidentale celtica potrebbero aver favorito quel processo di omogeneizzazione culturale cui si è fatto sopra riferimento. Contemporaneamente, nella regione compresa tra l’Oder e il Warta, dalla forte impronta celtica, si formava la cultura germanica di Przeworsk, che testimonia l’adozione di armi celtico-orientali nonché l’usanza, anche questa propria dei Celti, di deporre le stesse nelle sepolture. Ben presto l’immigrazione di elementi della cultura di Przeworsk nei bacini dell’Elba e del Saale e nella Wetterau trasmise la suddetta usanza alle zone meridionali della cultura di Jastorf, a testimoniare la nascita di una nuova e organizzata classe guerriera. Al più tardi nel I sec. a.C. l’influsso celtico, attivo oramai da lungo tempo, aveva modificato nettamente la cultura materiale dei gruppi di popolazioni insediati più a nord, ma ne aveva evidentemente trasformato anche la struttura sociale, facendo in tal modo la sua parte nell’etnogenesi dei Germani.
Per i primi secoli dopo Cristo disponiamo di numerosi tipi di reperti archeologici che, con la dovuta cautela, possono essere attribuiti alle diverse tribù germaniche di cui troviamo menzione per la prima volta nelle fonti romane: Germani del Mare del Nord (Frisi, Cauci, Sassoni), Germani del Reno-Weser (Batavi, Camavi, Tencteri, Ubi, Bructeri, Usipeti, Sugambri, Catti, Cherusci e altri), Germani o Suebi dell’Elba (Longobardi, Semnoni, Ermunduri, Marcomanni, Quadi), Germani dell’Oder e del Warta (Lugi, Vandali), Germani della Vistola (Rugi, Burgundi, Goti), Germani del Baltico (tribù minori della Scandinavia meridionale). Si considera oggi superata la vecchia distinzione tra Germani Occidentali, Orientali e Settentrionali. Dopo i primi esperimenti di alleanze tribali sotto Ariovisto, Arminio e Maroboduo, l’unificazione di diversi gruppi in grandi tribù (Alamanni, Franchi, Sassoni, Goti) è testimoniata storicamente non prima del III secolo; nel IV-V secolo queste ampliarono l’area di insediamento dei Germani con migrazioni in territori molto più a ovest e a sud, abbandonando le regioni dell’Oder e della Vistola.
Troviamo in Pytheas di Marsiglia (IV sec. a.C.) il primo riferimento a tribù “germaniche” stanziate sulla costa del Mare del Nord, tuttavia solo Posidonio, nel I sec. a.C., distingue i Germani dai Celti e dagli Sciti. Nel III-II sec. a.C. i Bastarni si spinsero dall’Europa centrale fino alla costa del Mar Nero. L’avanzata di Cimbri, Teutoni e Ambroni (113-101 a.C.) verso sud fu causa di intensi disordini nel mondo mediterraneo. Nel 70 a.C. tribù di Suebi dell’Elba guidate da Ariovisto giunsero sull’alto Reno; una parte di esse vi si stabilì, una parte (Suebi del Neckar, Vangiorli, Tribochi, Nemeti) attraversò il fiume. In seguito alla sconfitta inflitta loro da Cesare nel 58 a.C. presso Mulhouse, i Germani di Ariovisto furono respinti al di là del Reno e costretti a cercare altri luoghi di insediamento. Incalzati da questi, nel 55 a.C. gli Usipeti e i Tencteri attraversarono il basso Reno, ma furono ricacciati da Cesare. Nel 38 a.C. gli Ubi furono stanziati nei territori della riva sinistra del Reno presso Colonia e ai Catti fu assegnata una zona a nord del Meno (bassa Assia). La sconfitta subita dal governatore romano M. Lollio da parte di Sugambri e Tencteri (16 a.C.) inaugurò il periodo delle guerre condotte da Druso e da Germanico contro le tribù germaniche a est del Reno.
Lo scopo di Augusto era l’incorporazione dei Germani nell’Impero fino alla linea definita dai fiumi Elba e Morava e la sua piena realizzazione si dovette alle azioni belliche di Druso e Tiberio (12 a.C. - 5 d.C.), che ebbero inoltre come risultato il ritiro dei Marcomanni di Maroboduo in Boemia, dove si sarebbe sviluppato in breve tempo un importante centro politico e culturale, destinato a influenzare in particolar modo lo sviluppo artistico e la struttura sociale dei Germani. Con il sostegno politico di Maroboduo, nel 19/20 d.C. alcuni elementi marcomanno-quadi si trasferirono in Moravia e Slovacchia, dove fondarono il potente regno dei Quadi capeggiato da Vannio. In seguito alla sconfitta definitiva del governatore romano P. Quintilio Varo da parte dei Cherusci di Arminio (9 d.C.) furono abbandonate tutte le basi romane a est del Reno e al contempo ebbe fine la politica espansionistica di Roma.
Se le regioni della riva sinistra del Reno, in parte abitate da Germani, sotto la protezione degli accampamenti romani si erano rapidamente romanizzate, dando origine a province imperiali di impronta urbana, la Germania Libera a destra del Reno (Germania magna) era rimasta sotto la sovranità delle tribù germaniche, le cui strutture, tuttavia, si andavano trasformando lentamente sotto il costante influsso romano (soprattutto attraverso la diplomazia e il servizio militare). La repressione della sommossa dei Batavi sotto Civile (69/70) servì a impedire la nascita di una struttura statale germanica su entrambe le rive del basso Reno. Le guerre di Domiziano contro i Catti (83-89) portarono alla creazione, sotto Antonino Pio (metà II sec.), del limes germanico settentrionale e all’incorporazione del cosiddetto “decumato” (Germania sud-occidentale) nell’Impero romano (90-250/260). Questa espansione territoriale portò all’istituzione di due province germaniche (intorno al 90 d.C.): Germania Inferior e Germania Superior.
Movimenti etnici nel territorio della Germania interna nel corso del II secolo ebbero come esito l’irruzione di Longobardi, Marcomanni e Quadi nell’Impero romano e, di conseguenza, la guerra con i Marcomanni (166-180), da cui la situazione della frontiera sul Danubio risultò modificata. Radicali mutamenti sociali e politici presso i Germani nel II-III secolo portarono al consolidamento di poche grandi tribù, che si sarebbero messe in evidenza nei tempi successivi (Alamanni, Franchi, Sassoni). Dalla prima metà del III secolo gruppi di Germani dell’Elba e di Alamanni erano stanziati presso il limes, che varcarono nel 259/60 andando a occupare il decumato. Invasioni franche nella seconda metà del III secolo misero a repentaglio la frontiera del basso Reno, minacciando a lungo la Gallia (256-275). I Goti emigrarono dalla foce della Vistola verso sud-est; nel 238 invasero la Mesia, sconfiggendo i Romani capeggiati da Decio. In seguito i Visigoti conquistarono la Dacia. Nello stesso periodo i Gepidi partivano dalla Vistola e, attraversati i Carpazi, dopo il 275 si impossessavano dell’area dell’alto Tibisco. Nel 350-353 Alamanni e Franchi infransero nuovamente la frontiera del Reno, che era stata riconquistata con molta fatica. La riorganizzazione dell’esercito romano in epoca tardoimperiale comportò un costante aumento nell’impiego di mercenari germanici, tuttavia riuscì ad avere un effetto stabilizzante per la posizione militare romana, particolarmente in Gallia. Capi di popoli germanici, per lo più di estrazione nobiliare o addirittura reale, raggiunsero nel IV-V secolo le più alte cariche di comando militare (ad es., Merobaude, Stilicone, Ricimero, Childerico). L’avanzata degli Unni dall’Asia Centrale verso la Russia meridionale causò la dissoluzione del regno ostrogoto di Ermanarico (375), scatenando una migrazione di dimensioni fino allora sconosciute che si protrasse nei decenni a venire. Nel 376 i Visigoti abbandonarono la Transilvania, si riversarono sui Balcani (sconfitta di Valente ad Adrianopoli nel 378), per dirigersi poi verso l’Italia (conquista di Roma da parte di Alarico nel 410). Nel 419 si stabilirono in Aquitania come foederati e nel tardo V secolo estesero il dominio alla Spagna. L’avanzata unna verso ovest (401/408-453) spinse Ostrogoti, Eruli, Sciri e altri popoli nell’area del medio Danubio, mentre Suebi (Quadi), Vandali e Alani iranici nel 406/7 attraversarono la Gallia e si stabilirono in Spagna dove fondarono i loro potentati all’interno del territorio imperiale. Nel 429 i Vandali trasferirono il loro centro di potere nell’Africa settentrionale. Già nel 413 i Burgundi, spostatisi dall’Oder al Meno, si erano stabiliti come foederati romani nell’Assia romana (Worms), da dove nel 443 si trasferirono in Sapaudia (Savoia). Intorno alla metà del V secolo Angli, Sassoni e Iuti, un tempo impiegati come mercenari nel continente, si affrancarono dalla sovranità romana e dalla fine del V, ma in special modo nel corso del VI secolo, costituirono un proprio regno in Britannia. Dopo l’annientamento politico-militare del regno unno nell’Europa centrale (battaglia sul Netao nel 454), nel 456 gli Ostrogoti di Thiudemir, Valamir e Vidimer occuparono come foederati la provincia di Pannonia, prima di spostarsi nel 473, sotto Teodorico il Grande, in Mesia. Nel 476 i Germani orientali, sotto il comando dello sciro Odoacre, posero fine all’Impero romano d’Occidente dando vita a un proprio potentato; questo tuttavia cadde nel 493 per mano degli Ostrogoti di Teodorico, che si erano intanto diretti verso l’Italia. Poco tempo prima (486) i Franchi del re Clodoveo avevano annientato gli ultimi resti dell’Impero romano tra la Somme e la Loira, dando origine a un regno che nel 510 aveva inglobato quasi l’intera Gallia. Contemporaneamente (510) i Longobardi insediati a nord del Danubio centrale fecero irruzione in Pannonia e fino al 548 occuparono l’intera regione fino alla Sava. In seguito a contrasti con gli Avari, i Longobardi abbandonarono l’area dell’odierna Ungheria e nel 568 si trasferirono in Italia, dove fondarono un regno che sarebbe durato fino al 774. Il grande numero di gruppi di popolazioni dell’età del Ferro (tardo La Tène) che avevano preso parte alla genesi dell’ethnos germanico e le loro differenze nelle strutture sociali e nello stadio di civilizzazione si rispecchiano ancora nei numerosi piccoli raggruppamenti tribali germanici nel I sec. d.C., dei quali ci informa Tacito. Solo nelcorso del II-III secolo ha inizio (e durerà fino al V sec.) il fenomeno di accorpamento delle formazioni minori nelle più note grandi tribù, che avrebbero successivamente fondato nuovi regni nel territorio dell’Impero romano e che avrebbero determinato nei secoli successivi le sorti politiche del mondo mediterraneo tardoantico, ora profondamente modificato, lasciando così la loro impronta sull’aspetto dell’Europa altomedievale. I primi segni di una marcata stratificazione sociale si colgono già nel I sec. a.C. Tuttavia, solo il contatto diretto e più intenso con l’evoluta cultura romana di età augustea introdusse presso i Germani differenziazioni sempre più nette nella struttura sociale; da un punto di vista archeologico si pone in evidenza il ceto alto (ricche sepolture separate del tipo Lübsow nel I-II sec. d.C.; costituzione di poderi dal II-III sec.). Già nel I sec. d.C. Tacito testimonia l’esistenza di tre classi: i liberi, i semiliberi e gli schiavi. Molte tribù dei Germani dell’Elba e dell’area a est dell’Oder erano governate da re, mentre altre, specie i Germani del Reno-Weser, conoscevano solo nobiles e principes (aristocrazia). Il crescente impiego di mercenari nell’esercito romano, che presupponeva l’esistenza di una popolazione addestrata in Germania, e l’incremento della proprietà terriera, dei traffici commerciali con regioni lontane e dell’artigianato furono i principali fattori che favorirono la formazione di un’élite di tipo aristocratico, riconoscibile nelle sepolture principesche del III-IV secolo e, in special modo, del V-VII secolo. Solo con il regno franco d’epoca merovingia è possibile parlare di una vera aristocrazia distinta, anche da un punto di vista legislativo, da prerogative come l’esenzione dalle imposte, l’autonomia dalla corte, il diritto di successione per le donne e la costruzione di castelli. La guerra era basata soprattutto sul combattimento individuale tra membri in grado di portare armi – lancia, giavellotto, scudo, di rado la spada – perciò il clan assunse il valore di importante unità sociale. L’ascia da combattimento ebbe un ruolo significativo in alcune tribù solo a partire dagli inizi dell’età imperiale (in special modo presso i Franchi dal IV sec.). L’importanza del combattimento a cavallo si accrebbe solo in epoca più recente, senza tuttavia mai dare origine a una vera e propria cavalleria. La deposizione di un cospicuo numero di armi nelle paludi danesi (II-V sec.) viene oggi ricollegata all’offerta rituale degli equipaggiamenti di intere schiere dell’esercito in seguito a conflitti intestini tra Germani. Ciò testimonia il carattere religioso e tribale che questo popolo attribuiva alla guerra. Un fattore che ebbe enorme influenza sull’evoluzione della struttura sociale e sulla genesi tribale a partire dal III-IV secolo fu il servizio dei mercenari germanici nell’esercito romano (foederati) i quali, soprattutto nel IV e V secolo, contribuiranno alla difesa dell’Impero come soldati regolari (auxilia). D’altro canto il servizio militare, che spesso durava decenni, rappresentava un incentivo all’acculturazione di consistenti parti della popolazione germanica, tanto più che questi guerrieri si trasferivano nei territori dell’Impero con le loro famiglie. Notizie attendibili sulle credenze religiose e sul Pantheon dei Germani sono fornite solo da Tacito. Le divinità principali erano, tra le altre, Odino (Wodan), Tyr, Donar, Frija, Nerthus. Presso i Germani non esisteva un vero e proprio clero; inoltre, non venivano costruiti templi (in Scandinavia edifici di culto sono testimoniati non prima dell’VIII-IX sec.). Tuttavia, già in epoca imperiale esistevano luoghi di sacrificio legati al culto delle acque. Con la cristianizzazione delle tribù germaniche (iniziata con i Visigoti nel IV sec.) le pratiche religiose germaniche si estinguono lentamente, sebbene nel VII secolo nel regno franco i culti pagani non fossero stati ancora definitivamente abbandonati (missione dal 498). I Germani vivevano per lo più in villaggi, casali o fattorie isolati, situati in prossimità di fiumi e solo eccezionalmente dotati di impianto difensivo. Le case di pianta rettangolare allungata (largh. 4-7 m, lungh. 10-30/50 m), attestate soprattutto nella zona costiera e in Vestfalia, assolventi al contempo le funzioni di abitazione e di stalla, avevano pareti di legname intrecciato o di torba con rivestimento di argilla; lo spazio interno era spesso suddiviso in tre navate e coperto da un tetto a due spioventi (ad es., Feddersen Wierde). Nelle altre aree di insediamento le costruzioni erano prevalentemente di modeste dimensioni, di pianta rettangolare, a una o due navate, e utilizzate esclusivamente come abitazioni. Oltre a queste sono testimoniati altri tipi di costruzioni, tra cui quelle a fossa, con diverse funzioni, utilizzate come laboratori di tessitura o come magazzini per derrate, granai o stalle. La durata spesso breve e la frequente mobilità degli insediamenti (all’interno di un’area più vasta) dipendevano da fattori economici. La loro densità, condizionata anche dal paesaggio, era molto irregolare. Le “stazioni insediative” abitate in modo continuativo erano spesso separate tra loro da estese foreste e da terreni incolti e disabitati. Vere e proprie fortificazioni, probabilmente da collegare a un influsso celtico, sono testimoniate per la prima volta nel III sec. a.C., tuttavia la costruzione di impianti difensivi non diventerà frequente che nel IV-V sec. d.C., presumibilmente grazie all’impulso tardoimperiale. L’economia germanica era basata sull’agricoltura (nell’ambito della quale la cerealicoltura crebbe d’importanza nel corso dei secoli) e sull’allevamento del bestiame. Si coltivavano soprattutto grano e orzo, in misura inferiore avena, segale, miglio, lino, piselli, fagioli e altre specie. Nell’età del Ferro preromana i terreni agricoli, suddivisi in fondi di forma rettangolare piuttosto ampia, erano cinti da terrapieni; solo successivamente furono suddivisi in particelle di forma stretta e allungata. Si concimava con marna e torba. Inizialmente si faceva impiego dell’aratro a scalfittura, solo dagli inizi dell’era cristiana entrò in uso l’aratro doppio. Ancor più significativo della coltivazione della terra era l’allevamento di bovini, pecore e maiali (più di rado capre e cavalli). Al contrario, la caccia e la pesca avevano un ruolo modesto. Della lavorazione del legno e dell’estrazione di sale e metalli si occupavano in genere artigiani professionisti, soprattutto in età imperiale. La lavorazione del vetro era sconosciuta, pertanto i contenitori di questo materiale venivano importati dalle province romane. La tessitura e la lavorazione della ceramica erano praticate per lo più a livello domestico. I traffici commerciali e le vie di comunicazione sono testimoniati già per il periodo più antico. Sappiamo della costruzione di strade con tavoloni di legno (nelle paludi) e dell’impiego di carri a quattro ruote. L’abbondante importazione di vasi di vetro e di metalli testimonia dell’esistenza di commerci ad ampio raggio e di rapporti diplomatici con l’Impero romano. Come principali merci di scambio erano utilizzati le eccedenze delle produzioni artigianale e agricola, pellicce, schiavi e ambra. La navigazione era praticata sin dalle epoche più antiche. Accanto alle lunghe piroghe erano impiegate barche a remi cucite e inchiodate o rivettate in un tipo di costruzione a clinker, lunghe da 13 a 23 m. Le barche a vela non erano conosciute fino all’epoca dei Vichinghi (VIII sec.). In conformità con il loro modo di vita, i Germani non avevano una “grande arte”, coltivavano tuttavia una forma di artigianato artistico. La maggior parte degli oggetti d’uso quotidiano (tra questi, le fibule e la ceramica) era inizialmente decorata solo da motivi geometrici. Dal II-III secolo, spesso a imitazione di modelli romani, nei laboratori di orefici e argentieri fanno il loro ingresso nuovi ornamenti figurati (animali e figure umane) e tecniche decorative (filigrana, granulazione, inserti di vetro, lamiera pressata). All’epoca in cui si definisce un repertorio figurativo germanico risale la nascita dell’alfabeto runico (in Danimarca dagli inizi del III sec.), i cui segni avevano lafunzione di simboli magici. Attraverso il contatto diretto con il mondo romano, nel corso del IV-V secolo numerose tecniche ed elementi stilistici tardoromani giunsero in Germania (niellatura, damaschinatura, punzonatura, incisione a cuneo, incastonatura). Fattore fondamentale per lo sviluppo dello stile animalistico germanico (V-VIII sec., fino al IX sec. nell’Europa settentrionale) fu l’adozione della tecnica dell’incisione a cuneo e del tipo di decorazione a fregi zoomorfi delle borchie di cintura militari tardoantiche. In genere le figure animali non erano rappresentate in maniera naturalistica, ma costituite da singole parti rese in modo astratto. Durante l’epoca merovingia molteplici stimoli figurativi giunsero dal mondo mediterraneo bizantino, prendendo lentamente il sopravvento sul tipico “stile animalistico” delle tribù dell’Europa centrale.
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