L'Europa tardoantica e medievale. I popoli delle migrazioni nelle regioni occidentali: I Franchi
Il nome Franchi (dal germanico antico frekkr, fri, “coraggioso”, “ardito”) compare nel III secolo per indicare una confederazione di popoli germanici stanziata lungo il corso inferiore del Reno nella sua riva orientale, dai Paesi Bassi ai massicci montuosi della Germania centrale.
Inizialmente erano distinti da una moltitudine di nomi (Sali, Bructeri, Catti, Ansivari, Teucteri, ecc.); in seguito gli storici antichi li dividono in due gruppi: Franchi Sali, stanziati a nord nella valle dell’Iyssel, lungo la costa e all’estremo Ovest, e Franchi Ripuari, lungo il corso del Reno. Tuttavia, permangono alcune incertezze sull’esatta identificazione tra i territori e le tribù note dalle fonti. Nel IV secolo la storia dei Franchi è contrassegnata da una politica di espansione verso occidente variamente contrastata dall’Impero romano sino alla fine del secolo, quando, tramite un accordo, i Franchi, trasformatisi in alleati militari dell’Impero, divengono difensori del limes. Nel V secolo i Franchi compaiono nella duplice veste di difensori della Gallia romana e di invasori con scorrerie e occupazioni di parti consistenti del territorio. La definitiva occupazione della Gallia e la riunificazione dei domini franchi sotto un unico re avvengono con Childerico e suo figlio Clodoveo alla fine del V secolo, anche se il regno burgundo verrà conquistato solo in seguito. Nel 511, alla morte di Clodoveo, il regno franco venne diviso tra i figli del defunto e soltanto nel 558 Clotario I lo riunificò nuovamente, ma alla sua morte prevalse ancora la concezione patrimoniale dello Stato diviso tra i suoi vari figli spesso in lotta tra loro. Anche se non mancarono momenti di riunificazione e di unità con Clotario II (613-629) e il figlio Dagoberto (629-638), la storia del regno franco è contrassegnata dalla continua lotta per il potere sino a quando il vero potere passò all’aristocrazia e ai maggiordomi di palazzo sotto i quali il regno venne definitivamente riunificato tra la fine del VII e il primo terzo del secolo successivo.
Le fonti archeologiche sulle quali si basa gran parte della conoscenza attuale sui Franchi e in genere sugli altri popoli germanici sono in gran parte costituite dalle sepolture e dai corredi funerari. Questo deriva dalla obbiettiva difficoltà che presenta l’indagine sui contesti insediativi, in gran parte ricalcati dagli insediamenti attuali, e dalla impossibilità, nella maggior parte dei casi, di attribuire una distinzione etnica ai tipi di strutture abitative. Dalla fine del V al VII secolo, quando decade l’uso della deposizione del corredo, sono le sepolture a offrire la possibilità di riconoscere con chiarezza la presenza germanica nei vari territori. Soprattutto per questo negli ultimi cinquant’anni gli studi hanno privilegiato l’indagine sui sepolcreti al fine di raggiungere precise scansioni cronologiche e una chiara distinzione sociale degli inumati sulla base del corredo. Solo negli ultimi anni l’indagine archeologica non più rivolta alla conoscenza della componente franca della società altomedievale, ma alla società stessa tout court, ha cominciato a interessarsi agli insediamenti e i dati, anche se incompleti e difficilmente correlabili tra loro, iniziano a offrire un quadro sempre più chiaro dell’Alto Medioevo nei territori anticamente compresi nel regno franco.
Dal punto di vista archeologico i Franchi appartengono alla cultura del Reno-Weser, con caratteri comuni per quanto riguarda le abitazioni, gli insediamenti, la ceramica, l’abbigliamento e gli usi funerari. Gli abitati franchi scavati a Bennekom, Bielefeld-Sieker, Nieborg-Heek, Westik e Soxst (tutti in quello che allora era il territorio franco) presentano poche differenze rispetto a quanto è noto nelle regioni limitrofe del Nord-Est della Germania e dei Paesi Bassi. Questi abitati comprendono un numero variabile di agglomerati a volte circondati da palizzate e composti di solito da un edificio principale con funzioni abitative, lavorative e di stalla e da qualche annesso destinato a granaio o alla tessitura; tutti gli edifici sono in legno con tetti di paglia. Dalla fine del III secolo si nota in qualche caso un’espansione degli edifici principali, da mettere probabilmente in relazione con l’arricchimento derivato dalle incursioni nei territori romani. Negli insediamenti sono piuttosto frequenti i rinvenimenti di monete, vasellame metallico, vetri e ceramiche d’importazione dal mondo romano. Nella ceramica di produzione regionale l’uso del tornio è sempre più diffuso a partire dal III secolo; la forma più caratteristica è una coppa con piede e larga apertura già presente nel La Tène finale, prodotta anche in ceramica gallica. I riti funerari prevedono che i resti della pira siano radunati insieme al corredo in una fossa piuttosto che in un’urna. Le ceramiche, quando compaiono nel corredo funebre, mostrano solitamente segni del contatto con la pira e resti di offerte alimentari. Il corredo di armi si limita di solito a qualche oggetto simbolico, come placche di cintura, frecce o pezzi di spada mai deposti interi. Le necropoli sono rare poiché intaccate dall’aratura. Negli insediamenti si nota un’espansione sino agli inizi del V secolo e successivamente sembrano abbandonati.
Le fonti scritte documentano la presenza di truppe franche al servizio di Roma nel Tardo Impero e per alcuni comandanti è nota una notevole carriera all’interno dell’esercito. Nei secoli IV e V l’esercito romano in Gallia era formato da due tipi di truppe: i reggimenti mobili, acquartierati in alcune zone del Paese e pronti a intervenire dove necessario, e le truppe territoriali, che dovevano difendere la frontiera o un territorio delimitato. I militari franchi erano presenti in entrambi i tipi di distaccamento e alla fine del servizio si installavano nelle terre loro assegnate; inoltre, sembra che anche durante il servizio militare essi si spostassero con le loro famiglie sino ai luoghi di servizio. Altri Franchi venivano ingaggiati per azioni militari di breve durata, dopo le quali i guerrieri rientravano al loro insediamento, portando con sé il soldo e il bottino accumulato.
Nonostante i numerosi e profondi studi sulle tracce archeologiche dei Germani nell’esercito romano in Gallia, non è ancora possibile identificare con precisione la presenza franca, non distinguibile, sulla base del materiale rinvenuto, da quella genericamente germanica. Le evidenze archeologiche sono rappresentate da piccoli cimiteri e da gruppi di tombe all’interno di grandi necropoli, differenziate dalle sepolture gallo-romane dal corredo e dal rituale funerario. In questi gruppi di tombe degli ausiliari e delle loro famiglie, databili tra la seconda metà del IV e la metà del V secolo, si nota il passaggio dal rituale di incinerazione a quello dell’inumazione. Nei materiali di corredo si osserva un conservatorismo del costume femminile con accessori tipicamente germanici quali le fibule a trombetta, mentre il costume maschile denota un’assimilazione a quello dei militari romani con cinturoni e armi provenienti nella maggior parte dei casi dai grandi ateliers specializzati nelle forniture per l’esercito. Alcune armi come l’ascia da guerra testimoniano che non era stato abbandonato il sistema di combattimento peculiare dei Germani. Le sepolture a carattere germanico sono attestate in tutta la Gallia del Nord, sia lungo la frontiera, in corrispondenza degli acquartieramenti stabili di difesa, sia all’interno del Paese, nei luoghi in cui erano stanziate le truppe mobili.
Nella seconda metà del V secolo, contemporaneamente al disfacimento dell’unità territoriale della Gallia si nota un espansionismo sempre più marcato dei Franchi Renani e soprattutto dei Franchi Sali. Soltanto verso la fine del secolo, sotto i regni di Childerico e di suo figlio Clodoveo, gran parte della Gallia fu riunificata sotto il dominio dei Franchi Sali. Fondamentale per l’archeologia sia di questo popolo sia di questo periodo storico è la tomba di Childerico, morto tra il 481 e il 482 e sepolto a Tournai. Tale tomba, scoperta nel 1653, costituisce ancora uno dei capisaldi dell’archeologia altomedievale. Il re venne sepolto in una camera funeraria coperta da un tumulo con un diametro compreso tra i 20 e i 40 m. È possibile che nella camera funeraria siano stati inseriti una donna e un cavallo, mentre è certa la sepoltura di 21 cavalli in 3 diverse fosse ai margini del tumulo. Il corredo funerario del re è noto soprattutto grazie alla pubblicazione realizzata nel 1655, in quanto la maggior parte dei materiali fu rubata e distrutta nel 1831. Il corredo si componeva di armi riccamente decorate (spada, scramasax, lancia e ascia), di monete d’oro, degli ornamenti d’oro e granati delle cinture personali e della bardatura del cavallo. Come simboli di rango il re indossava una fibula d’oro per fermare il mantello, appartenente a un tipo in uso presso gli alti funzionari dell’esercito, un’armilla d’oro massiccio, simbolo di rango presso i Germani, e un anello digitale d’oro recante il titolo, il nome e il ritratto. Secondo le più recenti ricerche i materiali di corredo riflettono la moda dell’aristocrazia militare “barbarizzata” dell’Impero d’Occidente alla fine del V secolo e proverrebbero da un atelier italiano, forse ravennate, che lavorava per la corte reale ostrogota o imperiale.
Per il periodo compreso tra la seconda metà del V secolo e la fine del secolo successivo, corrispondente all’espansione franca, uno dei fenomeni archeologici più rilevanti è rappresentato sia da un gruppo di sepolture maschili cosiddette “di capo”, sia da alcune sepolture di donne dello stesso rango sociale. Queste tombe si distinguono facilmente dalle contemporanee inumazioni per il ricco corredo composto di armi e accessori riccamente decorati, spesso di metallo prezioso, e per la frequente presenza di oggetti di lusso quali il vasellame di importazione di metallo o di vetro. Esse sono diffuse tra la Senna e il Reno e tra quest’ultimo e il corso superiore del Danubio. Attraverso studi recenti è stato tentato l’utilizzo di queste sepolture per individuare e documentare l’espansione franca nella Gallia. Nel costume di questo periodo si nota, come era già accaduto in precedenza, una maggiore assimilazione del costume maschile a quello dell’aristocrazia militare mediterranea, mentre gli accessori di quello femminile mostrano una maggiore caratterizzazione dal punto di vista etnico. Nel corredo maschile l’elemento più caratteristico di distinzione rispetto agli altri popoli germanici rimane la presenza della francisca (l’ascia da lancio), mentre le altre armi quali gli scudi, le lance, le spade, gli elmi presentano caratteristiche comuni a quelle in uso in genere nell’Europa occidentale. Nel corredo femminile gli elementi caratteristici di distinzione sono soprattutto le fibule, sia a staffa del tipo a piede parallelo, in genere decorate con motivi geometrici o vegetali stilizzati, sia a disco del tipo a rosetta con inclusi di granati.
In questo periodo gli alti gradi dell’esercito con le loro famiglie vengono sepolti all’interno di cimiteri destinati a tutto il gruppo che gravitava intorno a loro, le famiglie principesche e reali invece sembrano scegliere come loro ultima dimora chiese o cappelle funerarie collocate nei centri principali del regno. Oltre alle fonti storiche che documentano questa scelta, scavi nelle chiese ne hanno offerto una testimonianza materiale; in tal senso appaiono particolarmente significativi i rinvenimenti del 1959 sotto il duomo di Colonia e del 1973-74 nella basilica di St.-Denis a Parigi. A Colonia furono scoperte le tombe di una donna e di un bambino. La donna, che potrebbe essere identificata con Visegarda, principessa longobarda fidanzata di Teodeberto I (534-548), morta poco dopo il suo arrivo a Colonia, fu sepolta in una camera sepolcrale con un ricco corredo composto da un nastrodiadema intessuto d’oro, orecchini a poliedro d’oro e granati, tre collane con pendenti d’oro e granati e monete auree montate, due fibule a disco d’oro, granati e filigrana, una coppia di fibule a staffa d’argento, oro e granati di modello turingio, un’armilla d’oro massiccio, un anello aureo in ogni mano, una cintura con pendenti di metallo decorato alla quale erano collegati un coltello, una sfera di cristallo di rocca, una bulla mediterranea d’argento sbalzato e dorato, le cinghie delle calze e delle scarpe con guarnizioni d’argento dorato e granati.
Oltre a questi accessori d’abbigliamento nella sepoltura furono deposti due coppe, tre bottiglie, un calice di vetro, un corno potorio con rinforzi d’argento, un bacino di bronzo dorato e un cofanetto di legno con decorazioni in bronzo. Vicino a questa sepoltura in un’altra camera sepolcrale venne deposto, intorno al 537, un bambino di dieci anni, identificato come appartenente a una famiglia principesca, dal ricco corredo, composto da un letto e una sedia di legno tornito, dal set di armi comprendente l’elmo di ferro con parti di bronzo dorato e argento, l’angone (lancia da caccia), la lancia, la francisca, la spada, lo scramasax, lo scudo, l’arco con tre frecce, il coltello, altri due coltelli con manico foderato d’oro in un astuccio, dalla cintura con elementi d’oro e d’argento, dall’anello d’oro, da un bastone di legno tornito forse interpretabile come scettro, da una bottiglia e un calice di vetro, da un bacile di bronzo, da un corno potorio con rinforzi d’argento, da due coppe di legno e infine da un secchio con decorazioni in bronzo.
Tra le sepolture in buona parte sconvolte in antico rinvenute sotto St.-Denis la più importante appare decisamente quella della regina Arnegundis, deceduta nell’ultimo terzo del VI secolo. La regina era sepolta all’interno di un sarcofago di pietra e la deposizione presentava un eccezionale stato di conservazione, che ha permesso con un accurato scavo in laboratorio di ricostruire l’abbigliamento completo della defunta. Questa, una delle mogli di Clotario (511-561) e madre di Chilperico, nato tra il 537 e il 539, era stata deposta con varie vesti, una delle quali di seta con polsi ricamati in oro, un velo fermato da due spilli d’oro, orecchini aurei di tipo mediterraneo, una coppia di fibule a disco d’oro e granati forse di produzione italiana, uno spillone ferma-mantello d’oro, argento e granati, l’anello d’oro con iscrizione ARNEGUNDIS REGINE, le guarnizioni della cintura, delle cinghie delle calze e delle scarpe, tutte d’argento dorato e niellato, una bottiglia di vetro. Completava il corredo un’offerta del marito o del figlio costituita da un cinturone maschile con fibbia a placca e controplacca di bronzo, oro, argento e granati. Con la fine del VI secolo e la prima metà del secolo successivo, all’interno del regno franco, si nota una sempre maggiore omogeneizzazione dei caratteri culturali e il sempre più marcato adeguamento a un modello culturale proprio di tutta l’area germanizzata e dell’Europa occidentale. Questo modello culturale, nato dall’osmosi tra i Germani e le popolazioni romanizzate, sarà quello caratteristico della seconda metà del VII secolo e del secolo successivo; la sua progressiva affermazione segna la fine di un’identità franca, confluita nella formazione di quello che diverrà il Sacro Romano Impero.
Die Franken. Wegbereiter Europas. Vor 1500 Jahren. König Chlodwig und Seine Erben (Catalogo della mostra), Mainz a.Rh. 1996 (con bibl. prec.).