L'Europa tardoantica e medievale. I popoli delle migrazioni nelle regioni occidentali: I Burgundi
Popolazione germanico-orientale che la tesi tradizionale, sostenuta da storici e filologi, indica come proveniente dalla Scandinavia (in genere dall’isola di Bornholm) già in epoca anteriore alla nascita di Cristo; si tratta tuttavia di una congettura mancante del supporto sia delle fonti scritte sia dell’archeologia.
La presenza dei Burgundi nell’area orientale dell’Europa centrale è testimoniata da Plinio il Vecchio (Nat. hist., IV, 14, 99), che li associa ai Goti e che li considera come parte dei Vandali già nella metà del I sec. d.C., sebbene il loro territorio non sia circoscrivibile con precisione. Sono limitate anche le informazioni relative alla metà del II secolo fornite da Tolemeo (Geogr., II, 11, 18), che localizza i Burgundi nella stessa area, probabilmente a est dei Semnoni (Germani dell’Elba) e a nord dei Lugi (forse i Vandali). All’inizio dell’età imperiale (I - metà II sec. d.C.) la regione occupata dai Burgundi può essere identificata con grande approssimazione con la Polonia occidentale e con la Germania centro-orientale. Dopo la caduta del limes tra Germania superiore e Raetia (259/60) e la conquista alamanna del decumato tedesco sud-occidentale, i Burgundi sono testimoniati con sicurezza dalle fonti scritte fino alla seconda metà del IV secolo, quali vicini settentrionali dei primi Alamanni, nella regione attraversata dal Reno e dal Meno e sul basso corso del Neckar, ma non è chiaro se i dati letterari facciano riferimento al popolo burgundo nel suo complesso o soltanto a una sua parte. È noto che dal 413 i Burgundi divennero federati dell’Impero, ma la loro localizzazione sul basso e medio Reno è stata a lungo oggetto di discussione (periodo 413-443). Oggi prevale la fondata opinione che l’incerta indicazione territoriale fornita dalla cronaca di Prospero d’Aquitania (Chron., I, MGH, Auct. ant., IX, 1892, p. 467: Burgundiones partem Galliae propinquam Rheno optinuerunt) vada riferita alla parte centrale del bacino del Reno, intorno a Magonza probabilmente fino a Worms.
L’approssimazione delle nostre conoscenze in base alle fonti letterarie sulle questioni sopra indicate non trova ausilio, diversamente dal caso di altre tribù germaniche (ad es., Goti, Longobardi e Vandali), in una solida documentazione archeologica. Nel I sec. d.C. nella parte centrale dell’Europa orientale non si pone in evidenza un gruppo culturale autonomo a cui i Burgundi possano essere correlati; probabilmente il quadro fornito dall’archeologia trova una conferma nel passo di Plinio in cui i Burgundi sono menzionati come parte dei Vandali. Soltanto nella prima metà del II secolo emerge nella regione un gruppo culturale relativamente autonomo: il cosiddetto “gruppo Lebus- Lausitz”, attualmente denominato “gruppo di Luboszyce”, strettamente collegato con la cultura di Przeworsk confinante a est, come pure con i gruppi germanici dell’Elba attestati più a ovest, rispetto ai quali presenta tuttavia caratteri distintivi degni di attenzione (in primo luogo le pratiche funerarie, esclusivamente necropoli con tombe a incinerazione, e la ceramica). Questa cultura è diffusa, con centri regionali diversi a seconda delle epoche, nella zona del medio Oder, nel Brandeburgo orientale, sul basso Lausitz e nella Sassonia sud-orientale. È interessante notare che essa era separata dalla cultura di Przeworsk da una fascia territoriale disabitata di circa 100 km e, soprattutto, che nella parte sud-orientale (basso Lausitz) essa si diffuse a partire dalla seconda metà del I sec. a.C. in un’area precedentemente non popolata; in questa regione è dunque lecito parlare di un fenomeno di immigrazione. In riferimento alle fonti scritte, che attestano la presenza dei Burgundi nell’area del Reno e del Meno a partire dalla seconda metà del III secolo, risulta anche che in quest’epoca (seconda metà III - prima metà IV sec.) l’area interessata dalla cultura di Luboszyce raggiunge la sua massima estensione e densità e non vi sono dati che lascino ipotizzare emigrazioni di grande portata.
Verso la fine del IV secolo e nel periodo intorno al 400 la cultura di Luboszyce e quella vandalica di Przeworsk entrano in declino nelle loro aree originarie. Nei primi secoli dell’Impero le evidenze archeologiche sui Burgundi nel bacino del Reno e del Meno e sul basso Neckar sono estremamente scarse; a questo popolo può essere probabilmente attribuita soltanto una modesta quantità di corredi funerari che mostrano evidenti affinità con la cultura di Luboszyce: borse da cintura con chiusura metallica (seconda metà IV - inizi V sec.), tombe con associazione di asce e archi, sepolture maschili con fibbie di cintura ovali a decorazione punzonata (fine IV - prima metà V sec.); queste ultime costituiscono l’unica testimonianza archeologica del regno federato burgundo tra il 413 e il 443. Non è inoltre da escludere che una parte dei soldati germanici inumati nelle tombe della frontiera del Reno, tra Magonza e Strasburgo, fossero burgundi; stupisce tuttavia il loro numero limitato, tanto più che gli Alamanni immigrati dal decumato e i Burgundi sono ben distinguibili per via della loro provenienza da aree storico-culturali diverse. In base a tali considerazioni e all’assenza di fenomeni di spopolamento nell’area della cultura di Luboszyce nei primi secoli dell’Impero, è legittimo ritenere che solo gruppi relativamente limitati di Burgundi abbiano abbandonato le loro terre d’origine in quest’epoca.
Le prime attestazioni storiche e archeologiche certe sulla regione abitata dai Burgundi risalgono al 443. I Burgundi, sconfitti da Ezio e dagli Unni suoi alleati nel 436 (ciclo dei Nibelunghi), nel 443 furono da lui insediati, per motivi strategici, in Sapaudia, regione che i Burgundi condivisero con la popolazione romana autoctona (Chron., I, MGH, Auct. ant., IX, 1892, p. 660: Sapaudia Burgundionum reliquiis datur cum indigenis dividenda), che i risultati della ricerca archeologica consentono di identificare con il circondario di Ginevra e con la regione attraversata dal Rodano fino al Lago di Neuenburg. A partire dal 456, guidati dai loro re, i Burgundi riuscirono a espandere notevolmente i loro territori, soprattutto verso ovest e nord-ovest, nelle valli del Rodano e della Saona, nell’area dell’attuale Lione: tra il 457-471 e il 517, in particolare durante il regno di Gundobad, i domini dei Burgundi (ma non le aree del loro insediamento) si estesero a nord fino alla pianura di Langres e a Besançon, a nord-est fino alla parte centrale della valle dell’Aare (Solothurn) e a sud fino al Durance (Avignone); a est furono inglobati Avenches, l’area di Berna e Octodorus (Martigny). I loro vicini erano dunque i Franchi, gli Alamanni e gli Ostrogoti. Dopo la grave sconfitta inflitta dai Franchi nel 532, il regno burgundo perse la sua indipendenza e nel 534 vide l’abolizione della costituzione tribale. Per la storia più tarda fu decisiva la ripartizione statale operata dai Franchi nel 561, in base alla quale al re Gunthram toccò parte di una Burgundia dalla nuova configurazione territoriale (l’antica Burgundia, gran parte della Provenza e il regno di Orléans, nonché ampie zone della Gallia centrale e meridionale). Come parte dell’impero franco, la Burgundia fu ancor più che in epoca precedente influenzata dalla vicinanza e dalla convivenza tra Germani (Burgundi, Franchi e Alamanni) e una popolazione romana autoctona numericamente cospicua.
Grazie a nuove edizioni delle fonti e al progredire della ricerca è possibile elaborare un quadro archeologico dai contorni netti relativamente ai Burgundi germanico-orientali trasferiti nel 443 in Sapaudia dove, nella seconda metà del V secolo, si pone in evidenza una facies culturale germanica, ben distinguibile dal materiale archeologico pertinente alla popolazione romana indigena sulla base delle pratiche funebri e dei corredi funerari, dei costumi e di altri tratti culturali. Di particolare importanza, sotto il profilo cronologico ed etnico-culturale, sono la deformazione del cranio artificiale e la presenza, alquanto sporadica, di specchi di origine nomadica, entrambi spiegabili solo con i contatti, testimoniati dalle fonti scritte, esistenti tra Burgundi e Unni nel periodo del regno burgundo sul medio Reno (413-443). Manca ogni indagine sugli abitati e sui sistemi di popolamento e le conoscenze si focalizzano unicamente sui reperti funerari.
Particolarmente interessante per le informazioni che fornisce è il costume femminile, con le sue fibbie d’impronta merovingio-occidentale della seconda metà del V secolo (utilizzate anche dai Franchi e dagli Alamanni) e di tipo germanico-orientale, con evidenti affinità con l’Italia ostrogota della fine del V - inizi del VI secolo, cui si aggiungono anche tipi di fibbie di probabile origine locale. Le tombe femminili con fibbie di tipo merovingio-occidentale non sono necessariamente da attribuire alle etnie alamanna e franca, in quanto le donne burgunde potrebbero essere venute in contatto con questa moda sul medio Reno. Nell’ambito delle sepolture femminili, un elemento peculiare dell’etnia burgunda può essere identificato con l’assenza totale di armi, contrariamente all’usanza tipica degli Alamanni e dei Franchi, ma caratteristica anche nella cultura di Luboszyce. La deposizione di armi si afferma soltanto nella seconda metà del VI secolo ed è da porre in relazione con la penetrazione dei Franchi in Burgundia dopo il 561. Le sepolture di impronta germanica sono ben testimoniate fino al primo terzo del VI secolo anche al di là dei confini della Sapaudia, ma all’interno delle frontiere del regno burgundo (fino al 532); a esse vanno ad aggiungersi epigrafi funerarie latine con nomi personali germanico-orientali, probabilmente burgundi.
Tale situazione muta nel VI secolo inoltrato in modo rapido e costante, fino all’abbandono dell’usanza dei corredi funerari nel tardo VII secolo. A causa della romanizzazione della minoranza burgunda, avviatasi già nella prima metà del VI secolo e giunta rapidamente a compimento, non è più possibile l’identificazione etnica dei Burgundi. Nel VI-VII secolo la Burgundia è definibile da un punto di vista archeologico solo come “provincia del costume romano” (Werner 1979), che trova nella cintura femminile il suo tratto peculiare: per il VI secolo sono caratteristiche le fibbie di cinture di bronzo a decorazione figurata con borchia rettangolare ornata da motivi cristiani e da iscrizioni latine, che sono probabilmente di origine tardoantica e di area mediterranea. Nel tardo VI secolo in un’area che coincide con la Burgundia franca, si affermano nel costume femminile burgundo-romano le fibbie di ferro con decorazione applicata, anche queste con borchie rettangolari, ma ora decorate con nastro intrecciato o nel II stile animalistico. Le cinture femminili più recenti (secondo terzo del VII sec.) presentano una decorazione applicata di metallo su modello franco-occidentale e, più tardi, hanno massicce e lunghe fibbie placcate, con borchia decorata dai diversi motivi animalistici (II stile, nastro intrecciato, elementi vegetali).
Al costume femminile di fine VI - inizi VII secolo appartengono anche le fibule del tipo St.-Sulpice e le fibule ad anello, per lo più in lamina battuta, per la chiusura del mantello sul petto, secondo l’uso romano-mediterraneo. Il costume maschile (in particolare gli ornamenti delle armi e dei loro sistemi di sospensione alle cinture) segue grosso modo l’evoluzione caratteristica dell’area merovingio-occidentale: a partire dall’ultimo terzo del VI secolo alle fibbie prive di borchia succedono guarnizioni di ferro, tra cui le borchie, che dalla metà del VII secolo divengono placcate e si accrescono nelle dimensioni.
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