L'Europa tardoantica e medievale. I popoli delle migrazioni nelle regioni occidentali: Gli Anglosassoni
Con il termine Anglosassoni vengono definiti i popoli che occuparono la Britannia nel periodo compreso tra la fine della colonizzazione romana e la conquista normanna del 1066.
Gli studiosi più noti della cultura materiale anglosassone, ambito di studio sviluppatosi all’inizio dell’Ottocento, sono Th. Bateman (1821-61), che scavò centinaia di sepolture nel Derbyshire, C. Greenwell e J.R. Mortimer, i quali scavarono 600 tumuli nei Wolds dello Yorkshire. Non è casuale che proprio in questo periodo J.M. Kemble (1807- 57) abbia scritto molti e autorevoli studi sulle migrazioni anglosassoni, fondandosi sui dati archeologici sia inglesi che tedeschi per la ricostruzione della formazione dei regni anglosassoni; egli utilizzò come fonte principale la storia degli Anglosassoni del Venerabile Beda (VIII sec.), dove vengono descritte le migrazioni e l’organizzazione politica dei popoli inglesi. L’impostazione di Kemble non subì sostanziali sviluppi fino alla comparsa degli studi di E.T. Leeds (uno dei responsabili dell’Ashmolean Museum di Oxford), il primo dei quali fu The Archaeology of the Anglo-Saxon Settlements del 1913. L’opera si fonda su due concetti basilari: l’affermazione che il materiale proveniente dalle necropoli (gioielli, ceramica, ecc.) possa essere usato per identificare i differenti raggruppamenti tribali nell’Inghilterra anglosassone e il principio secondo il quale tali dati debbano confrontarsi con quelli forniti dallo scavo degli insediamenti stessi.
Per verificare le sue teorie egli prese in esame il villaggio di Sutton Courtenay, nella valle del Tamigi presso Oxford. A causa degli approssimativi criteri di scavo, Leeds ritenne che le capanne seminterrate (Grubenhäuser, come egli stesso le definì, prendendo a prestito il termine tedesco) fossero le abitazioni del villaggio e fino a quando egli fu in vita, cioè fino agli anni Cinquanta del Novecento, si ritenne pertanto che le abitazioni anglosassoni consistessero solo in capanne seminterrate. Questa posizione critica venne messa in discussione per la prima volta nel 1939, con la scoperta del relitto sepolto di Sutton Hoo, nel Suffolk, che è messo in relazione con Redweald – il potente sovrano degli Angli orientali convertitosi, secondo Beda, in tarda età al cristianesimo – e che ha riportato l’attenzione sulla descrizione della sepoltura di imbarcazioni data nell’antico poema epico Beowulf. Lo sfarzoso splendore del grande sepolcro (VII sec. d.C.), l’accurata fattura dei gioielli d’oro e l’estesa rete di riferimenti culturali evidenziati dal tesoro sottintendono un mondo assai più complesso di quello suggerito dalle primitive capanne di Sutton Courtenay. Questa suggestiva contrapposizione di elementi venne chiarita negli anni Cinquanta, quando gli scavi condotti a Southampton, nei pressi della città di St. Mary, portarono alla luce i resti di un insediamento commerciale anglosassone, che le prime indagini identificarono con il centro di Hamwih, luogo di partenza per molti missionari e pellegrini anglosassoni alla volta del continente. I reperti rinvenuti rappresentarono comunque un indecifrabile enigma fino alla comparsa, nel 1959, degli studi preliminari di G.C. Dunning.
Un ulteriore passo avanti è rappresentato dalle ricerche condotte nello stesso periodo da B. Hope-Taylor a Yeavering, nel Northumberland: egli scavò i resti di una serie di edifici, tra i quali un ambiente che identificò con una sala reale. Ritenne che si trattasse di Ad Gefrin, la residenza reale nella quale, secondo Beda, il missionario Paolino aveva predicato alla gente del Northumberland. Del complesso fa parte anche una struttura circolare, interpretata da Hope-Taylor come un teatro ligneo eretto appositamente per la visita di Paolino. Le scoperte di Southampton, di Yeavering e di Sutton Hoo posero in evidenza la necessità di rivedere le teorie di Leeds. Gli scavi sul territorio inglese dimostrano che, contemporaneamente al costante declino della civiltà romana proprio del IV secolo, vi fu una continuità di occupazione e d’uso, sia pure in misura minore, della rete stradale, delle città e delle ville almeno fino al V secolo, mentre l’abbandono della provincia da parte dei Romani attirò indubbiamente piccole correnti migratorie dalla Germania occidentale e dalla Danimarca. L’indagine archeologica di queste nuove comunità si limita a nuclei situati nell’Inghilterra orientale (Kent, valle del Tamigi, Norfolk e Lincolnshire): le urne funerarie in uso presso questi insediamenti sono, di fatto, indistinguibili da quelle rinvenute nella Germania settentrionale e nello Jutland.
La fine del V secolo segnò una frattura più netta con il mondo romano, in coincidenza con le nuove invasioni e il dominio del Mare del Nord da parte dei Merovingi. La cultura anglosassone subì cambiamenti notevoli, come dimostra la differente pratica funeraria, nella quale i corredi sono composti da oggetti prettamente anglosassoni (quali Buckelurnen e urne dall’elaborata decorazione) o la ricca varietà di fermagli elegantemente intagliati. I cimiteri dell’Inghilterra sud-occidentale hanno restituito molti oggetti prodotti nella Francia merovingia, a testimonianza dello sviluppo dell’area afferente al Mare del Nord. Gli insediamenti del VI secolo ormai non si inserivano più nella geografia della tarda romanizzazione: le ville romane, come Barton Court nell’Oxfordshire, vennero infine abbandonate e la dislocazione delle necropoli si sviluppò indipendentemente dalla rete viaria romana.
Nel 597 d.C. Agostino di Canterbury e la sua missione sbarcarono a Thanet, nel Kent orientale, con il compito di portare il cristianesimo presso gli Inglesi (la missione probabilmente ebbe origine dal fatto che Berta, principessa merovingia divenuta regina del Kent, era cristiana praticante). Con la Chiesa si affermarono così i segni del nuovo potere: apparvero basiliche di tipo mediterraneo, come quelle di Bradwell nell’Essex e di St. Martin a Canterbury nel Kent; si diffuse l’alfabetizzazione; si ebbe un primo abbozzo di legislazione fondiaria sotto forma di strumenti amministrativi, come concessioni, atti istitutivi e testamentari; il clero curò una rete di contatti tra le varie corti che pose le basi per i commerci a lunga distanza. Il primo centro commerciale, sito a Ipswich nell’East Anglia, risale proprio a quest’epoca. Durante il VII secolo molte fattorie vennero abbandonate e ricostruite altrove, in luoghi che ancora oggi hanno tale funzione; erano munite di steccati, a dimostrazione del valore che veniva attribuito alla proprietà. Vennero introdotte nuove tipologie edilizie, come evidenziato dagli scavi che, dopo la scoperta di Ad Gefrin, hanno portato alla luce diversi palazzi reali, come Cowdery’s Down nell’Hampshire o Malmesbury nel Wiltshire. Questi cambiamenti produssero tumulti sociali, descritti da Beda, in conseguenza dell’attrazione nell’orbita cristiana delle più antiche comunità anglosassoni. La sepoltura di Sutton Hoo testimonia chiaramente lo spirito di un sovrano quale Redweald: si tratta dell’allestimento funebre di un sovrano legato al passato, ma dai ramificati contatti diplomatici, nel quale la presenza di simboli cristiani riflette le tensioni politiche del VII secolo.
Alla fine del VII secolo sette grandi regni anglosassoni avevano ormai preso forma: la Mercia, il Wessex, l’East Anglia, il Kent, la Northumbria, l’Essex e il Sussex. Un documento erariale del VII secolo, il Tribal Hidage, descrive l’estensione di questi e di altri 23 territori inglesi: il gruppo più vasto di territori raggiungeva più di 7000 hides (1 hide = 48 ha); il Wessex copriva presumibilmente più di 100.000 hides; i territori di media grandezza possedevano terreni per 7000 hides circa, mentre alcune aree raggruppavano piccoli territori, multipli di 300 hides. L’importanza ricoperta dai possedimenti terrieri e dalla produzione che ne derivava venne rafforzata, a partire dal 690 circa, dalla fondazione di nuovi empori, il più grande dei quali era Hamwic. Questo, fondato dal re del Wessex Ina intorno al 690, si estendeva su 45 ha e possedeva una rete stradale simile a quella di una città romana; svolgeva attività commerciale oltremanica con i mercanti della Neustria, pur approvvigionando anche il Wessex stesso. Il sito di Lundenwic, probabilmente databile a quest’epoca, fu fondato sullo Strand, una zona immediatamente a est della città fortificata romana di Londinium (Londra). Agli inizi del VII secolo si ampliò anche il porto di Ipswich e venne fondato un piccolo emporio a Eoforwic, appena fuori dalla città di York, ormai abbandonata dai Romani. Fu attraverso luoghi come questi, unitamente all’attività dei missionari impegnati nella diffusione del cristianesimo nella Germania nord-orientale, che l’Inghilterra sviluppò solidi contatti con i Merovingi e successivamente con i Carolingi. Questi rapporti commerciali e culturali sono ben illustrati dalla distribuzione di sceattas d’argento, l’antecedente dei moderni pennies, che si trovano anche in contesti continentali.
La storia anglosassone della fine dell’VIII secolo è caratterizzata dal conflitto tra i due regni maggiori, la Mercia e il Wessex. I re della Mercia Athelbald e Offa ebbero il dominio fino al 796; il successore di Offa, Coenwulf, riuscì a mantenere tale supremazia fino al IX secolo inoltrato. Con la sua morte, tuttavia, i Sassoni occidentali, guidati dai loro sovrani Egbert e Athelwulf, dettero inizio a una campagna di conquista che valse loro il controllo dell’intera Inghilterra meridionale: tale era la situazione all’invasione dei Vichinghi, nell’860 circa. La rivalità tra Mercia e Wessex venne alimentata dal loro rapporto con i Carolingi, di cui Offa adottò il cerimoniale regale, rigettando però i diritti accordati da Carlo Magno alla Chiesa. La rinascenza carolingia ebbe, di conseguenza, un riflesso del tutto particolare in Inghilterra. Sostenuta dai missionari anglosassoni, codificata da Alcuino di York, cancelliere di Carlo Magno, la possente ideologia della rinascenza carolingia si manifestò in Inghilterra sotto un aspetto diverso. I re sassoni e della Mercia impedirono agli arcivescovi di Canterbury di adottare la regola benedettina, riconoscendovi una minaccia al loro regno; ciò nonostante, in Mercia e nel Wessex vennero erette chiese secondo i nuovi dettami architettonici, con caratteristiche proprie della rinascenza d’oltremanica. I giganteschi edifici basilicali di Brixworth in Mercia (Northamptonshire) e dell’Old Minster a Winchester, la capitale sassone occidentale, testimoniano l’adozione del rituale carolingio. Lo stile cortese carolingio trovò riflessi anche nella produzione artistica anglosassone: un frammento di fregio dipinto, da scavi condotti a Winchester e proveniente quasi certamente dall’Old Minster o da un edificio a esso collegato, reca l’impronta di uno stile romanizzante.
I sovrani sassoni occidentali, malgrado la guerra civile carolingia e la conseguente crisi economica che portò al declino di empori quali Hamwic, Lundunwic e Eoforwic, mantennero saldo il potere. Gli invasori vichinghi si accorsero presto che la resistenza maggiore alla conquista era rappresentata dal concetto stesso di regno anglosassone. Dopo la presa di York, essi elessero un re fantoccio in Northumbria; successivamente sottomisero la Mercia e l’East Anglia, giustiziando senza pietà Edmund, sovrano di quest’ultima. I Sassoni tuttavia resistettero e, dopo numerose battaglie, nell’878 stipularono con il re vichingo Guthrum un trattato di pace a Etheldun (Wiltshire), in base al quale metà dell’Inghilterra, il Danelaw, passò ai Vichinghi e l’altra metà rimase in mano ai Sassoni. La vittoria, in realtà assai più simile a una tregua, rafforzò l’autorità del re Alfred, il quale programmò abilmente la ricostruzione. Venne creata una rete di insediamenti fortificati (burhs), che nel corso di una generazione si trasformarono in centri mercantili, ciascuno con la propria zecca. L’impianto urbanistico di Winchester, la capitale reale sassone, fu ristrutturato e il luogo divenne una vera città commerciale con una nuova, grande cattedrale. Intanto Alfred condusse una campagna volta a riconquistare i territori ceduti ai Danesi: Londra fu ripresa nell’886 e le città della Mercia ritornarono sotto il Wessex.
La conquista del Danelaw rappresentava un obiettivo irrinunciabile, dal momento che i Danesi avevano trasformato la modesta economia dell’East Anglia e della Northumbria in un sistema di centri altamente produttivi. Gli scavi di Ipswich, Lincoln, Norwich e York dimostrano con quale rapidità i Danesi abbiano saputo costruire nuove città, sul modello dei centri carolingi. In particolare, le scoperte di Coppergate, una strada di York, illustrano con chiarezza l’accuratezza dei sovrani danesi nel progettare le città e nel sostenere con forza la produttività industriale. Tale competitività costituiva una costante minaccia per i Sassoni, i quali, sotto il figlio di Alfred, Edward il Vecchio, e poi sotto il figlio di questo, Athelstan, procedettero sistematicamente all’annessione del Danelaw. Già nel 954 non vi era più traccia dell’Inghilterra vichinga; nel 971 re Edgar venne eletto re d’Inghilterra, alla maniera di un imperatore ottoniano. Basata sulla struttura dei burhs e delle città del Danelaw, l’Inghilterra del tardo periodo anglosassone era una comunità prosperosa: sorsero molti nuovi villaggi, abbelliti da chiese realizzate in pietra e da piccole residenze padronali. Questa fase di autosufficiente prosperità durò fino al 1016, quando i Danesi usurparono il trono inglese ed elessero sovrano il loro re Canuto. I danni prodotti dalla nuova invasione furono tuttavia modesti: alla metà dell’XI secolo l’Inghilterra anglosassone era un Paese in costante crescita economica, ricco di nuove strutture portuali, a Londra come nelle maggiori città costiere. Essa era nuovamente inclusa nell’orbita commerciale del Mare del Nord, guidata abilmente da una corte volta a incoraggiare ovunque l’espansione dell’economia. Fu la sua ricchezza ad attirare le mire dei Normanni: l’invasione di Guglielmo il Conquistatore, nel 1066, pose fine al regno anglosassone, senza per questo interrompere una tradizione socioeconomica ormai consolidata da cinque secoli.
J.M. Kemble, The Saxons in England, Oxford 1849.
E.T. Leeds, The Archaeology of the Anglo-Saxon Settlements, Oxford 1913.
Id., Early Anglo- Saxon Art and Archaeology, Oxford 1936.
D.M. Wilson, Anglo-Saxon Ornamental Metalwork 700-1100 in the British Museum, London 1964.
H.M. Taylor - J. Taylor, Anglo-Saxon Architecture, Cambridge 1965.
J.N.L. Myres, Anglo-Saxon Pottery and the Settlement of England, Oxford 1969.
D.W. Wilson (ed.), The Archaeology of Anglo-Saxon England, London 1976.
R. Hodges, The Hamwic Pottery, London 1981.
C.R. Dodwell, Anglo- Saxon Art: a New Perspective, Manchester 1982.
C.J. Arnold, Roman Britain to Anglo-Saxon England, London 1984.
D.M. Wilson, Anglo-Saxon Art, London 1984.
P. Grierson - M. Blackburn, Medieval European Coinage, I. The Early Middle Ages (5th-10th Centuries), Cambridge 1986.
R. Hodges, The Anglo-Saxon Achievement, London 1989.
L. Webster - J. Backhouse (edd.), The Making of England. Anglo-Saxon Art and Culture AD 600-900, London 1991.