L'Eta dei Lumi: matematica. La meccanica del continuo
La meccanica del continuo
La trattazione della meccanica del continuo nel XVIII sec., in particolare dell'elasticità e della meccanica dei fluidi (incluso il fenomeno delle maree), implica, in termini generali, l'esame dei contributi che le accademie scientifiche di Parigi, Pietroburgo e Berlino hanno apportato alle teorie dei fluidi e dei solidi. I protagonisti non sono molti: Leonhard Euler (1707-1783) a Berlino e a Pietroburgo, Joseph-Louis Lagrange (1736-1813) a Berlino e a Parigi, Jean-Baptiste Le Rond d'Alembert (1717-1783) e Pierre-Simon de Laplace (1747-1827) a Parigi, la famiglia Bernoulli e pochi altri. Nei suddetti settori di ricerca si ritrovano molti temi fondamentali del secolo, ma con compiutezza di risultati in qualche modo minore. Infatti, poche sono le questioni pratiche reali della meccanica dei fluidi alle quali, nel corso del secolo, è data una risposta; l'attrito nei mezzi continui rimane un fenomeno misterioso e non si arriva a formulare alcun modello reale per i corpi elastici in tre dimensioni, ma quasi tutti i problemi vengono ricondotti a una dimensione.
Gli accademici pensano, scrivono, pubblicano, ma il risultato ottenuto è che il mondo fisico resta generalmente avvolto nel mistero. Il loro doloroso travaglio dà alla luce sia la meccanica, sia la matematica da essa richiesta, ma la spinosa interazione che le caratterizza rivela la necessità di sviluppare strumenti analitici e nuove visioni della matematica, prima che la meccanica possa ulteriormente progredire.
Le navi mercantili sono in questo secolo il principale oggetto di interesse: in particolare, con Jacob Hermann ed Euler se ne analizza il moto attraverso l'aria e l'acqua, e si studia la sagoma dello scafo, allo scopo di rendere le imbarcazioni più stabili e le traversate più rapide. Le attività commerciali chiamano in causa il problema della difesa militare, esercitata per mezzo di cannoni; la traiettoria dei proiettili, la loro gittata in diverse condizioni, la resistenza (viscosità) del mezzo e il sistema per ridurla al minimo, l'emissione di gas caldi che accompagna l'esplosione della carica: tutto ciò richiede l'impiego di una meccanica dei fluidi di alto livello. Perciò i fluidi, il loro moto e le forze di cui sono sede costituiscono le questioni centrali del Settecento. Si cerca inoltre di studiare il moto dei fluidi in tre dimensioni, ma si arriva a trattare compiutamente soltanto la rotazione di una massa fluida infinita intorno a un'asse arbitrariamente disposto nello spazio. Fallisce il tentativo di Euler di introdurre l'attrito nei fluidi: le forze agenti in un fluido si limitano dunque alla pressione e a una forza derivata da un potenziale.
In architettura, le travi costituiscono il tema di maggiore spicco, con particolare riferimento alla loro resistenza e capacità portante. Nonostante questo interesse, il maggior numero di conoscenze è di tipo pratico, e la teoria è rudimentale. Malgrado i progressi teorici di Daniel Bernoulli (1700-1782), Euler e Lagrange, la teoria che si cela dietro la costante fondamentale delle travi detta 'rigidità flessionale', rimane incognita: il risultato delle ricerche è quello di fornire un metodo sperimentale per determinare tale costante; metodo insoddisfacente, ma che comunque consente di evitare la rottura della trave.
Nello studio e nell'utilizzazione della meccanica del continuo esistono diverse correnti di pensiero, che si sviluppano contemporaneamente e si intersecano tra loro. I problemi pratici richiedono risposte concrete, non importa se basate o meno sulla teoria: lo afferma Bernard Forest de Bélidor (1697-1761), lo dice l'ingegneria, lo ribadisce la vita quotidiana. Allora viene elaborato un modello fisico: in quest'ottica, i gas diventano un insieme di particelle sferiche, l'acqua un mezzo continuo, le travi un fascio di fibre. Alcuni modelli forniscono un ragionevole accordo con la realtà, altri no. La loro formulazione e il loro sviluppo dipendono dagli strumenti matematici disponibili in quel determinato momento.
Euler non possedeva gli strumenti necessari ad affrontare la meccanica del continuo nel caso tridimensionale. Egli stesso diceva spesso che era ragionevolmente semplice trattare il moto unidimensionale di un fluido in tubi o recipienti di varie sezioni trasversali, mentre studiare il moto reale di una nave ‒ che poteva rollare, beccheggiare oppure orzare ‒ in un fluido con attrito era al di là della portata dei suoi strumenti matematici.
Esaminiamo i problemi pratici che rendevano necessaria l'analisi matematica. Il rifornimento d'acqua per gli usi domestici, la navigazione dei canali, il controllo dei fiumi per l'approvvigionamento idrico: tutto ciò richiedeva un modello che descrivesse il moto in due dimensioni di un liquido in un canale (uniforme) con una data sezione (rettangolare) e con una certa pendenza, ma fino al 1826 il problema rimase privo di soluzione. Il funzionamento delle armi da fuoco richiedeva di trattare lo scappamento dei gas caldi e compressi a diverse pressioni e temperature: per simili modelli fisici ci sarebbero voluti altri cent'anni, tuttavia i cannoni erano costruiti e fatti funzionare in base a criteri derivati dalla dura esperienza pratica. La sagoma delle navi, per quanto riguardava la stabilità e la velocità (meno per la resistenza), era un argomento centrale del Settecento, ma solo nel Novecento si arrivò a qualche ragionevole modello matematico. Newton e i Bernoulli formularono leggi potenti in grado di spiegare la resistenza al moto in un mezzo viscoso in funzione della velocità, ma analizzarono solamente le leggi lineari e quadratiche che gli strumenti matematici dell'epoca consentivano loro di trattare.
Le imbarcazioni dovevano salpare dal porto e giungere a destinazione. Ci si orientava con le stelle, servendosi di carte nautiche su cui era rappresentata la superficie terrestre. Le teorie dei fluidi, dei loro moti e della gravità permisero di ricavare la forma della Terra. In questo campo, i protagonisti furono Newton, Alexis-Claude Clairaut (1713-1765), Colin Maclaurin (1698-1746). Dalle loro ricerche derivarono le varie superfici ellittiche, sia quelle di rotazione sia quelle con assi disuguali. Rappresentare su mappe piane queste superfici richiedeva opportuni strumenti matematici, che allora erano in uno stadio iniziale di sviluppo: funzioni ellittiche ad argomento complesso, funzioni di variabile complessa, del tipo di quelle usate da Johann Heinrich Lambert (1728-1777) e da Lagrange intorno al 1770.
Le prime teorie dei fluidi e dei solidi si basavano sui potenziali (cioè, sulle funzioni potenziali): da una certa funzione si ricavavano le forze, da un'altra le velocità. In una dimensione ciò permetteva di risolvere alcuni casi concreti, ma in due o tre dimensioni e nei casi in cui non esisteva alcuna funzione potenziale, come per esempio nei moti rotatori o vorticosi dei fluidi (si pensi ai mulinelli che si creano nei fiumi intorno ai piloni dei ponti), non esisteva alcuna soluzione, tranne che per la rotazione pura di un corpo in un fluido.
La mancanza di un modello tridimensionale adeguato delle forze agenti nei solidi ostacolò lo sviluppo di una teoria dei corpi elastici per l'intero secolo. La teoria unidimensionale delle corde vibranti, della flessione delle travi, della deformazione delle colonne, dei corpi elastici, e il metodo variazionale di Euler, su cui poggia gran parte di questo lavoro: tutto ciò contribuì a tali clamorosi e travolgenti successi nella teoria elementare dell'elasticità che nessuno si accinse alla faticosa e difficile impresa di riscrivere dalle fondamenta una nuova teoria, senza alcuna certezza di riuscirvi né di ottenere nuovi eccezionali risultati, fino a che, nel secolo successivo, non fecero la loro apparizione Claude-Louis-Marie-Henri Navier (1785-1836), Siméon-Denis Poisson (1781-1840), Augustin-Louis Cauchy (1789-1857), George Green (1793-1841) e George Gabriel Stokes (1819-1903). In questo caso i modelli più importanti sono la linea centrale (neutra) o fibra di una trave, usata nella statica e nel moto non vibratorio, e l'espressione dell'energia potenziale di un corpo elastico unidimensionale, da cui si ottengono le equazioni dei corpi elastici.
All'inizio dei Principia, Newton afferma che l'intero compito della filosofia sembra consistere in questo: dai fenomeni del moto investigare le forze della Natura, e da queste forze ricavare poi gli altri fenomeni. Newton studia il moto dei corpi nei mezzi in cui la resistenza è proporzionale alla velocità o al quadrato della velocità, e analizza, in fludi con tali caratteristiche, il moto dei proietti, insieme ai fenomeni acustici, ricavando informazioni relative alla natura e alle proprietà dei fluidi.
Tre sono le caratteristiche fondamentali degli sviluppi della meccanica dei fluidi nel XVIII sec.: innanzitutto, si passa da confusi ragionamenti fisici alle equazioni differenziali per la corrente e all'associata equazione di continuità per la conservazione della massa; in secondo luogo, l'attenzione degli scienziati si concentra sul caso speciale dei potenziali per le velocità e per le forze; infine, i fenomeni vengono studiati in condizioni di assenza di attrito o di viscosità; d'altra parte manca ancora nel Settecento un modello soddisfacente per descrivere la viscosità nei fluidi. La gran parte del lavoro applicativo è svolta in una sola dimensione, dato che non si è ancora in grado di trattare l'opportuna cinematica ‒ un'adeguata descrizione del moto dei fluidi ‒ né di determinare e formalizzare a livello tridimensionale l'espressione delle forze che agiscono in un fluido. Nasce poi la questione del rapporto fra la cinematica e la dinamica (cioè le forze), argomento che negli scritti di tutti gli scienziati del periodo sembra essere fonte di confusione, fatta eccezione per Pierre Varignon (1654-1722) ed Euler.
La nostra trattazione inizia con il contributo di Clairaut il cui saggio intitolato Théorie de la figure de la terre (1743) trae beneficio dall'attenzione riservata, fra il 1710 e il 1740, al problema dell'integrazione delle equazioni differenziali alle derivate parziali del primo ordine. A Parigi, Alexis Fontaine des Bertins (1704-1771) e Clairaut ricavano nuovamente e rapidamente le condizioni per l'esistenza e l'unicità della soluzione, nel caso di funzioni di due o tre variabili. L'applicazione di questo metodo alle forze terrestri, considerando la Terra come una massa fluida sede di un equilibrio tra forze, permette di ottenere un potenziale di forza, e un'equazione da cui si ricava che la Terra ha la forma di uno sferoide schiacciato ai poli.
Nel 1745, la Prussia è nuovamente in guerra. Euler traduce il libro di Benjamin Robins (1707-1751), New principles of gunnery, il cui tema centrale è la resistenza offerta dai fluidi e il loro comportamento rispetto al moto dei corpi che li attraversano. Secondo i calcoli di Euler, per i fluidi incompressibili non sembra esserci in definitiva alcuna resistenza (paradosso di d'Alembert), in contraddizione con le affermazioni di Newton, Robins e, altrove, dello stesso Euler secondo le quali la resistenza (l'attrito) è proporzionale alla velocità o al quadrato della velocità. Per i fluidi compressibili (i gas), Euler assume per vera l'ipotesi di Robins, secondo cui il corpo spostandosi lascia dietro di sé una cavità, che subito dopo viene occupata dal gas. Euler mette in relazione la resistenza offerta al moto del corpo con la differenza fra la velocità del corpo e la velocità con cui il gas si sposta nell'andare a occupare la cavità; se questa differenza è abbastanza grande, la resistenza cresce notevolmente. Questo punto costituisce l'altra faccia dell'equazione di continuità: il moto produce una cavità, cosicché in seguito si dovrà trovare un'altra equazione che permetta di escludere un simile comportamento garantendo la continuità del fluido.
Dal punto di vista della meccanica dei fluidi, la Scientia navalis (1749) di Euler non è particolarmente degna di nota, in quanto sulla base di un approccio variazionale, il moto della nave è ridotto a un moto unidimensionale. Da ciò, Euler deriva un potenziale di pressione con condizioni di integrabilità simili a quelle introdotte da Clairaut, riprendendo anche le idee già espresse nell'opera Methodus inveniendi lineas curvas maximi minimive proprietate gaudentes (1744). Euler utilizza inoltre il calcolo variazionale per determinare quale sia per una nave la forma che meglio di ogni altra minimizzi la resistenza del fluido. Pur non disponendo di una funzione ricavata su basi fisiche per descrivere la resistenza, egli sviluppa la parte matematica del ragionamento, mostrando incidentalmente che la resistenza del fluido e la forma della nave dipendono dall'inclinazione locale dell'imbarcazione, essendo la derivata prima il parametro caratteristico della forma, e si serve di un'opportuna funzione per fornire un esempio pratico. È qui che Euler ricava, operando in ambito unidimensionale, un modello di ruota idraulica a pale atta a spingere un'imbarcazione e dimostra che l'efficienza di questo sistema di propulsione è superiore persino a quella di cento pompe azionate manualmente. Il moto delle navi portò Euler a sviluppare la cinematica e la meccanica dei corpi rigidi, in particolare l'argomento delle rotazioni; da qui, nel giro di un anno o due, egli giunse alle equazioni generali dell'idrodinamica.
Nel 1752, d'Alembert pubblicò un trattato dal titolo Essai d'une nouvelle théorie de la résistance des fluides. La storia del libro è interessante; è il lavoro con cui d'Alembert partecipò a un concorso bandito dalla Königliche Preussische Akademie der Wissenschaften (Accademia Reale Prussiana delle Scienze) di Berlino nel 1750. Probabilmente, fu nella stessa occasione che Euler ebbe modo di leggere questo studio di d'Alembert, in cui l'autore ricava, sebbene in modo oscuro e involuto, le equazioni di Cauchy-Riemann che governano le velocità ed esprimono la relazione fra forze applicate e continuità. Da esse, d'Alembert ricava le componenti longitudinale e trasversale della velocità di un fluido (cioè, nel caso preso in esame, lungo la direzione del moto di un fiume e lungo la perpendicolare a essa), e la loro variazione spaziale per i flussi stazionari dei fluidi incompressibili (vedi oltre). La particolarità del contributo di d'Alembert sta nell'aver espresso in una forma semplice la soluzione generale, scrivendo le velocità come derivate di un potenziale complesso: ciò rappresenta la nascita della teoria delle funzioni di una variabile complessa e delle loro derivate. Supponendo che un oggetto simmetrico (un isolotto) sia immerso nel fiume, e che la corrente sia simmetrica intorno all'oggetto, d'Alembert calcola infine l'effetto della pressione su quest'ultimo, giungendo a un risultato paradossale: su di esso non agisce alcuna forza.
Nel periodo 1749-1752, Euler formalizzò la meccanica dei fluidi in una dimensione, nella versione sviluppata dai Bernoulli. Johann I Bernoulli (1667-1748) e suo figlio Daniel avevano scritto fra il 1738 e il 1742 alcuni trattati di idrodinamica, in cui comparivano due idee principali; anzitutto, la conversione dell'altezza in moto, della forza morta in forza viva, dell'energia potenziale gravitazionale in energia cinetica del moto; l'altra caratteristica era la trattazione a livello unidimensionale di numerosi moti di fluidi. Basandosi sulle nuove equazioni differenziali per la quantità di moto e il momento angolare di particelle e corpi rigidi, con le quali aveva ampliato la meccanica newtoniana, Euler tratta il moto dei fluidi contenuti in tubi grandi e piccoli, attraverso recipienti di varie forme e dimensioni, all'interno di pompe con uno o due cilindri e di macchine idrauliche rotanti, alimentate da un flusso d'acqua, quali le ruote a pale che forniscono energia motrice alle imbarcazioni o le ruote a reazione. Euler fece anche due tentativi, falliti, di formulare una teoria dell'attrito (viscosità) nei fluidi. Di solito, non viene sottolineato il fatto che i padri della scienza formularono spesso argomentazioni deboli o addirittura incomprensibili, idearono esperimenti fallaci e inconseguenti, analizzarono modelli fisici inappropriati e generalmente ottennero un gran numero di risultati errati. Nello stesso periodo in cui portava a termine l'eccellente lavoro sui fluidi perfetti, Euler scrisse una teoria della viscosità dei fluidi completamente falsa, proprio come fecero, sebbene in misura minore, Navier e Poisson; la teoria completa fu sviluppata nel 1845 da Stokes, sulla base di un buon modello fisico e matematico. Euler disponeva già della maggior parte degli strumenti matematici che Stokes usò un secolo dopo, ossia l'insieme delle derivate della velocità e le matrici di rotazione, ma gli mancava un modello fisico che permettesse di legare l'attrito al moto. Egli infatti lo mise in relazione con la pressione, e altri con la velocità, ma d'altra parte nessuno all'epoca ebbe l'intuizione fisica di collegarlo alle derivate della velocità. Euler scrisse anche a proposito del moto dell'acqua in un fiume (essenzialmente unidimensionale), ma non fu in grado di ricavare una soluzione generale. Per le equazioni del flusso a livello tridimensionale si dovranno attendere le formule, ricavate sperimentalmente, di Johann Albert Eytelwein (1764-1849) e di Gaspard-François-Clair-Marie Riche de Prony (1755-1839), fondamentali per lo studio dei canali di navigazione, nonché la teoria generale di Stokes.
Fra il 1752 e il 1755, Euler scrisse la prima versione di un trattato generale di meccanica dei fluidi, consistente in quattro lunghi articoli sull'idrostatica, sull'idrodinamica e sull'idraulica. I tre concetti principali di cui si servì sono l'equazione della quantità di moto per le particelle del fluido, i potenziali di velocità e di forza in due e tre dimensioni, e l'equazione di continuità. Il modello principale era quello di un mezzo continuo, tale da poter essere suddiviso in modo continuo in porzioni sempre più piccole (triangolini nel caso piano, piramidi infinitesimali in quello solido) al fine di consentire l'applicazione del calcolo differenziale. Vediamo un compendio dei risultati di questi quattro articoli.
Euler parte da un fluido incompressibile (l'acqua) in cui l'unica forza agente è la pressione. Nel caso bidimensionale, egli dimostra che l'area degli elementi triangolari si conserva (in tre dimensioni, si conserverà il volume delle piramidi), e il calcolo fornisce l'opportuna condizione di differenziazione parziale per la conservazione dell'area, del volume o della massa, sotto la quale nel fluido non si forma alcuna cavità. Inizialmente, Euler considera solo il caso in cui la forza sia una pressione, per poi estendere il risultato a una generica forza dotata di potenziale. Calcolando correttamente l'accelerazione del fluido, scrive l'equazione della quantità di moto per un fluido su cui agiscono tali forze. Per molti problemi generali, Euler non è in grado di fornire una soluzione, tuttavia mostra che per una corrente uniforme le equazioni sono soddisfatte. Saranno Lagrange e d'Alembert, fra il 1781 e il 1783, a portare a termine il compito di determinare la soluzione per il moto del fluido in un volume cuneiforme.
Al fine di ottenere le condizioni di integrabilità di Clairaut e d'Alembert per l'esistenza del potenziale di velocità, Euler formula le particolari relazioni che esprimono la vorticità ossia la velocità di rotazione locale in ogni punto del fluido: mostrando che una certa derivata di tale vorticità è uguale a zero, arriva ad affermare che la vorticità è pertanto nulla! Questo riduce a due le equazioni generali della corrente per un fluido incompressibile con densità uniforme: un problema impossibile da trattare nel 1755.
Fin qui, i risultati più importanti sono sottoposti ad alcune restrizioni naturali: la cinematica (che descrive la geometria del moto) viene espressa chiaramente per la prima volta nell'accelerazione di massa e nell'equazione di continuità; la dinamica (ossia le forze) è trattata separatamente al secondo membro dell'equazione della quantità di moto: questa separazione non compare nei lavori di Clairaut e d'Alembert e si presenta forse una sola volta negli scritti dei Bernoulli. A questo punto Euler era in grado di trattare i casi di equilibrio in assenza di moto, e mostrò che il suo precedente lavoro sullo sviluppo del differenziale totale della pressione e sulle relative condizioni di integrabilità all'equilibrio non era che un caso particolare.
Seguono poi i moti generali in tre dimensioni dipendenti dall'equazione di continuità per i fluidi incompressibili e le equazioni della quantità di moto. Si assume nuovamente un potenziale di forza e si enunciano le sue condizioni di integrabilità. Questo potenziale, per definizione equivalente a un lavoro, viene chiamato "sforzo delle forze di sollecitazione". In base al principio di minima azione, così come viene enunciato da Maupertuis e Daniel Bernoulli e poi sviluppato da Euler e Lagrange, è il fine teleologico della statica e della dinamica dei fluidi a rendere tale sforzo un minimo o un massimo, poiché nel disegno di Dio esiste nell'Universo una sorta di economia per quanto riguarda lo sforzo. Vengono introdotti vari altri potenziali, come per esempio una funzione dipendente dal tempo che richiede sei condizioni di integrabilità. Euler osserva che non tutte le correnti di fluido sono correnti potenziali e costruisce un caso generale di corrente rotazionale attorno a un asse arbitrariamente orientato nello spazio, mostrando che non possiede un potenziale.
Euler dimostra che le ricerche dei Bernoulli, di Clairaut e d'Alembert rappresentano casi particolari di quello da lui preso in esame. Inoltre, alla maniera di Daniel Bernoulli, e seguendo d'Alembert, introduce delle serie infinite del tipo poi usato da Fourier a partire da date espansioni in serie di potenze: una scelta che si dimostrò controversa. Il potenziale di velocità complesso di d'Alembert veniva fuori da una serie di potenze; la sua trattazione dell'equazione d'onda per le corde vibranti aveva portato all'introduzione di funzioni trigonometriche e di somme di funzioni trigonometriche per esprimere le soluzioni; Daniel Bernoulli aveva esteso queste somme finite in somme infinite. Nel secolo seguente, furono inventate le cosiddette 'macchine per predire le maree', con cui era possibile sommare qualcosa come venti termini trigonometrici, ma al tempo di Euler l'idea di un calcolo del genere sollevava problemi concettuali.
Nel 1766, Euler completò il lavoro scrivendo un trattato sulle macchine idrauliche, comprendente circa un centinaio di applicazioni pratiche della sua teoria. In realtà, egli rielaborò risultati sparsi, provenienti da una congerie di altri autori, ottenendo un corpus completo e organizzato a partire da un materiale eterogeneo. La teoria del potenziale di Euler pone l'attenzione sulla forma differenziale e sulla corrispondente funzione integrale, ovvero sull'equazione di Bernoulli, in cui figura questa funzione. Fino al 1755, nei suoi lavori non viene fatto alcun cenno agli integrali tripli, né alla derivazione sotto il segno di integrale, con cui si calcola la forza a partire da un potenziale espresso come integrale di volume esteso a tutto lo spazio occupato dal corpo: in una parola, non si accenna a nessuno degli 'orpelli matematici' che caratterizzeranno la fase successiva della meccanica del continuo.
Nel 1632, Galilei attribuì il fenomeno delle maree al moto annuale e diurno della Terra e individuò numerose irregolarità, su scala annuale e mensile, del moto terrestre per spiegare le maree delle quadrature e le maree sigiziali (o equinoziali). Tuttavia, nessuno dei suoi lavori era in accordo con le osservazioni, come notò nel 1651 Giovanni Battista Riccioli. Daniel Bernoulli mandò all'aria definitivamente le teorie di Galilei in uno dei quattro articoli vincitori del concorso de l'Académie Royale des Sciences di Parigi, pubblicati simultaneamente nel 1740.
Nel 1644, Descartes usò la propria teoria dei vortici per spiegare il fenomeno delle maree, e il suo approccio fu ripreso da Bernardo Varenio (1622-1650 ca.) e Jacques Rohault (1620-1672) rispettivamente nel 1650 e nel 1671. Secondo Descartes era solamente la Luna a causare le maree, mentre l'effetto del Sole era da considerarsi nullo. Il maestro e i discepoli tuttavia non concordavano su un punto, e cioè se in corrispondenza del transito lunare si verificasse l'alta oppure la bassa marea. Molte altre caratteristiche dei vortici cartesiani, che si supponevano associate a irregolarità lunari non ancora scoperte, spiegavano le maree delle quadrature e quelle sigiziali. Antoine Cavalleri ‒ il quarto vincitore del concorso del 1740 ‒ per la prima volta dopo circa un secolo, introdusse nella teoria cartesiana un concetto nuovo, cominciando a sospettare, a partire dalle osservazioni raccolte da Jacques Cassini (1677-1756) fra il 1713 e il 1716, che il Sole avesse qualche influenza sulle maree. Cavalleri sosteneva che la forza centrale del vortice solare agisse sugli oceani proprio come faceva il vortice terrestre, e che questa azione del Sole fosse un'attrazione di tipo newtoniano: infatti, prima di lui Joseph Privat de Molières (1677-1742) e Pierre Villemot (1651-1713) avevano ricavato un'espressione secondo cui la forza era direttamente proporzionale alla massa del corpo che si trovava al centro del vortice e inversamente proporzionale al quadrato della distanza dal centro.
Utilizzando una teoria dell'equilibrio, Maclaurin dimostrò ciò che Newton aveva ipotizzato, ovvero che, per effetto dell'attrazione, un pianeta sferico omogeneo (o un satellite) avrebbe assunto la forma di uno sferoide allungato, in cui il semiasse maggiore sarebbe stato quello lungo l'asse di simmetria, diretto verso il Sole (o verso un pianeta) ‒ è in questo modo che l'acqua degli oceani, concentrandosi in corrispondenza delle zone più vicine e più lontane dal Sole, modifica la forma della Terra. Maclaurin cercò anche di spiegare come mai nell'emisfero Nord le correnti degli oceani meridionali fossero dirette verso est: per la prima volta, fa la sua comparsa la forza di Coriolis.
Daniel Bernoulli si servì di una teoria dell'equilibrio per mettere a confronto i tempi e le altezze delle maree con le fasi lunari e le distanze dalla Terra. La teoria, formulata allo scopo di prevedere le maree, si basava su quella newtoniana, e assumeva anch'essa per la Terra la forma di uno sferoide allungato. Bernoulli prende in considerazione una sfera omogenea, e calcola l'attrazione gravitazionale esercitata da strati sferici di densità uniforme, l'attrazione esercitata da tutta la sfera, e anche (cosa che Euler non fa) l'attrazione gravitazionale relativa allo strato compreso fra la superficie sferica interna e la superficie esterna dello sferoide. In tal modo, egli apre una lunga serie di saggi che faranno uso della tecnica di suddivisione di uno sferoide in tanti strati sottili. Bernoulli mette a confronto l'effetto del Sole e quello della Luna utilizzando la durata delle maree e i tempi di intervallo fra una marea e l'altra, e ottiene un rapporto medio di 2,5 a 1, più accurato del valore 4 a 1 trovato da Newton. Una questione controversa è quella del cosiddetto 'livello imperturbato di marea', ossia il livello dell'acqua del mare in assenza degli effetti del Sole o della Luna: Bernoulli colloca questo livello in corrispondenza di un terzo dell'escursione massima della marea, ma Laplace dimostrò nel 1825 che, a causa della rotazione terrestre, questo livello poteva essere diverso a seconda del luogo della superficie terrestre: per esempio, nella località di Brest era pari alla metà dell'escursione massima.
La teoria delle maree sviluppata da Euler era basata sulla gravitazione universale newtoniana, in particolare sull'azione della Luna, e su abili approssimazioni del tipo di quelle che in seguito furono adoperate da Clairaut nella sua teoria sulla forma della Terra e sul moto della Luna. Ciò che Euler non prese in considerazione ‒ a differenza di Newton, prima di lui, e poi degli altri due vincitori del concorso, Daniel Bernoulli e Maclaurin ‒ è la non trascurabile attrazione reciproca esercitata dalle masse d'acqua localizzate su lati opposti della Terra. Nel 1775, al termine degli studi sulle forze potenziali e sulle correnti dei fluidi, Euler formulò una nuova teoria delle maree basata sull'ipotesi che il potenziale (delle forze) fosse una superficie equipotenziale, cioè che il potenziale di forza sia costante sulla superficie degli oceani.
Euler combinò l'attrazione del Sole e quella della Luna (che ha un effetto da 2 a 4 volte più intenso di quello del Sole) con le forze centrifughe che derivano dalla rotazione della Terra. In particolare, i contributi principali alle forze verticale e orizzontale hanno un periodo di π, pari alla metà di un giorno lunare; ciò provoca ogni giorno due basse e due alte maree, intervallate da quattro periodi di ristagno. Questo è uno dei contributi più importanti di Euler alla teoria delle maree, dato che le forze orizzontali hanno effettivamente un ruolo primario negli effetti di marea. Inoltre, le forze orizzontali e verticali raggiungono il massimo in istanti diversi, sfasati di π/4.
Euler usa un modello di equilibrio sotto l'effetto della rotazione, e a esso sovrappone un modello in cui un liquido privo di attrito si muove per effetto dell'attrazione solare e lunare. L'alta e la bassa marea sono dunque previste verificarsi esattamente in coincidenza del transito lunare, senza alcuno sfasamento fra i tempi, dato che in un liquido privo di attrito non si manifesta alcun ritardo nella risposta alle forze agenti. Nel 1795, Laplace dimostrerà che il ritardo che in realtà si verifica è proprio una conseguenza dell'attrito nel liquido. Un altro fenomeno che il modello di Euler, a differenza di quello di Laplace, non poteva prevedere era l'inversione delle maree al XVIII parallelo.
Dal 1701 al 1702, Jacques Cassini aveva ricavato dai dati osservativi una regola empirica per i tempi di ricorrenza dell'alta marea, che dipendevano dalle fasi lunari e dal transito meridionale del Sole: a partire dal proprio modello, Euler riuscì a fornire una giustificazione teorica per questa regola.
Fra il 1775 e il 1776, Laplace scrisse duecento pagine sulle maree e sugli aspetti astronomici a esse collegati. Per formulare le famose equazioni di marea, fondamento della odierna fluidodinamica geofisica, Laplace tenne conto dell'effetto gravitazionale della Terra sugli oceani, dell'autogravitazione della massa d'acqua che si sposta durante la marea, e della variazione della quantità di moto dovuta al moto della Terra, o effetto di Coriolis ‒ quest'ultimo trascurato dai quattro vincitori del concorso e da d'Alembert nei suoi studi sul vento. Laplace riuscì a dimostrare la deviazione di Maclaurin e a prevedere la latitudine alla quale si verificava l'inversione di marea, cioè il parallelo in corrispondenza del quale non vi sono né alte né basse maree.
Le corde vibranti (come quelle degli strumenti musicali) vennero usate sin dagli albori della storia, ma la nascita di una teoria si ebbe nel 1638 con Galilei e i suoi studi sulle travi. Fra le altre cose, egli mostrò che la rigidità flessionale, o resistenza alla flessione e alla rottura, era proporzionale al quadrato della sezione trasversale della trave. Nel 1727, Johann I Bernoulli si occupò delle corde vibranti sollecitate da un carico, e Daniel Bernoulli fu il primo a trattare i modi semplici o normali e le frequenze proprie, nel 1733. Le corde non hanno un momento flettente, ma solo forze di tensione, mentre le aste e le travi possiedono tensione, compressione e momento flettente. Le aste e le travi vennero studiate da Galilei, Varignon ed Edme Mariotte (1620 ca.-1684); delle vibrazioni si occuparono invece Daniel Bernoulli ed Euler nel 1734-1735, e queste prime ricerche vennero completate fra il 1740 e il 1742. In particolare, nel 1702 Varignon descrive la relazione fra la posizione di una fibra in una trave e la tensione della fibra stessa; esiste infatti una relazione funzionale, descritta da una curva, in cui la tensione è una funzione della posizione della fibra (la tensione è considerata costante sull'asse orizzontale, la superficie della fibra è misurata lungo la direzione verticale). Ciò permette di avere varie curve o funzioni per travi e materiali diversi.
Affrontando il problema della piastra o lamina elastica, nel 1732, Euler unifica la trattazione dei corpi che presentano qualche rigidità, o resistenza alla flessione, e di quelli perfettamente flessibili (in cui la rigidità flessionale è nulla, e nessuna resistenza viene offerta alla flessione). Partendo dai primi maldestri tentativi di Daniel Bernoulli, egli fornisce una trattazione completa ed elegante. Nel 1744, tre mesi dopo esser stato informato da quest'ultimo sul problema di massimizzare o minimizzare l'energia immagazzinata in una lamina elastica, Euler prese in esame l'integrale per l'energia che da sei anni stava studiando insieme allo stesso Bernoulli. Assumendo che l'energia fosse espressa dall'integrale del quadrato della curvatura lungo la curva di deformazione, risolse il problema con il calcolo variazionale e fornì le condizioni per l'equilibrio. I principî variazionali ‒ che consentono di massimizzare o minimizzare un'espressione e in particolare un integrale ‒ venivano usati ormai da quarant'anni nel campo dell'elasticità, dove erano stati inizialmente introdotti da Jakob I Bernoulli.
Euler scrive articoli estremamente dettagliati riguardo ai principî variazionali e nel 1744 pubblica la già citata Methodus inveniendi, che contiene un'additamentum, ossia un'aggiunta nella quale viene trovata la forma assunta da una lamina elastica con rigidità flessionale non nulla, sollecitata da forze diverse e coppie di forze. Il principio variazionale, ovvero della massimizzazione o minimizzazione dell'energia immagazzinata, fornisce un'equazione differenziale ordinaria, la cui soluzione è un integrale ellittico. L'analisi matematica di questo integrale, per diversi carichi o forze applicate alla lamina, conduce a nove tipi o classi di curve di soluzione: rette, circonferenze, sinusoidi, lemniscate, serie di linee a mezzaluna, serie lineari di cappi disposti da uno solo o da entrambi i lati di una retta, il cerchio. L'interpretazione degli integrali ellittici è basata su soluzioni espresse come serie di funzioni, e (per la prima volta) sull'intuizione della periodicità delle corrispondenti funzioni ellittiche. Uno dei problemi era la rigidità flessionale, poiché non esisteva ancora alcuna teoria che legasse questa costante al coefficiente di elasticità (o modulo di Young) e al momento d'inerzia della sezione trasversale della trave o della colonna. Euler aveva messo in relazione l'allungamento delle fibre della trave con il momento flettente di quest'ultima, espresso come il rapporto tra la rigidità flessionale e il raggio di curvatura. Ma il legame col momento d'inerzia gli sfuggì, ed egli propose di determinare la rigidità flessionale empiricamente, usando le vibrazioni.
Euler studiò il problema classico dello schiacciamento, come parte di questo studio sulle curve elastiche: una colonna elastica verticale viene compressa applicando una forza o un peso P alla sua sommità mentre la base è imperniata o fissata (la colonna poggia su una superficie orizzontale e non può muoversi in nessuna direzione). Euler ricavò una formula che forniva il valore limite del peso, superato il quale la colonna si flette o si deforma rispetto alla sua posizione iniziale; questo valore critico del peso (criterio di schiacciamento o carico critico di Euler) dipende dalla rigidità flessionale e, in maniera inversa, dal quadrato della lunghezza della colonna. Questo argomento sarebbe stato sviluppato ulteriormente da Lagrange, che nel 1770 ricavò una serie di carichi critici per diverse forme di deformazione, in colonne con entrambe le estremità bloccate. Dal punto di vista fisico, Euler e Lagrange trovarono che era necessario applicare una forza orizzontale alla sommità per mantenere allineate lungo la verticale le due estremità della colonna: questo modificava i termini del problema e portava alle quattro o sei possibili condizioni estremali o al contorno di Daniel Bernoulli.
Corde, aste, travi: sono tutti corpi che vibrano. Alcuni di essi sono caratterizzati da un'unico tono, altri no. Il problema centrale è in questo caso trovare un'equazione che descriva il moto dell'oggetto, e ricavare questi toni dalle condizioni al contorno, fisiche e matematiche, imposte al corpo. Nel 1740, Daniel Bernoulli ricavò i numerosi casi di moti armonici semplici e calcolò le loro frequenze normali o proprie, e stabilì (1751) che questi semplici modi di vibrazione potevano manifestarsi contemporaneamente. Nel 1741, Euler fornì una soluzione esplicita nel caso di una corda a cui erano stati applicati pesi uguali, collocati secondo spazi uguali, e Bernoulli fornì le stime per le frequenze caratteristiche di tali sistemi a molti gradi di libertà (molte particelle applicate) e per le distanze fra i nodi (punti di quiete).
Nel primo lavoro, non venivano ricavate le equazioni del moto: si consideravano invece delle equazioni differenziali ordinarie di variabili spaziali, ed è un'espressione come n2(d4y/dx4)=y che Euler e Daniel Bernoulli proposero come equazione differenziale per le vibrazioni trasversali nelle travi. I modi di vibrazione che si manifestavano dipendevano dalle condizioni delle due estremità della barra o della trave; in genere, un'estremità veniva considerata fissata nella parete (bloccata), cosicché lo spostamento y e la sua derivata prima erano uguali a zero, e l'altra estremità libera (nessuna coppia flettente, cosicché la derivata seconda era nulla). Euler (1740) determinò l'equazione per le frequenze e ricavò per via numerica il valore della frequenza più bassa (frequenza fondamentale). Daniel Bernoulli nel 1742 analizzò quattro dei sei possibili insiemi di condizioni al contorno: ciascuna estremità poteva essere bloccata, libera o imperniata in modo che lo spostamento y fosse zero. Nai quattro casi analizzati, Bernoulli calcolò i valori stimati per le frequenze normali dei modi semplici, soffermandosi in particolare sul caso in cui entrambe le estremità erano considerate libere. Euler discusse gli stessi quattro esempi, trovò le equazioni per le frequenze proprie e ricavò le soluzioni, ma approfondì nel dettaglio il caso fissato-libero: naturalmente, fra il 1743 e il 1744, periodo in cui Bernoulli stava lavorando all'articolo, ciascuno dei due scienziati comunicò all'altro i risultati delle proprie ricerche. Daniel Bernoulli mostrò come trattare parecchi esempi di composizione di modi semplici, fino a considerare il caso di serie infinite di termini trigonometrici.
Le corde possono essere perfettamente flessibili, con singoli pesi applicati, o possono avere una distribuzione continua di massa, come per esempio le corde di un violino. Entrambi i tipi di corde possono muoversi perpendicolarmente (moti trasversali) o parallelamente alla propria lunghezza (moti longitudinali). Nel 1751, Euler ricavò le equazioni del moto longitudinale generale per una corda elastica a cui erano stati applicati pesi uguali e collocati secondo spazi uguali, e per un'asta con entrambe le estremità bloccate; considerò poi il caso di un numero arbitrario di particelle applicate, e ricavò l'espressione delle frequenze normali e quella della soluzione generale. Non viene sollevato il problema di determinare quelli che oggi chiameremmo gli 'autovalori' e le 'autofunzioni' corrispondenti a certe semplici condizioni al contorno. Sono considerati alcuni casi particolari, come quello in cui una sola particella è in moto e tutte le altre sono in quiete, ma vediamo che ora Euler determina in molti casi, semplici e meno semplici, la soluzione generale di equazioni differenziali lineari a coefficienti costanti. Lagrange nel 1759 fornì le soluzioni esplicite per una corda sotto carico, ma si confuse al momento di eseguire il passaggio al limite al tendere a infinito del numero n di particelle.
Nel 1747, d'Alembert ricavò e risolse l'equazione differenziale parziale per le vibrazioni piane trasversali di una corda con spessore uniforme e distribuzione di massa uniforme ‒ l'equazione d'onda d2y/dt2=c2d2y/dx2
Ma non è questo il suo contributo più importante: d'Alembert trovò una soluzione in termini di x+ct, x−ct. Le confrontò poi con soluzioni simili per il caso della corrente dell'acqua in un canale, in cui le equazioni per le velocità longitudinali e trasversali p, q soddisfano quelle che saranno poi chiamate 'equazioni di Cauchy-Riemann':
[1] ∂p/∂x=-∂q/∂y, ∂p/∂y=∂q/∂x,
che in seguito si ridurranno alla cosiddetta 'equazione di Laplace':
[2] ∂2p/∂y2=-∂2p/∂x2 o ∂2q/∂y2=-∂2q/∂x2,
con le soluzioni p (e q) espresse come funzioni di x+iy e x−iy, con i=√−1 unità immaginaria.
Le vibrazioni di dischi piani circolari e di lamine quadrate (che comportano l'analisi delle condizioni al contorno e dei momenti flettenti) furono affrontate da un punto di vista sperimentale nel 1799 da Ernst Florens Friedrich Chladni (1756-1827), ma le equazioni differenziali parziali, le autofunzioni e gli autovalori dovranno attendere un altro mezzo secolo il contributo di Charles-François Sturm (1803-1855), Joseph Liouville (1809-1882), Friedrich Wilhelm Bessel (1784-1846) e altri. Euler studiò le membrane (pelli di tamburo prive di momento flettente) nel 1759.
Le vibrazioni dell'aria (suono) erano piuttosto diverse da quelle delle corde, delle membrane e delle lamine. Newton cominciò ad occuparsene fra il 1687 e il 1713, ed Euler ne scrisse per la prima volta nel 1727: un lavoro di 16 pagine, in cui non viene trovata però alcuna concreta soluzione per nessuno dei problemi esaminati. Per avere qualche risposta, si dovrà attendere altri trent'anni, quando Euler e Lagrange tornarono a considerare la questione del suono. Le particelle infinitamente piccole (molecole) vibrano molto rapidamente, e il suono (a una velocità finita) è il risultato del loro moto complessivo. Il suono semplice è dato da vibrazioni ugualmente spaziate, il suono composto dalla sovrapposizione di numerosi suoni semplici. Velocità del suono (ma la formula è errata), pressione, temperatura, umidità: alta pressione, alta temperatura, scarsa umidità danno un'elevata velocità di propagazione. Euler discusse gli strumenti a corda, a canna, i toni bassi (prodotti da bocche da fuoco) e acuti (che si ottengono da flauti e cornamuse).
Fra il 1759 e il 1761, Lagrange sviluppò una teoria tridimensionale del suono usando quelle che oggi chiameremmo trasformate integrali di Fourier per una data direzione di propagazione. Ciò consentì a Euler di ricavare, negli anni 1759-1760, alcune formule per le onde piane simili alla soluzione di Lagrange. Euler tentò con ogni mezzo di arrivare a un buon modello fisico. Lagrange mostrò che molte leggi fisiche per la pressione e la densità fornivano comportamenti simili a diverse velocità. Le soluzioni sono basate su 'caratteristiche' dell'equazione d'onda, come nella soluzione generale di d'Alembert.
Il secolo si conclude con le seguenti idee fondamentali, sebbene solamente abbozzate: la tensione è il concetto chiave, non è la forza stessa ma la distribuzione della forza su un'area o superficie; la tensione è la forza divisa per l'area. Essa è definita in corrispondenza di una data superficie di contatto, opportunamente scelta, fra parti diverse dell'oggetto, secondo l'originaria rappresentazione galileiana, in corrispondenza della sezione trasversale della trave nel punto in cui sporge dal muro e poi in corrispondenza di qualche sezione arbitraria della trave. L'allungamento viene fuori con molta più difficoltà. Originariamente definito da Robert Hooke (1635-1703) come una variazione della lunghezza, e in seguito misurato a partire dalla curvatura (con le dimensioni dell'inverso di una lunghezza), l'allungamento fu introdotto e spiegato nel 1760 da Euler, per il caso delle velocità dei fluidi, nei suoi lunghi articoli sulla corrente di questi ultimi, usando in particolare la cinematica e le derivate parziali delle velocità (con le dimensioni di una lunghezza divisa per il tempo e per la lunghezza), invece che le derivate parziali dello spostamento (lunghezza divisa per una lunghezza): per un uso corretto di queste grandezze, si dovranno attendere Poisson, Green e Stokes.
La dinamica dei fluidi è un settore complesso, in cui alcuni dei problemi più cruciali rimangono ancora insoluti: ci si chiede, per esempio, se le equazioni di Navier-Stokes in tre dimensioni ammettano soluzione, una volta imposte delle ragionevoli condizioni al contorno. È caratteristico di questo settore di ricerca il fatto che ben pochi fossero i problemi risolti, prima dell'avvento di Green e di Stokes. Green studiò il moto dell'acqua nei canali, mentre Stokes formulò, nel 1848, le famose equazioni, trovando concrete soluzioni per alcuni importanti casi, come quello della resistenza offerta da un fluido viscoso alla caduta di un grave. Né è questo l'unico problema: la perdita di acqua dai canali, dovuta a percolazione attraverso le pareti, dovette attendere la formulazione di opportune leggi da parte di Henri-Philibert-Gaspard Darcy (1803-1858). Ci volle ancora del tempo perché si studiasse un sistema di approvvigionamento idrico che permettesse la raccolta di acqua piovana in serbatoi e la previsione della quantità d'acqua ottenuta.
Ma la navigazione dei canali e il rifornimento di acqua potabile richiede la trattazione di un flusso tridimensionale in un liquido viscoso sotto l'azione della gravità: i modelli fisici e la matematica del tempo erano insufficienti. Cosa mancava? L'analisi matematica non era ancora riuscita a formulare le teorie delle funzioni speciali, come arriverà a fare alla fine del secolo, grazie a Adrien-Marie Legendre (1752-1833), Bessel, Niels Henrik Abel (1802-1829), Moritz Hermann von Jacobi (1801-1874), che studiò le funzioni ellittiche, e infine Edmond-Nicolas Laguerre (1834-1886). Le loro conquiste furono la teoria delle funzioni reali con l'analisi della differenziabilità, l'espansione in serie di funzioni ortogonali e la capacità di trattare in maniera semplice le funzioni iperboliche accanto alle comuni funzioni trigonometriche. Euler e Bernoulli ottennero alcune risposte, ma dedurre da queste risultati significativi e concreti è un lavoro molto difficile e, bisogna ammettere, talvolta impossibile.