L'Eta dei Lumi: la fine della conoscenza naturale 1700-1770. Esperimenti, strumenti e luoghi di lavoro
Esperimenti, strumenti e luoghi di lavoro
In molti luoghi dell'Europa del XVIII sec. esistevano collezioni di strumenti utilizzati nelle scienze sperimentali; paragonabili ai musei di curiosità naturali, servivano a mettere in mostra l'amore per la scienza dei loro proprietari, oltre che a rispondere alle esigenze dell'indagine scientifica vera e propria. Una collezione con queste caratteristiche era il 'gabinetto di fisica sperimentale' che la celebre scienziata Laura Bassi (1711-1778) e suo marito Giuseppe Veratti (1707-1793) avevano costituito a Bologna tra il 1749 e il 1778. La Bassi, titolare di una cattedra di fisica e, negli ultimi anni della sua vita, membro dell'Istituto e dell'Accademia delle Scienze di Bologna, utilizzò il gabinetto sia come scuola privata di filosofia sperimentale sia come luogo di ricerca; la quantità e la tipologia degli apparecchi in suo possesso si possono desumere da un catalogo ragionato compilato nel 1820. Fatta eccezione per i congegni finalizzati all'insegnamento della meccanica e dell'idraulica, la maggior parte degli strumenti era destinata a questa o a quella branca della cosiddetta physica particularis, le scienze che si occupavano delle specifiche proprietà della materia, quali il magnetismo, la pneumatica, la meteorologia, la calorimetria, lo studio dei fenomeni luminosi, l'elettricità e, infine, la chimica.
Il gabinetto della Bassi e di Veratti offre un esempio di quella che era la cultura materiale delle scienze fisiche in pieno Illuminismo. Un modo di affrontare la storia di questa cultura sarebbe quello di seguire lo sviluppo di ognuno degli strumenti inclusi nella collezione, molti dei quali erano prototipi inventati nel XVII sec. e che, da allora, erano stati perfezionati o sviluppati per assolvere compiti più specialistici. Gli strumenti ottici, per esempio, includevano un telescopio acromatico e diversi microscopi; la progettazione dei microscopi semplici e di quelli composti era andata raffinandosi durante tutto il XVIII sec. ed erano state esplorate varie soluzioni per illuminare i campioni. In seguito all'invenzione del costruttore londinese John Dollond (1706-1761), avvenuta nel 1758, nei telescopi e nei microscopi furono inserite lenti composte di due tipi differenti di vetro in grado di eliminare l'aberrazione cromatica. Scienze come la pneumatica e l'elettricità dipendevano da apparecchi piuttosto costosi, cioè, rispettivamente, dalla pompa ad aria e dalla macchina elettrica, entrambi presenti nel gabinetto di Bologna con eccellenti esemplari completi dei loro accessori. Anche gli strumenti meteorologici appartenenti alla collezione riflettevano un processo d'innovazione continua che era stato avviato dalla metà del XVII sec.; essi includevano un barometro dotato di un ago che si spostava su una scala circolare, alcuni termometri ad alcol e a mercurio, e igrometri di vario tipo.
La storia di una cultura materiale non può però essere ridotta a semplice descrizione di oggetti senza tenere conto del loro contesto storico; è necessario considerare anche come e dove questi oggetti fossero usati. Il gabinetto di Bologna può essere accomunato a una serie di altre collezioni, tra cui quella costituita dagli sfarzosi apparecchi posseduti dal sovrano inglese Giorgio III o il più modesto gabinetto dell'amante di un aristocratico inglese, Elizabeth Ilive (1770 ca.-1822), oppure i magazzini del King's College di New York (che diverrà in seguito il Columbia College) e quelli dell'Università di Leida; queste collezioni indicano che il lavoro sperimentale si svolgeva in una gamma di contesti sociali piuttosto diversi tra loro. Inoltre, gli apparecchi avevano una loro vita anche al di fuori delle collezioni e il fatto che siano sopravvissuti gli inventari e alcune collezioni integre non deve indurci a credere che fossero usati soltanto nel loro ambito; essi, infatti, potrebbero essere distinti in strumenti da esibizione, da ricerca e professionali, dove ogni categoria ha il proprio contesto d'uso.
Gli apparecchi potevano essere utilizzati per esibizioni sperimentali nelle università, nei caffè o nelle taverne; potevano trovare alloggio in case private o all'interno d'istituzioni pubbliche; potevano essere trasportati in fondo alle miniere o in cima alle montagne, nelle regioni polari o ai tropici, oppure sulle navi. Potevano, quindi, essere impiegati occasionalmente come strumenti d'intrattenimento, oppure regolarmente per scopi pratici quali la navigazione o le indagini topografiche o, anche, nell'ambito di programmi di ricerca di lungo periodo.
Una storia sociale completa degli strumenti e degli esperimenti del XVIII sec. dovrebbe occuparsi di tutte queste e di altre possibilità, ma una storia del genere ancora non esiste, anche se è stato realizzato un buon numero di ricerche dalle quali si può attingere. In questa trattazione ci si soffermerà, in primo luogo, sull'importanza di particolari strumenti in differenti campi dell'indagine scientifica, considerando anche il modo in cui gli apparati sperimentali modificarono la configurazione concettuale delle varie discipline. In secondo luogo, si descriverà il processo di trasferimento delle pratiche sperimentali dai pochi contesti in cui erano esercitate verso la metà del XVII sec. all'ampia varietà di posti pubblici durante il secolo successivo. In terzo luogo, saranno evidenziate alcune delle connessioni esistenti tra la cultura sperimentale e lo sviluppo commerciale nel XVIII sec., cioè il mondo nel quale i costruttori di strumenti sfruttavano le varie opportunità offerte da un mercato che si era appena aperto alla diffusione e alla crescita della scienza sperimentale. Infine, si discuterà l'importanza della quantificazione e della misurazione ‒ l'odierna 'metrologia' ‒ anche in campi come quello delle indagini cartografiche e geodetiche, della compilazione di statistiche riguardanti il mondo naturale e sociale, e della standardizzazione delle scale di misura. Questo proliferare della misurazione ‒ il tentativo di assoggettare il mondo in ogni suo aspetto a una quantificazione precisa ‒ era legato alla crescita del commercio e dell'industria, all'espansione dell'esplorazione marittima e degli scambi e alla formazione di strutture moderne di governo.
In un saggio che è stato all'origine di fecondi sviluppi nel campo della storia della scienza, Thomas S. Kuhn (1977) ha analizzato l'emergere, nel corso della Rivoluzione scientifica del XVII sec., di quelle che egli ha ribattezzato le "scienze baconiane". Si tratta di nuovi campi d'indagine che erano distinti dalle scienze matematiche e mediche classiche tramandate dall'Antichità. I nuovi settori erano focalizzati sullo studio di fenomeni in precedenza sconosciuti e che erano rivelati da una sperimentazione effettuata senza precise delimitazioni. Nel dominio degli oggetti non viventi, le scienze baconiane corrispondevano alle discipline della physica particularis. In ognuna di esse l'indagine procedette attraverso la compilazione di 'storie' di tipo induttivo, le quali, secondo le raccomandazioni di Francis Bacon, consistevano nell'accumulazione di conoscenze fattuali sulle specifiche proprietà dei corpi grazie alla scoperta sperimentale di nuovi fenomeni.
L'identificazione delle scienze baconiane ha influenzato in maniera significativa la comprensione della cultura settecentesca da parte degli storici, ciononostante la si può considerare una sorta di conferma dell'immagine del XVIII sec. come di un'epoca di empirismo sfrenato, dedita soprattutto all'accumulazione metodica d'informazione fattuale ‒ una versione, questa, di quelle narrazioni del progresso scientifico che hanno dominato a lungo la storiografia di quel secolo. Kuhn ha però corretto questa immagine in riferimento a due aspetti importanti; in primo luogo, ha reso evidente che la speculazione teorica non era affatto assente, sebbene fosse collegata soltanto in maniera vaga alle scoperte sperimentali e, in secondo luogo, ha indicato come le scienze baconiane, venendo alla luce sotto gli auspici del vocabolario newtoniano e di altri vocabolari teorici, siano state poi guidate da innovazioni negli apparati strumentali.
Il XVII sec. tramandò cinque grandi invenzioni che avrebbero continuato a plasmare la scienza sperimentale per molti decenni: il telescopio, il microscopio, il barometro, il termometro e la pompa ad aria (poi chiamata 'pompa pneumatica'). Nel 1706 Francis Hauksbee il Vecchio (1666-1713), costruttore di strumenti presso la Royal Society di Londra, inventò il generatore elettrostatico, cioè un globo di vetro che fatto ruotare si elettrizzava mediante strofinio. Il settore dell'elettricità continuò a essere segnato da novità strumentali che fecero emergere nuovi fenomeni e suggerirono la loro interpretazione. Nel 1729 Stephen Gray (1666-1736) scoprì che l''effetto elettrico' poteva essere trasferito dal suo luogo di generazione per il tramite di una linea conduttrice, a condizione che questa fosse ben isolata dal contatto con la terra. Un ulteriore passo avanti si ebbe nel 1746 con l'invenzione della 'bottiglia di Leida', descritta in una lettera di Pieter van Musschenbroek (1692-1761), professore di fisica all'Università di Leida. La straordinaria capacità della bottiglia d'immagazzinare carica elettrica e in seguito restituirla diede origine a un intenso studio e a una serie di tentativi di spiegazione, tra cui spicca quello di Benjamin Franklin (1706-1790). Questi considerò la bottiglia come un dispositivo d'immagazzinamento del fluido elettrico e sostenne che esso poteva essere spiegato in termini di distribuzione di due tipi diversi di carica elettrica, chiamati successivamente 'positivo' e 'negativo', i quali corrispondevano, rispettivamente, a un eccesso oppure a un difetto di fluido elettrico in confronto allo stato neutro della materia comune.
La spiegazione data da Franklin al funzionamento della bottiglia di Leida offre un buon esempio del modo in cui la teoria si è sviluppata simultaneamente alle innovazioni strumentali. Essa fu seguita da una serie di passi concettuali ulteriori, che nelle intenzioni di chi li formulò avevano la funzione di astrarre gli aspetti essenziali del comportamento fisico della bottiglia da quelli accidentali legati al suo schema di costruzione. Il condensatore piano, usato a Berlino negli anni Cinquanta del XVIII sec. da Franz Ulrich Theodosius Aepinus (1724-1802), mostrava un immagazzinamento della carica su due piatti separati soltanto dall'aria, senza quella barriera di vetro che Franklin aveva ritenuto essenziale al funzionamento della bottiglia, mentre l''elettroforo' di Alessandro Volta (1745-1827), ideato negli anni Settanta dello stesso secolo, generava cariche elettriche attraverso il movimento di due superfici poste l'una a contatto con l'altra. Questi congegni consentivano agli sperimentatori di fare a meno della nozione, usata da Franklin, di 'atmosfere' che circondavano un corpo elettricamente carico. Attraverso l'uso di questi strumenti divenne possibile identificare l'azione a distanza delle cariche elettriche, cioè comprendere che l'elettricità poteva avere un effetto su un certo luogo senza che in esso fosse presente un fluido etereo. Le modifiche degli apparecchi sperimentali avevano svolto un ruolo cruciale nello sviluppo degli studi sull'elettricità, aprendo la via, negli anni Ottanta, all'applicazione delle misurazioni di precisione che portarono alla quantificazione della disciplina.
Lo studio dell'elettricità merita di essere messo a confronto con un'altra scienza baconiana, la chimica, che, rispetto alle altre discipline della physica particularis, era riconosciuta come più consolidata. A partire dagli inizi del XVII sec. i manuali e le lezioni la presentavano come un corpo dottrinale definito riguardante le proprietà di differenti specie di materia. Questa identità disciplinare tendeva a coincidere con una cultura materiale piuttosto stabile, che rimase a lungo radicata nelle tradizioni di lavoro dei farmacisti, dei metallurgisti e di altri tipi di artigiani. A metà del Seicento gli apparati strumentali di tipo chimico sarebbero risultati d'importanza cruciale per ogni filosofo sperimentale che avesse l'intenzione di attrezzare un 'laboratorio', nel senso in cui era inteso allora quel termine. Verso la fine del Seicento, tuttavia, l'apparato sperimentale tradizionale era stato ampliato con nuove invenzioni di strumenti ottici, matematici e filosofici (v. cap. XII). La chimica persistette fino al XVIII sec. inoltrato in quella che è stata definita la 'lunga durata' della pratica di laboratorio, con l'uso di semplici oggetti di vetro, recipienti di metallo e fornelli il cui disegno non cambiava di molto. Gli sviluppi concettuali verificatisi all'interno dei confini tradizionalmente riconosciuti di questa scienza, come la migliorata comprensione della composizione dei corpi attraverso la classificazione dei sali, non richiesero nuova strumentazione.
Innovazioni, invece, si ebbero grazie all'introduzione di strumenti da altri settori, in particolare del termometro, usato per studiare il calore di reazione e i cambiamenti di stato e, successivamente, del barometro e di altri apparecchi pneumatici impiegati per l'esame e il trattamento dei gas. L'impiego di questa nuova dotazione strumentale nei laboratori dove si praticava la chimica portò con sé alcune idee e concetti provenienti da altre scienze sperimentali che influenzarono notevolmente la disciplina. È questo il caso dello studio dei fenomeni termici, che contribuì a introdurre nella chimica la teoria eterea del calore elaborata da Joseph Black (1728-1799), il chimico scozzese che scoprì sperimentalmente i calori specifici e quelli latenti; essa fu successivamente sostenuta da Antoine-Laurent Lavoisier (1743-1794), in relazione alla sua concezione dello stato gassoso come stato fisico che tutta la materia è in grado di raggiungere.
Verso la fine del XVIII sec., i metodi di misurazione di precisione furono adottati in chimica, tra gli altri, da Henry Cavendish (1731-1810) in Inghilterra e da Lavoisier in Francia; entrambi usarono la bilancia per effettuare misurazioni accurate della quantità di sostanze, e il termometro e il barometro per stimare le quantità di gas. Gli altri strumenti di misura includevano l'eudiometro, che sfruttava una reazione tra i gas per verificare la purezza dell'aria, e il calorimetro, che usava una tecnica simile per studiare gli scambi di calore che avvenivano nelle reazioni chimiche.
Mettendo a confronto la scienza dell'elettricità con la chimica, si può notare che in entrambi i casi idee teoriche, che in parte potevano essere fatte risalire a un'eredità di tipo newtoniano, furono sviluppate con grande flessibilità per dar conto dei fenomeni. Nei primi decenni del Settecento, gli studiosi dell'elettricità invocarono frequentemente fluidi 'sottili' (sebbene alcuni li concepissero in termini cartesiani, cioè di fisica dei vortici, più che newtoniani, e quindi di forze repulsive e attrattive); successivamente si accorsero che era possibile quantificare gli effetti della forza elettrica supponendo che essa agisse come la gravità. Nella chimica, le spiegazioni teoriche delle forze di attrazione e di repulsione tra sostanze differenti tendevano a occupare un ambito alquanto marginale del discorso speculativo e raramente furono invocate nelle descrizioni delle operazioni effettive. Al contrario, la teoria del calore concepito come un fluido svolse una parte importante nell'ambito delle indagini sperimentali sui gas, sui cambiamenti di stato e sugli scambi di calore nelle reazioni chimiche. Entrambe le discipline furono influenzate in maniera significativa dall'uso di una nuova strumentazione, ma mentre lo studio dell'elettricità sembra essere stato guidato dai progressi nello sviluppo degli strumenti nell'ambito della disciplina stessa, la chimica dovette quasi tutto ad apparati importati da altri campi. Questo trasferimento di apparati strumentali da un settore a un altro è indice sintomatico della fluidità dei confini disciplinari esistente nel XVIII sec., specialmente tra le scienze baconiane; esso rivela anche l'esistenza di alcuni obiettivi generali che trascendevano i limiti di ogni singola disciplina, quale, per esempio, il miglioramento dell'accuratezza delle misurazioni e la quantificazione, che furono resi possibili dall'uso di strumenti particolari.
L'emergere delle accademie nella seconda metà del XVII sec., uno degli eventi cardine della Rivoluzione scientifica, fu strettamente legato all'istituzionalizzazione di certe pratiche di sperimentazione, di utilizzazione e di fabbricazione degli strumenti. Tra la fine degli anni Cinquanta e l'inizio degli anni Sessanta di quel secolo, i membri dell'Accademia del Cimento di Firenze si servivano di tubi barometrici e di vari liquidi per esplorare gli effetti della pressione atmosferica; durante gli anni Sessanta, alla Royal Society di Londra, la pompa ad aria di Robert Hooke (1635-1703) e di Robert Boyle (1627-1691) era usata per ampliare la conoscenza dei fenomeni atmosferici e per fornirne dimostrazioni ai membri della Società durante le loro riunioni. Esperimenti come quello in cui si collocava il tubo di un barometro all'interno di un contenitore nel quale era stato creato il vuoto, o quello in cui si guardava morire nello stesso contenitore uno sventurato uccellino, erano considerati nello stesso tempo come incontrovertibili per i sensi e profondi dal punto di vista filosofico. A metà degli anni Sessanta, il lavoro svolto a Parigi da Christiaan Huygens (1629-1695) consentì ai membri dell'Académie Royale des Sciences di arricchire le dimostrazioni con una pompa di loro proprietà. Più tardi, la macchina elettrica di Hauksbee ebbe un ruolo simile: apparecchio dal costo elevato, essa offriva dimostrazioni visive chiare che si riteneva rivelassero le proprietà fondamentali e in precedenza occulte della materia. Nei contesti accademici di questo genere, gli strumenti usati per le dimostrazioni soddisfacevano l'esigenza metodologica secondo la quale i fatti dovevano essere stabiliti attraverso una testimonianza collettiva, e la verità doveva essere resa nota mostrando i fenomeni a un gruppo di gentiluomini indipendenti che esercitavano la libera facoltà di giudizio.
All'inizio del XVIII sec. le dimostrazioni sperimentali furono trasferite anche in una serie di nuovi contesti sociali. Gli apparati meccanici furono utilizzati nell'istruzione universitaria da Willem Jacob 'sGravesande (1688-1742) a Leida, e poi da George Atwood (1745-1807) a Cambridge; anche gli strumenti elettrici, pneumatici e chimici furono usati nell'ambito di istituzioni destinate all'insegnamento. Inoltre, folti uditori composti da membri della classe media cominciavano a essere reclutati come testimoni di fenomeni sperimentali in una serie di luoghi caratteristici di quella che è stata identificata come un'emergente "sfera pubblica" (Habermas 1989). Soprattutto in Inghilterra, si potevano veder comparire pompe ad aria e macchine elettriche nel corso di lezioni tenute nei caffè, nelle locande o nelle sale da riunioni. Nei giornali e nei periodici che si rivolgevano a lettori 'raffinati', come "The Universal Magazine" (a partire dal 1747), erano descritti gli esperimenti e pubblicizzati gli strumenti. I membri delle classi medie erano invitati ad acquistare termometri e barometri per osservare e registrare il tempo atmosferico; anche i globi e i modelli meccanici del Sistema solare (i planetari meccanici) fecero il loro ingresso nelle dimore delle famiglie borghesi, rafforzando il riconoscimento pubblico della scoperta newtoniana di un Cosmo governato da leggi.
Negli anni Novanta del Seicento George Wilson (1631-1711) teneva a Londra corsi di chimica; nel 1698 il pastore liberale John Harris (1666-1719) insegnava matematica e meccanica "per il bene pubblico" nella Marine Coffee House; nel 1705 l'astronomo James Hodgson (1672-1755), in collaborazione con Hauksbee, pubblicizzava lezioni nel corso delle quali avrebbe dilettato il pubblico mostrandogli la pompa ad aria, i microscopi, i telescopi, i barometri, i termometri e conducendo varie dimostrazioni di ottica e di meccanica; nel 1713, Francis Hauksbee il Giovane (1688-1763) teneva lezioni insieme al filosofo William Whiston (1667-1752), il quale era stato privato dell'incarico di professore a Cambridge a causa delle sue concezioni teologiche non ortodosse. Nel frattempo, Jean-Théophile Desaguliers (1683-1744), un rifugiato ugonotto che in precedenza aveva tenuto lezioni a Oxford, aveva inaugurato la sua nuova carriera londinese d'insegnante e sperimentatore pubblico alla Royal Society. Nei decenni successivi, Desaguliers unì all'attività di professore quella di autore di manuali per illustrare e difendere la filosofia naturale newtoniana, percorrendo nello stesso tempo la carriera nella Chiesa d'Inghilterra e riuscendo a farsi patrocinare da prestigiosi aristocratici. Per il più importante di questi, James Brydges duca di Chandos, lavorò su alcuni schemi per l'uso di macchine a vapore per sollevare acqua dal Tamigi nella zona di Londra; nel 1717 recitò un sermone e tenne alcune lezioni sperimentali davanti al re Giorgio I, realizzando quella integrazione tra la fisica newtoniana e la teologia naturale che costituiva la dottrina ufficiale del regime della casa reale inglese degli Hannover.
Intorno alla metà del XVIII sec. gli insegnanti pubblici inglesi avevano cominciato a spostarsi dalla capitale verso altri mercati, forse perché, come lamentava qualcuno, i londinesi non erano sufficientemente interessati alla scienza, oppure perché la competizione tra gli aspiranti conferenzieri si era fatta troppo agguerrita. Questi ultimi cominciarono a essere attratti dalle opportunità offerte dalle città di provincia in espansione, centri di quell'industria, di quel commercio e di quel tempo libero che andavano assumendo connotazioni borghesi. Gli insegnanti di provincia itineranti seguivano il sentiero battuto da Benjamin Martin (17041782), che visitò Bath, Birmingham, Chester e Shrewsbury durante gli anni Quaranta e Cinquanta del Settecento. All'incirca nello stesso periodo James Ferguson (1710-1776), un pittore che era diventato autore popolare e insegnante di astronomia e filosofia naturale, operava attivamente nelle città inglesi. Stephen Demainbray (1710-1782), il quale condivideva un passato ugonotto con Desaguliers, estese il suo raggio d'azione fuori dell'Inghilterra, toccando le città di Dublino, Bordeaux, Tolosa, Montpellier e Lione. Oltre ad allargare la propria base geografica, gli insegnanti ampliarono anche il loro programma, inizialmente concentrato sulla meccanica, includendovi le nuove scoperte nel campo dell'elettricità e ‒ a partire dagli anni Settanta ‒ della chimica pneumatica. Negli anni Settanta e Ottanta, Adam Walker (1730 ca.-1821) girò per il Nord dell'Inghilterra mostrando al pubblico i nuovi gas o 'arie' scoperti recentemente da Joseph Priestley (1733-1804), mentre John Warltire (1739 ca.-1810), che aveva assistito Priestley nelle sue ricerche, sul finire degli anni Settanta tenne alcuni corsi interamente dedicati ai nuovi gas a Bath, Bristol e Birmingham. Il lavoro di questi e di altri uomini fece conoscere le scoperte di Priestley a un vasto pubblico residente nelle province inglesi.
C'erano altri importanti aspetti per i quali la carriera di sperimentatore di Priestley rifletteva un suo personale orientamento in direzione di un uditorio pubblico. I suoi primi tentativi come autore, che miravano ad arrotondare il magro stipendio di ministro del culto e insegnante di scuola, furono alcuni lavori didattici di storia, di oratoria e di studi biblici. Il successo commerciale della sua History and present state of electricity (1767) lo convinse dell'esistenza di un mercato per lavori che raccogliessero e riassumessero le informazioni relative alle scoperte della scienza sperimentale. Non appena sviluppò le sue ricerche sui gas, descrisse le indagini in corso di svolgimento pubblicando gli Experiments and observations on different kinds of air (opera in 3 volumi pubblicati rispettivamente nel 1774, 1775 e 1777), mantenendo quello stile espositivo di tipo storico che aveva usato in precedenza per raccontare gli esperimenti compiuti da altri. Egli coinvolgeva i lettori rendendoli testimoni degli esperimenti, descrivendo in modo molto dettagliato i suoi apparecchi e i vari passi attraverso i quali aveva compiuto le scoperte; inoltre, rappresentava sé stesso secondo il modello allora in voga del 'vero' filosofo sperimentale: modesto riguardo alle sue scoperte, controllato nell'indulgere alla speculazione filosofica, misurato nell'uso delle risorse e pio nel suo apprezzamento della Creazione di Dio. Questi valori erano centrali per le norme morali che immaginava per la comunità degli sperimentatori. Secondo Priestley, la conoscenza della Natura doveva progredire in un contesto pubblico, popolato da osservatori e sperimentatori autonomi, che comunicavano liberamente le loro scoperte empiriche, le quali, quindi, dovevano essere messe in comune. I benefici spirituali e morali della chiarificazione dei problemi avrebbero dovuto provenire dalla partecipazione più ampia possibile alla creazione della conoscenza, e ciò implicava che gli esperimenti dovevano essere ripetuti e svolti in presenza di testimoni. Il modo stesso in cui Priestley attrezzava e descriveva il suo laboratorio era ispirato a questi ideali; infatti, gli apparati che usava per le sue ricerche di chimica pneumatica erano estremamente semplici. Negli anni Ottanta del Settecento, quando Lavoisier mise in crisi la teoria del flogisto, allora dominante nell'ambito della chimica, Priestley respinse le sue affermazioni, sulla base del fatto che le conclusioni teoriche di Lavoisier andavano al di là di quello che gli esperimenti relativi autorizzavano a concludere; per questi esperimenti, oltre tutto, Lavoiser usava apparecchi costosi e pertanto sarebbe stato difficile, per altri chimici, riprodurli.
L'atteggiamento retorico di Priestley riassumeva in sé quello che era lo spostamento del contesto del lavoro sperimentale dall'accademia alla sfera pubblica. La funzione svolta dai gentiluomini membri della Royal Society, invocata nelle dimostrazioni da Boyle o da Hooke negli anni Sessanta del XVII sec., era ora soppiantata da quella di un uditorio pubblico che assumeva il ruolo di testimone indipendente dei fatti empirici. Nella visione morale di Priestley, questo pubblico era dotato di un'autorità speciale; in ciò è possibile vedere un riflesso delle sue convinzioni religiose e politiche, oltre che della sua particolare esperienza di lavoro scientifico nelle province inglesi. La chimica di Lavoisier, al contrario, cercava la sua autorità nella legittimità conferita dai membri dell'Académie Royale des Sciences di Parigi e nelle misurazioni accurate rese possibili da una dotazione strumentale altamente sofisticata e necessariamente costosa. Lavoisier non cercava di rendere gli esperimenti riproducibili dai non specialisti; piuttosto, riconosceva che gli aspiranti sperimentatori possedevano diversi gradi di esperienza e di risorse sperimentali che li avrebbero resi più o meno qualificati per pronunciarsi sulle materie del contendere.
Può anche darsi che, da parte degli sperimentatori francesi, questa valutazione dell'esperienza e della precisione costituisse un deliberato rifiuto dei precedenti tentativi di reclutare uditori pubblici di non specialisti, una tradizione che nei decenni che vanno dal 1730 al 1770 aveva trovato il suo illustre rappresentante nell'abate Jean-Antoine Nollet (1700-1770). Egli apprese il mestiere d'insegnante tra la fine degli anni Venti e l'inizio degli anni Trenta; seguì il corso di fisica di Pierre Polinière a Parigi, si recò in viaggio a Londra per conferire con Desaguliers e nei Paesi Bassi per studiare le collezioni di strumenti di Musschenbroek ‒ il cui fratello, Jan, era un costruttore di strumenti ‒ e di 'sGravesande. Tornato in Francia, Nollet adattò il modello dell'esperimento-dimostrazione al contesto dei salotti parigini. I suoi spettatori erano persone raffinate e aristocratici, scelti tra il pubblico dei colti e dei curiosi mettendo insieme uomini, donne e anche bambini. Nei suoi testi si trovano illustrati gli strumenti sperimentali (per es., microscopi, pompe ad aria e macchine elettriche) che potevano anche essere ordinati dal lettore. In particolare, Nollet deve la sua fama all'elettricità. I suoi testi ritraevano esponenti di un pubblico raffinato intenti a usare generatori, barre conduttrici e bottiglie di Leida per manipolare il fluido elettrico. Nell'invitare il suo pubblico a entrare a stretto contatto con i fenomeni elettrici ‒ e a usare, di fatto, i loro stessi corpi come conduttori del fluido per registrare i suoi effetti ‒ Nollet sembrava anticipare il modo in cui il mesmerismo fu praticato durante gli anni Ottanta del XVIII secolo. L'entusiasmo dell'élite parigina per la cosiddetta 'elettricità animale' si esprimeva nelle riunioni da salotto, popolate da gruppi di persone raffinate di entrambi i sessi, nel corso delle quali i corpi dei partecipanti erano usati per incanalare un fluido supposto invisibile e dotato d'importanti effetti fisiologici. Questo era lo stile della scienza pubblica di cui Nollet era stato il pioniere e che Lavoisier respingeva fermamente, essendo membro di quella commissione dell'Académie Royale des Sciences che nel 1784 aveva denunciato il mesmerismo.
Negli anni a cavallo della metà del XVIII sec., l'elettricità era divenuta l'esempio più spettacolare di scienza sperimentale presente nella sfera pubblica. I suoi effetti stavano a testimoniare drammaticamente quali erano i poteri nascosti della Natura e in quale misura i filosofi potevano sperare di controllarli; per esempio, coloro che assistevano alle dimostrazioni erano caricati elettricamente fino a che i capelli si drizzavano e le dita emettevano scintille. Nel 1747 una bottiglia di Leida fu usata a Londra per condurre il fluido elettrico attraverso il Tamigi. Furono pubblicati alcuni libelli nei quali si dibatteva se l'elettricità potesse causare terremoti o aurore, e su quali implicazioni potesse avere tutto ciò riguardo alla credenza che considerava quei fenomeni come ammonimenti divini. I famosi esperimenti di Franklin per estrarre i fulmini dalle nubi di un temporale aprirono dispute sull'efficacia dei differenti modi di progettare le linee di discesa dei parafulmini, che assunsero perfino una connotazione politica durante la Rivoluzione americana. I parafulmini installati sulle santabarbare britanniche di Purfleet furono progettati seguendo le raccomandazioni di una commissione della Royal Society della quale era membro lo stesso Franklin, ma si cominciarono ad avere dubbi su di essi quando, durante gli anni Settanta, si vide che non erano in grado di fornire una protezione completa. Ciononostante, le aste di Franklin conquistarono la grande fama di applicazione illuminata della filosofia sperimentale a vantaggio dell'uomo: esse rimasero simboli potenti e autenticamente pubblici dell'abilità della ragione umana di sottomettere al proprio controllo anche le forze più terrificanti della Natura.
Nel Settecento la ricerca del profitto privato era la forza trainante del commercio e questo fatto ebbe notevoli conseguenze sulla scienza sperimentale. I filosofi entrarono in contatto con gli artigiani e i commercianti nel momento in cui dovettero attingere all'esperienza di chi costruiva e vendeva l'attrezzatura scientifica. Nel XVII sec. l'attività specializzata nella costruzione di strumenti scientifici era cresciuta di pari passo con la filosofia sperimentale; intorno agli anni Sessanta, cioè quando fu fondata la Royal Society, esistevano a Londra molti costruttori di strumenti matematici per la navigazione, l'astronomia e le indagini topografiche. Alcuni di questi rivolsero almeno una parte della propria attenzione a costruire i nuovi apparecchi richiesti dai filosofi sperimentali. Sul finire degli anni Cinquanta del Seicento, Hooke lavorò con il costruttore di strumenti Ralph Greatorex per realizzare la pompa ad aria di Boyle; nei decenni successivi continuò a commissionare la dotazione strumentale ad artigiani londinesi, trattando con Thomas Tompion (1638-1713), costruttore di orologi, John Yarwell (1648-1712), costruttore di occhiali, e molti altri.
I costruttori di strumenti non erano interamente dipendenti dal patrocinio offerto da importanti filosofi; al contrario, essi mostravano un considerevole spirito d'iniziativa imprenditoriale, pubblicizzando i loro articoli sui periodici e sugli annunci promozionali e adattando i prodotti a un ambito sempre più ampio. La creazione di un mercato di consumatori per gli artefatti di tipo scientifico, che andava ben al di là dei filosofi sperimentali più importanti, fu in larga misura il risultato delle attività imprenditoriali di questi artigiani. Essi diressero anche alcune scuole dove insegnavano arti come la navigazione e l'indagine topografica; alcuni di essi divennero inoltre autori e pubblici conferenzieri. Benjamin Martin, per esempio, dopo il breve periodo di tempo passato nelle province inglesi come conferenziere itinerante, nel 1756 aprì una bottega di strumenti in Fleet Street a Londra, in cui vendeva occhiali, telescopi, microscopi, strumenti topografici e per la navigazione, barometri, pompe ad aria, macchine elettriche e planetari meccanici.
Il modo in cui furono commercializzati i barometri tra la fine del XVII e l'inizio del XVIII sec. illustra adeguatamente la creatività imprenditoriale espressa in quest'attività economica. Durante gli anni Settanta del XVII sec., il barometro era ancora un congegno sperimentale il cui funzionamento era dibattuto dai membri della Royal Society; tuttavia, alcuni costruttori di strumenti ne avevano già cominciato a promuovere la vendita al pubblico insieme con altri apparecchi, e così alcuni costruttori di orologi, tra cui Henry Wynne, Thomas Tuttel e Daniel Quare, avrebbero presto pubblicizzato la vendita dei loro barometri. Al volgere del secolo, John Patrick, che aveva fatto pratica come ebanista, si era trasformato in uno specialista in barometri con un'ampia gamma di modelli differenti; nel corso del XVIII sec., dozzine di costruttori di orologi, di occhiali, armaioli e altri artigiani si concentrarono nella costruzione di barometri, sia a Londra sia nelle province inglesi. Molti altri negozianti, tra cui farmacisti e ottici, vendettero i loro strumenti, che in breve divennero onnipresenti come ornamenti nei salotti e nei soggiorni delle famiglie della buona società. La popolarità dei congegni rifletteva l'entusiasmo per la nuova filosofia, oltre che un interesse più generale nei confronti dei generi di consumo di lusso che esprimevano i valori dell'Illuminismo e della raffinatezza.
Probabilmente il barometro è il miglior esempio di uno strumento scientifico diventato rapidamente un oggetto domestico, ma non fu l'unico degli apparati scientifici a entrare nelle case delle classi abbienti. Quando, negli anni Novanta del Settecento, fu allestito un laboratorio domestico per Elizabeth Ilive nel Sussex, esso comprendeva una macchina elettrica, una pompa ad aria, un fornello e un planetario meccanico portatile. Su scala più modesta, un apparato messo in commercio negli anni Settanta dal farmacista di Bristol John Mervin Nooth permise ai consumatori di dissetarsi nelle proprie case con acqua gassata artificialmente, e in tal modo un esperimento, realizzato originariamente nel laboratorio di Priestley, fu presto ripetuto in migliaia di sale da pranzo. Divenendo oggetti abituali di consumo, gli apparecchi sperimentali entravano nelle case borghesi, partecipando a quella ricostituzione della sfera domestica che fece da complemento all'emergere di nuove forme di attività pubblica.
Oltre ad aprire un mercato destinato alla dotazione strumentale scientifica, i costruttori di strumenti commerciali fornirono anche apparecchi destinati a essere usati nell'ambito dell'insegnamento universitario. Nel 1747 a William Cullen (1710-1790), quando era professore di chimica all'Università di Glasgow, furono concesse 52 sterline per acquistare forni e recipienti per il laboratorio e 20 sterline l'anno per la manutenzione degli apparati strumentali. Egli patrocinò i costruttori di strumenti di Glasgow e Londra che costruirono articoli di vetro seguendo le indicazioni da lui fornite. Joseph Black (1728-1799), allievo e successore di Cullen, dopo lo spostamento della sua cattedra all'Università di Edimburgo nel 1766, continuò a ordinare gli strumenti a Glasgow, acquistando in questa città termometri di alta qualità da James Watt (1736-1819) e Alexander Wilson (1714-1786). Collezioni di apparecchi furono costituite anche nelle università dell'Europa continentale e in quelle americane. Martin e altri fabbricanti londinesi furono chiamati a fornire strumenti allo Harvard College nel Massachusetts, dopo che la sua collezione era stata distrutta dal fuoco nel 1764; il costo totale per la dotazione strumentale del gabinetto fu di 400 sterline, una somma paragonabile ai 4000 fiorini (approssimativamente 300 sterline) pagati dall'Università di Leida per entrare in possesso degli apparecchi di 'sGravesande alla morte di questi, e alle 600 sterline con cui fu valutata l'attrezzatura di Priestley quando il suo laboratorio fu saccheggiato nel 1791; un planetario meccanico a grande scala da solo avrebbe fruttato circa 70 sterline. Queste somme danno un'idea dei profitti che si potevano ricavare dal commercio di beni che richiedeva un forte investimento economico, qual era quello della strumentazione scientifica.
In questo periodo, la preminenza del mercato londinese è segnalata dal livello di specializzazione presente a Londra, dove alcuni acquirenti richiedevano una dotazione strumentale di alta qualità. Una rassegna degli osservatori astronomici di Kassel, Francoforte, Parigi, Strasburgo e Basilea verso la fine degli anni Sessanta del XVIII sec. rivelerebbe che la strumentazione era loro fornita da costruttori londinesi, tra i quali Peter Dollond (1730-1820), figlio di John, George Adams sr. (1704-1772) e Jesse Ramsden (1731-1800). Adams sr. e suo figlio, anch'egli di nome George, vendevano un'ampia gamma di generi strumentali ma si specializzarono nei globi e nei microscopi. Nel 1771 Ramsden costruì la sua fama grazie a un nuovo schema di macchina a dividere, in grado d'incidere scale graduate circolari con una precisione che non aveva precedenti; i suoi quadranti, sestanti e teodoliti furono usati in tutto il mondo per misurazioni di precisione astronomiche e topografiche. I Dollond, invece, si specializzarono in strumenti ottici. James Short (1710-1768) acquisì una considerevole fama a livello europeo ed ebbe clienti in tutto il continente costruendo specchi per telescopi riflettori; egli occupò un settore altamente specializzato nel giro di affari legato alla costruzione di strumenti, vendendo più di 1300 telescopi nel corso della sua carriera e lasciando alla sua morte un patrimonio ingentissimo, valutato circa 20.000 sterline.
Per l'Europa continentale possediamo meno informazioni rispetto alla Gran Bretagna. I Paesi Bassi erano senza dubbio una regione importante: Daniel Gabriel Fahrenheit (1686-1736), originario di Danzica, si stabilì ad Amsterdam nel 1717 e cominciò la vendita dei termometri che lo resero famoso. Negli anni Sessanta l'artigiano inglese John Cuthbertson (1743-1806) attraversò la Manica per avviare un'attività economica legata alla costruzione di strumenti nei Paesi Bassi. All'inizio del secolo Lipsia divenne un centro di produzione delle pompe ad aria, e intorno agli anni Quaranta un significativo miglioramento nella progettazione dei generatori di elettricità elettrostatica fu conseguito a opera di un professore di materie classiche, Johann Heinrich Winkler, e dell'artigiano Johann Friedrich Giessing. In Italia, la tradizione legata alla costruzione di strumenti meteorologici influenzò lo stile degli eudiometri realizzati dagli artigiani milanesi negli anni Settanta del secolo. In Francia, verso la fine del XVIII sec. si sviluppò una tradizione altamente specializzata nella costruzione di strumenti di precisione. Lavoisier poté rivolgersi ad alcuni costruttori parigini per gli apparecchi di grande precisione che egli adoperò nella sua attività di ricerca: nel 1785 Pierre-Bernard Mégnié (1751 ca.-1807) ricevette 1814 franchi per i gasometri usati per dimostrare l'analisi e la sintesi dell'acqua e per due bilance di grandissima precisione; più tardi Jean-Nicholas Fortin (1750-1831) ricevette 600 franchi per un'altra bilancia. Per ottenere il grado di precisione richiesto, Lavoisier si poté avvalere dei servigi di artigiani che rappresentavano la punta più avanzata di un'attività altamente specializzata e che avevano alle spalle un'illustre ascendenza, di oltre un secolo di esperienza di lavoro, d'investimenti e di capacità imprenditoriale.
L'età dell'espansione commerciale rappresentò anche il momento in cui l'influenza europea su altre parti del mondo s'intensificò in maniera significativa. Gli Stati-nazione e i conglomerati commerciali si dedicarono a favorire l'esplorazione, il commercio e la colonizzazione; come parte di questo processo, essi sponsorizzarono programmi estensivi di rilievi cartografici di tutta la Terra e la compilazione di statistiche economiche e sociali; in queste imprese, gli strumenti usati per la sperimentazione scientifica svolsero ruoli importanti. La bussola magnetica risultò indispensabile per la navigazione negli oceani e, nello stesso tempo, si pensò che potesse offrire qualche prospettiva per la risoluzione del 'problema della longitudine' (Tav. II).
Gli strumenti astronomici e topografici furono usati per determinare la forma della Terra e la configurazione dei territori nazionali; anche gli strumenti meteorologici assolsero una funzione importante nell'esplorazione, in quanto furono usati per disegnare una carta geografica degli estremi climatici dei tropici e delle regioni polari o per calcolare l'altezza delle montagne. Queste attività sollevarono alcuni problemi di normalizzazione degli apparecchi, delle scale di misura e degli stessi osservatori. Si rese quindi necessario costruire strumenti uniformi e istruire i fruitori a usarli in maniera appropriata; l'organizzazione sociale su vasta scala risultò perciò essenziale al progetto di assoggettare il mondo alla misura.
Trovare una soluzione alla questione della longitudine era soltanto una tappa di un più lungo percorso volto a ottenere una rappresentazione cartografica completa della Terra e a localizzare accuratamente quanto posto sulla sua superficie. Negli anni Trenta del XVIII sec. l'Académie Royale des Sciences parigina spedì alcune squadre di osservatori in Perù e in Lapponia per misurare archi di meridiani, al fine di appurare quanto la forma della Terra si allontanasse da quella di una sfera. Nel 1737 lo scienziato Pierre-Louis Moreau de Maupertuis (1698-1759) ritornò trionfalmente dall'estremo Nord, portando misure che avvaloravano l'idea che la Terra fosse schiacciata ai poli. Il lavoro ‒ che comprendeva precise osservazioni astronomiche e misure di distanze terrestri ‒ era estremamente arduo e gli ostacoli che incontrò la spedizione peruviana furono enormi. Entrambe le squadre dovevano trasportare strumenti di grandi dimensioni su terreni accidentati e operare con essi in condizioni climatiche ostili. Fino a che punto, in queste circostanze, essi riuscirono a ricavare osservazioni esatte fu oggetto di discussione al loro ritorno a Parigi. Maupertuis uscì vittorioso da questo dibattito; la sua insistenza sugli standard elevati di precisione portò i topografi francesi a ripetere una precedente misurazione del meridiano che attraversava Parigi lungo la linea da Dunkerque a Perpignan. Tale linea costituì la base per un rilevamento geodetico nazionale della Francia, completato nel 1789, dopo un lavoro di circa quarant'anni compiuto da César-François Cassini de Thury (1714-1784) e da suo figlio Jean-Dominique Cassini (1748-1845). Nel biennio 1787-1788 il rilevamento francese fu collegato, tramite una triangolazione attraverso la Manica, a un progetto britannico sotto la direzione dell'ingegnere militare e topografo William Roy (1726-1790). La precisione senza precedenti nei progetti di elaborazione di carte geodetiche degli anni Ottanta del Settecento fu resa possibile da miglioramenti strumentali in varie scienze. La macchina a dividere di Ramsden permise d'incidere graduazioni sulle scale di lettura degli strumenti con un'accuratezza tale che potevano essere usati in modo affidabile per leggere le misure dai medesimi microscopi; anche l'uso di lenti acromatiche sia nei microscopi sia nei telescopi migliorò la precisione delle misure. Perfino dalla meteorologia venne un aiuto alla geodesia, in quanto i già disponibili termometri, in uso per le temperature dell'aria, consentivano agli osservatori di apportare le correzioni dovute alla dilatazione e alla contrazione delle scale. Roy usò il vetro per le sue barre di misura, perché aveva studiato le proprietà di dilatazione di questo materiale mentre costruiva tubi barometrici.
La meteorologia stessa partecipò alla 'cultura' della quantificazione, rappresentando un altro aspetto del progetto di riduzione del mondo alla misura. Durante gli anni Sessanta del XVII sec., tra i membri della neonata Royal Society cominciarono a essere usati gli strumenti meteorologici per raccogliere statistiche sul tempo atmosferico; tra i primi diari inglesi dell'epoca vi erano quelli del filosofo e medico inglese John Locke, redatti (con qualche lacuna) dal 1666 al 1703, e del pastore dell'Essex William Derham, stilati dal 1697 al 1702. Tenere simili registri ‒ curando lo stato di conservazione degli strumenti, leggendoli una o due volte al giorno, e registrando i risultati ‒ era un compito piuttosto difficile. Coloro che provarono a organizzare osservatori meteorologici dislocati in luoghi differenti per compilare registri uniformi, da Hooke negli anni Sessanta del XVII sec. a James Jurin negli anni Venti del XVIII sec., rimasero tendenzialmente insoddisfatti. Essi erano mossi da motivazioni personali, guidati da un senso del dovere interiore più che da una disciplina istituzionale imposta dall'esterno; infatti, si rivelò più facile standardizzare gli strumenti che normalizzare i procedimenti degli osservatori. Costruire barometri che fornissero letture uniformi era piuttosto facile, benché gli sforzi per migliorare la loro accuratezza proseguissero per tutto il periodo in questione. La taratura dei termometri presentava problemi più difficili, dato che bisognava scegliere una sostanza termometrica appropriata, stabilire una scala e designare dei 'punti fissi' di riferimento per la temperatura. Durante gli anni Trenta e Quaranta del Settecento George Martin (1702-1741), in Scozia, e Anders Celsius (1701-1744), in Svezia, difesero la scelta di due punti fissi, quello di fusione del ghiaccio e quello di ebollizione dell'acqua. Nel 1777 una commissione della Royal Society presieduta da Cavendish stabilì qual era la situazione sperimentale volta a determinare il punto fisso superiore, sospendendo il bulbo del termometro nel vapore sovrastante l'acqua in ebollizione invece che nel liquido stesso, e correggendo l'errore dovuto alla pressione atmosferica dell'ambiente. Con strumenti standardizzati e con l'accresciuta precisione delle misure, la meteorologia poteva essere allineata con altri progetti di cartografia geografica. Negli anni Settanta la Royal Society ricevette bollettini dalla Baia di Hudson, dove gli osservatori avevano controllato il comportamento dei termometri a mercurio in condizioni di freddo estremo. Nel 1773 un'altra spedizione polare, guidata da Constantine John Phipps (1744-1792), fu istruita sull'uso di barometri per misurare l'altezza delle montagne sul livello del mare rilevando la riduzione della pressione atmosferica. Questo tipo di misurazione, l'ipsometria barometrica, fu promossa all'inizio degli anni Settanta da Jean-André Deluc (1727-1817), un meteorologo e filosofo naturale svizzero il quale sosteneva che l'altezza della colonna di mercurio del barometro da lui progettato poteva essere letta con una precisione fino a 0,005 pollici (0,13 mm ca.); ciò fu sufficiente a ispirare i topografi. Ramsden produsse barometri che si diceva fossero precisi fino a 0,001 pollici (0,025 mm ca.); Roy e il matematico aristocratico George Shuckburgh (1751-1804) portarono questi strumenti sulle montagne e confrontarono i risultati ottenuti con quelli ottenibili seguendo altri metodi di rilevamento delle altezze; l'esito di questo confronto fu favorevole ai rilevamenti barometrici, e quindi i barometri divennero i nuovi alleati nella campagna diretta a costringere il mondo della Natura entro l''impero della misura'.
Sul finire del XVIII sec. la proliferazione delle misurazioni trasformò molte scienze della physica particularis che durante questo periodo "divennero maggiorenni" (Kuhn 1977). Cavendish fu fortemente coinvolto in questo processo nell'ambito di un'ampia gamma di discipline; infatti, gran parte del suo lavoro fu orientata all'introduzione di strumenti e procedure matematiche nelle scienze sperimentali, ponendo gli strumenti al servizio della quantificazione e dell'accuratezza della misurazione. I suoi contributi alla chimica e alla termometria sono già stati menzionati. Nel 1783 egli enunciò una serie di raccomandazioni per rendere più rigorose le procedure dell'eudiometria, nella speranza che, se si fossero ottenuti dei risultati riproducibili, si sarebbe potuta misurare la respirabilità dell'aria in luoghi differenti. Il risultato più impressionante di Cavendish nell'ambito delle misurazioni di precisione fu probabilmente la sua determinazione della costante gravitazionale, o, secondo le sue stesse parole, "pesatura della Terra", effettuata tra il 1797 e il 1798. Lo strumento, in questo caso, fu una grande bilancia di torsione, progettata per ruotare sotto l'influenza dell'attrazione gravitazionale tra due massicce palle di piombo. L'intero apparato doveva essere protetto il più possibile da ogni disturbo e osservato di minuto in minuto durante una lunga serie di prove sperimentali. Di importanza fondamentale fu l'analisi sistematica e quantitativa da parte di Cavendish delle possibili fonti di errore, una tecnica che egli aveva già inaugurato in occasione di altri esperimenti di grande precisione; dando conto delle possibili inesattezze, egli fu in grado di specificare un margine di errore per il risultato ottenuto.
È significativo il fatto che Cavendish comprese i problemi della misurazione nei loro aspetti amministrativi, oltre che puramente tecnici. Da questo punto di vista, malgrado egli avesse un carattere poco socievole, ebbe una solida consapevolezza della dimensione sociale della quantificazione; egli stabilì infatti regole molto precise per la persona deputata a raccogliere le osservazione meteorologiche per la Royal Society. Anche se personalmente non intraprese alcun viaggio, fornì istruzioni esaurienti ai marinai che dovevano fornire alla Royal Society le relazioni sulle misurazioni da loro effettuate delle condizioni climatiche e delle caratteristiche geografiche dei differenti luoghi esplorati. Negli anni Novanta Cavendish partecipò a uno studio sulla svalutazione delle monete, mostrando il consueto interesse per l'esattezza e la creazione di standard affidabili. In gran parte del lavoro da lui svolto, le pratiche della misurazione precisa e della registrazione statistica coincisero con quelle dell'amministrazione e della disciplina. Egli sapeva che gli strumenti più raffinati sarebbero stati inutili fino a quando la gente non fosse stata istruita e organizzata per usarli nella maniera corretta; affinché l''impero della misura' esercitasse il suo potere, anche le persone, oltre alle cose, dovevano essere 'normalizzate'.
L'attività di Cavendish in molti settori scientifici differenti rifletté il suo talento unico e il suo genio per il lavoro meticoloso, ma dimostrò anche quanto l'uso di metodi e strumentazioni comuni avesse creato stretti legami fra le scienze sperimentali. I termometri tarati con precisione, per esempio, erano entrati in uso nella chimica, nella meteorologia e nella geodesia; la bilancia di torsione fu applicata per compiere misurazioni esatte delle forze attrattive del magnetismo, della gravità e dell'elettricità. Gli strumenti, e le abilità necessarie al loro uso, potevano essere trasferiti da un campo sperimentale all'altro. Cavendish fu una figura fondamentale in questo movimento che acquistò un'importanza sempre maggiore sul finire del XVIII secolo. Tecniche statistiche di misurazione e di quantificazione, quali l'analisi degli errori, fecero da complemento all'uso degli strumenti di precisione. La qualità e l'accuratezza degli apparati e l'ingegnosità delle tecniche per l'elaborazione delle misure ottenute si svilupparono insieme. Gli strumenti rivestono quindi un ruolo storico particolare, in quanto hanno la capacità di concentrare le abilità umane e di mobilitarle in contesti differenti. Seguendo i movimenti della dotazione strumentale da un settore a un altro e delineando i loro contesti di significato e di uso, è possibile ottenere una comprensione più profonda dello sviluppo delle scienze baconiane nel XVIII secolo.