Già a capo della Repubblica Socialista Sovietica del Turkmenistan a partire dal 1985, Saparmurat Niyazov venne eletto primo presidente della nuova repubblica nel giugno 1992, con il 99,9% delle preferenze. Grazie a un analogo consenso plebiscitario (99,9%), nel gennaio 1994 il mandato presidenziale quinquennale di Niyazov veniva esteso fino al 2002, salvo essere liberato da ogni scadenza nel dicembre 1999, quando il Parlamento gli affidò la carica di ‘presidente a vita’.
Innanzi alla necessità di rifondare l’assetto istituzionale e l’identità nazionale turkmena dopo il crollo - in parte inatteso e certamente non auspicato - dell’Unione Sovietica, Niyazov ha cancellato le pur marginali riforme introdotte nell’era Gorbaˇcëv, fondando un sistema di stampo neo-stalinista basato su un profondo culto della personalità e caratterizzato da un elevato grado di autoritarismo e arbitrarietà. La netta centralizzazione del potere nella carica presidenziale si è così accompagnata a provvedimenti quali il cambiamento della toponomastica, della denominazione dei mesi dell’anno - al fine di richiamare costantemente il presidente e la nuova mitologia nazionale - o l’introduzione di un libro di testo (‘Ruhnama’) in tutti i gradi di istruzione che – scritto dal Turkmenbashi e riguardante storia, mitologia e filosofia - rappresenta una guida spirituale per il popolo turkmeno.
La rodata macchina del consenso lasciata da Niyazov in eredità a Gurbanguly Berdimuhammedov non è stata, nella sostanza, smantellata. Marginalizzati i circoli di potere e i funzionari più vicini al Turkmenbashi, Berdimuhammedov ha progressivamente rifondato il culto della personalità del leader della nazione, costituendo una propria - e apparentemente solida - rete di relazioni clientelari e claniche.