L'Egitto del Medio Regno
Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Il periodo che segue l’Antico Regno costituisce una fase storica importante: il modello menfita, identificativo della prima fase statale, subisce un radicale mutamento che lo porta a frammentarsi nel territorio sotto la spinta di forze regionali forti. Quelle famiglie provinciali che nella parte finale dell’Antico Regno avevano proclamato la propria autocoscienza, diventano ora le vere protagoniste di una scena politica e sociale nuova, fatta di realtà cantonali; da questo crogiolo ha vita un nuovo modello centralizzato, che guarda ancora a Menfi come punto di riferimento ideale, ma che dà vita a una dinastia dalla forte pregnanza politica e ideologica.
La nozione di periodo intermedio, così come concepita dagli storici, è una definizione moderna che in parte riflette una concezione letteraria del periodo successivo all’Antico Regno; l’immagine di un Egitto rovesciato si delinea chiaramente in alcune opere letterarie (Lamentazioni di Ipuur, Dialogo del Disperato) che danno voce al modello statale menfita ormai in crisi. La realtà che emerge dalle fonti coeve è invece molto più complessa, confermata anche dai dati archeologici.
La situazione immediatamente successiva alla fine dell’Antico Regno è difficilmente determinabile, come dimostra la laconica indicazione di Manetone relativa alla VII Dinastia (“70 re per 70 giorni”), sicuramente inesistente; i dati diretti ci parlano ancora di sovrani menfiti (VIII Dinastia) che devono aver perso però il controllo del paese, a favore di forme provinciali di potere. Testimonianza importante del periodo sono i decreti regali di Copto (Alto Egitto), con l’attribuzione di competenze economico-amministrative al locale santuario. Nello stesso tempo, si affermano in Nubia i “Gruppi C”, cultura locale la cui fioritura va messa in relazione anche con una meno forte presenza egizia, mentre popolazioni di origine asiatica cominciano a insediarsi nell’area del Delta orientale.
Mentre il potere centrale tramonta, si afferma a sud una famiglia di Eracleopoli (l’antica Nennesu), che assume carattere regale e dà vita alla IX e X Dinastia di Manetone; il modello di riferimento per questi sovrani è quello menfita, come dimostra ancora la scelta di Saqqara quale necropoli regale. La situazione politica generale deve esser stata particolarmente fluida, con la diffusione di elementi regali in aree lontane dai centri di controllo maggiori (si veda, ad esempio, la piramide di Khui a Dara, Alto Egitto).
Contemporanea al potere eracleopolitano è l’ascesa, nel più meridionale centro di Tebe, di un’altra casata cui si deve una nuova unificazione politica, e i cui esponenti riconoscono nel loro antenato Antef il fondatore del proprio potere. L’affermazione di questa dinastia (XI nella sequenza di Manetone) determina una situazione di conflittualità con i settentrionali signori di Eracleopoli; le fasi dello scontro sono documentate da alcune autobiografie del periodo (ad esempio Ankhtifi a Mo’alla, o le iscrizioni della necropoli di Asiut, Beni Hasan e Deir el-Bersha): questi testi e i dati archeologici parlano anche di una sempre più definita presenza di popolazioni asiatiche in Egitto, segno di una nuova configurazione etnica e sociale del paese. A questa società appartiene un modello gestionale e amministrativo nuovo, nel quale la componente regionale gioca un ruolo fondamentale; il modello cui si rifà questa famiglia è però quello allargato (agnatizio), ben rappresentato nella decorazione di quelle stele rappresentative delle nuove classi emergenti.
Il consolidamento del potere tebano si ha con Antef III, che acquisisce ormai piene connotazioni regali; l’effettiva unificazione si deve invece a Mentuhotep II, considerato dalla tradizione tarda uno dei fondatori del potere tebano. Il suo regno segna un passaggio fondamentale nel ruolo di Tebe come centro cerimoniale e rappresentativo del potere: l’edificazione di un sepolcro che rielabora il modello della facciata a portico, tipico della tradizione meridionale, come modello di tomba regale, segna un cambiamento decisivo rispetto alla tradizione menfita; allo stesso Mentuhotep si deve anche una prima fase di monumentalizzazione del tempio di Amon a Karnak, destinato a divenire nei secoli successivi un centro fondamentale per le cerimonie di legittimazione regale. I successori di Mentuhotep segnano un indebolimeno della linea dinastica, che prelude al cambio di famiglia regnante con cui ha inizio il Medio Regno.
L’ascesa al trono della XII Dinastia è collegata al declino della famiglia di Mentuhotep: secondo la tradizione il fondatore della nuova casata, Amenemhat I, va identificato con un visir della dinastia precedente; tale collegamento con la casata tebana ha un peso determinante per la tradizione regale di questa linea dinastica, come dimostra l’attenzione verso il tempio di Amon-Ra a Karnak, destinato a divenire il corrispettivo meridionale dell’antico e prestigioso tempio di Ra a Eliopoli. L’idea di una nuova era segnata dall’avvento della dinastia è indicata anche dalla fondazione di una nuova residenza regale, Amenemhat-Itj-taui (“Amenemhat è il conquistatore delle Due Terre”, nei pressi di Lisht), in cui è celebrata la nuova unificazione del paese. L’energica politica della dinastia è confermata anche dall’attenzione al Delta orientale, allo scopo di delimitare l’infiltrazione di genti asiatiche, e soprattutto in Nubia, dove viene inaugurato un sistema di fortificazioni sul Nilo.
Il successore, Sesostri I, sale al trono dopo la morte violenta del padre Amenemhat, che lo aveva associato al trono per evitare crisi dinastiche; il suo regno pacifico è segnato dai contatti con il regno nubiano di Kerma (attuale Sudan) e da una serie di interventi architettonici a Karnak che costituiscono la prima vera fase monumentale dell’area sacra tebana; l’edificio della XII dinastia, pressochè scomparso, ha tuttavia segnato l’impianto generale del tempio, e il suo asse, perfettamente orientato sul solstizio invernale, continuerà a essere rispettato negli ampliamenti che, nei secoli successivi, trasformeranno il tempio di Amon-Ra in uno dei maggiori santuari faraonici. Questa linea politica è seguita dagli immediati successori (Amenemhat II e Sesostri II), sotto i cui regni l’infiltrazione asiatica si fa sempre più marcata, come dimostra la celebre rappresentazione di un gruppo di genti orientali che arrivano alla frontiera egiziana (tombe di Beni Hasan).
La figura forse più rappresentativa della dinastia è però Sesostri III, che completa la bonifica del Faiyum e interviene nella gestione dello stato delimitando il potere dei governatori provinciali (nomarchi) che avevano segnato il Primo Periodo Intermedio e il Medio Regno: a conferma del mutamento si riconosce un progressivo declino delle grandi necropoli provinciali a vantaggio di una più centralizzata organizzazione degli spazi cimiteriali, che si raccolgono ora nei pressi della tomba regale. Ma il nome del sovrano è legato al completamento della linea di fortificazioni nubiane che diventa ora un baluardo anche ideologico del potere egiziano in Nubia; il confine politico viene ora segnato dalla stele eretta nella fortezza di Semna, passaggio obbligato per le rotte commerciali che, scendendo il Nilo, arrivavano in Egitto, e la forza del potere egizio nell’area è confermata dalla divinizzazione postuma di Sesostri III nel tempio eretto nel Nuovo Regno all’interno della fortezza di Semna, nel quale il re è venerato come patrono della Nubia insieme ad altre divinità locali.
Dalla Stele confinaria di Sesostri III a Semna (Nubia)
La politica espansionistica della XII dinastia in Nubia si avvale di un sistema di fortificazioni che segnano il confine meridionale del Paese. A Semna la fortificazione diventa un caposaldo del controllo egiziano, e la stele fatta qui erigere da Sesostri III restituisce l’immagine di un confine controllato da un forte potere regale.
Io sono un re che dice e che fa […] che aggredisce l’aggressore, che è silenzioso quando si deve essere silenziosi, che risponde a tono a una parola: perché un uomo che è silenzioso dopo che è stato assalito è uno che incoraggia il cuore dell’avversario. Essere coraggiosi significa essere aggressivi, ed è da vili ritirarsi. È un vile chi recede dal proprio confine, perché il nubiano obbedisce non appena le labbra sono aperte: chi risponde lo fa recedere, ed egli volge il dorso a chi gli si oppone. Non sono genti coraggiose, sono dei miserabili dal cuore vile: lo ha visto la mia maestà in persona, senza dire menzogne!
La maturità raggiunta dal regno di Sesostri III è confermata dal successore, Amenemhat III, il cui regno coincide con il massimo dei contatti del periodo con la Nubia e il Vicino Oriente (si vedano ad esempio i materiali egizi nel sito costiero di Biblo). La fase matura della dinastia coincide con l’organizzazione dello stato secondo schemi razionali: da un lato l’attribuzione di competenze alla figura del visir, a capo della complessa amministrazione statale, segna l’affermazione di una gerarchia che proceda verso un modello centralizzato; dall’altro, il ruolo attribuito alla classe scribale la rende detentrice della scrittura come mezzo ideale della razionalizzazione dello stato, favorita anche da una forma corsiva (ieratico) che si specializzerà nell’uso librario.
Il successore, Amenemhat IV, ha un regno breve, che coincide con la fine della dinastia; dopo di lui sale al trono una regina, Neferusebek, che segna il passaggio alla XIII Dinastia (1780-1710 ca.). Quella che la critica ha interpretato come una cesura tra la XII Dinastia e il periodo successivo è in realtà un processo molto più sfumato, che la tradizione faraonica interpreta alla luce della continuità; non a caso, la definizione di Secondo Periodo Intermedio, così come accaduto per il primo, può essere meglio riconosciuta come il frutto di un atteggiamento moderno; un eloquente segno di continuità si può riconoscere nella scelta della piramide per le sepolture regali del periodo (ad esempio Khendjer a Saqqara, o le piramidi anonime a Mazghuna), come anche i rapporti con la Nubia e Biblo.
Lentamente il quadro però si assesta in un equilibrio tra forze politiche omogenee, con una seconda linea dinastica (XIV Dinastia) che convive con gli epigoni della XII Dinastia; a questo si aggiunge una presenza asiatica sempre più inserita nel territorio, con l’arrivo di quelle popolazioni Hyksos (i “sovrani delle terre straniere” nella definizione di Manetone) che fondano Avaris (attuale Tell el-Daba), dove vanno a insediarsi le dinastie asiatiche che segneranno la parte finale del periodo (XV-XVI Dinastia). Il carattere asiatico di queste genti è confermato dai materiali emersi dagli scavi, che mostrano decisi tratti levantini e, cosa particolarmente significativa per il fiorire dei contatti nel periodo, egei. Segno distintivo della cultura Hyksos possono essere considerati l’introduzione del cavallo in Egitto, e l’importanza attribuita al culto di Seth, identificato con le divinità asiatiche della tempesta (ad esempio Baal).
A Tebe, intanto, una famiglia di signori riesce ad affermare un potere che arriva sino a Elefantina: si tratta della XVII Dinastia, i cui esponenti tornano a farsi seppellire sulle colline occidentali di Tebe, così come aveva già fatto la famiglia di Mentuhotep; questi monumenti sono conosciuti soprattutto perché ricordati in documenti più tardi, che registrano gli atti di inchieste sul saccheggio delle tombe regali tebane (fine del Nuovo Regno). L’egemonia raggiunta dalla dinastia nel sud porta in breve tempo al conflitto con la dinastia Hyksos: scontri militari debbono aver accompagnato l’affermazione della casata tebana, come dimostra la mummia di un sovrano della XVII Dinastia, Seqenenra-Tao, con segni di ferite che fanno pensare a una morte in battaglia.
Gli ultimi due esponenti della dinastia,Kamose e Ahmose, portano a compimento la riconquista del paese intero; una fonte preziosa per il quadro storico del periodo è costituito, ancora una volta, dal testo autobiografico di un funzionario, Ahmose figlio di Ebana, inciso sulle pareti della sua tomba a el-Kab. A memoria di questa nuova unificazione, Kamose lasciò diverse stele che riportano un testo simile, celebrativo dell’operazione regale che riportò l’Egitto a una situazione di stabilità e di potere che sono confermati anche da interventi militari in zona asiatica e nubiana.
Il tramonto della cultura menfita segna il destino di una concezione dello stato accentrato, concepito in sostanza come emanazione di un potere di natura divina, separato dalla dimensione umana. La ridefinizione degli equilibri politici e sociali vede al centro del proprio modello l’individuo come parte attiva del periodo; da un modello compatto, nel quale il singolo viene elaborato come parte di una struttura ben organizzata, si passa a una articolazione più sciolta delle componenti sociali, che pure si rispecchiano ancora nella tradizione antica.
Questo passaggio è testimoniato da indizi di varia natura: la testimonianza macroscopica è data dai testi autobiografici del periodo, nei quali il singolo si autorappresenta non più come parte di un meccanismo più complesso, ma come il fulcro delle dinamiche sociali del proprio mondo, spesso identificato con il proprio distretto d’appartenenza. È quindi significativa l’affermazione, in questi testi, di una fraseologia che celebra l’attività del funzionario a favore del proprio territorio, scenario della volontà positiva del singolo. Si crea così un topos sociale e insieme letterario, che ha al proprio centro la figura di un individuo cosciente del proprio status e, soprattutto, del peso del suo ruolo in seno alla società.
Questa nuova immagine dell’Egitto viene rielaborata anche dalla produzione letteraria, seguendo però un percorso completamente diverso: alla coscienza individuale – dai tratti positivi – corrisponde una visione fortemente impregnata di elementi mutuati da un modello politico e sociale accentrato. Così, un componimento come le Lamentazioni di Ipuur delinea un quadro drammatico del Primo Periodo Intermedio, concepito in sostanza come il sovvertimento di quel quadro della società menfita che viene ritratto, ad esempio, dagli Insegnamenti di Ptahhotep. Si tratta di una immagine dell’Egitto non rispondente al quadro che emerge dai dati documentari e archeologici, ma piuttosto di una idea letteraria che consente la giustapposizione di un modello menfita al nuovo modello individuale, espressione tipica della provincia.
Se dunque personaggi letterari legati all’ambiente di corte, come il visir Ptahhotep o il principe Herdedef, sono i latori di un modello ideale menfita, nuove figure danno ora voce a una realtà diversa; un cambiamento che la cultura successiva (quella che effettivamente deve aver prodotto queste opere letterarie) vuole rielaborare in termini di contrapposizione tra un ideale e una realtà ben diversa. È dunque particolarmente cogente riscontrare una forte continuità nei modelli regali, come possono dimostrare i testi funerari iscritti nella piramide di Ibi a Saqqara (VIII Dinastia), nei quali sono compresi gli antichi Testi delle Piramidi, insieme con alcune formulazioni tratte dai Testi dei Sarcofagi, raccolte funerarie che si affermano nelle tombe di alti funzionari del Medio Regno, e nei quali si delinea la fama di Osiride, dio legato all’antico centro di Abido e in onore del quale si celebrano in questo periodo rituali che godono di ampia popolarità.
La rilettura politica della produzione letteraria si fa però particolarmente evidente nella XII Dinastia, quando il messaggio ideologico diventerà un elemento pervasivo della cultura egizia.
Anche un testo come le Lamentazioni di Ipuur dimostra chiaramente lo stretto legame esistente tra letteratura e ideologia;; lo stesso può dirsi anche per l’Inno a Sesostri III da Kahun, testo in cui ideologia e teologia si fondono.
Sono però i testi di una autentica letteratura lealista a definire chiaramente tale legame.
La produzione lealista si articola in forme diverse (sapienziale, messianica), ma il tratto comune è dato dal ruolo centrale attribuito al sovrano come entità politica che è al centro di una riflessione teorica; in questo senso, la stessa letteratura pessimista può essere letta come parte integrante di questo messaggio, perché mette in luce un antistato che viene risolto solo dal potere accentrato dei sovrani della XII Dinastia. Così, un testo messianico come la Profezia di Neferti predice l’avvento di un re in grado di porre fine al periodo di crisi successivo all’Antico Regno: “[…] Verrà un re dall’Alto Egitto, Ameny [= Amenemhat I] è il suo nome […] Prenderà la corona bianca, conquisterà la corona rossa; siate lieti, uomini del suo tempo!” A questa vena profetica si può contrapporre la definizione della regalità come istituto solidale e politico, e non più mero dogma divino: “È un bell’ufficio la regalità! Anche se non ha figli o fratelli che ne mantengano le opere, uno abbellisce l’altro; un uomo agisce per i predecessori, in modo che sia abbellito ciò che egli ha fatto da altri che vengono dopo di lui” (Insegnamento per Merikara).
Questa fase fondamentale della cultura faraonica, considerata classica nelle epoche successive, fornisce il fondamento per uno sviluppo intellettuale che si riscontra nel periodo immediatamente successivo: manoscritti letterari (Racconti del Papiro Westcar) e scientifici (medici, matematici) sono datati al Secondo Periodo Intermedio, segno di vivacità che caratterizza anche la fase Hyksos, i cui sovrani, esclusi dalle liste regali rituali, sono invece ricordati nel compendio enciclopedico del Papiro dei Re di Torino.
Un legame con la fase Hyksos è inoltre proclamato, a secoli di distanza, nella Stele dell’anno 400, datata al regno di Ramesse II: la celebrazione di Seth nell’area di Piramesse è legata alla commemorazione dei 400 anni dalla sua presenza nell’area, approssimativamente quindi risalente all’epoca delle dinastie asiatiche.
Dall’autobiografia di Kheti nella sua tomba di Asiut
Il declino del potere centrale nel corso del Primo Periodo Intermedio si accompagna da una sempre più decisa coscienza delle casate provinciali che si affermano come centri effettivi di potere; tra queste, la famiglia dei signori di Asiut, in Medio Egitto, è una delle più potenti. I suoi esponenti controllano il territorio, e celebrano nelle loro autobiografie il proprio agire in rapporto con il distretto d’origine.
Feci un canale per questa città, mentre l’Alto Egitto era in difficoltà e non c’era nessuno che avesse visto l’acqua [= cioè c’era carestia]; chiusi i confini […] con un sigillo; feci delle alture aree fertili, feci sì che il Nilo arrivasse a inodare le zone aride […].
Io ero ricco di grano del nord mentre il paese era nel bisogno, e mantenni in vita la [mia] città […].
Feci sì che si prendesse il grano il cittadino e la sua sposa, la vedova e suo figlio. Condonai le tasse e i tributi che avevo trovato, prescritti dai miei avi. Riempii i pascoli di vacche pezzate, ogni uomo [possedeva] bestiame di vari colori, le vacche partorivano vitelli gemelli, e le stalle erano piene di […] e di giovenche. Sekhether (= dea dei campi) mi era favorevole e diceva: è un signore del bestiame.
Dalle Lamentazioni di Ipuur
Il cambiamento politico e sociale del Primo Periodo Intermedio, celebrato nelle iscrizioni dei signori provinciali, è elaborato in termini caotici e apocalittici da un filone letterario che dà voce a istanze prossime a quelle dell’antica tradizione menfita.
Ecco, è fatto ciò che non era mai accaduto prima: il [corpo del] re è stato portato via [dal sepolcro] da miserabili.
Ecco, chi è stato sepolto come falco (= re) […] e il segreto della piramide si è svuotato.
Ecco, un gruppetto di uomini senza legge sono riusciti a privare la terra della regalità.
Ecco, alcuni sono arrivati al punto di ribellarsi alla corona, il diadema di Ra che placa le Due Terre.
Ecco, il segreto della terra, i cui limiti sono sconosciuti, è divulgato, la residenza è abbattuta in un attimo.
[…]
Ecco, chi non aveva proprietà è ora padrone di tesori, e il principe lo loda.
Ecco, i poveri della terra sono divenuti ricchi, il ricco è divenuto uno che non ha nulla.
Ecco, il coppiere è divenuto signore dei coppieri, chi era un messaggero ora manda messaggeri.
Ecco, chi non aveva pane ora ha una dispensa, e il suo magazzino è pieno dei beni di un altro.
Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, Antichità, Il Vicino Oriente Antico, Storia