Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Nel corso del Settecento l’economia-mondo che si è formata a partire dal Cinquecento si modifica profondamente, soprattutto dopo la generale ripresa economica successiva alla metà del secolo. L’Inghilterra, vincitrice del conflitto con la Francia, diventa il centro, in sostituzione diAmsterdam, di un’economia-mondo che amplia la sua estensione geografica con l’inclusione di aree prima esterne, quali l’Impero ottomano, la Russia, l’Africa subsahariana e l’India.
L’espressione “economia-mondo” è entrata nel dibattito storiografico in un’epoca relativamente recente, soprattutto grazie all’opera del francese Fernand Braudel e dell’americano Immanuel Wallerstein. Le loro definizioni sostanzialmente coincidono, anche se per alcuni aspetti le ricostruzioni delle vicende storiche dell’economia-mondo europea differiscono.
Vediamone quindi le caratteristiche fondamentali.
1) Si tratta di uno spazio geografico di dimensioni variabili che dal punto di vista economico è fondamentalmente autonomo. Questa autonomia non esclude scambi economici con aree esterne, ma tali scambi hanno un carattere marginale e non ne determinano la struttura. L’unità dell’economia-mondo è di natura economica, non necessariamente culturale e neppure politica. Il pluralismo di entità politiche presenti al suo interno è anzi una caratteristica strutturale fondamentale dell’economia-mondo europea.
2) Essa è caratterizzata al suo interno da una divisione del lavoro tra le varie regioni che la compongono. Questa divisione è gerarchizzata e funzionale agli interessi del centro dell’economia-mondo che si riserva le attività economiche più remunerative, mentre le aree semiperiferiche e periferiche hanno il ruolo di fornitrici di materie prime agricole o industriali, o di semilavorati.
3) A questa divisione ineguale del lavoro corrispondono diverse forme statuali. Le regioni al centro del sistema dispongono di apparati statuali forti ed efficienti e grazie a questa forza, che si esprime anche in forma militare, riescono a imporre e a perpetuare una divisione internazionale del lavoro a loro favorevole. A questo proposito occorre però dire che le opinioni degli storici non sono unanimi.
Nella versione proposta da Braudel, il ruolo della politica appare decisamente meno rilevante rispetto all’azione delle forze economiche.
4) Le aree costitutive dell’economia-mondo sono caratterizzate da diversi tipi di rapporti di produzione. Alla visione tradizionale della storiografiamarxista di una successione temporale dei diversi modi di produzione – schiavista, feudale, capitalistico – si sostituisce quella di una contemporaneità e complementarità. I rapporti di produzione capitalistici caratterizzano solo l’area centrale, ma è possibile affermare che l’economia-mondo è capitalistica nel suo complesso perché la sua struttura è nel suo insieme funzionale agli interessi capitalistici del centro.
Nel Settecento l’economia-mondo capitalistica, costituita dall’Europa centro-occidentale e dalle sue propaggini americane, ha alle spalle almeno due secoli di vita. All’inizio del secolo l’Olanda detiene ancora il primato economico, ma il suo predomino non è più incontrastato.
Francia e Inghilterra lanciano la loro sfida politico-militare ed economica. Entrambi i regni sono usciti rafforzati dalle gravi crisi che hanno attraversato nei decenni centrali del Seicento: i postumi della guerra dei Trent’anni e della Fronda per la Francia e la rivoluzione inglese per la Gran Bretagna. È sempre più evidente come l’Olanda, anche a causa della limitatezza del suo territorio, non possa competere a lungo con i suoi rivali.
Il Settecento è quindi dominato dalla rivalità franco-inglese per la successione al ruolo di potenza centrale dell’economia-mondo. Questo secolare conflitto è stato definito la “seconda guerra dei Cent’anni” e la sua fase decisiva si svolge durante la prima parte del Settecento, un periodo che è ancora sotto il segno della lunga stagnazione economica inziatasi nei decenni centrali del Seicento. Nella prima fase di questo conflitto l’Inghilterra, con l’appoggio dell’Olanda e di volta in volta di altre potenze europee, riesce a contenere e sostanzialmente a far fallire il progetto di egemonia continentale perseguito da Luigi XIV e dal suo meno determinato successore, Luigi XV.
La pace di Parigi del 1763 sancisce in modo definitivo sia il tramonto dell’Olanda, sia il fallimento della Francia, che è costretta a cedere il Canada e i suoi capisaldi in India, rinunciando così alla competizione intercontinentale con l’Inghilterra.
Il successo dell’Inghilterra è il risultato della maggiore efficienza dello Stato inglese nel mobilitare le risorse economiche e umane del Paese e della coerenza e determinazione con la quale esso ha perseguito il suo progetto di dominio marittimo e planetario. La Francia si trova a dover condurre una lotta su due fronti, quello tradizionale dell’egemonia continentale e quello nuovo dell’egemonia commerciale e marittima. In Inghilterra, al contrario, il prevalere degli interessi commerciali e navali imprime un indirizzo chiaro alla politica del governo a favore del fronte marittimo e coloniale. I governanti inglesi comprendono chiaramente che la partita decisiva è quella che si svolge sul mare per il controllo delle rotte oceaniche e dei flussi commerciali. Come ha occasione di dire il primo ministro inglese William Pitt il Giovane, “il principio fondamentale è che la Francia deve essere principalmente, se non esclusivamente, temuta da noi come potenza marittima e commerciale”.
Malgrado le risorse economiche e demografiche della Francia siano complessivamente superiori a quelle inglesi, esse si rivelano insufficienti al raggiungimento di entrambi gli obiettivi e il risultato finale è un duplice scacco. L’equilibrio europeo che si instaura dopo il periodo delle guerre di successione è in realtà un aspetto dell’egemonia mondiale conseguita dall’Inghilterra, così come l’equilibrio uscito dalla guerra dei Trent’anni un secolo prima non poteva nascondere il sostanziale predominio olandese.
Nella seconda metà del secolo l’Inghilterra si trova quindi nella posizione di poter approfittare della nuova fase di espansione dell’economia-mondo nel suo complesso, un’espansione sia economica, sia geografica.
Molti storici ritengono che proprio in questa posizione di predominio commerciale vada ricercata la ragione di quella che è stata definita la “prima rivoluzione industriale inglese”, successiva al 1760. Il controllo da parte inglese di vasti mercati intercontinentali – e in particolare di quelli dei prodotti tessili – consentirebbe infatti alla nascente industria britannica di trovare quegli sbocchi che il solo mercato interno, anche se in espansione, non poteva offrire.
I confini dell’economia-mondo sono, alla metà del Settecento, quasi gli stessi di un secolo prima: l’Europa atlantica e mediterranea e quella orientale – esclusa la Russia – e le colonie europee in America. La stagnazione del periodo 1650-1750 ha infatti impedito la sua estensione.
Dopo la metà del secolo si apre invece una nuova fase espansiva destinata a non arrestarsi e a far coincidere l’economia-mondo europea con l’economia mondiale. L’integrazione di nuove aree nell’economia-mondo europea significa in sostanza che queste aree entrano a far parte integrante della divisione internazionale del lavoro.
Semplificando si può dire che, mentre in precedenza i loro legami con l’economia-mondo riguardavano alcuni beni di lusso – spezie, stoffe preziose – ora queste zone orientano, o meglio, sono costrette a orientare la loro economia in funzione della produzione di materie prime destinate all’esportazione verso le aree centrali. Questo processo implica anche un declino delle produzioni di manufatti, che vengono sostituite dalle importazioni dal centro.
Questo processo si accompagna all’imposizione di un controllo politico su tali regioni. In certi casi, come quello dell’India dove gli Inglesi pongono fine all’Impero moghul, si hanno forme di controllo dirette; in altri, come nel caso dell’Impero ottomano, indirette. L’India da Paese esportatore di tessuti di cotone – i calicò – diventa un Paese esportatore di cotone e seta greggia, indaco e altre materie prime. L’Impero ottomano, pur riuscendo a evitare la sottomissione politica, subisce una profonda deindustrializzazione e anche in questo caso le esportazioni di tessuti sono sostituite dalle esportazioni di lana, cotone e seta greggia.
La terza zona che viene attratta nell’orbita dell’economia-mondo europea è la Russia, esportatrice di canapa, lino e in seguito di cereali. La Russia, politicamente più forte delle altre nuove periferie, è forse in grado di resistere meglio alla deindustrializzazione; tuttavia la sua industria siderurgica e tessile è gravemente danneggiata dalla concorrenza inglese.
La voce principale delle esportazioni dall’Africa occidentale subsahariana – la quarta area inglobata nell’economia-mondo – è costituita dagli schiavi, il cui flusso verso l’America aumenta considerevolmente nella seconda metà del Settecento.