L’archetipo Leonardo
Più di 300.000 visitatori davanti ai dipinti, disegni e schizzi di Leonardo da Vinci esposti alla National Gallery di Londra: un trionfo internazionale. Novità dell’evento: il Salvator mundi, che si aggiunge al catalogo leonardesco.
La prima e unica mostra monografica su Leonardo si tenne a Milano nel 1939, più di settant’anni fa, poco prima del secondo conflitto mondiale, ultima tappa di quel processo sociale e divulgativo delle arti promosso dal regime fascista. Fu un bagno di folla. Ora, una seconda mostra, più mirata nella scelta del periodo e del tema – Leonardo pittore alla corte di Ludovico Sforza nel 1482 e tra il 1506 e il 1513 –, ha riunito alla National Gallery di Londra, ad annum 2012, nove dipinti del maestro e una sessantina tra disegni, schizzi e opere di riferimento che illustrano l’operosità di quella corte forgiata per divenire una città ideale. Una novella Atene che certo si specchiava in ‘Sforzinda’, la polis utopistica inventata qualche decennio prima dal Filareteche la illustrò a Francesco Sforza nel suo Trattato d’architettura (1460-64). All’esposizione hanno avuto accesso solo 323.897 visitatori: i previdenti e lungimiranti appassionati che hanno comprato il biglietto on-line o telefonando al museo e chi ne ha acquistato uno dei 500 che la National Gallery metteva direttamente a disposizione ogni giorno. Se la prima esposizione aveva squadernato, sotto la regia razionalistica dell’architetto Giuseppe Pagano, dipinti e documenti, medaglie e calchi, riproduzioni di macchine e invenzioni, esaltando il talento e l’intelligenza creativa del faber Leonardo, questa di Londra ha virato soprattutto sui dipinti vinciani.
Leonardo, si sa, non fu pittore professionista ma musico, scenografo, scienziato, inventore di macchine da guerra e ingegnere idraulico, esperto di anatomia e di fisica. La sua produzione pittorica dovette comprendere, stando alle fonti, una ventina di opere di cui solo 15 sopravvivono. La mostra di Londra ne ha esposte nove. Per la prima volta della loro e della nostra storia, le due versioni del quadro La Vergine delle rocce si sono confrontate, una dirimpetto all’altra, nella stessa sala. Il Louvre non aveva mai permesso che il dipinto di sua proprietà – la prima delle due versioni dipinta da Leonardo tra il 1483 e il 1485 –, entrato a far parte delle collezioni reali francesi nel 1625, lasciasse Parigi. La successiva versione, conservata alla National Gallery di Londra (1491-1508) e recentemente restaurata, ha rivelato, eccetto che per i capelli della Vergine e per il piede sinistro di Cristo, la completa autografia, esibendo inediti colori lividi in una luce sovrannaturale. Ma anche le due rivali La Dama con l’ermellino (1489-90, Cracovia, Fondazione Czartoryski) e La Belle Ferronnière del Louvre (1493-94) – che ritrarrebbero rispettivamente Cecilia Gallerani, la giovane innamorata di Ludovico il Moro, e Lucrezia Crivelli, la donna che prese il suo posto come amante del duca – si sono misurate da vicino ignorandosi a vicenda, a testimonianza di un antico rancore. E ancora è stato possibile ammirare il Ritratto di musico (1486-87) della Pinacoteca Ambrosiana di Milano, che Luke Syson, curatore dell’esposizione, ritiene raffiguri Atalante Miglioretti, cantante e costruttore di strumenti musicali amico di Leonardo. Collocabile alla fine degli anni Ottanta del Quattrocento è invece lo struggente ed emaciato San Girolamo (Musei Vaticani, Pinacoteca), l’opera di Leonardo che più ha viaggiato, se si esclude la ‘star’ Cecilia Gallerani che ha fatto più volte il giro del Nuovo e Vecchio mondo, mandando in deliquio folle di adoratori. Erano presenti anche La Vergine col Bambino (Madonna Litta), eseguita probabilmente nel 1491-95 (San Pietroburgo, Museo dell’Ermitage) e la Madonna dei fusi del 1501 circa (Edimburgo, National Gallery of Scotland). L’opera, iniziata da Leonardo che dipinse le figure e le rocce in primo piano, venne completata, probabilmente dopo la sua morte (1519), da un artista sconosciuto, forse fiorentino. Essa ha avuto di recente una storia rocambolesca ma fortunata: prestata per la retrospettiva di Leonardo a Milano nel 1939, rimase bloccata in Italia durante la guerra e fu restituita solo nel 1945. Da allora l’opera è stata esposta nella tenuta di famiglia del duca di Buccleuch, il Castello di Drumlanrig, a sud di Glasgow, fino all’agosto 2003, quando venne rubata per essere poi recuperata nell’ottobre del 2007. Infine la mostra, a sottolineare l’eccezionalità dell’evento, ha presentato un’opera inedita, il Salvator mundi, databile tra il 1499 e il 1506 (New York, collezione privata). È questo il primo dipinto ad aggiungersi al catalogo di Leonardo dai tempi della Madonna Benois (ora all’Ermitage), nel 1909. Un Cristo che ha un effetto ipnotico su chiunque lo osservi, con quegli occhi svaporati e la mano che tiene il globo di cristallo di rocca, materiale di pregio proveniente dalle miniere dei Grigioni di cui gli artigiani milanesi erano eccellenti intagliatori. Mancava la Gioconda (Louvre), datata tra il 1503 e il 1506, che però fu eseguita principalmente a Firenze, e dunque non attinente in una esposizione dedicata al periodo milanese dell’artista. D’altra parte la Gioconda non lascerà mai il Louvre, di cui è divenuta indiscutibilmente regina e irrinunciabile icona pop. Tra il novembre 2011 e il febbraio 2012 la mostra ha dunque tenuto banco sulla scena internazionale: l’eco raggiunto è stato talmente dilagante che, per lenire la delusione degli esclusi, dalla National Gallery è stato trasmesso via satellite il docufilm Leonardo Live, vero e proprio viaggio nelle stanze leonardesche del museo londinese. L’interesse per l’esposizione è stato così vivo da superare forse quello per Leonardo stesso: la mostra in sé, infatti, più che le singole opere, è stata oggetto della bramosia del pubblico. Potere dei media e della comunicazione. Resta il fatto che nel 21° secolo – nell’epoca cosiddetta di Caravaggio per le forti tangenze della nostra cultura iperrealistica con quella rappresentata dal pittore lombardo – quando appare Leonardo tutto si azzera. Leonardo è l’archetipo della cultura occidentale, rappresenta la forma ideale dell’arte, quasi preesistente alla creazione di un moderno linguaggio pittorico e da cui tutto si origina. Parafrasando Derrida, Leonardo incarna il concetto di ‘archipittura’. Ed è irrinunciabile.
Un capolavoro da 45 sterline
Tra i numerosi meriti della mostra londinese si colloca anche quello di aver presentato per la prima volta un dipinto di Leonardo considerato a lungo perduto: il Salvator mundi. Il dipinto, ad olio su tavola che misura 66 centimetri di altezza per 46 di larghezza, è databile al 1499 circa e appartiene oggi a un consorzio di commercianti americani guidato da Robert Simon, proprietario di una galleria d’arte a New York. Il dato più eclatante, però, è il prezzo con cui il dipinto fu venduto nel 1958 dai discendenti del proprietario, Sir Herbert Cook, a un collezionista statunitense: appena 45 sterline. Il dipinto, invero ancora oggi molto controverso, fu attribuito per secoli a un allievo del maestro, il Boltraffio. Tuttavia quattro studiosi di fama internazionale, Carmen C. Bambach, Pietro Marani, Maria Teresa Fiorio e Martin Kemp, lo hanno riconosciuto come di mano di Leonardo da Vinci, e l’opera è stimata attualmente ben 126.000.000 di sterline (circa 156.000.000 di euro).Tuttavia, sulle colonne dell’Osservatore Romano e del Corriere della Sera, durante i primi giorni di luglio 2011, si accendeva una vivace querelle intorno all’attribuzione: secondo lo studioso Carlo Pedretti, infatti, la tavola non sarebbe di Leonardo e tale attribuzione consisterebbe solamente in una sofisticata operazione di marketing.
Genio e mito da record anche a Torino
Quella di Londra non è l’unica mostra da primato dell’anno che racconti l’opera di Leonardo. Segna un record anche l’esposizione torinese Leonardo. Il genio, il mito, con un totale di 162.318 visitatori in 90 giorni di apertura, inizialmente prevista dal 17 novembre 2011 al 29 gennaio 2012 e poi prorogata fino al 20 febbraio 2012. La mostra, allestita nelle Scuderie Juvarriane della reggia di Venaria Reale a Torino, presentava tra le altre opere l’enigmatico Autoritratto della Biblioteca Reale di Torino. L’esposizione, articolata in quattro sezioni (I. Leonardo: il genio e il suo volto; II. Il volto di Leonardo tra realtà e mito; III. Il mito di Leonardo nell’arte contemporanea; IV. Il mito di Leonardo nel cinema e nella televisione), si avvaleva anche del video illustrativo e interpretativo dell’opera vinciana firmato da Piero Angela e intitolato Come era Leonardo da giovane?
I libri
Costantino Baroni, Tutta la pittura di Leonardo, 1952.
Alberto Carlo Carpiceci, L’architettura di Leonardo, 1978.
Giulia Bologna, Leonardo a Milano, 1982.
Bibliografia vinciana 1964-1979, 1982.
Marco Carpiceci, Leonardo: la misura e il segno, 1986.
Carlo Vecce, Leonardo da Vinci, 1998.
Silvia Alberti De Mazzeri, Leonardo. L’uomo e il suo tempo, 1999.
Serge Bramly, Leonardo da Vinci, 2000.
Bruno Santi, Leonardo, in I protagonisti dell’arte italiana, 2001.
Edoardo Villata, Leonardo, 2005.
Carmelo Occhipinti, Leonardo da Vinci e la corte di Francia. Fama, ecfrasi, stile, 2011.
Leonardo al cinema
Leonardo Live è una visita cinematografica guidata all’interno delle sale della National Gallery che hanno ospitato la mostra Leonardo da Vinci. Painter at the Court of Milan. Pensato per i tanti che alla mostra non hanno potuto accedere, il video può essere considerato il primo tour cinematografico della storia all’interno di un museo. Il filmato è stato distribuito via satellite e proiettato il 16 febbraio in circa 80 sale italiane contemporaneamente.