L'archeologia delle pratiche funerarie. Egitto
di Sergio Pernigotti
Le aree funerarie in Egitto si dispongono in modo relativamente uniforme per tutta la valle del Nilo, lungo la quale, grazie alle particolari condizioni geofisiche e a una tradizione della ricerca archeologica che ha sempre privilegiato il Sud rispetto alle altre aree del Paese, possiamo studiarne in modo abbastanza agevole la struttura e l'interna organizzazione. Altre zone, quali il Delta del Nilo, il Fayyum e le oasi più lontane, si presentano assai più problematiche, alcune per particolari condizioni fisiche, quali l'umidità e l'instabilità del suolo, e per un'antropizzazione sempre molto intensa nel corso dei secoli che non ha facilitato la conservazione delle necropoli, altre, come le oasi più lontane, perché la loro esplorazione archeologica è un fatto molto recente e quindi pochi sono per ora i dati disponibili: quelli che vengono mano a mano resi noti non appaiono di agevole interpretazione, almeno per quanto concerne le disposizione delle aree funerarie. Ciò malgrado la documentazione è molto vasta e ben distribuita nel tempo. Entrambe queste affermazioni vanno però considerate in senso relativo, dal momento che ciò di cui noi disponiamo riguarda una percentuale molto piccola della popolazione egiziana, percentuale che appare ancora minore se si tiene conto che essa copre una cronologia di molto superiore ai 3000 anni, quando non si consideri l'età romana e quella bizantina, che indubbiamente presentano caratteristiche (e anche problematiche) considerevolmente diverse. Preliminare ad ogni altro è il problema della disposizione nel territorio, anche, e soprattutto, in relazione al rituale funerario così come noi lo conosciamo dalle età più antiche della storia egiziana. Secondo una convinzione assai radicata, si è sempre affermato che le necropoli egiziane si trovavano, salvo rare eccezioni, sulla riva sinistra del Nilo, ad occidente, cioè, là dove il pensiero religioso, elaborato in tal senso fin da un'epoca molto antica, aveva collocato il mondo dei morti. Dal punto di vista del rituale funerario non c'è alcun dubbio che le cose si presentino proprio così, anche se resta poi da spiegare per quali ragioni tale regola avesse delle evidenti eccezioni, sia per quanto riguarda le necropoli private sia anche, per lo meno in un caso, per quelle regali. Recenti indagini hanno però dimostrato che un semplice inventario topografico delle necropoli egiziane dimostra che vi è una quasi completa equivalenza dal punto di vista quantitativo tra quelle che si trovano sulla riva destra e quelle che sono state costruite sulle riva sinistra. In un certo senso si potrebbe affermare che dal punto di vista della loro localizzazione le aree funerarie potessero effettivamente trovarsi sull'una o sull'altra delle rive del Nilo. Il criterio allora sarebbe stato costituito dalla presenza delle colline di calcare presso la valle, per la preferenza, evidente per tutta la durata della loro storia, che gli Egiziani ebbero per le tombe ipogee: l'esistenza delle colline si rivelava allora fondamentale per soddisfare questa esigenza. Se le colline si trovavano sulla riva sinistra le tombe venivano scavate sulla riva sinistra, altrimenti veniva scelta la riva destra. Questo criterio meccanico e alquanto rozzo andava però a scontrarsi con le esigenze religiose sopra esposte: che così fosse è dimostrato dalla necropoli di Beni Hasan (databile tra il Primo Periodo Intermedio e il Medio Regno), che si trova sulla riva destra del Nilo, con gli ingressi delle tombe rivolti verso ovest, invece che verso est, come imponeva la regola generale; tale ordine veniva restaurato per mezzo di una stele che, collocata a destra della porta oltre l'ingresso, e orientata verso est, ripristinava per forza di magia il corretto orientamento della tomba. Ciò dimostra comunque che, qualunque fosse la prassi, le tombe avrebbero dovuto trovarsi sulla riva sinistra, anche se poi le cose andavano in modo diverso. In ciò le necropoli sembrano rispondere a una regola considerevolmente diversa da quella dei templi dedicati al culto divino, i quali hanno un orientamento nient'affatto costante, ma che è legato comunque a tradizioni e a considerazioni di carattere astronomico e quindi teologico che sono molto diverse secondo le zone del Paese. Il fatto è che le sepolture egiziane con la loro struttura modulare, che comportava obbligatoriamente la presenza di tre elementi (sovrastruttura, camera funeraria e un elemento di raccordo tra l'una e l'altra), per quanto diversamente disposti, privilegiavano i luoghi in cui era possibile scavare tombe nella roccia delle colline disposte lungo il fiume. Ciò consentiva di risolvere facilmente il problema della sovrastruttura che finiva per identificarsi con la roccia stessa della montagna, donde l'espressione, affermatasi in demotico, in epoca tarda, di "luogo della montagna" per indicare le tombe, anche dove la montagna non vi era affatto. Laddove non vi erano montagne, come a Herakleopolis, le tombe venivano scavate nel terreno, al termine di profondi pozzi e sul terreno sorgevano certamente delle sovrastrutture, ora perdute; tali sepolture costringevano a complessi lavori di scavo che comportavano l'impiego di ingenti mezzi economici. Era dunque un principio di economia, e non di carattere cultuale, che induceva a utilizzare le montagne come luogo privilegiato delle sepolture, quando questo si rivelasse possibile. Naturalmente, nei luoghi che non avevano come punto di riferimento il fiume, il problema non esisteva. Così avveniva ad esempio nel Fayyum, la grande semioasi che si trova ad occidente del Nilo poche decine di chilometri al di sotto della zona menfita: qui le necropoli di cui possiamo valutare la collocazione sono per lo più di epoca tarda e di età tolemaica e romana. Per quanto poco si sappia di esse, perché considerate in passato poco meritevoli di uno studio approfondito e perfino di essere pubblicate, una volta scavate, possiamo ritenere sicuro che esse avessero come unico punto di riferimento non l'occidente (esse si trovavano già ad occidente), quanto piuttosto i centri urbani che vi deponevano i loro defunti: in questo caso veniva utilizzato il deserto, ma senza che si riesca a cogliere un particolare tipo di orientamento, con preferenza, anche qui, per le più piccole increspature del terreno, "colline" di pochi metri di altezza. Mancano fino ad oggi le necropoli dei periodi più antichi: particolarmente sorprendente appare la mancanza di quelle del Medio Regno, il periodo in cui la regione ricevette un grande impulso dal faraone Amenemhat III attraverso grandiosi lavori di bonifica. Ciò suona come conferma dell'ipotesi sopra avanzata che, in una situazione di tal genere, le necropoli anteriori all'età greco-romana venissero scavate nel terreno, come a Herakleopolis, e che la scomparsa delle sovrastrutture abbia comportato la perdita della possibilità di una loro identificazione in un'area che è vastissima e quindi impossibile da esplorare nella sua interezza. Vi è una sola eccezione che sembra confermare per altra via le ipotesi sopra esposte ed è la necropoli del Medio Regno di Kom el-Khelua, che comprende tombe principesche scavate nella roccia di un lieve corrugamento del deserto: mancano per ora altri dati, tra cui quello fondamentale del centro urbano di riferimento. Tale situazione sembra ripetersi senza varianti di rilievo nelle oasi più esterne del Deserto Libico, nel complesso ancora poco esplorate, malgrado l'intensificarsi dei lavori sul campo e di ricerche di ogni genere. Anche qui sembra non esservi alcun problema teologico: le necropoli dell'Antico Regno e quelle di epoca tarda ‒ per il momento non ve ne sono di databili ad altri periodi storici ‒ hanno come punti di riferimento solo i centri abitati e mantengono inalterate le caratteristiche strutturali che quelle coeve presentano in altre zone dell'Egitto, con forse una maggiore propensione, peraltro non sicura, per grandi sepolture collettive nell'epoca greco-romana. Per quanto concerne le sepolture regali, noi possiamo seguirne la disposizione fin da un'epoca estremamente antica, certamente anteriore all'unificazione del Paese, per lo meno a partire dal momento storico in cui, all'interno delle necropoli, prima indifferenziate, si può riconoscere la tomba del "sovrano", sia che egli esercitasse la sovranità su una zona circoscritta del Paese, il Sud, sia che il suo regno comprendesse le Due Terre, ormai organizzate in un regno unitario, a partire dalla I Dinastia. Il rituale funerario doveva essere solidamente costituito già in quest'epoca molto remota della storia egiziana ‒ benché manchino del tutto le notizie sul Delta, che può avere avuto tradizioni sue proprie e diverse da quelle del Sud ‒, se le necropoli si trovano regolarmente sulla riva sinistra del Nilo, senza alcuna eccezione, per almeno due millenni fino alla XXI Dinastia. In realtà dalla fine del IV sino quasi alla fine del II millennio a.C., sulla riva sinistra del Nilo assistiamo ad una grande sfilata di tombe regali, dapprima a sud, nella necropoli di Abido, con le sepolture regali poste all'interno di grandi recinti con semplici sovrastrutture in mattoni crudi, poi, stabilmente, a partire dalla III Dinastia, molto più a nord, in una vasta area compresa tra Abu Roash fino a Hawara e Illahun nel Fayyum sud-orientale. Per circa mille anni, fino alla XII Dinastia, la sovrastruttura delle tombe regali diventa la piramide, che ha una sua ricca evoluzione interna, da quella cosiddetta "a gradoni" del re Djoser della III Dinastia, per giungere a quelle incomparabilmente più povere, ma non sempre più piccole, dei sovrani del Medio Regno, passando per le piramidi "classiche" della IV Dinastia a spigoli vivi costruite sul plateau calcareo di Giza, oggi alla periferia del Cairo. Almeno fino a Dahshur, si tratta di un'unica immensa necropoli, che presenta il massimo della concentrazione a Saqqara, nei pressi di quella che fu la capitale e la residenza regale per tutto il III millennio a.C., Menfi, e a Dahshur stessa. L'unità di questo straordinario complesso di sepolture regali è data da un lato dalla forma della sovrastruttura, oltre che dalle enormi dimensioni, che assumono entrambe un evidente carattere di strumento per la trasmissione dell'ideologia della regalità di diritto divino, e dall'altro dal loro convergere verso la capitale, come luogo in cui il sovrano risiedeva, a sottolineare il contrasto tra la dimora in cui egli stava durante il suo soggiorno sulla terra, costruita in mattoni crudi e quindi intimamente peritura (il cd. "palazzo"), e la dimora dell'eternità, che avrebbe occupato dopo la morte, costruita in pietra a sottolineare il suo carattere di edificio destinato a durare per sempre. La funzione funeraria che ne imponeva la costruzione ad occidente, e quindi sulla riva sinistra del fiume, si saldava, in questo lungo periodo storico, con i motivi ideologici relativi alla natura della regalità a cui spettava il governo sull'Egitto. Dopo la lunga parentesi, quasi duecento anni, del Primo Periodo Intermedio, che vede il prevalere di tradizioni locali rispetto al centralismo della monarchia menfita e che porta quindi alla scomparsa delle piramidi a favore di grandi tombe principesche, è con la fondazione del Medio Regno che i grandi monumenti regali fanno nuovamente la loro comparsa, dapprima nel complesso funerario terrazzato del re Montuhotep a Deir el-Bahari (Tebe), se davvero esso culminava, come appare probabile, malgrado autorevoli opinioni in contrario, con una piramide, a rievocare l'avvenuta riunificazione tra il Nord, citato nel monumento più caratteristico della zona menfita, e il Sud, da cui la monarchia regnante ancora una volta traeva la propria origine. Ma la ripresa si consolida nella XII Dinastia, anch'essa costituita da principi di origine tebana, ai quali si deve una capitale di nuova fondazione, posta tra la valle del Nilo e il Fayyum, sulla riva destra del fiume, e che in questa zona e fino a Hawara e Illahun costruiranno le loro piramidi. La volontà di ricollegarsi alla monarchia del III millennio a.C. è in questo caso evidente e non si coglie, a dire il vero, solo nell'architettura funeraria, ma anche nelle arti figurative, specie nella prima parte della dinastia. Con la fine della XII Dinastia le piramidi scompaiono definitivamente dal rituale funerario dei sovrani egiziani. Quando, dopo la fine del Secondo Periodo Intermedio e della dominazione Hyksos nel Nord del Paese, assistiamo alla rinascita dello Stato unitario ancora ad opera di una famiglia di principi tebani, ai quali si doveva la liberazione manu militari dell'Egitto dall'occupazione straniera, la necropoli regale risponde a principi completamente diversi rispetto a quelli delle epoche precedenti. Rimane inalterata la collocazione ad occidente, sulla riva sinistra del fiume, ma le tombe sono ora profondamente scavate nella roccia al termine di lunghi cunicoli sotterranei, nel rispetto del loro carattere modulare che ne vuole una parte profondamente nascosta nel sottosuolo. Il pozzo si trasforma in un lungo corridoio sulle cui pareti sono trascritti testi funerari tratti da papiri di cui conservano in parte l'impaginato, per così dire; di tale corridoio si sottolinea in genere il carattere di protezione dall'azione dei ladri, che neppure l'immensa mole delle piramidi era riuscita a fermare. Comunque le tombe regali vengono ora raccolte in un'unica valle nella catena di basse colline poste ad occidente di Tebe, la cosiddetta Valle dei Re (dall'arabo Biban el-Muluk) e sono prive di una sovrastruttura visibile, a meno che essa non debba identificarsi con la montagna che le sovrasta tutte, salvando in tal modo il principio del modulo tripartito: salvo anche nella nuova concezione rimane ovviamente il tempio funerario, il quale però assume una posizione assai diversa rispetto all'età menfita e alla XII Dinastia. Esso non è più legato strettamente al luogo in cui si trovava la sepoltura, ma appare completamente indipendente da essa. Nel Nuovo Regno (XVIII-XX Din.) i templi funerari si dispongono in una lunga fila davanti alle colline della riva sinistra tebana, orientati secondo un asse est-ovest, corrispondente al percorso diurno del Sole, e spesso a una distanza anche notevole dalla tomba del sovrano di cui perpetuavano il culto. Il legame tra il tempio e la tomba ci sfugge, se mai vi è stato, e può essersi in realtà risolto in fatti puramente teologici, non avvertibili in base all'analisi dei monumenti e della loro disposizione nel territorio. Anche in quest'epoca rimane però saldo l'altro principio a cui si sono ispirate le necropoli regali nelle età precedenti, cioè quello della loro contiguità con la residenza regale, fisicamente resa visibile dal "palazzo". Anche a Tebe i palazzi regali si trovavano sulla riva destra del fiume in connessione con la città (oggi sotto il villaggio moderno di Luxor e quindi in gran parte irraggiungibile dagli scavi) e i suoi templi destinati al culto degli dei, con la sola eccezione, e quindi per questo tanto più significativa, del palazzo di Amenhotep III a Malqata, sulla riva sinistra, in piena zona funeraria, che va interpretato forse come un gesto di rottura tra il sovrano e il clero tebano del dio Amon. Anche qui, a Tebe, appare evidente che la collocazione della necropoli regale nel territorio risponde in primo luogo a un fatto dinastico. Ciò appare confermato anche dal tempio funerario di Ramesse III a Medinet Habu, sempre sulla riva sinistra del fiume, al quale è connesso un palazzo regale che è appoggiato al suo lato meridionale e che si apre sul tempio stesso per mezzo della cosiddetta "finestra delle apparizioni". Quale sia il significato da attribuire a questo palazzo, sito all'interno di un complesso funerario, non è affatto chiaro; è evidente, comunque, che innegabile appare la stretta connessione rituale tra i due edifici. Il principio di uno stretto legame tra il luogo di residenza del sovrano e la necropoli dinastica non ha trovato eccezioni neppure nel periodo di Amarna, quando il faraone Amenhotep IV/Ekhnaton trasferì la sua residenza da Tebe ad Akhetaten, nel Medio Egitto, una città di nuova fondazione e che quindi non poteva vantare alcun precedente in fatto di necropoli regali o private: proprio per questo motivo la scelta appare tanto più significativa. Nel breve periodo in cui la città venne utilizzata come residenza regale e come capitale, nelle colline che si trovavano ad est del centro abitato venne preparata la tomba destinata ad ospitare il corpo del sovrano e dei componenti più importanti della sua famiglia, oltre ai funzionari di grado più elevato. Necropoli, questa, che non venne di fatto mai utilizzata, in realtà neanche condotta a termine, per la prematura scomparsa del sovrano e il rapido esaurirsi della sua "rivoluzione". A Tell el-Amarna il principio della contiguità tra residenza e necropoli è stato dunque rispettato. Questo è l'unico elemento di continuità tra la rivoluzione amarniana e le età precedenti: per il resto assistiamo a profonde innovazioni, non solo nella localizzazione della necropoli ma anche nel suo orientamento. Le tombe di Amarna sono infatti scavate nella catena di basse colline che si trovano sulla riva destra del fiume: se ciò non costituisce una novità per le tombe private, è invece un fatto rivoluzionario per quella del sovrano; l'orientamento verso occidente non è un'anomalia, come avveniva nel Primo Periodo Intermedio e nel Medio Regno a Beni Hasan, facilmente rimediabile con un opportuno assetto della stele funeraria, ma la nuova regola che si ispira a un rituale in cui il Sole al tramonto appare come il punto di riferimento voluto e cercato. La teologia solare su cui si fonda il pensiero religioso di Ekhnaton trova anche qui una chiara formulazione nel capovolgimento dell'orientamento e nel legame tra il destino ultraterreno del re defunto e il disco solare. Infine, non vi sono tracce di un elemento che altrove è invece sempre presente, cioè del tempio funerario in cui veniva celebrato il culto del sovrano defunto. Questa tipologia templare è sempre presente nel rituale del Nuovo Regno sulla riva sinistra a Tebe, anche nel caso della tomba del padre di Ekhnaton, Amenhotep III, il quale per questo rispetto si colloca nella linea della tradizione più classica. La disposizione delle necropoli regali cambia ancora una volta a partire dalla XXI Dinastia, ma il nuovo rituale che conosciamo attraverso ricche testimonianze archeologiche (per la XXI e la XXII Din.) e testuali (Erodoto) è profondamente diverso da quelli precedenti. Le necropoli regali si trovano ora all'interno del temenos del tempio principale della città di cui la dinastia regnante era originaria, quello in cui veniva adorata la divinità poliade. Questa regola ebbe delle ovvie eccezioni, certamente nella XXV Dinastia, composta da sovrani etiopi, che avevano altrove, fuori dell'Egitto, le loro necropoli, e nella XXVII Dinastia, durante la quale in realtà l'Egitto era una satrapia persiana e quindi non aveva sovrani "indigeni". Le necropoli dei sovrani della XXI e della XXII Dinastia sono state rinvenute a Tanis, nel Delta orientale, all'interno del tempio del dio Amon: da Erodoto sappiamo che i sovrani della XXVI Dinastia, le cui tombe non sono state trovate, avevano la loro necropoli all'interno del temenos del tempio della dea Neith, a Sais, città di cui essi erano originari. Questa nuova tradizione comporta anzitutto la regola che le necropoli regali si moltiplicano, con il mutare del luogo di origine e quindi anche di residenza dei sovrani delle diverse dinastie, regola che fino ad allora in Egitto non aveva avuto applicazione al mutare di ogni dinastia, restando anzi il luogo di sepoltura sempre il medesimo per un lungo periodo di tempo e cambiando di fatto solo in relazione allo spostamento del centro del potere. Così era accaduto per le prime due dinastie (Abido), e in seguito per l'Antico Regno (la grande necropoli tra Abu Roash e Dahshur), il Medio Regno (la regione limitrofa al Fayyum) e poi per il Nuovo Regno (la Valle dei Re a Tebe). Se da un lato la consuetudine di costruire le necropoli regali presso il luogo di residenza della famiglia regale non viene meno, ma esce anzi rafforzata dal nuovo rituale, le novità sono invece importanti, perché l'antico Egitto non conosceva la consuetudine di seppellire i defunti all'interno delle città e tanto meno all'interno del temenos del tempio in cui venivano adorati gli dei. Non conosciamo le ragioni della profonda innovazione che caratterizza l'Epoca Tarda e che comporta anche la scomparsa del tempio funerario; la spiegazione che se ne dà correntemente della volontà di stringere, per così dire, i rapporti tra il sovrano (defunto) e la sua famiglia e la divinità dinastica è così ovvia che non merita particolari precisazioni, ma sfuggono le ragioni per cui si è voluto stringere tale rapporto: non può essere che una ragione di tipo teologico della quale ci mancano però le evidenze testuali. Con l'arrivo dei Greci in Egitto e il costituirsi della dinastia macedone gli antichi rituali riflessi nelle necropoli regali di età dinastica tramontano definitivamente, sostituiti da quelli dei nuovi signori del Paese. Per quanto riguarda le necropoli non regali le regole di organizzazione sono profondamente diverse. Va subito detto che nell'antico Egitto non vi sono tracce evidenti di una gerarchia interna delle sepolture, se non in casi relativamente rari e non sicuri. Il possedere una sepoltura rappresentava di per sé un fatto altamente elitario e le distinzioni interne alla classe dirigente non corrispondevano necessariamente a distinzioni di ruoli e di prestigio sociale. Naturalmente vi sono delle differenze anche notevoli a seconda dei vari periodi storici, che dipendono grosso modo dalla maggiore o minore complessità della società egiziana, ma soprattutto dal mutare delle concezioni religiose e di quelle funerarie, che non rimangono sempre le medesime, ma che da un fatto puramente aristocratico nel III millennio a.C. diventano una pratica sempre più diffusa verso il basso della scala sociale, anche se non necessariamente egualitaria. Non molto è quello che sappiamo della organizzazione delle necropoli per il IV millennio a.C., prima della unificazione del Paese sotto una monarchia unitaria. L'esame dei dati archeologici, sempre più abbondanti, di cui possiamo disporre, permette, tuttavia, di avanzare qualche ipotesi sulla struttura economica e sociale dell'Egitto predinastico, in una situazione in un certo senso rovesciata rispetto a quella del periodo dinastico. In quest'ultimo periodo, infatti, sono le sepolture che riflettono una gerarchia sociale facilmente leggibile anche in base a fonti di tipo diverso, figurate o anche scritte, in ogni caso connessa con l'ideologia della monarchia di diritto divino e con una organizzazione statuale fortemente accentrata. Le prime necropoli presuppongono un tipo di società priva di strutture gerarchiche evidenti, sostanzialmente egualitaria, che viene di solito individuata negli abitanti di fattorie isolate, in cui la presenza del capo e di un eventuale consiglio degli anziani non lascia tracce nei corredi funerari né nella disposizione delle tombe. La situazione non sembra cambiare nel periodo successivo, quando alle fattorie isolate subentrano i villaggi completamente autosufficienti: anche questo mutamento, che non comporta ancora alcuna forma di organizzazione statuale, non lascia tracce nelle necropoli coeve, dove l'uguaglianza sembra essere ancora il criterio dominante, anche se, forse, con una minore assolutezza rispetto al periodo precedente. Da documenti posteriori sappiamo che a questo subentra un periodo caratterizzato dalla presenza di villaggi fortificati, che sembrano anzi essere la regola nel periodo predinastico e in quello immediatamente precedente all'unificazione, nella cosiddetta Dinastia 0. Il villaggio fortificato indica una profonda trasformazione della società egiziana. Esso presuppone infatti un periodo, probabilmente molto lungo, di guerre: se è così, è chiaro che esistono forme anche abbastanza complesse di Stato, con la divisione interna del lavoro e le conseguenti gerarchie sociali che esso comporta, nonché forme di organizzazione amministrativa fondata sulla riscossione dei tributi e la gestione della guerra. A una situazione statica che caratterizzava i periodi precedenti, si sostituisce una situazione dinamica, rivelata dalla guerra e che porta alla creazione di strutture statuali sempre più grandi e quindi in grado di formulare un'ideologia del potere (la regalità di diritto divino) che ne giustifichi l'azione di espansione territoriale, fine ultimo dello stato permanente di guerra suggerito dalla presenza dei villaggi fortificati. Questa nuova realtà è dimostrata da fonti figurate e scritte, tutte ascrivibili al periodo storico che definiamo come Dinastia 0. Nella necropoli di Hierakonpolis, ritenuta la culla della regalità faraonica, vi è una tomba che conserva sulle pareti delle pitture in cui è raffigurato un capo che colpisce con la mazza i nemici che, in numero di tre, sono inginocchiati di fronte a lui, prototipo di un motivo che rimarrà costantemente nell'iconografia regale egiziana fino all'età romana; inoltre sono rappresentate scene di caccia e di combattimento, oltre ad animali fantastici la cui iconografia è di evidente origine mesopotamica. Si tratta di motivi della massima importanza e l'apparente mancanza di un'organizzazione figurativa non diminuisce il loro significato sul piano storico. È evidente che qui, per la prima volta in una necropoli egiziana, ci troviamo di fronte alla tomba di un "capo" che possiamo già considerare un sovrano del quale si esaltano le imprese militari e di caccia, che sono forse solo una metafora di quelle di guerra; il richiamo all'ambiente mesopotamico dichiara che il nemico affrontato sul campo non può essere ricercato altro che negli abitanti del Delta del Nilo, il cui controllo era essenziale per rendere sicuri i commerci con la Terra dei due fiumi, le cui importazioni erano indispensabili, ormai, per l'assai evoluta popolazione del Sud. La domanda di prodotti di pregio presuppone a sua volta una società assai differenziata dal punto di vista sociale. Il nome del sovrano qui raffigurato ci rimane ignoto, perché la scrittura non era stata ancora "inventata" in Egitto, ma è chiaro che egli deve essere collocato all'inizio del movimento di espansione militare verso nord, nel periodo dei villaggi fortificati. Le strutture statali appaiono ormai definitivamente costituite nel periodo immediatamente seguente, nel quale la lotta armata conduce assai rapidamente all'unificazione dell'Egitto. La monarchia è già costituita anche nei suoi caratteri formali e simbolici (i cd. regalia) e nella necropoli arcaica di Abido (tomba U-j) possiamo individuare per la prima volta una sepoltura non più semplicemente di un "capo" combattente, ma di un sovrano: la recente invenzione della scrittura ci permette di dargli un nome (il "re-Scorpione", per la nostra incapacità di leggere il segno che serve a scriverne il nome) ed, entro certi limiti, di indicare alcuni degli avvenimenti più importanti del suo regno nel Sud del Paese; recentissima è la scoperta di un archivio a suo nome che mostra una già raffinata struttura amministrativa dello Stato meridionale. Se la dottrina della regalità di diritto divino appare ora, se non definitivamente formulata, almeno in via di formulazione, nulla sappiamo di concreto sulle concezioni funerarie e quindi sull'interno differenziarsi delle sepolture nelle necropoli arcaiche. Tuttavia nel periodo di transizione tra la Dinastia 0 e la I Dinastia, le cose appaiono molto più nettamente definite, perché le tombe dei sovrani, che giungono fino alla fine della II Dinastia, sono nettamente distinguibili per le loro caratteristiche architettoniche: le sovrastrutture sono poste al centro di recinti (le une e gli altri regolarmente costruiti in mattoni crudi, segno che la dottrina della "dimora per l'eternità" non era stata ancora compiutamente elaborata), mentre la scoperta delle barche ordinatamente allineate le une accanto alle altre dimostra che, se non altro, almeno l'idea della morte del sovrano come "traghetto" nell'aldilà era già nettamente definita. Tuttavia il fatto più importante di questo periodo storico è che i recenti scavi nella necropoli arcaica di Abido hanno dimostrato che i funzionari di grado più elevato venivano sepolti in vani annessi alla tomba del sovrano, messi a morte ritualmente al momento della scomparsa del loro signore, almeno fino a tutta la I Dinastia. È questo certamente il residuo di un rito tribale molto antico che si salda all'inizio dell'età dinastica con l'idea di un destino nell'aldilà proprio del sovrano, che i suoi funzionari più fedeli potevano condividere soltanto a condizione che lo seguissero nel momento della sua morte. Tale rituale, che un tempo si riteneva confinato nella più lontana preistoria, sembra cessare con la II Dinastia e non è certamente più in uso nella III Dinastia, all'inizio della quale avviene una netta distinzione, ben visibile a Saqqara, ora divenuta la necropoli regale nei pressi della residenza menfita, tra la tomba del sovrano e quelle degli alti funzionari del regno. La sovrastruttura della tomba regale evolve nella forma della piramide, concepita dapprima dall'architetto Imhotep come piramide a gradoni: soprattutto la tomba del sovrano viene isolata da quelle dei funzionari e assume una sua visibilità, assolutamente diversa da quella degli altri. Inoltre essa viene posta all'interno di un recinto la cui facciata si rifà esplicitamente a quella del palazzo ed è circondata da una serie di edifici fittizi, perché pieni al loro interno e quindi inaccessibili, la cui funzionalità consiste nel consentire al sovrano, anche nell'aldilà, il compimento dei riti che gli competono come sacerdote. Infine, l'uso ormai generalizzato della pietra afferma con chiarezza che la dottrina della tomba come "casa per l'eternità", che come tale si contrappone al perituro palazzo in mattoni crudi, si è ormai definitivamente affermata. Le tombe dei funzionari si trovano fuori del recinto funerario del sovrano e sono disposte nella grande area del plateau di Saqqara senza una relazione evidente con quella del loro signore: si distinguono da essa per l'assai più modesta sovrastruttura e per il fatto che in ogni caso non sono delimitate da un recinto. Alcune di esse si trovano in altre zone del Paese, il che dimostra che il legame con quella del sovrano è ora molto meno stretto che non nel periodo thinita e che alla dottrina precedente ne era subentrata una diversa, meno vincolante. Va comunque osservato che a partire dal periodo in cui si è realizzata l'unità del Paese dalle necropoli scompare ogni carattere egualitario: esse assumono visibilmente l'aspetto di necropoli aristocratiche. La tomba sembra diventare un privilegio connesso con la posizione sociale, la quale a sua volta dipende dai legami con la corte se non proprio con la persona del sovrano. Una svolta decisiva si ha in realtà tra la III e la IV Dinastia, quando le tombe in cui sono sepolti i funzionari di grado più elevato si dispongono tutt'intorno alle piramidi dei sovrani presso i quali hanno servito durante la vita, in ordinate necropoli che assomigliano molto a città in cui le sepolture sono separate da strade e raggruppate in quartieri. È in un certo senso un ritorno alla consuetudine thinita della tomba regale circondata o accompagnata da quelle dei funzionari, privata ora della pratica cruenta della messa a morte rituale, e resa assai più visibile per lo stagliarsi contro il cielo della mole immensa della piramide che è un affermare da un lato la dottrina della regalità divina e dall'altro la differenza "sociale" tra le sepolture. Tutto questo trova anche una conferma testuale nel fatto che la tomba nella necropoli che circonda la piramide è un privilegio rarissimo che spetta solo a un numero assai ristretto di funzionari. L'immortalità e quindi una vita oltre la morte è prerogativa del sovrano connessa con la sua natura divina e con la vicenda, che solo lui riguarda, di un dio che risorge dopo la morte per tornare in cielo tra gli altri dei: per gli uomini sui quali egli esercita quella "benefica funzione" che è la regalità non vi è propriamente una vita dopo la morte, se non per coloro che il sovrano sceglie perché lo accompagnino nell'aldilà fino a costituire la sua corte celeste. L'immortalità è dunque un privilegio sociale che si conquista con buoni meriti presso il sovrano ed essere sepolto nelle necropoli che si estendono attorno alle piramidi appare il segno visibile del compiacimento del sovrano per i suoi funzionari più fedeli e più capaci. È questo l'unico segno di una gerarchia delle necropoli dell'Antico Regno, anche perché in realtà quelle principesche sono le uniche che noi conosciamo: secondo tale aristocratica concezione dell'aldilà, la possibilità di una vita oltre la morte riguarda un numero ristrettissimo di persone; per gli altri non ha senso parlare di rituali funerari e quindi di tombe o di necropoli. Tuttavia nel corso dell'Antico Regno esistono anche necropoli che non sono strettamente legate, dal punto di vista topografico, con quelle dei sovrani. È sufficiente citare sotto questo profilo la necropoli del III millennio a.C. che si trova sulla riva sinistra del Nilo a Qubbet el-Hawa, nei pressi di Assuan, dove sono sepolti eminenti funzionari della VI Dinastia, o le tombe non meno importanti che si trovano nella necropoli di Abido, tra cui va citata quella del "principe e governatore del Sud", Uni, secondo solo al sovrano nella gerarchia della tarda VI Dinastia. Due sono le spiegazioni possibili di questo fatto, che sembra contraddire il principio secondo il quale i funzionari più eminenti dovevano essere deposti nei pressi delle piramidi: si può pensare anzitutto che il vincolo con le tombe regali sia andato attenuandosi nel tempo, oppure che il punto di riferimento sia da ricercarsi, in simili casi, nelle piccole piramidi costruite, a partire dalla III Dinastia, in varie parti del Paese, prive di funzioni funerarie ma destinate certamente a riaffermare al di fuori dell'ambiente menfita, specialmente a sud, il potere del sovrano attraverso il monumento destinato a trasmettere la dottrina della regalità divina. In tal modo tutto tornava al suo posto dal punto di vista teologico e anche sociale, perché tali piramidi "simboliche" potevano benissimo sostituire quelle vere. Una spinta notevole verso la diffusione delle necropoli in tutte le zone del Paese si ebbe nel Primo Periodo Intermedio con il venir meno della monarchia centralizzata. Tale fenomeno si può considerare consolidato con il Medio Regno, benché in quest'epoca facciano nuovamente la loro comparsa le piramidi, in seguito al riaffermarsi della monarchia unitaria. Tuttavia vi è una novità notevole dovuta alla cosiddetta "democratizzazione dell'aldilà", secondo cui il destino ultraterreno non era più un privilegio aristocratico ma vicenda comune a tutti gli uomini. Questo fa sì che nasca una gerarchia tra le necropoli principesche, poste accanto alle piramidi e comprendenti i membri della famiglia regale e alcuni degli alti funzionari, e le altre che possono trovarsi ovunque, presso i centri urbani grandi e piccoli, in cui chiunque, almeno in teoria, poteva costruire la propria tomba. Tale possibilità trovava il suo limite nelle capacità economiche dei singoli o delle famiglie e sostituiva di fatto al privilegio del III millennio a.C. un nuovo tipo di privilegio dovuto essenzialmente a fattori di ordine economico, non al rapporto personale con il sovrano, che nell'Antico Regno poteva anche sovvertire tali situazioni, nel paradosso di una società fortemente aristocratica ma aperta verso il basso, come il caso del già citato Uni, un tipico homo novus, testimonia in modo persuasivo. Non vi sono sostanziali mutamenti, per il resto della lunga vicenda della storia egiziana, a tali regole, che al contrario sembrano consolidarsi in ogni regione del Paese. Le necropoli non hanno particolari punti di riferimento di carattere teologico, ma si dispongono intorno ai centri abitati, possibilmente, quando la morfologia del terreno lo consente, scavate nel fianco delle colline calcaree; al loro interno non esiste altra gerarchia che quella connessa con la posizione sociale della persona sepolta, che si riflette sia nelle strutture architettoniche che nella ricchezza del corredo funerario. In certe necropoli, come quella di Saqqara, ad esempio, che è stata in uso dalla fine del IV millennio a.C. al X sec. d.C. circa, l'affollarsi delle tombe ci permette di cogliere molto bene il loro netto differenziarsi secondo un criterio fondato unicamente sul privilegio sociale e sulle possibilità economiche, con il coesistere, in una medesima epoca, di tombe molto ricche accanto a sepolture poverissime e spesso di reimpiego. In altre necropoli la situazione è un po' diversa. Ad Abido la necropoli arcaica della regalità pre- e postunitaria si trasforma rapidamente quando diventa una terra santissima in quanto sede della tomba di Osiris, il dio dell'aldilà in cui tutti gli Egiziani si riconoscevano, e in quanto tale, diviene una specie di necropoli-santuario, in cui le deposizioni sono sostituite dagli ex voto, da quelli regali consistenti in grandi costruzioni templari a quelli degli egiziani più poveri che vi dedicano semplici stele recanti il proprio nome. A Tebe, la cui necropoli vive i suoi momenti più importanti dal Nuovo Regno fino alla XXVI Dinastia e anche oltre, si può leggere sul terreno il coesistere di necropoli con caratteri nettamente definiti proprio perché tra loro assai diverse. L'area delle deposizioni ha inizio a nord con la Valle dei Re, nella quale sono scavate le tombe dei sovrani dalla XVIII alla XX Dinastia, e termina a sud con la Valle delle Regine, destinata appunto alle sovrane e ai principi delle dinastie regnanti; al centro vi è una grande necropoli privata, che si data dalla XVIII alla XXVI Dinastia, nella quale si trovano le tombe, che riflettono tipologie spesso molto differenti, di alti funzionari e di sacerdoti, in uno spaccato molto significativo della coeva società egiziana, in cui la sepoltura rimane pur sempre un privilegio della classe dirigente del Paese.
J. Garstang, Burial Customs of Ancient Egypt, London 1907; A. Badawy, A History of Egyptian Architecture, I-III, Giza - Berkeley - Los Angeles 1954-68; M.A. Muhammed, The Development of the Funerary Beliefs and Practices Displayed in the Private Tombs of the New Kingdom at Thebes, Cairo 1966; J. Baines - J. Malek, Atlas of Ancient Egypt, Oxford 1980; A.R. David, The Ancient Egyptians. Religious Beliefs and Practices, London 1982; A.J. Spencer, Death in Ancient Egypt, Harmondsworth 1982; N. Kanawati, The Tomb and its Significance in Ancient Egypt, Guizeh 1987; S. Aufrère - J.-Cl. Golvin - J.Cl. Goyon, L'Égypte restituée, I-III, Paris 1991- 97; G. Dreyer, Um El-Qaab I. Das prädynastische Königsgrab U-j und seine frühen Schriftzeugnisse, Mayence 1998; S. Donadoni, Tebe, Milano 1999.
di Paola Davoli
La cultura egiziana di epoca dinastica elaborò una visione estremamente complessa dell'aldilà che si basava sull'idea che oltre la morte l'individuo continuasse in eterno una nuova vita. Con la morte si scindevano le parti che componevano l'uomo, comuni anche agli dei: il corpo, l'ombra, la forza vitale (ka) e le due parti spirituali, l'akh e il ba. Ogni parte sopravviveva alla morte in modo diverso, a seconda della sua essenza, ed era in ciò aiutata dai viventi. La sopravvivenza di tutti questi elementi era indispensabile alla vita ultraterrena dell'individuo in quanto tale. È per questo motivo che fin dal Periodo Predinastico (Naqada II) gli Egiziani iniziarono a mummificare i corpi, cioè a trattare i defunti in modo che si potesse conservare nel tempo la loro fisionomia; la durata del corpo era indispensabile al ka, la cui esistenza era condizionata dalla necessità di nutrirsi e di appoggiarsi al corpo materiale o ad un suo sostituto, la statua. L'akh e il ba sono essenze spirituali dell'uomo, indipendenti dal corpo: la prima è stata interpretata come lo spirito dell'individuo e degli dei, mentre la seconda è spesso impropriamente definita come "anima" ed è raffigurata come un uccello con testa umana; essa aveva la possibilità di spostarsi dal mondo dei vivi a quello dei morti. La tomba era il luogo in cui il corpo doveva essere conservato e dove dovevano tornare periodicamente gli altri elementi. Essa era concepita con una parte sotterranea, ermeticamente chiusa, nella quale era deposto il defunto con il corredo, e una parte aerea aperta, nella quale si celebrava il culto funerario. Qui era collocata la stele su cui era raffigurato il defunto col suo nome e i suoi titoli più importanti, vero e proprio punto d'incontro fra il mondo dei vivi e quello dei morti. Davanti ad essa vi era la tavola per le offerte su cui venivano effettuate le libagioni e deposti i cibi destinati al ka. La cappella poteva essere più o meno grande e articolata in stanze, le cui pareti erano generalmente decorate con dipinti o bassorilievi. Qui era anche collocata una statua litica del defunto, che durante l'Antico Regno era chiusa in una stanza chiamata serdab, comunicante con l'esterno per mezzo di due fori, o di una stretta feritoia, attraverso i quali la statua stessa poteva guardare. La costruzione di tombe di una certa monumentalità, le stele, le statue e i procedimenti più sofisticati di mummificazione erano inizialmente riservati ai sovrani e ai loro familiari. Col passare del tempo alcune prerogative funerarie regali (come il possesso di una tomba monumentale, o maṣṭaba, di statue, stele, sarcofagi in pietra, ecc.) furono estese agli alti funzionari, anche se fino alla fine dell'Antico Regno la concezione dell'aldilà rimase fortemente elitaria. Tuttavia la credenza nell'esistenza di una vita oltre la morte doveva essere diffusa anche tra la gente comune, le cui sepolture erano semplici fosse, nelle quali era deposto un minimo e modesto corredo funerario costituito per lo più da vasellame in terracotta. Le credenze funerarie si evolvettero nel corso del tempo, ma rimase sempre ben distinta la concezione del destino ultraterreno del sovrano da quella della gente comune. Tale differenziazione era insita nell'idea della natura del sovrano, dio vivente in terra e dio tra gli dei dopo la morte, secondo quanto era narrato nel mito di Isis e Osiris. Secondo il mito, il sovrano incarnava sulla terra il dio Horo, successore al trono del padre Osiris, nel quale il re si trasfigurava dopo la morte. I riti e i corredi funerari sono perciò di due tipi, regali e non, diversi non solo per la ricchezza delle suppellettili, ma soprattutto per la loro funzione rituale e magico-religiosa. Dei riti e del tipo di corredo funerario regale del periodo protodinastico e dell'Antico Regno non sappiamo molto, a causa della scarsità di informazioni di carattere testuale e archeologico. Alcuni sovrani delle prime due dinastie furono sepolti ad Abido in grandi tombe a maṣṭaba costruite in mattoni crudi. Ad esse erano associati alcuni recinti, costruiti ad una certa distanza, la cui funzionalità non è chiara, ma che si può supporre essere stata connessa con rituali funerari. La struttura a rientranze e sporgenze dei muri di cinta e la presenza all'interno dei recinti di edifici, purtroppo in cattivo stato di conservazione, le rendono simili al complesso funerario di Djoser a Saqqara (III Din.), in cui la funzione rituale delle singole parti è evidente. Intorno alle tombe e ai recinti funerari di Abido sono state trovate inoltre numerose sepolture singole, costruite in file parallele e destinate ai servi del sovrano, forse uccisi durante un rituale ancora ignoto per accompagnare nell'aldilà il loro re. Di questa usanza non rimangono altre testimonianze ed essa non sembra aver avuto un seguito nelle epoche successive. Gran parte dei corredi funerari dei sovrani delle prime due dinastie è andata perduta; ciò che è rimasto testimonia la presenza di sarcofagi in legno, di pannellature e di pavimentazioni lignee, di oggetti in osso, avorio, pasta vitrea, rame e di numerosi vasi di pietra, di rame e di terracotta. Questi ultimi contenevano derrate alimentari per il defunto ed erano spesso sigillati. Di grande importanza per la conoscenza dei nomi di sovrani e di funzionari, oltre che di avvenimenti, sono le piccole tessere di avorio e legno usate come etichette da appendere ai contenitori presenti nelle tombe. Su di esse si trovano incise raffigurazioni e brevi iscrizioni in geroglifico arcaico e dunque costituiscono fino ad ora i documenti scritti più numerosi di questo periodo. Da considerarsi come parte del corredo funerario regale sono anche le numerose e grandi barche in legno sepolte in fosse rivestite di mattoni crudi trovate ad Abido nei pressi dei recinti funerari di cui si è detto. La loro funzione non è nota, anche se si può ipotizzare che si trattasse sia di barche sacre, come quelle solari, lunari o stellari, sia di imbarcazioni impiegate durante il funerale del sovrano. Con l'inizio della III Dinastia la sovrastruttura della tomba del re assunse la forma di piramide. La prima piramide, quella a gradoni di Djoser, è circondata da una serie di strutture architettoniche di carattere rituale, la cui funzione spesso ci sfugge, come ad esempio la falsa tomba collocata nell'angolo meridionale del recinto, mentre altre erano probabilmente connesse con i rituali della festa giubilare o riproducevano templi di diverse città egiziane. Il culto al sovrano defunto veniva celebrato in un tempio costruito a ridosso di uno dei lati della piramide. Con l'inizio della IV Dinastia gli edifici del complesso piramidale cambiarono e vennero orientati secondo un asse estovest, con chiaro riferimento al percorso celeste del Sole: sul lato orientale della piramide vi era il tempio del culto funerario, collegato con una via processionale ad un tempio situato a valle del complesso, che aveva una funzione di accesso all'area funeraria e di luogo di accoglienza del sovrano defunto. L'ingresso della piramide rimase tuttavia a metà del lato settentrionale, rivolto verso quella parte del cielo in cui abitavano gli dei e che doveva essere raggiunta dal sovrano dopo la morte. Si deve attendere la fine della V Dinastia per avere una visione più chiara della concezione dell'aldilà regale grazie ai Testi delle Piramidi, che iniziarono ad essere incisi all'interno delle piramidi a partire dal regno di Unas. Da essi si apprende che il destino ultraterreno del sovrano era di tipo astrale: il re tornava a far parte delle stelle circumpolari, salendo al cielo aiutato da diversi mezzi, come una scala, che poteva essere la stessa piramide, una colonna di fumo, turbini di sabbia e altro ancora. Egli era inoltre assimilato al dio-Sole Atum nel suo percorso sotterraneo e celeste. Per questa ragione le formule sono riprodotte sulle pareti dei corridoi e delle stanze interne della piramide secondo un ordine preciso: esse accompagnano e aiutano il sovrano nel suo ingresso nel mondo sotterraneo (Dat), corrispondente alla stanza del sarcofago, poi alla sua uscita verso l'orizzonte (Duat) e alla rinascita fra le stelle. In altre formule il re è assimilato ad Osiris, re-dio defunto e sovrano dell'aldilà. Le formule che compongono i Testi delle Piramidi sono un vero e proprio rituale teso ad aiutare magicamente il sovrano nel suo passaggio verso l'aldilà e poi verso la rinascita. Alcune sono incantesimi che gli consentono di superare ostacoli di varia natura, altre descrivono rituali molto arcaici e di difficile comprensione. Da questi testi risulta evidente che la magia rivestiva un ruolo di primaria importanza nelle credenze funerarie, riscontrabile del resto anche nell'analisi dei corredi funerari e più in generale nella concezione della tomba. Le tombe dei funzionari dell'Antico Regno erano spesso situate presso la piramide del loro sovrano ed avevano una sovrastruttura in forma di maṣṭaba, in cui gli ambienti accessibili erano spesso riccamente decorati con scene a soggetto rituale e altre che illustravano momenti della vita quotidiana. Conosciamo meglio il corredo funerario privato grazie al rinvenimento di tombe integre. Oltre alla o alle statue, alla stele, che in questo periodo è detta "a falsaporta" per la sua forma, alla tavola per offerte, grande importanza aveva il sarcofago, che solitamente era doppio: quello più esterno era in pietra, ricavato da un blocco monolitico, che costituiva l'alveo, e con una pesante lastra che ne era il coperchio, mentre quello interno era di legno. Entrambi avevano forma di parallelepipedo e spesso presentavano una decorazione "a facciata di palazzo", una sorta di casa del defunto. Tra le suppellettili vanno enumerati, oltre al vasellame, oggetti personali, il poggiatesta, derrate alimentari, strumenti per il lavoro e oggetti rituali, come ad esempio modellini di barche e rotoli di papiro, questi ultimi rinvenuti per la prima volta nella tomba di Hemaka, un alto funzionario della I Dinastia (regno di Den, 3050-2995 a.C. ca.). Durante il Primo Periodo Intermedio si assiste ad un fenomeno socioculturale, noto come "democratizzazione dell'aldilà", che vide l'usurpazione o l'imitazione delle prerogative regali funerarie da parte dei privati. A partire da questo periodo, caratterizzato dal frazionamento del potere politico fra principi locali, ogni individuo defunto veniva identificato con il dio Osiris e poteva avere accesso ad una vita oltre la morte, per raggiungere la quale doveva superare il giudizio morale di un tribunale divino presieduto da Osiris. Il giudizio morale relativo alla condotta in vita dell'individuo è un elemento culturale che fa la sua comparsa sul finire dell'Antico Regno. Esso si basa sull'idea che il fondamento della morale non è la sola e semplice ubbidienza al sovrano, ma è il rispetto dell'equilibrio cosmico, incarnato nella dea Maat. Questa nuova concezione dell'aldilà favorì la creazione di necropoli distanti da quelle regali e la produzione di oggetti funerari da parte di laboratori provinciali. Le tombe dei privati, spesso rupestri, erano meno ricche di rilievi e di dipinti parietali rispetto a quelle dell'Antico Regno; essi vennero sostituiti da "modellini", ovvero sculture di legno dipinto che raffiguravano scene di lavoro, portatori e portatrici di offerte destinate al defunto, case, granai, negozi, talora imbarcazioni complete dell'equipaggio e anche eserciti. Anche la statuaria privata funeraria impiegò materiali meno costosi e più facili da reperire della pietra, primo fra tutti il legno, con cui vennero anche fabbricati i sarcofagi. Durante il Medio Regno i sovrani ripresero la costruzione di piramidi ricollegandosi alla tradizione arcaica. In modo analogo funzionari e familiari del sovrano si fecero costruire attorno alle piramidi sepolture in forma di maṣṭaba, anche se le necropoli provinciali con tombe rupestri continuarono ad espandersi. In questo periodo fu adottato un tipo di sarcofago in legno di forma antropoide che ebbe grande diffusione soprattutto nelle epoche posteriori. Esso raffigurava il defunto nel suo aspetto di mummia, con solo il volto e la capigliatura a vista. A partire dal Nuovo Regno il sarcofago mutò ancora leggermente: le forme del corpo umano vennero rese in modo più plastico e anche le mani furono realizzate a tutto tondo incrociate sul petto. L'esigenza di riprodurre, anche se solo idealmente, il volto dell'individuo portò alla creazione di maschere in cartonnage dipinto già nell'Antico Regno. Maschere "ad elmetto" venivano collocate sopra al bendaggio, o in mezzo ad esso, ed avevano anche una funzione protettiva della testa e talora della parte superiore del busto. La forma e i materiali mutarono nel tempo fino all'epoca romana, quando alla maschera si sostituì un vero e proprio ritratto del defunto su tavola (i cd. "ritratti del Fayyum"), che veniva collocato sul volto e trattenuto dalle bende in modo che risultasse a vista. Le maschere facevano parte anche dei corredi funerari regali ed erano realizzate con materiali preziosi, come l'oro, il lapislazzuli e altre pietre dure. I testi funerari del Medio Regno utilizzati in sepolture non regali sono denominati Testi dei Sarcofagi, perché dipinti sulle pareti dei sarcofagi lignei. Si tratta di una evoluzione dei Testi delle Piramidi e in essi si trovano riferimenti al destino del defunto in un aldilà celeste, ovvero sulla barca del dio-Sole Ra, ma anche sotterraneo, nel regno di Osiris. Questa concezione sotterranea dell'aldilà è ulteriormente sviluppata nella raccolta di testi funerari del Nuovo Regno, comunemente denominata Libro dei Morti. Si tratta di circa 200 formule intitolate Parole dell'uscire al giorno e solitamente scritte su rotoli di papiro che venivano deposti nei sarcofagi dei privati. In questi testi l'aldilà è definito come i "campi di Iaru" o i "campi delle offerte" o ancora come i "campi dei giunchi", località per altro già nota dai testi delle epoche precedenti. Si tratta di una regione governata dal dio Osiris, molto fertile, ricca di acqua, in cui i raccolti sono descritti come particolarmente abbondanti e in cui la vita si perpetua come in una proiezione di quella terrena. La vita agreste dei defunti è raffigurata sulle pareti di alcune tombe tebane e sui papiri funerari. Le tombe dei privati del Nuovo Regno sono ancora costituite da una parte sotterranea, la sepoltura vera e propria, e da una parte costruita e aperta con funzione di cappella funeraria, in cui erano la stele e le statue del o dei defunti. Durante il periodo ramesside la cappella delle sepolture di personaggi di rango elevato era sormontata da una piccola piramide in mattoni crudi terminante con un piramidion di pietra, su cui erano scolpite scene di adorazione del defunto al dio-Sole Ra; in una delle facce della piramide era inoltre inglobata una stele. Il corredo funerario si ampliò rispetto ai periodi precedenti e ad esso vennero aggiunte statuette di servitori del defunto chiamate usciabti. Si tratta nella sostanza di una evoluzione delle statuette dell'Antico e Medio Regno raffiguranti servi impegnati in diversi lavori. Gli usciabti rappresentano dei sostituti del defunto e si riteneva che grazie ad una formula magica, il capitolo 6 del Libro dei Morti che era iscritto sul loro corpo, sarebbero venuti in vita e avrebbero sostituito il defunto nei lavori agricoli nell'aldilà: essi infatti portano nelle mani attrezzi agricoli e il sacchetto delle sementi. Già dal Medio Regno si iniziò a porre nel corredo una di queste statuette, che aumentarono di numero col passare del tempo. Nei corredi privati del Nuovo Regno si raggiunse il numero di 365, una per ogni giorno dell'anno, alle quali si aggiunsero 36 capisquadra per un totale di 401. Diverse centinaia erano invece quelle dei sovrani, fabbricate con diversi materiali e di differenti dimensioni. Gli usciabti erano spesso collocati all'interno di appositi cofanetti di legno, stuccati e dipinti con scene di offerta a divinità funerarie da parte del defunto. I sovrani del Nuovo Regno scelsero come necropoli regale una valle nascosta fra le colline del Deserto Occidentale, di fronte a Tebe. Nella valle, oggi nota col nome di Valle dei Re, le sepolture vennero scavate nelle profondità della roccia, senza che fossero costruiti templi o cappelle sopra di esse che potessero svelarne la posizione. Gli ingressi si aprivano a diverse altezze sui fianchi delle colline e dopo la sepoltura del re venivano accuratamente chiusi e nascosti per evitare il saccheggio da parte dei ladri. La piramide come sovrastruttura della tomba regale fu definitivamente abbandonata e i templi funerari destinati al culto dei sovrani furono costruiti ad una certa distanza dalle tombe, nell'area pedecollinare. In questo modo non vi era più un contatto diretto fra la tomba e la cappella di culto, ma solo ideale. La tomba regale era generalmente molto più articolata e ampia rispetto al passato e sulle pareti interne erano scolpite o dipinte iscrizioni e scene tratte da diversi testi funerari, quali il Libro dell'Amduat, il Libro delle Porte e il Libro delle Caverne, che descrivevano il viaggio del Sole durante le dodici ore della notte. Ogni camera e corridoio avevano un nome connesso con quanto vi era raffigurato sulle pareti o con quanto vi veniva deposto. Il corredo funerario, che conosciamo grazie ai numerosi rinvenimenti archeologici e in particolare alla tomba integra di Tutankhamon, comprendeva carri da parata, armi, gioielli, abiti, numerosi e differenti mobili (cofani, letti, sedie), statue in legno raffiguranti il faraone e divinità, modelli di imbarcazioni, usciabti, vari oggetti di carattere rituale, vasi canopi racchiusi in ricchi mobili, amuleti magici, vasellame e derrate alimentari. Fra le immagini riproducenti divinità va ricordata quella di Osiris, chiamata "letto di Osiris", introdotta in questo periodo. Essa consisteva in una figura del dio in legno, piatta e cava, al cui interno veniva posto limo del Nilo seminato a grano. La germinazione del grano rappresentava la resurrezione del dio defunto e quindi anche del sovrano. La tipologia della sepoltura regale cambiò ancora durante il Terzo Periodo Intermedio, con lo spostamento della residenza e della necropoli regale a Tanis. Le tombe dei sovrani della XXI Dinastia sono state rinvenute all'interno del recinto del tempio di Amon ed erano costituite da stanze costruite sottoterra con blocchi di pietra. Parte del corredo funerario, come ad esempio alcuni sarcofagi, consisteva in oggetti provenienti da sepolture più antiche. Del corredo funerario facevano parte sarcofagi di pietra, al cui interno erano sarcofagi antropoidi (di cui alcuni d'argento), maschere d'oro, vasellame d'oro e argento, usciabti nei loro cofanetti e vasi canopi finti. In questo periodo entra a far parte del corredo della mummia il lenzuolo funebre che la ricopre, spesso con raffigurazione del dio Osiris dipinta nella parte superiore. Dalla XXI Dinastia si diffuse l'uso di costruire intorno alla mummia un involucro rigido in cartonnage dipinto, che costituiva un primo sarcofago e sostituiva la maschera. Il corpo era poi collocato all'interno di sarcofagi antropoidi in legno. Tale rivestimento in cartonnage fu abbandonato già con la XXIII Dinastia e si tornò all'uso della maschera funeraria, a cui fu abbinata una reticella in perline di faïence che ricopriva il corpo e ne costituiva una protezione magica. I vasi canopi continuarono ad essere presenti nei corredi funerari anche nel periodo in cui i pacchetti delle viscere venivano ricollocati nella cavità addominale e poiché non avevano una funzionalità pratica essi erano spesso dei finti vasi o erano lasciati vuoti. Durante la XXVI Dinastia furono ripristinati molti rituali arcaici e i vasi canopi riacquistarono la loro piena funzionalità, per scomparire in seguito dal corredo funerario. In epoca tolemaica si ritrova talora un cofanetto ligneo avente funzione di raccogliere e proteggere le viscere; la decorazione dipinta sulle pareti comprende anche immagini delle divinità dette Quattro figli di Horo. Le necropoli dei sovrani dell'Epoca Tarda non sono state trovate ed è quindi sconosciuta la loro tipologia. Sepolture di principesse e di privati, tra i quali molti funzionari di rango elevato, sono state rinvenute, ad esempio, a Tebe, a Saqqara e a Tuna el-Gebel. Esse sono caratterizzate da imponenti e complesse strutture ipogee ed aeree, come nel caso delle tombe tebane della zona dell'Asasif, la cui ricchezza decorativa ed estensione superano talvolta le tombe dei sovrani del Nuovo Regno. La cappella funeraria richiama in questo periodo forme derivate dall'architettura templare, come ad esempio ingressi monumentali a pilone. Tombe di minori dimensioni del tipo a pozzo si distinguono per la presenza di massicci sarcofagi monolitici che raggiungono le dimensioni di una stanza. Durante il periodo tolemaico e poi quello romano i riti e le credenze religiose rimasero fondamentalmente gli stessi, anche se il corredo funerario si ridusse progressivamente e le pratiche connesse con la mummificazione si fecero più sbrigative. Culti funerari ellenistici e romani si trovano quasi esclusivamente ad Alessandria, nuova capitale dell'Egitto. I rituali connessi con la sfera funeraria erano numerosi e possono dividersi in due gruppi: del primo fanno parte i riti praticati sul corpo del defunto, mentre del secondo quelli che perpetuano la sopravvivenza dell'individuo nell'aldilà. La mummificazione, procedimento che si è modificato nel corso del tempo, veniva praticata da personale specializzato in strutture situate nelle necropoli o presso la tomba del defunto. Tale procedimento ci è noto grazie ad alcune rare fonti antico-egiziane, ai racconti di Erodoto (II, 85- 89), Diodoro Siculo (I, 91; XIX, 99), Plutarco (Mor., 159 G), Porfirio (Abst., 10-11, 15) e alle numerose mummie conservatesi fino ai nostri giorni. Il procedimento consisteva essenzialmente nel disidratare e preparare il corpo affinché le sue parti molli non si decomponessero. A seconda dei periodi e dello stato sociale di appartenenza dell'individuo, potevano essere adottati metodi più o meno complessi ed efficaci. Tre sono quelli descritti da Erodoto, che si differenziavano per accuratezza e costo: il primo prevedeva l'asportazione del cervello, l'eviscerazione (il cuore veniva lasciato al suo posto) attraverso un taglio praticato sul fianco sinistro, il trattamento a parte delle viscere, la pulizia della cavità addominale con vino di palma e aromi e il riempimento della stessa con sostanze aromatiche. A questo trattamento seguivano 70 giorni di immersione nel natron, affinché i tessuti si disidratassero completamente; quindi il corpo veniva lavato e bendato con strisce di lino. Nel secondo tipo non si asportavano le viscere attraverso il taglio, ma veniva introdotto dall'ano olio di cedro (o forse di ginepro) che aveva l'effetto di scioglierle; quindi il corpo era immerso nel natron. Il terzo procedimento consisteva quasi esclusivamente nell'immersione in natron. È probabile che il natron, un sale naturale di cui vi sono grandi giacimenti nel Wadi Natrun, nel deserto a nord-ovest del Cairo, fosse impiegato allo stato solido e non sciolto in acqua, come talora si è ritenuto. Natron secco è stato trovato tra l'altro nei depositi degli imbalsamatori costituiti dai resti dei materiali impiegati nella mummificazione, che venivano deposti in giare e sacchetti e sepolti nelle necropoli al termine delle operazioni. Durante tutto il processo di mummificazione alle azioni meccaniche si accompagnavano gesti e recitazioni di testi magico-religiosi che avevano lo scopo di ripetere i momenti della prima, mitologica mummificazione del corpo del dio Osiris. Alcuni degli imbalsamatori portavano titoli sacerdotali e intervenivano nel corso del procedimento leggendo formule magiche e interpretando ruoli di divinità, come ad esempio quello del dio Anubis. Diodoro Siculo riferisce che l'incisione del corpo doveva avvenire secondo un preciso rituale, che prevedeva l'uso di un coltello dalla lama in selce e l'esecuzione da parte di un personaggio preposto che doveva fuggire subito dopo aver praticato l'incisione, per evitare di essere colpito dagli altri imbalsamatori per aver violato il corpo del defunto. Le prime testimonianze dell'impiego di sostanze ritenute conservanti, come il natron e alcuni tipi di resine, oltre al bendaggio del corpo, risalgono alle prime due dinastie, ma fu solo a partire dalla IV Dinastia che si procedette alla eviscerazione. È infatti nel corredo funerario della madre di Cheope, la regina Hetepheres, che è stata trovata la prima cista canopica, un cofanetto diviso in quattro compartimenti, ciascuno per un pacchetto di viscere mummificate. In seguito, i cosiddetti "pacchetti canopici" vennero collocati in altrettanti vasi, ciascuno posto sotto la protezione dei Quattro figli di Horo. Dal Primo Periodo Intermedio i coperchi dei vasi canopi assunsero forma di testa umana, idealmente quella del defunto, mentre dalla fine della XVIII Dinastia quella dei Quattro figli di Horo: testa di sciacallo per il dio Duamutef, di babbuino per Hapy, di falco per il dio Qebehsenuef e testa umana per Imsety, rispettivamente preposti allo stomaco, ai polmoni, agli intestini e al fegato. Nel Terzo Periodo Intermedio le viscere trattate venivano ricollocate nel corpo. Il cervello iniziò ad essere asportato dalla IV Dinastia, dapprima dal foro occipitale poi dalle narici. La tecnica della mummificazione raggiunse il massimo grado di raffinatezza durante la XXI Dinastia: i corpi oltre che essere disidratati erano trattati in modo da ricordare l'aspetto che la persona aveva in vita. Per ottenere ciò, alla fine del trattamento venivano collocati al posto degli occhi bulbi di vetro colorato o di pietra; inoltre venivano posti sotto la pelle cuscinetti di segatura, di sabbia o di fango, quest'ultimo talora usato semiliquido, che ridavano pienezza al corpo e al viso. Si procedeva quindi ad un'ulteriore rifinitura colorando la pelle con ocra gialla per le donne e rossa per gli uomini; si truccavano occhi e labbra e si acconciavano i capelli. Spesso i capelli erano coperti da pesanti ed elaborate parrucche. Fra le bende che avvolgevano la mummia venivano deposti numerosi amuleti, oltre a gioielli, armi e scettri regali nel caso dei sovrani. Tali amuleti avevano funzioni magico-protettive ed erano disposti secondo rituali precisi che ne assicuravano l'efficacia. Amuleti protettivi del defunto e della tomba erano collocati anche nel corredo funerario. È il caso, ad esempio nel Nuovo Regno, dei quattro mattoni magici, piccoli parallelepipedi di argilla cruda su cui era iscritto il capitolo 151 del Libro dei Morti e su cui erano posti quattro amuleti. Essi erano collocati in nicchie ricavate nelle pareti della stanza del sarcofago e disposti secondo i punti cardinali; la loro funzione era di impedire alle forze maligne di entrare nella tomba e di danneggiarne il contenuto. Uno dei riti fondamentali per la sopravvivenza dell'individuo nell'aldilà era quello dell'"apertura della bocca", cerimonia che veniva effettuata sulla mummia, sul sarcofago e sulle statue funerarie prima della sepoltura. È nota fin dall'Antico Regno, ma le raffigurazioni e i testi più completi che ce la illustrano risalgono al Nuovo Regno. Da essi si apprende che la cerimonia si componeva di settantacinque azioni distinte, che erano di solito eseguite dal figlio o dall'erede; esse comprendevano atti di purificazione con uso di incenso, oli e formule magiche, durante i quali il corpo veniva toccato in alcuni punti con oggetti rituali diversi. Lo scopo del rituale era di riattivare nel defunto per mezzo della magia i sensi e quindi la capacità di vedere, parlare, bere, mangiare, udire, ecc. Gli oggetti usati nella cerimonia sono stati trovati in alcune sepolture e costituivano veri e propri corredi unitari. I funerali rappresentavano un momento cruciale per la celebrazione di riti che dovevano aiutare il defunto a raggiungere l'aldilà e quindi ad iniziare la sua nuova vita. I funerali dei sovrani erano scanditi da cerimonie effettuate durante il percorso, parte del quale avveniva in barca, nel o nei templi funerari, davanti e all'interno della tomba. Alcuni dei sacerdoti che vi partecipavano erano mascherati e interpretavano il ruolo di alcune divinità che avevano parte in alcune vicende mitologiche connesse sia con il dio-Sole Ra e il suo eterno percorso celeste sia con Osiris, sovrano dell'aldilà, dio che muore e risorge. Il corteo funebre prevedeva che il sarcofago fosse collocato in un baldacchino accompagnato da un gruppo di prefiche, al quale seguivano i vasi canopi e il corredo funerario. Del secondo gruppo di riti funerari fanno parte tutti quelli che venivano eseguiti dopo che la tomba era stata sigillata, nella cappella annessa. Sacerdoti funerari, parenti del defunto e chiunque si trovava a passare davanti ad una tomba potevano effettuare il rituale dell'offerta funeraria, sia semplicemente pronunciando la formula di offerta, che magicamente avrebbe agito procurando al ka del defunto i cibi necessari alla sopravvivenza, sia portando doni da deporre sulla tavola offertoria situata nella cappella. Uno dei modi attraverso i quali il ka poteva procurarsi il cibo per la vita nell'aldilà era quello magico, che consisteva nella moltiplicazione delle vivande deposte nella tomba insieme con il corredo funerario, oppure nel divenire reali di tutte le offerte rappresentate sulle pareti della sepoltura grazie alla pronuncia di una formula magica da parte dei viventi. Le offerte funerarie erano portate giornalmente, o durante le feste della necropoli, da sacerdoti preposti chiamati "servi del ka" con i quali le famiglie dei defunti avevano stipulato contratti affinché il rito fosse ripetuto nel tempo.
H. Frankfort, Ancient Egyptian Religion, New York 1948; R.O. Faulkner, The Ancient Egyptian Pyramid Texts, Oxford 1969; Id., The Ancient Egyptian Coffin Texts, I-III, Oxford 1973-78; A.J. Spencer, Death in Ancient Egypt, New York 1982; A.M. Donadoni Roveri (ed.), Civiltà degli Egizi. Le credenze religiose, Milano 1988; R.O. Faulkner, The Ancient Egyptian Book of the Dead, London 1990; E. Hornung, Idea into Image, New York 1992; C. Andrews, Amulets of Ancient Egypt, London 1994; S. Donadoni, La religione egiziana, in G. Filoramo (ed.), Storia delle religioni, I. Le religioni antiche, Roma - Bari 1994, pp. 61-114; N. Reeves - R.H. Wilkinson, The Complete Valley of the Kings, London 1996; S. Ikram - A. Dodson, The Mummy in Ancient Egypt. Equipping the Dead for Eternity, London 1998; E. Hornung, The Ancient Egyptian Books of the Afterlife, New York 1999; F. Janot, Les instruments d'embaumement de l'Égypte ancienne, Le Caire 2000.