L’anno di Marie Curie
Marie Curie fu la prima donna a essere insignita di un premio Nobel per meriti scientifici e il primo scienziato a ottenerlo due volte. Tutto ebbe inizio, nel 1898, in un magazzino polveroso della scuola di Fisica di Parigi. In quel luogo insalubre Maria Sklodowska, sposata Curie, e suo marito, Pierre, svolsero esperimenti cruciali che rivoluzionarono le conoscenze sulla materia dando inizio all’era della radioattività.
Nel 1896 il fisico Henri Becquerel aveva scoperto che i misteriosi raggi X – individuati l’anno prima da Wilhelm Röntgen nel tubo catodico – erano emessi spontaneamente dall’uranio.
La scoperta aveva eccitato i ricercatori di tutto il mondo e anche i Curie si cimentarono con la nuova proprietà della materia. Per le loro ricerche utilizzarono un elettrometro inventato da Pierre che consentiva precise misure della emanazione.
Marie (questo il suo nome francesizzato) analizzò sistematicamente un gran numero di composti chimici puri scoprendo che solo quelli del torio davano luogo alle stesse emanazioni di quelli dell’uranio.
Il caso e la curiosità di Marie impressero alla ricerca una rapida svolta. La scuola di Fisica possedeva una vasta collezione di minerali e Marie decise di esaminare questi invece dei composti puri, come si faceva abitualmente, in quanto dotati di proprietà chimiche e fisiche più definite. Questa scelta non canonica venne premiata: con sua enorme sorpresa scoprì che «certi minerali (pechblenda, calcolite, autunite) presentavano un’attività molto più grande di quella che ci si poteva aspettare sulla base del loro contenuto in uranio o torio».
I dati ottenuti portavano a congetturare l’esistenza «di una piccola quantità di materiale altamente radioattivo, differente dall’uranio, dal torio e da qualunque elemento noto».
Nel titolo di una loro comunicazione presentata nel luglio 1898 all’Académie des Sciences, i Curie usarono per la prima volta il termine ‘radio-attività’.
I Curie congetturarono che l’emanazione fosse dovuta a un elemento sconosciuto e non dipendesse dalla composizione molecolare del minerale.
Non era un’ipotesi banale perché allora si stentava a credere a proprietà derivate direttamente dagli atomi (di cui era ancora sconosciuta la struttura) e non dalla composizione delle sostanze.
Per assicurarsene Marie sintetizzò il minerale calcolite partendo da un composto dell’uranio e dimostrò che le sue emanazioni non erano diverse da quelle del composto di partenza. Marie poteva quindi scrivere alla sorella Bronia: «L’elemento è lì, non c’è che da scoprirlo».
L’isolamento del radio e il Nobel per la fisica del 1903
Per isolare il radio il minerale fu trattato con un sale di bario e precipitato sotto forma di solfato, che risultava attivo.
Per separare il bario dall’elemento sconosciuto Marie sfruttò una piccolissima differenza di solubilità tra i cloruri dei due elementi, utilizzando il metodo della cristallizzazione frazionata; operazione dopo operazione, l’emanazione del prodotto aumentava sempre più.
Per la prima volta veniva usata una ‘sottile’ proprietà atomica come sensore sensibilissimo di un processo di separazione.
Durante queste ricerche i Curie si resero conto che gli elementi sconosciuti erano due: uno molto simile al bario, l’altro al bismuto.
E chiamarono il primo radio, per la sua proprietà principale, il secondo polonio, in onore del paese natale di Marie.
Dopo quattro anni di incessante lavoro Marie Curie riuscì a ottenere da circa 2,8 tonnellate di pechblenda 100 mg di cloruro di radio! Una minuscola quantità dal significato enorme.
La caratterizzazione definitiva dell’elemento fu ottenuta da Eugène-Anatole Demarçay per via spettroscopica, un metodo estremamente sensibile che aveva già permesso di scoprire molti altri elementi non facilmente isolabili. Per questa straordinaria scoperta, legata alla radioattività spontanea, i Curie furono insigniti del premio Nobel per la fisica nel 1903 insieme a Henri Becquerel.
Marie non avrebbe ricevuto il premio se Pierre, qualche mese prima dell’assegnazione ufficiale, non avesse protestato vivamente alla notizia che lo vedeva unico insignito.
Gli anni tra i due Nobel
Gli anni che seguirono al Nobel furono funestati dalla morte di Pierre per un banale incidente stradale (fu travolto da una carrozza a cavalli).
Marie continuò con grande impegno il lavoro sul radio, determinandone con maggiore accuratezza il peso atomico (così confermando la sua appartenenza al gruppo del bario, quello dei metalli alcalino-terrosi) e isolandolo come elemento puro nel 1910. Il radio nel frattempo era diventato l’elemento più famoso nonché il più caro: nel primo decennio del secolo 1 g di radio valeva più di 200 kg di oro.
Ne fu iniziata anche la produzione industriale in quanto il radio, al pari di altre emanazioni radioattive, si era dimostrato efficace nel distruggere le cellule tumorali: prima si iniziò a utilizzarlo per tumori facilmente raggiungibili, quali quelli della pelle, poi, tramite accorgimenti vari, per quelli in profondità (prostata, gola e utero).
Nel 1909 l’Istituto Pasteur e l’Università di Parigi costruirono due laboratori contigui: uno per le ricerche fisiche e chimiche sul radio, diretto da Marie Curie, e l’altro per le ricerche biologiche terapeutiche sui tumori, diretto da Claudius Regaud. Malgrado questo strepitoso successo i Curie non pensarono mai di brevettare il loro procedimento: convinti della priorità della conoscenza su qualsiasi interesse commerciale non mancarono di fornire a laboratori e imprese industriali dettagliate istruzioni per la sua preparazione.
Il polonio, invece, non ebbe lo stesso successo, sia perché più raro (decade molto più in fretta del radio) sia perché difficile da isolare. Tuttavia, alcuni anni fa è assurto agli onori della cronaca, quando è stato scoperto che un ex agente del KGB, Aleksandr Litvinenko, era stato avvelenato con un sale di polonio disciolto nel tè.
Il Nobel per la chimica del 1911
Per le sue ricerche sul radio, che avevano aperto la strada allo studio degli elementi radioattivi, Marie Curie ottenne il secondo Nobel, questa volta per la chimica, nel 1911. E fu un premio non meno sofferto, per via della ignobile campagna sciovinista scatenata dalla stampa francese di destra che l’accusava di relazione adulterina con il fisico Paul Langevin, non contrastata dall’atteggiamento ambiguo di alcuni accademici svedesi, tra i quali il grande chimico Svante Arrhenius. Malgrado questa bufera, l’indomita Marie si recò a Stoccolma a ritirare il premio.
Tra il pubblico c’era sua figlia Irène che, seconda donna nella storia del Nobel, avrebbe ottenuto il premio 24 anni dopo.
Nella sua prolusione, Marie concludeva con una fiera e attualissima rivendicazione della scienza pura: «Quando il radio fu scoperto nessuno sapeva che sarebbe stato utilizzato con successo in medicina.
Il nostro lavoro fu di scienza pura.
E questo è una prova che il lavoro scientifico non deve essere considerato dal punto di vista della sua utilità diretta.
Deve esser portato avanti per sé stesso, per la bellezza della scienza, e allora c’è spesso la possibilità che una scoperta scientifica diventi, come il radio, un beneficio per l’umanità».
Il mistero della pechblenda
Il fatto che il campione di pechblenda esaminato avesse la composizione ‘normale’ del minerale faceva sospettare che la quantità dell’elemento misterioso fosse molto piccola: di conseguenza la sua radioattività doveva essere molto più grande di quella dell’uranio. Più in particolare, i Curie ipotizzarono che l’elemento sconosciuto fosse contenuto in misura inferiore all’1%. In realtà, l’elemento cercato è presente in quantità inferiore a 1 parte su un milione. Il lavoro di isolamento – che fece Marie in prima persona con l’aiuto del chimico André-Louis Debierne – fu dunque massacrante. I Curie ottennero gratuitamente dal governo austriaco 1 tonnellata di residui della lavorazione delle miniere di pechblenda di Sankt Joachimstahl in Boemia (frammisti di aghi di pino delle foreste, come annotò puntigliosamente Marie) e, trattando anche 20 kg di materiale alla volta, procedettero al lavoro di separazione.
Un Viagra ante litteram
All’inizio del Novecento quella del radio divenne una moda irresistibile: nel 1904 nacque infatti in Francia la rivista scientifica Le Radium; nello stesso periodo venivano scoperte e sfruttate commercialmente, perché terapeutiche, molte sorgenti radioattive, come quelle di Plombières. Negli anni Venti si commercializzavano tavolette per rendere radioattive le acque, dentifrici al radio, e addirittura un Viagra ante litteram, il radioendoecrinatore scrotale. Era un foglio imbevuto di radio che, posizionato sotto lo scroto, avrebbe dovuto migliorare le prestazioni sessuali. Avvelenamenti e morti per uso improprio (ancorché legale) del radio continuarono a esserci per diversi anni. La stessa Curie morì nel 1934 per anemia perniciosa aplastica, dovuta con ogni probabilità alle radiazioni assorbite in tanti anni di ricerca.
2011: Anno internazionale della chimica
L’UNESCO ha proclamato il 2011 Anno internazionale della chimica. L’anno, intitolato ‘Chimica - la nostra vita, il nostro futuro’, è stato inaugurato alla fine di gennaio con una grande cerimonia a Parigi, e ha visto la collaborazione di tutte le principali istituzioni chimiche internazionali. Nel corso dei mesi si sono succedute moltissime manifestazioni in tutto il mondo, dedicate alle ricerche di frontiera, in particolare a quelle relative all’ambiente e allo sviluppo sostenibile.
La chimica dimostra sempre più di essere una metadisciplina, in quanto le zone di sovrapposizione con la biologia cellulare, l’ingegneria genetica e la fisica dei materiali sono ormai rilevanti. In questo contesto sono state al centro dell’attenzione le linee di ricerca più promettenti quali: sintesi di strutture complesse simili a quelle biologiche per ottenere vere e proprie ‘protesi molecolari’ di interesse biomedico; produzione di sostanze ad azione farmacologica da batteri simbionti; preparazione di sostanze polimeriche sintetiche da utilizzare nei microcircuiti al posto dei materiali inorganici.
In qualche modo nella chimica sta avvenendo quello che è accaduto da tempo nell’intelligenza artificiale. In questo settore, nella prima fase delle ricerche si cercava di assimilare il cervello a un computer, con sistemi circuitali sempre più complessi; nella seconda fase, quella attuale, visto che i risultati raggiunti su alcune semplici operazioni umane (per esempio, il riconoscimento delle facce) erano sostanzialmente deludenti, i ricercatori si sono orientati verso la costruzione di sistemi intelligenti ‘templati’ su quelli biologici, come nel caso delle reti neurali. Analogamente, nella chimica c’è stata (e in parte c’è ancora) una lunga fase, quella della chimica di sintesi, caratterizzata dalla creazione di uno straordinario numero di nuove sostanze, che ha portato a grandi innovazioni ma anche all’insorgenza di gravi problemi di impatto ambientale. Così ricercatori chimici, sulla base di una straordinaria capacità di manipolazione fine delle sostanze (quasi atomo per atomo), sono ora attratti dalle costruzioni di sistemi chimici complessi, strutturati come quelli biologici, ossia verso orizzonti di ricerca in cui tendono a confondersi e a sovrapporsi non solo l’inorganico e l’organico ma anche il naturale e il sintetico.