KYŌTO (in antico: Miyako, la capitale; A. T., 101-102)
Città del Giappone centrale, capoluogo del fu omonimo, fra le più antiche e importante storicamente per essere stata, per oltre un millennio (794-1868), capitale dell'impero e residenza del sovrano.
Fu costruita in due anni (792-94) per ordine dell'imperatore Kwammu sul modello di Ch'ang-an (ora Hsi-an-fu), capitale della Cina sotto i T'ang.L'antica Kyōto aveva la forma di un immenso rettangolo, nel cui lato nord, al centro, era il palazzo imperiale, cinto da mura, in cui s'aprivano 12 porte. Una grande arteria, il Suzaku Ōji, la divideva da N. a S. in due metà, dette Ukyō quella a O., Sakyō, quella a E. Non si sa perché la prima divenne presto deserta, l'altra invece prosperò e subì, fino ai nostri giorni, una continua espansione verso oriente. Una serie di strade, intersecantisi ad angolo retto, traversavano la città da un capo all'altro, dandole un aspetto assai regolare che conserva ancora.
Nel suo sviluppo essa ebbe a nemici gl'incendî, i terremoti e le guerre civili, senza contare le devastazioni e i saccheggi operati dai bellicosi bonzi dei conventi del vicino M. Hiyei nelle loro incursioni; ma sempre venne ricostruita, per quanto possibile, sul modello primitivo.
Situata nella ubertosa conca di Yamashiro e traversata dal fiume Kamo, la città è oggi la sesta dell'impero per estensione (33.2 kmq.) e la quinta per popolazione (765.142 ab. nel 1931), ma la prima per importanza storica e artistica. La dovizia e la magnificenza dei monumenti che ne fanno un vero museo di storia e di religione nazionale, stanno ancora ad attestare, con l'antica gloria, gli undici secoli di inoffuscato splendore, onde Kyōto fu sempre alla testa del progresso civile e culturale del paese. La presenza di una corte raffinata ed elegante, composta di nobili e ricchi, costrinse, per soddisfare i loro gusti fini, le industrie locali a elevare la propria produzione a vere forme d'arte che procurarono e procurano tuttora larga rinomanza alla città. Questa è, così, famosa per le sue lacche d'oro e d'argento (maki-e), le porcellane, l'arte di dipingere sui vestiti fiori, paesaggi, ecc., arte detta yūzen-zome, il nishijin-ori, tessuto di seta fabbricato nei quartieri del NE., ecc. Kyōto è anche fra i maggiori centri di cultura del paese. Ha un'università imperiale e altre private, licei, scuole tecniche e una scuola superiore di sericoltura.
Né meno rinomati, per bellezza o importanza storica, sono i dintorni. Arashiyama, a O., su una collina boscosa da cui si gode un magnifico panorama con la vista del fiume Ōi, ricco di trote squisite, è luogo favorito di escursioni; Momoyama, a SE., è noto per il mausoleo dell'imperatore Mutsuhito, morto nel 1912, che aprì il Giappone alla civiltà europea; Uji, più a sud, per le piantagioni che dànno al paese la più apprezzata qualità di tè, e per la famosa costruzione detta Hō-ō-dō (Aula della fenice), un vero gioiello d'arte; il M. Hiyei, infine, a NE., famosissimo nella storia per i numerosi suoi conventi buddhisti (ora circa 150), offre dalla sommità la vista quanto altra mai incantevole del lago Biwa, il maggiore del Giappone.
Monumenti. - Kyōto conserva parte cospicua del patrimonio artistico giapponese; le varie epoche non vi sono però tutte ugualmente rappresentate. Centro artistico importante essa divenne all'epoca dei magnifici imperatori nei secoli XVI e XVII, e l'arte decorativa fiorita sotto il grande shōgun Hideyoshi (circa 1600), si designa appunto col nome del sobborgo Momoyama. Furono allora riparati i danni causati da incendî e da disordini politici dei quali aveva particolarmente sofferto l'architettura profana.
Il palazzo Yosho, ancor oggi temporanea residenza del mikado, risale nelle sue parti essenziali al 1856, costruito ad imitazione di vecchi modelli, con pitture della prima metà del sec. XIX. Il castelletto Nijo, del sec. XVII, è celebre per le pitture eseguitevi dai tre grandi maestri Kanō: Tanyū, Naonobu e Koi. È posto nelle vicinanze dello stesso rione occidentale il palazzo d'estate Katsura. Il suo parco, considerato un monumento classico dell'arte dei giardini, è attribuito nel disegno (circa 1600) al grande architetto di giardini Enshu. Alla decorazione pittorica degli edifici collaborò lo stesso Kano Eitoku. Magnifici giardini del sec. XVII circondano pure il palazzo d'estate Shugakuin sul monte Hiyei nel quartiere orientale.
Innumerevoli i santuarî shintoisti e delle varie sette buddhiste. Il Kinkakuii (sec. XIV), tra i più antichi, è particolarmente leggiadro per l'armonia che regna tra paesaggio, architettura e vegetazione; lo stesso si dica del tempio Kiyomizu-dera (costruito nel 1633) della setta Hosso, situato sopra una collina dominante la parte sud-orientale della città, e che si avanza in parte su un dirupo, sostenuto da un'impalcatura. Quasi tutti i luoghi di culto dispongono di un giardino; molti ne furono ideati da Soami o da Enshu. Poco numerose invece le pagode che segnano l'inizio dell'architettura d'ispirazione cinese. Appartengono allo stile del sec. XVII le pagode dei Toji, detta anche Kyo-o-gokokuji, e quella di Yasaka, anch'esse sempre in felice armonia col paesaggio. Il complesso architettonico più imponente è quello del Nishi Hongwanji, fondato nel 1591.
In questo come in tutti i templi vanno uniti i due più importanti modi di decorazione di interni: la fastosa ma non mai sgargiante decorazione dell'atrio e la sobria quasi puritana ornamentazione, ma di gusto finissimo, degli ambienti destinati alla cerimonia del tè. L'arte decorativa giapponese tocca l'apice a Nishi Hongwanji, dove negli ambienti giganteschi sono usati i legni più preziosi, i soffitti a cassettoni sono dipinti, gli alti tramezzi sono intagliati e traforati: tutto prelude alla sfolgorante colorazione pittorica delle pareti mobili. In perfetto contrasto con quest'arte è la stanza del tè del tempio di Daitokuji, su progetto di Enshu: i legni rari, le carte sobriamente dipinte a bianco e nero delle pareti mobili, le giuste proporzioni formano una perfetta cornice alla raffinata cerimonia del tè che dà agio di ammirare i capolavori della pittura a guazzo e dell'arte ceramica.
La scultura di Kyōto non ha l'importanza di quella di Nara. Risalgono ai secoli VII e VIII solo le figure, certo molto importanti, del Koriuji. Di un secolo posteriori sono in gran parte le sculture del Toji, alcune forse importate dal continente; al Seiryoji, vicino al Koriuji, si trova la figura più caratteristica di quell'epoca, un Buddha di legno. I migliori esemplari delle immagini di culto con molte braccia, dei secoli X e XI, si trovano nel Toji e nel Sanju-San-gendo.
Ma a Kyōto supera tutto in bellezza la pittura, di cui molte opere provengono dalla Cina. Appartengono al Tofokuji i dipinti ascritti al cinese Wu Tao tze (secolo VIII); il Daitokuji possiede una Kwannon (dea della misericordia), probabilmente dello stesso maestro, e i capolavori del pittore cinese Muchi (sec. XII-XIII). I ritratti di sacerdoti conservati nel Toji e nel Kodaiji sono considerati generalmente come cinesi, quelli del Chion-ji opera del cinese Yen-hui (sec. XIV). Le pitture religiose che vanno dal sec. IX al XII, sparse in tutti i templi, hanno paragone soltanto in quelle di Koyasan; ma Kyōto possiede anche rotoli illustrati di quell'epoca. Il museo del tempio shintoista Kitam) Jinsha conta i più bei rotoli della scuola di Tosa; nel Kozan-ji si trovano le caricature di Toba Sojo.
Numerosissime le pitture in bianco e nero, delle quali molte sono connesse alla cerimonia del tè, e quelle di tutti i maestri decoratori che ornarono innumerevoli pareti scorrevoli e paraventi. Ricordiamo solo le pitture di Kano Sanraku nel Tofokuji, di Motonobu nel Shoren-in, di Kano Tanyū nel Nanzenji. Nel museo d'arte di Kyōto si organizzano esposizioni temporanee dei più importanti tesori dei templi, mentre nel museo dell'università, dedicato alla sezione archeologica, si preferisce esporre oggetti cinesi.
Dal sec. XVI il nome di Kyōto va congiunto anche alla ceramica dacché amatori della città fecero lavorare i vasai locali, talvolta lavorando essi stessi da dilettanti. Ninsei, il grande decoratore di porcellane, creò a Kyōto i suoi capolavori e lasciò una scuola caratterizzata dai fondi bianchi con finissimi cretti.
V. tavv. XXIX e XXX.