Hu, King (propr. Hu Jinquan)
Regista cinematografico, sceneggiatore e montatore cinese, attivo a Hong Kong e Taiwan, nato a Pechino il 29 aprile 1932 e morto a Los Angeles il 14 gennaio 1997. L'opera di H. è stata al centro del rinnovamento del cinema di Hong Kong della metà degli anni Sessanta. Gli intrecci dei suoi film attingevano al repertorio tradizionale dei wuxia pian (film marziali di cavalieri erranti) nella variante fantastica, con eroi dotati di poteri prodigiosi come quello di vincere la forza di gravità; ma lo stile era profondamente personale: da una parte estremizzava la narrazione non lineare e il gusto per l'ellissi del cinema giapponese degli anni Sessanta, dall'altra si ispirava alla pittura cinese, dove il vuoto è significativo quanto le parti dipinte, e all'Opera di Pechino, con un uso stilizzato dello spazio teatrale. Strumento cardine di questo stile è stato il montaggio, che con un ritmo vertiginoso alterna liberamente totali e primi piani e spesso non rispetta le regole tradizionali dei raccordi; in questo modo H. intendeva suggerire più che mostrare un mondo soprannaturale, in cui la lotta tra il bene e il male si svolge al di là delle manifestazioni fenomeniche. Fu conosciuto in Occidente grazie al film Xia nü (1970; A touch of zen ‒ La fanciulla cavaliere errante), al quale nel 1975 venne attribuito il premio per il miglior contributo tecnico al Festival di Cannes.Di famiglia colta e benestante, studiò arte e letteratura a Pechino. Nel 1949 si trasferì a Hong Kong, dove iniziò a lavorare nel cinema come cartellonista, scenografo e, in seguito, attore e sceneggiatore. Nel 1958 venne assunto dagli Shaw Brothers, uno dei più importanti studios dell'epoca, dove fu assistente di Li Han-Hsian. Firmò la sua prima regia con il film Dadi er nü (1965, ingl. Sons of the good earth), dramma patriottico sulla resistenza antigiapponese. Con Da zui xia (1966, ingl. Come drink with me) si segnalò come un innovatore nel genere delle arti marziali e come il creatore di un linguaggio destinato a lasciare un segno nel cinema di Hong Kong; successivamente in Longmen kezhan (1967, ingl. Dragon gate inn) e Xia nü, entrambi di produzione taiwanese, perfezionò uno stile e una poetica di grande originalità. H. tornò poi a Hong Kong per lavorare a Yingchunge zhi fengbo (1973, ingl. The fate of Lee Khan) e Zhong lie tu (1975, ingl. The valiant ones); nel 1977 girò in Corea Kongshan ling yu (ingl. Raining in the mountain) e Shan zhong chuanqi (ingl. Legend of the mountain).
La sua opera più nota è Xia nü: prendendo spunto da un racconto di fantasmi di Pu Songling, il film diventa un dramma storico per approdare a una parabola, dai toni visionari, sulla rinuncia alle cose terrene e sulla vittoria del bene. Più geometrico e astratto è invece Shan zhong chuanqi, ambientato in un monastero dove due fazioni lottano per il possesso di una pergamena, che si conclude come un apologo buddista: la pergamena originale viene distrutta e sostituita da copie. L'insuccesso di quest'ultimo film segnò però l'inizio di un declino anche creativo. Chiamato a Hong Kong nel 1989 dal regista-produttore Tsui Hark per dirigere Xiao ao jiang hu (1990, ingl. Swordsman), H. lasciò il set dopo poco tempo, e il film fu completato da Ching Siu-Tung. Diresse l'ultimo film, Hua pi zhi yinyang fa wang (ingl. Painted skin), nel 1991; morì poco prima di iniziare le riprese di The battle of Ono, mai realizzato.
H. fu autore a pieno titolo dei suoi film, firmando, oltre a regia e sceneggiatura, anche montaggio, scenografia e costumi. "Sono stato più interessato all'espressione, che alla storia o ai temi. Per espressione intendo l'uso del linguaggio cinematografico, l'uso degli strumenti 'più economici' per esprimere le intenzioni del regista": così ha dichiarato (Transcending the times, 1998, p. 20), legittimando la sua fama di raffinato formalista. Ma non va trascurato che i suoi wuxia pian hanno proposto anche varianti tematiche significative rispetto ai film coevi, privilegiando i personaggi femminili e trattando temi filosofici e religiosi. Il suo perfezionismo finì per allontanarlo dal set, ma il suo influsso sulla cinematografia di Hong Kong è stato e continua a essere enorme: con il suo sperimentalismo H. ha infatti costituito un punto di riferimento sia per gli autori alla ricerca di uno stile originale, come quelli della New Wave della fine degli anni Settanta, sia per i registi alla ricerca di nuove forme di spettacolarità, come Tsui Hark e Ching Siu-Tung negli anni Ottanta.
M. Ciment, Entretien avec King Hu, in "Positif", 1975, 169, pp. 28-35.
T. Rayns, Director: King Hu, in "Sight and sound", Winter 1975-76, 1, pp. 9-11.
Ch. Tesson, M. Müller, Calligraphie et simulacres, in Made in Hong Hong, éd. O. Assayas, Ch. Tesson, in "Cahiers du cinéma", 1984, 362-363, pp. 20-24.
Trascending the times: King Hu and Eileen Chang, ed. Law Kar, Hong Kong 1998.