KIMON (Κίμων)
2°. - Incisore della zecca siracusana di cui, come degli altri, niente ci è noto, ad eccezione della sua opera e forse, se a lui si riferisce, di un passo di Ateneo (xi, 781 e) in cui è ricordato un famoso caelator di questo nome. Ma la sua opera, anche a non tener conto dei conî anonimi che gli si attribuiscono, databile negli ultimi 15 anni del V sec., basta a classificarlo fra i maggiori incisori di ogni età. Contemporaneo del suo grande collega, Euainetos, divise con lui il compito e la gloria di incidere per Siracusa i coni del decadracma - la grande serie commemorativa che, secondo l'opinione più diffusa, la città avrebbe emessa dal 412 a. C. per ricordare la vittoria dell'Assinaros (413) - ed è anzi probabile che il suo primo conio abbia influito stilisticamente sul tipo del collega. Tuttavia, nonostante alcune interferenze, l'immagine di K. è totalmente diversa da quella di Euainetos e ce ne rispecchia, specie nei conî posteriori, pienamente l'individualità. Uno dei maggiori interessi, infatti, nella serie dei conî preparati da K. per il decadracma, è appunto nella possibilità di seguire la successiva elaborazione del tipo nella visione dell'artista e il suo continuo completarsi nella ricerca di una forma sempre più aderente ad essa (v. anche moneta).
Mentre nel primo conio, infatti, K. ci dà una testa di profilo in cui, pur nella compiutezza dell'immagine, ispirata ai tipi ideali della fine del V sec., è sensibile un contrasto fra il volto, genericamente nobile, e la ricchezza opulenta della chioma, a stento contenuta da una opistosphendòne a rete, affondata nei riccioli con forti e vivaci effetti di colore, tale discrepanza si va attenuando nei conî successivi. Il volto si fa più ricco e pieno, la severità di genere acquista un senso più reale, fino a tradursi negli ultimi conî in una sdegnosa sensualità; tutti gli elementi della fisionomia così si fondono in un'immagine piena, di un'opulenza un po barocca, sapida come un frutto carnoso nella sua maturità.
Ma se questa testa ci dà, nella sua realizzazione compiuta, uno degli aspetti della personalità dell'incisore, un aspetto diverso ce ne lascia il tipo della testa di Aretusa vista di prospetto, che l'artista crea, in due conî, per il tetradracma. La bocca dalle labbra piene e sensuali, il naso con le narici palpitanti, la curva ampia e piena del mento, come la piega carnosa del collo, serbano infatti il ricordo della testa precedente, ma nuovo invece è l'occhio, sognante e assorto, nuova l'espressione generale del volto dai piani morbidissimi, incorniciato dalla massa vibrante dei capelli, appena cinti da una benda, scomposti e liberi, trattati a lunghe "fiamme" fluttuanti e vive. Tutto quanto nell'immagine precedente era pienezza di materia, ricchezza di carne e di colore, qui si attenua in una visione di superiore bellezza, che tuttavia conserva nell'idealizzazione l'accento della vita; la ricerca del colore in contrasto, si fa qui ricerca di sfumato, e l'immagine, dal pieno rilievo del centro, va come attenuandosi e sperdendosi nell'aureola delle chiome, fra cui guizzano i delfini, scherzosi amici della ninfa, con nuova e vivace leggiadria.
Delle tre quadrighe (pel decadracma e due, di cui una non firmata, pei tetradracmi), che ha lasciate, la più bella è indubbiamente quella con la spiga nell'esergo, che troviamo talora accoppiata alla testa posta di fronte del dritto. Come in una delle quadrighe di Euainetos, vi è raffigurato il momento più grave della corsa, il giro pericoloso della meta, e tale momento l'artista ha reso, con drammaticità intensa, palese nella tensione con cui l'auriga raffrena e incita i cavalli, governandone il corso con l'accorto tendere e mollare delle redini, nel movimentato gruppo degli animali, quasi impennati nel galoppo, con le teste frementi ed agitate. E col tempestoso balzo della quadriga vittoriosa contrasta l'agile, lineare, figura della Nike in volo, con le braccia tese in avanti a coronare la vittoria. Tale intensità di composizione, nella sua drammaticità tanto equilibrata, si disperde nel secondo conio del tetradracma, in cui la Nike incede nell'aria, quasi camminando sulla testa dei cavalli, mentre l'auriga si volge di fianco come a guardare gli spettatori e la quadriga che lo insegue.
Sono opera di K. anche i conî dell'hectolitro, con gli stessi soggetti, che adotta, per la stessa moneta, Euainetos; la differenza si manifesta, però, nello schema uguale delle immagini - la testa femminile e il gruppo di Eracle in lotta col leone - nel diverso accento dello stile. Più realistica la testa di K. che ricorda il decadracma dello stesso autore, così come, rispetto al tipo di Euainetos, più muscolose, e tese nello sforzo, le due figure in lotta, anche se trattate con minor rilievo. Artista dalla personalità sicura, K. come Euainetos, lascia nella tradizione dell'incisione monetale un largo solco che ci è possibile seguire nei conî di numerose zecche ellenistiche: Larissa, Anfipoli, Ainos, Rodi ed altre ancora.
Bibl.: R. Weil, Die Künstlerinschriften der sicil. Münzen, in Wincklemanns Programm, n. 44, 1884, pp. 19-20; A. Evans, Syracusan Medaillons, in The Num. Chronicle, 1891, p. 205; Regling, Kunstsammlungen, XXVI, 1914, p. 5 ss.; G. E. Rizzo, Saggi preliminari, Roma 1938, pp. 95-98; id., Le monete della Sicilia antica, Roma 1946, pp. 230-42, tav. LII; Ch. Seltmann, Masterpieces of Greek Coinage, Oxford 1949, pp. 94-101; G. De Ciccio, Gi aurei siracusani di Cimone e di Eveneto, Napoli 1957.
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