Arcalli, Kim (propr. Franco)
Montatore e sceneggiatore, nato a Roma il 13 marzo 1929 e morto ivi il 24 febbraio 1978. Eminente figura di cineasta, seppe innovare lo stile del montaggio nel cinema italiano fra gli anni Sessanta e Settanta unendo a un sentimento musicale e immaginoso del ritmo un incisivo talento narrativo. Per queste sue qualità alcuni registi lo vollero al proprio fianco anche come sceneggiatore, lo sceneggiatore che suggerisce, stimola, azzarda e non scrive un rigo, ma accompagna, vigile e risolutivo, l'opera dalla pagina scritta al mixage. Anche a causa della morte prematura nel pieno delle energie e dell'attività, A. si è trasformato in una leggenda: suo il possesso pieno, da protagonista, della penombra della moviola, dove un film, sul filo e oltre il primitivo progetto, diventa flusso coerente di sequenze, visione, racconto. Prestigiose le sue numerose collaborazioni, da Michelangelo Antonioni a Ettore Scola, da Giuseppe Patroni Griffi a Louis Malle, da Jerzy Kawalerowicz a Marco Bellocchio, a Salvatore Samperi, a Liliana Cavani, a Valerio Zurlini a Giulio Questi per arrivare, infine, a Bernardo Bertolucci in una decisiva simbiosi nel tempo che corre fra Il conformista (1970), Ultimo tango a Parigi (1972) e Novecento (1976). Fu nel confronto e anche nello scontro con il regista che A. mise a fuoco le proprie capacità migliori, affinate a rendere plastica la bellezza della narrazione, sensuosa come una partitura e insieme votata al massimo della trasparenza comunicativa. Il gesto di A. alla moviola mirava a non sottrarre nulla all'espressività della regia, lasciandola per intero alla comprensione del più vasto pubblico.
In giovinezza A. era stato partigiano a Venezia, attivo elemento nella Brigata Biancotto che agì con successo in laguna: da quella esperienza non si può dire non sia rimasto segnato, nel piacere per l'avventura, per il rischio fisico e intellettuale, ma anche per lo slancio a trasformare gli stimoli della cultura in prove anche estreme di vita. Al cinema A. arrivò ventiquattrenne: come comparsa in Senso (1954) di Luchino Visconti, quindi in Mambo (1954) di Robert Rossen. Erano anni di esperienze da documentarista (Venezia ore 5, 1954-55; Sul ponte sventola bandiera bianca, 1957). Ma fu con Tinto Brass al debutto, in Chi lavora è perduto, noto anche come In capo al mondo (1963), che il nome di A. si accreditò per la prima volta come sceneggiatore in un lungometraggio accanto a quello del regista. Non solo, nel film A. interpreta anche un personaggio che porta il suo stesso nome; e nel montaggio già rivela il senso audace, ellittico e limpido della struttura narrativa che sarà poi sempre il suo. Nel 1964 curò il montaggio dell'episodio di Questi nel film collettivo Amori pericolosi. Al secondo film di Brass, opera di pura raccolta di materiali, Ça ira (1964; Il fiume della rivolta), A. partecipò come collaboratore alla regia e montatore; lo stesso anno curò il montaggio dell'episodio Una donna dolce, dolce nel film La donna è una cosa meravigliosa di Mauro Bolognini. La collaborazione con Questi, come sceneggiatore e montatore, proseguì con Se sei vivo spara (1967), La morte ha fatto l'uovo (1968) e Arcana (1972); in parallelo scorreva quella con Zurlini per Le soldatesse (1965), Seduto alla sua destra (1968), Il deserto dei Tartari (1976). Un segno di singolarità fu rappresentato dal montaggio per Scola di Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l'amico misteriosamente scomparso in Africa? (1968), dove lo stile di A. si legge negli scarti secchi delle asciutte sequenze finali che mettono a nudo, nel gusto della commedia all'italiana, un bruciore di intenzioni drammatiche, all'apparenza estranee e che invece si rivelano sostanziali. Dello stesso anno fu il montaggio dell'episodio William Wilson, di Malle, in Tre passi nel delirio (1967) film firmato anche da Roger Vadim e Federico Fellini, collaborazione questa molto significativa, che sarebbe dovuta sfociare in una seconda, un film dedicato ai Rolling Stones che non fu mai girato. È del 1969 il montaggio di Metti una sera a cena di Patroni Griffi (del quale monterà anche Addio fratello crudele, 1971; Identikit, 1974) mentre è del 1970 quello di Uccidete il vitello grasso e arrostitelo di Samperi (con il quale lavorerà poi per Un'anguilla da 300 milioni, del 1971, e per Beati i ricchi, dell'anno successivo). Non trascurabile il lavoro svolto accanto a Eriprando Visconti, sollecitandolo talvolta al riutilizzo di materiale già girato perché slittasse da un film all'altro (Strogoff, 1970; Il caso Pisciotta, 1972; L'orca, 1976; Oedipus Orca, 1977; Una spirale di nebbia, 1977).Ma fu in Bertolucci che A. trovò un felice, partecipe interlocutore: si trattò di un incontro proficuo per entrambi che avvenne alla moviola di Il conformista (del 1971 invece è il montaggio di La salute è malata, un documentario girato sui problemi della sanità pubblica dallo stesso Bertolucci). Proprio nel rapporto in moviola con A., quasi una sfida, Bertolucci passò da un cinema per piani-sequenza e senza inquadrature brevi all'accettazione del montaggio. Dirà in seguito il regista: "La sfida avvenne sul corpo del film (Il conformista), e lì ho scoperto il montaggio. Non soltanto come momento anche violentemente dialettico con l'ideologia della ripresa, ma anche come ricerca infinita e scoperta inesauribile di elementi nuovi nascosti nelle pieghe del materiale" (Kim Arcalli: montare il cinema, 1980, p. 74). Questa creativa capacità di utilizzare alla moviola l'intero materiale girato, indipendentemente dalla linearità della sceneggiatura, così da screziare la narrazione, fu il segno distintivo dello stile di A., una sollecitazione che Bertolucci volle appunto usare anche nel lavoro preparatorio dei film seguenti. Infatti, il nome di A. è accreditato sia in Ultimo tango a Parigi sia in Novecento come sceneggiatore oltre che come montatore.Altro incontro decisivo di A. fu quello con Antonioni, nel 1970, per Zabriskie Point. Collaboratore al montaggio al fianco del regista, A. lo fu anche nel documentario Chung Kuo ‒ Cina (1972), e ancora di più in Professione: reporter (1975), dove da un materiale di quattro ore e mezzo di proiezione, quasi privo di sceneggiatura, venne ricavato un film della durata di centodiciannove minuti. Sempre del 1970 fu la collaborazione con Kawalerowicz per Maddalena, e del 1972 quella con Bellocchio per Nel nome del padre. Del 1974 fu il primo montaggio accanto alla Cavani, Milarepa, dove per riconoscimento della stessa regista il lavoro di A. riuscì a rendere la ricchezza visionaria del film nell'utilizzazione ritmica di immagini volutamente povere. Il rapporto con la Cavani proseguì con Il portiere di notte (1974) e con Al di là del bene e del male (1977). Né va dimenticato che A. lavorò anche insieme a Vittorio De Sica sia per Una breve vacanza (1973) sia per Il viaggio (1974). Di significato rilevante fu l'apporto di A. a un film di montaggio, Fascista (1974) di Nico Naldini, composto soltanto da materiale documentario dell'Istituto Luce riguardante i discorsi di B. Mussolini. Proprio l'indagine delle immagini del duce compiuta alla moviola con analitico distacco da A. mostra quanto un mito politico possa, nel suo configurarsi, essere decodificato dal cinema in un modo dirompente e allucinatorio.Sempre instancabile nel progettare e nel suggerire, il suo nome si ritrova infine, accreditato postumo, accanto a quello di Bertolucci, come soggettista di La luna (1979); e fra gli sceneggiatori di Once upon a time in America (1984; C'era una volta in America) di Sergio Leone, per una partecipazione ritenuta 'decisiva' da Enrico Medioli (Kim Arcalli: montare il cinema, 1980, pp. 114-20).
Kim Arcalli: montare il cinema, a cura di M. Giusti, E. Ghezzi, con la collab. di S.G. Germani, Venezia 1980; Kim e i suoi compagni. Testimonianze della resistenza veneziana, a cura di G. Turcato, Venezia 1980; S. Masi, Nel buio della moviola, L'Aquila 1985, pp. 61-64, 237-47.