KHOTAN (A. T., 97-98)
Città del Turkestan cinese (Sinkiang), a SE. di Yarkand, situata presso la grande via carovaniera del bacino del Tarim, presso il fiume Jurung-kash, al limite meridionale del deserto di Taklamakan. Posta a 1387 m. s. m., ha clima assai continentale (− 6° media gennaio, 25° media luglio), secco e sano. Essa si compone di due parti abitate una dagl'indigeni maomettani, l'altra dai Cinesi; le case sono basse, le vie tortuose, salvo nella città cinese di forma quadrata e con vie regolari. I dintorni sono costituiti da un'immensa oasi di 1600 chilometri nella quale sono anche le altre due città minori di Jurung-kash e Kara-kash, quest'ultima sul fiume d'egual nome, che assieme al Jurung-kash forma il Khotandarya, che spesso s'insabbià nel deserto senza giungere al Tarim. Complessivamente gli abitanti dell'oasi sono 190-200 mila, di cui 26 mila a Khotan. Il terreno, formato da un loess molto fertile, è irrigato e coltivato a grano, orzo e cotone, con molti alberi da frutto lungo i canali e le strade. Oltre che dei prodotti agricoli la popolazione vive dell'allevamento (specie di montoni di piccola taglia, che dànno ottima lana) e confeziona stoffe di cotone, feltri, tappeti di seta e lana. A E. e a N. dell'odierna oasi di Khotan gli scavi hanno posto in luce importanti cimelî di arte buddhistica. La città è ora compresa nella provincia Sinkiang.
Storia e arte. - Il luogo è importante anche perché attraverso queste oasi fu introdotto in Cina il buddhismo. Khotan è ricordata dai Cinesi già prima della nostra era come centro di esportazione di una qualità particolarmente pregiata di giada. Nell'epoca Han vi sorse un regno più o meno indipendente dalla Cina, sul livello artistico e culturale del quale si hanno ampie notizie. Khotan fu visitata nel 1274 da Marco Polo. Posta nel mezzo della strada che corre a sud del deserto di Taklamakan, Khotan era la stazione di transito per il traffico della Cina sia verso occidente sia verso l'India. La sabbia del deserto che la ricoprì ne ha conservato in modo mirabile pitture, sculture e prodotti delle arti minori.
La scoperse A. Stein, che nel 1902 poté eseguire per la prima volta degli scavi a Khotan, iniziando le grandiose opere di scavo che, compiute dall'Inghilterra (A. Stein), dalla Francia (P. Pelliot), dalla Germania (A.v. Le Coq, A. Grünwedel), dalla Russia (S. Oldenberg) e dal Giappone (Otani), hanno rivelato i sepolti monumenti del Turkestan cinese. I manoscritti rinvenuti, spesso magnificamente conservati, sono in cinese, in sanscrito, in karoshthi e nelle molte lingue dell'Asia centrale rese note appunto dai ritrovamenti nel Turkestan. Cronologicamente le opere di arte della regione di Khotan cadono tra la fine del secolo III e la fine dell'VIII. La posizione stessa della città vi favorì l'avvicendarsi delle influenze ellenistiche indiane, cinesi, e persiane. Nella scultura in legno e in terracotta predomina l'influenza di Gandhara. Agl'inizî la pittura è dominata da quella indiana; e proprio gli affreschi di Khotan stanno a dimostrare come la primitiva arte buddhistica si accontentasse di puri elementi lineari evitando spesso il modellato di derivazione occidentale. Nella pittura indiana la linea ha funzione essenzialmente di contorno più che in quella cinese in cui, variando di spessore, contribuisce a modellare. L'influsso cinese dominò solo al termine dello sviluppo dell'arte di Khotan. Stein asportò solo una parte delle pitture parietali da lui ritrovati, e lasciò le altre a una irreparabile rovina; per contrario, la spedizione tedesca curò il trasporto a Berlino di moltissimi dipinti che ora sono parte preziosa del Museum für Völkerkunde.
Bibl.: A. Stein, Chinese Turkestan. Sand buried cities of Khotan, Londra 1904; id., Ancient Kh., Oxford 1907; id., Ruins of desert Cathay, 1912.