KHORSĀBĀD
D Località dell'Iraq, 16 km a N di Mossul, corrispondente all'antica Dur Sharrukīn che fu per breve tempo capitale dell'impero assiro.
Fu scavata per la prima volta nel 1843-44 da P. É. Botta (v.) che erroneamente credette di aver trovato l'antica Ninive (la quale si trova in realtà una ventina di km a S-O di Khorsābād). Visitata poco dopo da H. Layard (v.), un decennio più tardi fu largamente esplorata da V. Place. L'Oriental Institute di Chicago ne riprese lo scavo tra il 1928 e il 1935, riportando alla luce nuovi edifici e rettificando sensibilmente diversi risultati delle precedenti campagne. Negli ultimi anni vi è stato eseguito qualche scavo occasionale da parte della Direzione Generale Irachena per le Antichità. I ritrovamenti di K. costituiscono una tappa fondamentale, anzi il punto di partenza, per la conoscenza dell'arte del Vicino Oriente antico. I bassorilievi di questa città assira che, dopo un viaggio durato qualche anno, furono nel 1847 esposti nelle sale del Louvre, rivelarono per primi una civiltà e un'arte che fino a quel momento erano totalmente ignote.
La città di Dūr-Sharrukin (il cui nome significa letteralmente "Fortezza di Sargon") fu edificata dal re di Assiria Sargon II, in sette anni, dal 713 al 707 a. C. Progettata e parzialmente realizzata secondo un ben preciso piano urbanistico al quale non si frapponevano ostacoli di natura planimetrica (la città sorgeva infatti in una zona praticamente priva di costruzioni preesistenti), Dūr-Sharrukīn non fu tuttavia mai condotta a termine; la morte del suo ideatore, avvenuta nel 705, ad appena un anno di distanza dall'inaugurazione ufficiale, e l'abbandono della città da parte del suo successore Sennacherib, il quale portò la capitale di nuovo a Ninive, fecero sì che solo alcun edifici di carattere ufficiale venissero effettivamente costruiti. Delle abitazioni private si è trovata qualche traccia solo presso le porte 4, 5 e 6; nessun indizio resta invece delle strade della città, se pure queste vi furono mai.
Pur nella sua incompletezza, K. mostra abbastanza chiaramente quali fossero le concezioni urbanistiche dei suoi costruttori. Appare subito evidente una ricerca di regolarità e di simmetria, perseguita per quanto lo permettessero il terreno, la viabilità e i non perfezionati metodi di misurazione. La città presenta una pianta approssimativamente quadrata (le deviazioni sembrano dovute a errori di misurazione), di m 1760 per 1685, orientata all'incirca da N-E a S-O. Essa è delimitata da un robusto muro di cinta, dello spessore di circa 24 m, alto 23 m; ogni 27 m vi si apriva una risega, per un totale di 156 (cui sono da aggiungerne altre 11 del muro che circondava il palazzo reale). Nel muro si aprono sette porte (convenzionalmente numerate da 1 a 7, partendo dal lato di N-E e procedendo in senso orario). Ogni lato ha due porte, più o meno ravvicinate, ad eccezione di quello nord-occidentale, che ne contiene una sola. Tre delle porte, segnate ora coi numeri 1, 3 e 6, presentano una decorazione monumentale, mentre le altre quattro sono più semplici, essendo destinate al traffico dei carri. Accanto alla porta 7, sul lato nord-occidentale, si leva una specie di bastione, circondato di mura anche nella parte che guarda verso la città, costruito su una terrazza artificiale alta dai 14 ai 18 m. Qui si trova il palazzo reale che, insieme ad un complesso di grandi edifici disposti intorno ad esso verso la parte interna della città, costituisce la cittadella di Dūr-Sharrukīn. La cittadella è a sua volta racchiusa entro un muro nel quale si aprono due porte, cui è stato dato il nome di porta A (sul lato meridionale) e porta B (sul lato orientale). Presso l'angolo S della città, sul lato sud-occidentale sorge, su un più piccolo bastione parimenti cintato, un altro palazzo (F); questo bastione era posto a difesa della porta 5 per la quale passava il traffico in direzione di Ninive. Di questo palazzo non si conosce il destinatario.
Le porte, della città, della cittadella e del palazzo reale, sono costruite secondo lo stesso modello. Per quelle prive di decorazione architettonica valga come esempio la porta 7, riportata alla luce dagli scavi americani: pavimentata con pietre e coi mattoni della facciata interna imbiancati, vi si apriva un ampio vano coperto da un tetto sorretto da travi policrome. Le porte monumentali erano fiancheggiate, verso l'esterno, da due torri, presso le quali erano posti i giganteschi tori alati androcefali (lamassu), dèmoni benigni posti a guardia delle abitazioni, accompagnati talvolta da figure di dèmoni antropomorfi (v. gilgamesh); il passaggio, che si allargava a formare un ampio vano, era lateralmente fiancheggiato da lastre di gesso fino ad una altezza di un paio di metri, mentre superiormente era coperto da una vòlta.
La costruzione più grandiosa della città è il palazzo reale (v. pianta s. v. assira, arte, fig. 925); costruito su un bastione e circondato da mura, comprende più di duecento vani ed una trentina di cortili. Ad esso sono annessi una ziqqurat ed un edificio isolato la cui natura non è stata finora ben chiarita. La grandiosità del complesso è ben rispecchiata in una iscrizione, ritrovata nella sala del trono, nella quale Sargon afferma: "poiché l'ho voluto, ho costruito una città e ad essa ho dato il nome di Dūr Sharrukīn. In mezzo ad essa ho costruito un palazzo ideale che non ha rivali nelle quattro parti del mondo". Al palazzo si accedeva mediante due ingressi principali, decorati con largo impiego di rilievi e pitture. Sul lato di S-E, in cima ad una rampa di accesso, un triplice portale (porta M) presentava un imponente complesso di rilievi e di sculture, tra cui ben dodici tori alati; la porta, a vòlta a tutto sesto, era inquadrata da torri e scandita da fregi pittorici. Da questa porta si passava in un grande cortile di m 103 per 91 (xv). Sul lato settentrionale del palazzo si trovava invece l'ingresso riservato ai ricevimenti ufficiali (porta C); era questa la via più breve per giungere alla sala del trono. Decorato all'esterno con monumentali tori alati androcefali, immetteva in un grande cortile rettangolare (viii); questo aveva le pareti completamente rivestite di rilievi raffiguranti cortigiani, in proporzioni maggiori del naturale, in atto di prestare omaggio al re. Dal cortile si passava alla sala del trono attraverso un triplice ingresso, dinanzi al quale si trovava uno dei soliti tori di grandi dimensioni (attualmente a Chicago), mentre due più piccoli fiancheggiavano l'ingresso principale. La sala del trono è stata identificata dagli scavi americani (il Place credeva si trattasse di un cortile, il vii), ed è assai notevole per la pianta, un rettangolo allungato. Il suo ingresso si trova al centro del lato lungo, ma il trono, eretto su una piattaforma monolitica con base scolpita (m 4 per 5 per 1,50) dinanzi ad una nicchia parimenti monolitica, sorgeva al centro del lato corto che si trova sulla destra di chi entra. Questa disposizione, che ripete quella dei templi assiri, sottolinea con ciò stesso il carattere divino del re, ed è interessante notare come si differenzi da quella dei palazzi babilonesi dove, con la stessa pianta, il trono viene invece a trovarsi dinanzi all'ingresso. La sala del trono era decorata con pitture, raffiguranti fasce alternate di genî inginocchiati e di tori; al di sopra di queste si vedeva una nicchia, pure dipinta, entro cui era raffigurato il re con un cortigiano dinanzi al dio Assur. In questa sala gli scavi americani hanno portato al rinvenimento di alcuni rilievi molto frammentarî, che erano quanto le intemperie avevano lasciato della serie di rilievi già notati dal Botta. Tali rilievi hanno comunque consentito di conoscere il modo con cui essi furono messi in opera: lavorati in situ prima della costruzione del muro cui dovevano appoggiarsi, erano sostenuti da pietre. Tra i frammenti rinvenuti in questo luogo va infine ricordato un vivace abbozzo di testa barbata, di modeste proporzioni.
Mentre la parte nord-orientale del palazzo comprendeva gli appartamenti residenziali, raggruppati attorno ad un cortile principale (vi) posto alle spalle della sala del trono, gli uffici si trovavano nella parte occidentale. L'ala meridionale del palazzo, già ritenuta un harem dai Francesi, è stata invece identificata dagli Americani come un complesso di sei templi, dedicati rispettivamente a Sin, Shamash, Ningal, Adad, Ea e Ninurta. Uno dei maggiori è il tempio di Sin, pavimentato con grandi pietre squadrate; le piante sono quelle usuali degli edifici sacri assiri. Dinanzi a uno dei templi è stata trovata la statua di una divinità recante in mano il vaso dell'acqua sacra. Non lontano dall'area dei templi sorgeva la ziqqurat, della quale furono trovati in piedi i primi tre piani ed una parte del quarto (in origine doveva con ogni probabilità avere sette piani); ogni piano era di un colore diverso, secondo la stessa successione che Erodoto dà per la ziqqurat di Babilonia: bianco, nero, rosso, blu (quest'ultimo in effetti assai scolorito). Ogni piano è alto sei metri, e sui lati si aprono grandi nicchie. La ziqqurat di K. si differenzia dalle altre conosciute per il fatto che i varî piani non sono congiunti da scalinate; una rampa continua mette successivamente in comunicazione i ripiani dell'edificio, che hanno perciò un andamento obliquo (v. ziqqurat).
Ai piedi del bastione su cui sorge il palazzo, sempre all'interno della cittadella, gli scavi americani hanno rivelato una serie di grandi edifici. Il più importante è il tempio del dio Nabū, eretto su una terrazza, misurante m 83 per 140. I muri, di 3 m di spessore, sono conservati per un'altezza di 3-4 m; il pavimento è di mattoni e bitume; le parti esterne sono costituite da recessi, decorati con mattoni imbiancati su cui furono applicati chiodi di terracotta smaltata. Una rampa conduceva all'ingresso, fiancheggiato da torri con semicolonne di mattoni; all'interno si trovavano due cortili successivi, il secondo dei quali era decorato alla base con un pannello continuo di mattoni smaltati policromi; alcune parti recavano raffigurazioni con file di leoni, uccelli, tori, alberi e navi stilizzate. Un viadotto a sezione ovale, pavimentato con pietre squadrate, metteva in comunicazione il tempio con il palazzo reale.
L'ultimo grande complesso della città è quello del palazzo F, isolato sul lato meridionale del muro di cinta. Non ancora completamente scavato, appare interessante per un ingresso di tipo particolare: questo è preceduto da un portico poggiante su colonne, le cui basi, ritrovate, presentano una forma a bulbo simile a quelle della Siria settentrionale. Questo tipo di ingresso è proprio delle costruzioni principesche della Siria settentrionale dell'inizio del I millennio a. C.; del resto lo stesso Sargon afferma, in un'iscrizione, di essersi ispirato a modelli occidentali: "un portico secondo il modello dei palazzi hittiti, che essi chiamano bīt khilāni (v.) in lingua amorrea, io ho costruito dinanzi alle porte (del palazzo)"; in questo testo il termine "hittita" sta ovviamente per ciò che oggi chiamiamo neo o siro-hittita, mentre "lingua amorrea" indica genericamente la "lingua occidentale" dei neo-Hittiti.
Un ultimo edificio è venuto alla luce recentemente durante la costruzione di una strada. Avviato quindi uno scavo, è apparso un nuovo tempio all'interno della città, ma fuori della cittadella, tra la porta 7 e la porta A. Da un'iscrizione trovata in esso si è appreso che il tempio, che nella pianta non si discosta dagli altri, era dedicato ai Sibitti, le sette divinità (le Pleiadi) chiamate appunto col nome di "Sette". All'interno di questo tempio sono stati trovati diversi altari di pietra del tipo a base triangolare ed un esemplare di altare sorretto da una base alta e stretta.
Tra i reperti di K. va menzionata in primo luogo la famosa lista reale che da tale città prende il nome: si tratta di un elenco di re, da Irishun (2039-2019 a. C.) a Ashshur-nirāri V (753-746 a. C.), il quale ha permesso di dare una nuova sistemazione a più di un millennio di storia orientale (v. cronologia). Degli oggetti d'arte si ricordano alcuni avorî, del tipo di quelli trovati a Nimrud, con le medesime diversità stilistiche, e alcune lastre di bronzo lavorate a rilievo che rivestivano gli alberi posti dinanzi ai templi. I più importanti ritrovamenti sono però costituiti dai numerosi bassorilievi che ornavano gran parte dei cortili e delle stanze (v. assira, arte; gilgamesh); attualmente si trovano nella maggioranza al Louvre; altri sono nel British Museum e a Chicago. I rilievi di K. occupano una posizione assai particolare nello sviluppo dell'arte assira; dal punto di vista tipologico essi non si differenziano molto dalla tradizione precedente, ma il prevalere quasi assoluto della descrizione di cortei aulici sui motivi narrativi tradizionali contrasta singolarmente con tutta la produzione artistica assira precedente ed anche successiva, accostandosi invece alla tematica achemènide. File di cortigiani variamente atteggiati, in dimensioni quasi doppie del naturale, recanti spesso oggetti quali tavole, sgabelli o carri, ovvero dèmoni benefici con figure di offerenti costituiscono i soggetti prevalenti di raffigurazioni in cui è perseguita una ricerca di statica grandiosità, sottolineata dall'estrema cura dei particolari descrittivi. Assai rare sono le scene di guerra o di caccia; in queste ultime appaiono evidentissime le ricerche di originali soluzioni stilistiche, sia nei tentativi di effetti prospettici, sia nel movimento impresso al paesaggio mediante la varietà delle dimensioni e dei piani prospettici, sia infine nelle minute descrizioni di ambiente.
Bibl.: P. É. Botta, Monument de Ninive, I-V, Parigi 1849-1850 (I-II: disegni di architetture e sculture dovuti a D. Flandin, assai utili perché comprendono anche pezzi andati perduti; III-IV: iscrizioni; V: testo del Botta); V. Place, Ninive et l'Assyrie, I-III, Parigi 1867; H. Frankfort, Tell Asmar, Khafaje and K., Chicago 1933, pp. 80-102; id., Iraq Excavations of the Oriental Institute 1932-33, Chicago 1934, pp. 81-88; id., Oriental Institute Discoveries in Iraq, 1933-34, Chicago 1935, pp. 89-100; id., Progress of the Work of the Oriental Institute in Iraq, 1934-35, Chicago 1936, pp. 101-108; G. Loud H. Frankfort, T. Jacobsen, K., I, Chicago 1936; G. Loud - Ch. B. Altman, IK., II, Chicago 1938; A. Parrot, Archéologie mésopotamienne, I, Parigi 1946, pp. 39-45, 63-76, 424-31; H. Frankfort, The Art and Architecture of the Ancient Orient, Harmondsworth 1954, pp. 73-81; Th. A. Busink, La zikurrat de Dûr-Šarrukîn, in Compt. rend. IIIe Renc. assyriolog. internat., Leida 1954, pp. 105-22; Fuad Safar, The Temple of Sibitti at K., in Sumer, XIII, 1957, pp. 219-21.