Spacey, Kevin (propr. Spacey Fowler, Kevin)
Attore cinematografico e teatrale statunitense, nato a South Orange (New Jersey) il 26 luglio 1959. Uno dei volti più noti di Hollywood degli anni Novanta, si è imposto grazie alla straordinaria mimica e al sapiente uso dello sguardo, provocatore, intrigante e gelido. L'interesse a esplorare particolari tipi di personaggi, soprattutto quelli malvagi e ambigui, l'ha portato a offrire prove straordinarie di attore e a vincere due Oscar: nel 1996 come miglior attore non protagonista per The usual suspects (1995; I soliti sospetti) di Bryan Singer e nel 2000 come miglior attore protagonista per American beauty (1999) di Sam Mendes.
Espulso dall'Accademia militare di Northridge, si trasferì alla Chatsworth High School nella San Fernando Valley, cominciando a recitare al NuArt Theatre di Los Angeles. Nel 1981, dopo aver studiato per due anni recitazione alla Julliard School (senza peraltro diplomarsi), iniziò la carriera teatrale partecipando al New York Shakespeare Festival. Mentre proseguiva con successo la sua attività in teatro (dove ha interpretato testi di E. O'Neill, N. Simon, D. Mamet), nel 1986 ha esordito sul grande schermo in una piccola parte in Heartburn (Heartburn ‒ Affari di cuore) di Mike Nichols. Dopo aver suscitato un notevole interesse con la sua interpretazione di un esaltato spacciatore di droga nella serie televisiva Wiseguy (1987), S. ha accettato ruoli cinematografici piccoli ma significativi, affiancando Al Pacino e Jack Lemmon in Glengarry Glen Ross (1992; Americani) di James Foley, nel ruolo di un sadico manager, recitando in Consenting adults (1992; Giochi d'adulti) di Alan J. Pakula e interpretando un sarcastico produttore cinematografico in The Buddy factor, noto anche come Swimming with sharks (1994; Il prezzo di Hollywood) di George Huang.
Nel 1995 con The usual suspects ha raggiunto il successo e la notorietà grazie all'interpretazione di un personaggio ambiguo, il patetico Verbal Kint dietro al quale si nasconde il malvagio e diabolico Keyser Soze, riconfermando poi le sue straordinarie doti attoriali nel ruolo di un maniaco psicopatico nel thriller dalle atmosfere noir Seven (1995) di David Fincher. Dopo la partecipazione al film di Al Pacino Looking for Richard (1996; Riccardo III ‒ Un uomo, un re) nel ruolo di Buckingham e l'interpretazione del cinico procuratore in A time to kill (1996; Il momento di uccidere) di Joel Schumacher, nel 1997 ha disegnato il corrotto ma bonario Jack Vincennes in L.A. confidential di Curtis Hanson e un ricco antiquario omosessuale in Midnight in the garden of good and evil (1997; Mezzanotte nel giardino del bene e del male) di Clint Eastwood. L'anno seguente, diretto da F. Gary Gray nel thriller The negotiator (Il negoziatore), ha recitato accanto a Samuel L. Jackson regalando spessore psicologico al suo personaggio e al film. Una nuova consacrazione è giunta con American beauty, che lo ha visto nel ruolo di Lester Burnham, un americano medio che affronta non solo la crisi di mezz'età ma anche lo svuotamento di valori e sentimenti della società contemporanea, cui S. ha saputo conferire ironia e un fondo di malinconia. Ha interpretato ancora un personaggio cinico in Hurlyburly (1998; Bugie, baci, bambole & bastardi) di Anthony Drazan, mantenendosi fedele a questa scelta di caratteri difficili in The big Kahuna (2000) di John Swanbeck (di cui è stato anche produttore) e in Pay it forward (2000; Un sogno per domani) diretto da Mimi Leder. Dopo il drammatico The shipping news (2001; The shipping news ‒ Ombre dal profondo) di Lasse Hallström, S. ha ricoperto altri ruoli nei quali è tornato a dimostrare, con rinnovata profondità e bravura, la sua capacità di giocare sul confine dell'ambiguità, come nel film fantastico K-Pax (2001; K-Pax ‒ Da un altro mondo) di Iain Softley e nell'impegnato The life of David Gale (2003) diretto da Alan Parker.Alla sua attività di attore, S. ha affiancato quella di regista esordendo nel 1996 con Albino alligator (Insoliti criminali), un film che, malgrado la situazione non eccessivamente originale e la struttura troppo teatrale, si riscatta però grazie a un sarcastico finale a sorpresa.