KER (Κήρ; plurale Κῆρες)
Con questo termine indicarono certamente gli antichissimi Greci le anime dei morti (sinonimo perciò di ψυχαί). Già in Omero, però, compare un secondo significato di Ker, che va poi sempre più prevalendo sul primo: le Keres si trasformano in figure demoniache, in veri e proprî "genî della morte". La K. è un demone nero, odioso, implacabile, che segue dovunque il mortale, spiando l'attimo in cui potrà piombargli addosso e trascinarlo all'Ade; è dunque concepita anche come una specie di Parca. Tale rappresentazione delle Keres, comune all'epopea omerica (Iliade, XVIII, 535 segg.), si mantiene e si sviluppa nella poesia posteriore; Esiodo vi aggiunge tratti mitologici, facendo la nera Ker figlia della Notte (Teogonia, 211 segg.), e rappresentando le Keres come giustiziere, vendicatrici delle azioni commesse dagli dei e dagli uomini; altrove (Op. e Giorni, v. 418), raffigurandole come "genî", che, assegnate ognuna ai singoli uomini fin dalla nascita, li scortano fino al termine della vita. Ma, nella concezione più comune, seguitano a essere considerate come spiriti maligni e dannosi, e identificate spesso con le Erinni e le Arpie. Nella letteratura, ricompariscono in poi, nell'originario loro significato popolare di "anime dei morti".
Incerta è l'etimologia del nome; a ogni altra teoria sembra, in ogni modo, preferibile quella del Crusius, che riguarda appunto il vocabolo κήρ come sinonimo, in origine, di ψυχή (affermazione che s'incontra già in varî glossatori antichi). E, del resto, l'identità originaria delle Keres con le anime dei morti spiega anche il loro significato posteriore: perché le anime dei defunti (eroi) venivano considerate ora come genî protettori e benefici, ora come potenze invidiose e pericolose.
Poche sono le rappresentazioni figurate, nelle quali si possano riconoscere con sicurezza le Keres. Sappiamo che nella famosa arca di Cipselo, dietro la figura di Polinice colpito a morte dal fratello, era raffigurata la Ker coi denti ferrigni e le unghie adunche. Anche su parecchi vasi dipinti, sono evidentemente da riconoscere le Keres in certi demoni alati che si mescolano ai combattenti. Su di una lekythos arcaica di Capua è rappresentato Ermes che pesa su di una bilancia le Keres (forse le anime stesse) di due combattenti, rappresentati ai suoi lati nell'atto di minacciarsi scambievolmente con la lancia. Lo stesso motivo si trova ripetuto, più tardi, su vasi.
Bibl.: O. Crusius, in Roscher, Lexicon der griech. und röm. Mythologie, II, i, col. 1136 segg.; F. Durrbach, in Daremberg e Saglio, Dictionnaire des antiq., III, i, pagina 818 segg.; L. Malten, in Pauly-Wissowa, Real-Encykl, Suppl. IV, col. 883 segg.