KUMA, Kengo
Architetto giapponese, nato a Tōkyō l’8 agosto 1954. È impegnato da anni in una seria critica a quello che definisce il ‘metodo del calcestruzzo’, nel desiderio di trovare un’alternativa all’uso di questo materiale che ‘governa’ il mondo perché ha un metodo di produzione universale. Il suo interesse è rivolto all’incontro con i materiali che egli chiama sostanze e al tema della sparizione, ben sintetizzato dal suo motto: «Voglio cancellare l’architettura!». Lo scopo è quello di spostare l’attenzione dall’oggetto al soggetto, verso un processo progettuale che inverta la direzione della visione e dissolva la solidità dell’architettura. Fra i numerosi riconoscimenti ottenuti, lo Spirit of nature wood architecture award, conferitogli in Finlandia nel 2002, l’International architecture award for the best new global design (2007) e l’onorificenza di officier de l’Ordre des arts et des lettres de la République française nel 2009.
Si è laureato alla University of Tokyo per poi trascorrere un periodo (1985-86) alla Columbia University come visiting researcher. Nel 1987 ha fondato lo Spatial design studio e nel 1990 lo studio Kengo Kuma & associates con sede a Tōkyō. Ha insegnato alla Columbia University, alla University of Illinois e alla Keio University. Attualmente è professore presso la University of Tokyo.
L’edificio che più di ogni altro esprime la sua maniera di concepire l’architettura è la Water/Glass (Atami, 199295), una foresteria costruita su una rupe di fronte all’oceano; non ci sono punti dai quali si possa avere una visione dell’esterno della costruzione che galleggia su una vasca riempita dall’acqua che scende a cascata dal tetto, e i confini dell’edificio sfumano nell’acqua dell’oceano. K. ha realizzato una serie di celebri edifici in cui si è ‘messo all’ascolto’ del materiale: lo Stone Museum (1996-2000) e l’Hiroshige Ando Museum (1998-2000), entrambi a Nasu nella prefettura di Tochigi; il Takanezawa Plaza a Shiotanigun (Tochigi, 2004-06) e il Suntory Museum of art (Tōkyō, 2004-07). Legno, pietra, ceramica, bambù, plastica, vinile sono solo alcune delle ‘sostanze’ dalle quali ha voluto cogliere la massima espressione strutturale e naturale, mantenendo saldo il rapporto con la tradizione giapponese, il gusto per l’innovazione tecnologica e la sperimentazione progettuale.
Nel 2008, ha aperto a Parigi lo studio Kuma & associates Europe. Tra i lavori realizzati in Europa si segnala: il Besançon art center and Cité de la musique (2007-12); il FRAC (Fonds Régional d’Art Contemporain) Marseille (2007-13); l’Aix-en-Provence Conservatory of music (2007-13) e, in Italia, la trasformazione di una casa colonica in uno spazio archivio per una ditta di ceramiche (Casalgrande old house, Reggio Emilia, 2011). Nel 2012 ha inoltre vinto il concorso per la Stazione internazionale in Val di Susa.
L’Asia resta il luogo dove ha realizzato il maggior numero di progetti. In Cina molti grandi incarichi sono ancora in fase di realizzazione; tra quelli ultimati si segnala no: lo Xinjin Zhi Museum (2008-11), edificio ispirato ai principi del taoismo, e il Museum at China academy of art (Hangzhou, 2014). In Giappone tra i lavori più recenti emergono: una piccola caffetteria della catena Starbucks il cui spazio interno è modellato da una struttura composta da 2000 pali di legno (Dazaifu, 2011), la casa sperimentale Meme Meadows (Hokkaido, 2009-11), il piccolo negozio Sunny Hills Japan costruito con il tradizionale sistema giapponese Jiigoku-Gumi dell’architettura lignea (Tōkyō, 2012); l’Asakusa culture tourist information center a Tōkyō (2009-12); il Daiwa ubiquitous computing research building (Tōkyō, 2012-14) e la casa di cura Hayama no mori (Kanagawa, 2014).
Molto note sono anche le sale per la cerimonia del tè (chashitsu) che K. ha realizzato prevalentemente in Giappone. La Oribe tea house (2005) e la Floating tea house (2007) – entrambe temporanee e mobili – e il bozzolo high-tech della Tee Haus gonfiabile a Francoforte (2007) costituiscono i piccolissimi spazi di quel mondo a parte, mentale e fisico, che rappresenta uno dei particolarismi dell’identità culturale giapponese. Questi progetti sono un mezzo per sperimentare nuovi materiali e contrastare, in architettura, la globalizzazione del 21° secolo. Indagare il rapporto tra spiritualità e materiali a basso costo ha costituito l’ultima sfida di K: costruire pareti di plastica e organza, leghe di cartone e plastica e realizzare, attraverso i materiali poveri, uno spazio contemplativo.
Bibliografia: L. Spita, Kengo Kuma, Roma 2006; K. Kuma, Studies in organic, Tokyo 2009; K. Kuma, Progettare oggi, in XXI Secolo. Gli spazi e le arti, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma 2010, pp. 265-70; «AV Monografías», 2014, 167-168, nr. monografico: Kengo Kuma. Atmospheric works 2000-2014 (in partic. K. Kuma, Earthquakes and nature, pp. 16-23; J. Pallasmaa, Lyrical atmospheres, pp. 6-15).