HARDENBERG, Karl August principe di
Uomo di stato prussiano, nato a Essenrode (Lüneburg) il 31 maggio 1750, morto a Genova il 26 novembre 1822. Studiò a Lipsia e a Gottinga; nel 1770 entrò nell'amministrazione hannoveriana, prima come uditore presso la cancelleria giudiziaria, poi come uditore presso l'amministrazione dei demanî e come consigliere (Kammerrât). Viaggiò molto in quel periodo, recandosi anche in Inghilterra; ma, in seguito a una disavventura coniugale, di cui era corresponsabile il principe di Galles, abbandonò la casa hannoveriana e passò al servizio del duca di Brunswick (1782). E qui già cominciò ad abbozzare piani di riforma, specialmente dell'istruzione; e già fece palesi le sue tendenze antifeudali, antichiesastiche, in cui c'era parecchio "illuminismo" e che naturalmente dovevano suscitargli contro vivacissime ostilità. Lasciò così anche la corte di Brunswick e passò a quella del margravio di Ansbach-Bayreuth (1790); poi, quando i due territorî furono ceduti alla Prussia (1791), andò al servizio di Federico Guglielmo II di Prussia. Da allora sino alla morte lavorò per lo stato prussiano, in posti di sempre più alta e complessa responsabilità. Nominato ministro di stato sin dall'inizio e incaricato dell'amministrazione di Ansbach-Bayreuth, già nel 1794 gli veniva affidata un'importante missione diplomatica, presso i principi tedeschi, per ottenerne aiuti all'esercito prussiano in lotta con la Francia; nel 1795 gli veniva commesso l'incarico di negoziare la pace con la Francia (pace di Basilea); nel 1796, il governo dei territorî franconi. Nell'estate 1803 e nella primavera 1802 il barone Chr. K. Haugwitz lo designava per due volte a sostituirlo al Ministero degli affari esteri, per un breve periodo di tempo; e finalmente, allontanatosi il Haugwitz, nell'agosto 1804 H. diventava ministro degli Esteri. Il momento era difficilissimo; e il H. credette di superarlo con una cauta politica, volta ad approfittare di tutte le occasioni per ingrandire il territorio della Prussia. A tale scopo iniziò trattative con Napoleone, per il Hannover, premendo sul re Federico Guglielmo III, riluttante; ma nell'autunno 1805 l'invasione da parte di truppe francesi di Ansbach, lo costringeva a mutare i suoi piani e ad accordarsi con Russia e Austria contro la Francia. La vittoria di Napoleone ad Austerlitz, non solo costringeva la Prussia ad accettare i trattati del 15 dicembre 1805 e del 15 febbraio 1806, ma obbligava anche H. a offrire le dimissioni (24 aprile), per placare Napoleone che, ora, designava in lui uno dei principali suoi nemici. Ritornò al suo posto dopo la catastrofe prussiana, il 10 aprile 1807; ma di nuovo fu costretto al momento della pace di Tilsit (luglio) a ritirarsi, su perentoria intimazione di Napoleone. Nel 1810 ritornava in scena, e questa volta al sommo del potere, come cancelliere di stato, e da quel momento diresse la politica estera e interna del suo paese per dodici anni, lasciando indubbiamente traccia cospicua di sé.
Iniziò subito il suo lavoro di ricostruzione dello stato. Egli si proponeva un totale rinnovamento sulla base di una monarchia costituzionale, con un'assemblea nazionale, che, pur senza aver voto decisivo in fatto di leggi e di bilanci, avrebbe tuttavia dovuto prender larga parte nell'amministrazione. Vi s'aggiungevano provvedimenti molto decisi contro i privilegi della nobiltà; altri a favore della libertà di religione; altri per la costituzione di una Landwehr, ecc. Era, dunque, un programma di stampo schiettamente illuministico.
Ora, venuto al potere, H. si volse ad attuare una parte almeno dei suoi progetti, quella più immediatamente realizzabile e più urgente; e cominciò con riforme, che stipulavano l'imposizione di un'imposta fondiaria generale, la soppressione di privilegi fiscali della nobiltà e delle corporazioni nelle città, la libertà industriale, l'abolizione delle prestazioni d'opera obbligatorie da parte dei contadini, e, anzi, la concessione in proprietà ai contadini delle terre che coltivavano, salvo certi compensi ai vecchi signori (editto del settembre 1811). Una serie di provvedimenti che riuscirono assai impopolari, quasi in ogni ceto; come riuscì impopolare la convocazione di una prima assemblea di 60 notabili, nel febbraio 1811. Tuttavia H., vero dittatore di fatto, perseguiva ostinatamente la sua opera, fino a che la catastrofe della Grande Armata napoleonica in Russia gli offrì il modo di ritessere le fila per l'immediato risorgimento della Prussia. Già alla fine di dicembre del 1812 egli si propose di preparare, sia pure al coperto per allora, la lotta: strinse accordi con la Russia e l'Austria, approfittando del movimento nazionale contro i Francesi per concludere la nuova coalizione antinapoleouica. Ma al termine della campagna e al momento di concludere la pace, la sua politica si dimostrò inadatta a fronteggiare quella di Metternich. Le aspirazioni di H. (cioè la cessione alla Prussia della Sassonia) dopo burrascose trattative, e per l'opposizione del Metternich, fallirono; e, quel ch'era più grave, da allora egli subordinava la sua politica a quella del ministro austriaco. Le conseguenze di questo suo atteggiamento si avvertirono anche nella politica interna. Fedele ai suoi progetti, egli aveva fatto promettere a Federico Guglielmo III, nell'editto del 22 maggio 1815, l'istituzione di una rappresentanza nazionale; e, in seguito ancora, cercò di far attuare tale promessa. Ma il suo accodarsi al Metternich - manifesto specialmente nel colloquio di Teplitz (30 luglio 1819) e nel congresso di Carlsbad, dell'agosto 1819, quand'egli accettò la proposta del Metternich per l'istituzione di una commissione federale contro la demagogia, con diritto d'intervento nei varî stati germanici - rovinava anche la sua politica interna, permettendo agli elementi reazionarî di riprendere il sopravvento anche in Prussia. I suoi attriti personali con i più eminenti dei suoi collaboratori (così con Guglielmo di Humboldt, che dovette dar le dimissioni nel 1819), l'isolamento in cui si trovava di fronte agli altri costituzionalisti, lo rendevano sempre più impotente a fronteggiare la reazione. E così nell'ultimo periodo del suo lungo cancellierato la restaurazione s'impose anche in Prussia e della rappresentanza nazionale, promessa, non si sentì più parlare.
Opere: Denkwürdigkeiten (1805-07), ed. da L. v. Ranke, voll. 5, 1877.
Bibl.: Klose, Leben Karl Augusts Fürst v. H., Halle 1851; Chr. Meyer, H. und seine Verwaltung der Fürstentümer Ansbach und Bayreuth, Breslavia 1906; E. v. Meyer, Die Reform den Verwaltungsorganisation unter Stein und Hardenberg, 2a ed., 1912. Ma soprattutto, per l'azione politica, L. v. Ranke, H. und die Gesch. des preuss. Staates von 1793 bis 1843, in Sämtl. Werke, XLVI-XLVIII; H. v. Treitscke, Deutsche Gesch. im 19. Jahrh., nuova ed. 1927, I e II.