KARKŪR
. Nome, che nei dialetti arabi maghrebini e in quelli berberi viene dato, con alcune varianti (kerkūr, akerkūr, shershūr, ecc.), ai mucchi di pietre che in parecchie regioni e specialmente nell'Africa settentrionale si trovano qua e là lungo le vie carovaniere, sulle colline, nei passi montani, ecc. Gl'indigeni musulmani raccolgono e lanciano un ciottolo su tali mucchi, che a mano a mano si accrescono fino a diventare piccole rozze piramidi; essi compiono così più o meno consciamente un rito d'espulsione del male che, come altri consimili, si basa sulla credenza di carattere primitivo e assai diffusa, che si possa allontanare da sé una sofferenza o malattia, o qualsiasi altro male - concepito come qualcosa di materiale - trasferendolo, mediante un rito magico d'espulsione, in un oggetto, che viene gettato o deposto in particolari luoghi. Tali credenze sono alla base di altre pratiche magiche di trasmissione del male (v. ad es., capro espiatorio, VIII, p. 914); ma non mancano anche riscontri specifici. Probabilmente anche il getto delle pietre nella valle di Minà, che è una delle cerimonie del pellegrinaggio musulmano, si riconnette con esse; e così, in ambiente diverso, la "grave mora" (Dante, Purgatorio, III, 43) sotto cui giacque sepolto Manfredi. Karkür si trovano anche presso santuarî, o tombe di marabutti, o nei luoghi da cui si discopre per la prima volta un santuario avvicinandosi a esso; altri nei luoghi ove è avvenuto un assassinio. Altri, infine, non hanno alcun carattere sacro, servendo solo a indicare, nell'uniformità del deserto, la via, o i posti d'acqua.
Bibl.: F. Jacquot, Expédition du général Cavaignac dans le Sahara algérien, Parigi 1849, p. 62; E. Doutté, Les tas de pierres sacrées et quelques pratiques connexes dans le Sud du Maroc, Algeri 1903; id., Merrâkech, Parigi 1905, pp. 58-108; id., Magie et religion dans l'Afrique du Nord, Algeri 1908, pp. 419-449; J. G. Frazer, The golden bough, 3ª ed., VI: The Scapegoat, Londra 1925, cap. I, par. 2; E. Westermarck, Ritual and belief in Morocco, Londra 1926, passim; H. Basset, Kerkūr, in Encyclopédie de l'Islām, II, pp. 908-909; per raffronti, R. Pettazzoni, La "grave mora"), in Studi e materiali di storia delle religioni, I, Bologna 1925, pp. 1-65.