KARA TEPE
Località della Battriana antica (oggi Uzbekistan meridionale) situata nel settore NO della cinta muraria che delimitava il sobborgo dell'antica città di Termez ove è stato rinvenuto un vasto complesso cultuale buddhista risalente all'epoca kuṣāṇa (I-III sec. d.C.).
K. T. conobbe la sua massima espansione sotto il dominio kuṣāṇa cui seguì una lunga fase di decadenza, cronologicamente ricollegabile all'invasione sasanide (III sec. d.C.); all'epoca degli Eftaliti (V sec. d.C.) il sito fu utilizzato come luogo di sepolture (forse in connessione con qualche epidemia, di cui si conserva memoria nel nome locale, «collina nera») e continuò a essere usato come cimitero fino al X-XII sec., allorché la stessa città di Termez venne distrutta dalle armate di Genghiz Khān.
La storia della scoperta archeologica di K. T. inizia nel 1928 con il ritrovamento da parte di A. S. Strelkov di tre grotte, esplorate e descritte fra il 1934 e il 1936 da G. V. Parfenov. Altre ricerche effettuate nel 1938 sotto la direzione di E. G. Pčelina e G. A. Pugačenkova portarono alla luce i resti di un piccolo santuario ricavato sul lato E della collina: ritrovamenti numismatici e ceramici permisero già allora di datare il sito all'epoca kuṣāṇa. Lo scavo sistematico è stato intrapreso a partire dal 1961 da B. Ja. Staviskij ed è tuttora in corso: finora sono stati riportati alla luce gli edifici cultuali collocati sul pendio S della collina.
K. T. non solo fornisce tutta una serie di nuovi elementi valevoli per la ricostruzione della cultura e dell'arte della Battriana di epoca kuṣāṇa, ma testimonia in modo chiaro il ruolo assolto da questa regione nella trasmissione al mondo centroasiatico di motivi derivanti dal mondo indiano rielaborati in modo originale. Questo fenomeno è palese nella tipologia architettonica del complesso, solo parzialmente confrontabile con i modelli indiani e ricca di elementi che troveranno definizione e diffusione nei complessi buddhisti della carovaniera settentrionale della seta. Il centro di K. T. comprende un insieme di edifici di culto in cui strutture ricavate nella collina sono associate e completate da strutture in mattoni crudi costruite all'aria aperta. Nella varia tipologia, sia dei santuari scavati che degli avancorpi costruiti che li completano, è evidente la mancanza di una codificazione rigorosa e la coesistenza di modelli parzialmente diversi.
Per le parti ricavate nella collina il tipo più semplice (n. 1) è costituito da una cella rettangolare coperta da una vòlta; un secondo tipo (n. 2) è realizzato ricavando una sorta di corridoio che forma un quadrato, che nei complessi A, Β e D presenta al centro una cella. Nei santuari che usano insieme architettura ricavata e architettura costruita le ali del corridoio si aprono su una corte, che può essere un semplice spazio aperto (complesso A), presentare un colonnato su tutti e quattro i lati (complesso Β) o solo su due (complesso D).
I complessi A e B, almeno nella fase più antica, costituivano un insieme unitario formato da tre corti all'aperto allineate su un terrazzamento e collegate da passaggi che, nel corso della vita della struttura, vennero chiusi. Una prima corte al cui centro si eleva uno stūpa precede a Ν la corte B; il passaggio dalla corte Β alla corte A avveniva attraverso una cella con al centro un piccolo stūpa o una piattaforma; infine sulla parete S della corte A si eleva un tempio costruito, formato da una cella con bancone sulla parete di fondo, circondata su tre lati da un corridoio che si apre con due accessi sulla corte stessa.
L'ingresso ai templi rupestri (CI e CII) avveniva attraverso due passaggi che si aprivano nella facciata O, rispettivamente, delle corti A e B. Nella corte B, su questa stessa parete era collocata una nicchia destinata a ospitare una statua del Buddha, di cui rimangono frammenti. Piccole celle isolate sul lato Ν dei complessi A e Β dovevano servire per i monaci cui era affidata la cura del santuario. In entrambi i complessi rimangono tracce di una scalinata che doveva condurre alla costruzione che si innalzava sulla collina, in corrispondenza del sottostante tempio rupestre. Resti notevoli di questa struttura provengono dal complesso B, ove è stato portato alla luce un edificio composto da più stanze, destinato a ospitare probabilmente un monaco buddhista, forse il Buddhaśira menzionato in alcune iscrizioni dedicatorie su ceramica. È in una di queste stanze che è stata rinvenuta una nicchia per il fuoco, più volte riparata e ricostruita nel corso della vita dell'edificio e da ultimo chiusa da un bancone: secondo Staviskij potrebbe trattarsi di un altare del fuoco collocato in una struttura buddhista.
Impianti simili, ma non identici, sono attestati nei complessi C e D, anch'essi risultanti dalla combinazione fra architettura ricavata e avancorpi costruiti all'aperto. Il complesso D risulta formato da un tempio scavato (con piccola cella centrale e corridoio quadrangolare) che si apre con due passaggi su una corte con un portico colonnato su due lati. Al centro della facciata una nicchia conteneva la statua di un Buddha assiso, di cui restano solo frammenti, sufficienti comunque a riconoscere la tecnica di esecuzione, già nota anche da altri centri della Battriana e dell'India di Nord-Ovest: un impasto di argilla cruda e paglia disposto a strati su un'anima di legno e separato dallo strato finale di gesso da un tessuto, destinato a regolare i tempi di assorbimento dell'umidità. Da ultimo l'immagine era dipinta con varí colori. Nascosta dietro la nicchia è stata trovata una piccola camera murata destinata a nascondere oggetti. Dalla corte provengono resti di una decorazione in gesso con motivi fitomorfi. Altri resti scultorei provengono dalla cella centrale del santuario scavato nella roccia. Si tratta di frammenti di una statua in pietra, materiale di uso tutt'altro che frequente in Battriana, ma attestato a Κ. T. anche per i capitelli della corte centrale del complesso B.
Oltre alla decorazione plastica, in argilla e in pietra, il complesso di Κ. T. ha restituito numerosi frammenti della pittura parietale che ornava sia le corti all'aperto che i templi rupestri.
Resti di pittura policroma raffiguranti una serie di donatori allineati l'uno a fianco dell'altro, con corpo frontale e testa di profilo, provengono dalla parete S della corte A, mentre sulla parete S della corte Βè stata rinvenuta parte di una figurazione comprendente alcuni monaci e il Buddha seduti sotto alberi: l'immagine del Buddha è realizzata seguendo il modello iconografico gandharico, ed è circondata da nimbo e alone, particolare quest'ultimo molto raro nelle sculture del Gandhāra, ma ampiamente diffuso nella produzione buddhista dell'Asia centrale. Altri straordinari resti pittorici provengono dalla parete S del corridoio settentrionale del santuario rupestre nel complesso D. A differenza dei frammenti già menzionati, le pitture del santuario D sono eseguite in colore rosso su una preparazione di gesso bianco, sicché gli effetti plastici sono generati dalla sola forza della linea. La decorazione pittorica si sviluppa a partire dalla estremità E del muro meridionale, proseguendo poi sul corridoio orientale. Fra i resti è una singolare raffigurazione del Buddha, non solo di eccezionale livello formale, ma anche di indubbio interesse religioso. Si tratta di un'immagine purtroppo acefala, con il corpo avvolto nel manto monastico, assiso in padmāsana (posizione del loto) e in dhyānamudrā (gesto della meditazione), con il corpo e il capo interamente circondati da un doppio alone di fiamme; al suo fianco è una figuretta femminile in povere condizioni nella quale forse è da riconoscere una danzatrice. In alto a destra un'iscrizione battriana, forse apposta nel IV-V sec. d.C., quando il tempio era già stato abbandonato, nella quale si legge ΒΟΔΔΟΜΑΖΔΟ («Buddha-Mazda»). Staviskij sottolinea l'originalità figurativa e simbolica dell'immagine, che innesta su un modello iconografico puramente indiano i tratti di una divinità locale della luce e/o del fuoco. Sul corridoio orientale compaiono altre pitture, non contemporanee all'immagine principale, ma sicuramente in relazione con essa. La fascia decorata, che occupa più di 3 m, è definita in basso da una striscia rossa. La composizione comprende più personaggi e scene: una capanna in muratura nella quale è inquadrato un personaggio maschile con teschio in mano, mentre una seconda figura femminile appare a torso nudo e affiancata da due cani, uno dei quali le lecca o le morde la spalla, potrebbe suggerire il rituale funerario zoroastriano della scarnificazione dei cadaveri da parte di cani. La composizione continua con altre figure delle quali residua solo la parte inferiore del corpo: sedute con i piedi incrociati alla caviglia, o assise su un seggio con suppedaneo o ancora stanti. Due dei personaggi presentano intorno al corpo tracce di alone fiammeggiante e potrebbero essere identificate come divinità locali raffigurate nell'atto di rendere omaggio al Buddha. Le condizioni assai povere delle pitture impediscono una lettura precisa delle singole immagini, rendendo così impossibile qualsiasi interpretazione d'insieme.
Fra i resti minori di K. T. vi sono numerosi ritrovamenti ceramici, risalenti sia alla fase kuṣāṇa che a quella più tarda. Sul vasellame del periodo più antico compaiono iscrizioni in alfabeto greco-battriano, kharoṣṭhī e brāhmī di carattere dedicatorio, contenenti nomi di donatori o riferimenti a particolari scuole buddhiste, quali quella dei Mahä- sāṅghika. Altri frammenti sono in una lingua ignota.
Notevoli i ritrovamenti numismatici che, unitamente ai reperti ceramici e alle iscrizioni su vasellame, hanno permesso di datare la fondazione del complesso all'epoca di Kaniṣka (I-II sec. d.C.). In epoca sasanide va senz'altro collocata la fase di decadenza, anche se non è possibile individuare con sicurezza le cause del progressivo abbandono del sito.
Benché lo studio di K. T. sia tutt'altro che concluso, i dati fin qui emersi permettono di individuare in questo centro uno dei nodi culturali e artistici della Battriana di epoca kuṣāṇa. Il complesso cultuale di K. T. testimonia da un lato la diffusione del buddhismo nei territori della Battriana settentrionale, dall'altro fornisce il documento di una fase di dinamica ricerca per la formulazione di modelli e tipi architettonici che combinando armoniosamente spunti indiani e tipologie vicino orientali, generano moduli di architettura che troveranno sviluppo nei grandi santuari buddhisti della carovaniera settentrionale della seta. L'architettura buddhista trova quindi in questo centro un momento fondamentale nella storia della sua formazione. Ugualmente significativa è la presenza di elementi che Staviskij collega con lo zoroastrismo o più esattamente con i culti mazdaici locali, come l'altare del fuoco dell'edificio che si eleva sul santuario II (sicuramente in uso nel periodo più antico), o come l'immagine del Buddha fiammeggiante. Il completamento degli scavi permetterà sicuramente di definire con maggiore esattezza e precisione le relazioni e interferenze fra le tradizioni cultuali locali e la diffusione del buddhismo: ma già da ora è possibile affermare che la Battriana conferma con K. T. la sua capacità di reagire in modo originale e creativo all'incontro con tradizioni e culture diverse, generando sia sul piano architettonico che su quello iconografico (e forse anche su quello religioso) tipi e modelli destinati ad avere fortuna e diffusione.
Bibl.: Rapporti di scavo: B. Ja. Staviskij (ed.), Kara-tepe, I. Buddijskij peščernyj monastyr v Starom Termeze («Kara Tepe, l, Un monastero rupestre buddhista presso l'antica Termez»), Mosca 1964; Kara Tepe, II. Buddijskie peščery Kara-tepe v Starom Termeze («Grotte buddhiste di Kara Tepe presso l'antica Termez»), Mosca 1969; Kara-tepe, III. Buddijskij kul'tovyj centr v Starom Termeze («Un centro cultuale buddhista presso l'antica Termez»), Mosca 1972; Kara-tepe. IV, Novye nakhodki na Kara-tepe v Starom Termeze («Nuovi ritrovamenti a Kara Tepe presso l'antica Termez»), Mosca 1975; Kara-tepe. V, Buddijskie pamjatniki Kara-tepe v Starom Termeze («Monumenti buddhisti a Kara Tepe presso l'antica Termez»), Mosca 1982.
Raccolte bibliografiche, dal 1961 al 1970: O. N. Ščegolev, Issledovanija Kara- tepe v 1961-1970 gg. νosveščenii pečati (Annotirovannaja bibliografija) («Ricerche a Kara Tepe negli anni 1961-1970 alla luce delle pubblicazioni. Bibliografia annotata»), in Kara-tepe, III, cit., pp. 155-164. - Dal 1971 al 1985: T. Zadneprovskąya, Studies of Kara-tepe in Story Termez in 1971-1985. Bibliographical Index, in InfBIASCCA, XII, 1987, pp. 103-115.
Studi: A. S. Strelkov, Zurmala ili Katta-tjupe okolo Termeza («Zurmala o Katta-tjupe vicino Termez»), in Kul'tura Vostoka, I, Mosca 1927; B. Ja. Staviskij, The Capitals of Ancient Boema, in EastWest, n.s., XXIII, 1973, pp. 265-277; id., Kara-tepe in Old Termez. A Buddhist Religious Centre of the Kushan Period on the Bank of the Oxus, in ActaAntHung, XXVIII, 1980, pp. 95-135; id., «Buddha-Mazda» from Kara-tepe in Old Termez (Uzbekistan): a Preliminary Communication, in The Journal of the International Association of Buddhist Studies, III, 1980, 2, pp. 89-92; id., The 1978-1981 Studies of Kara-Tepe, a Buddhist Cult Centre in Kushan Termez, in InfBIASCCA, VII, 1982, 2, pp. 21-29; id., On the Formation of Two Types of Buddhist Temples in Central Asia, in Orient und Okzident im Spiegel der Kunst, Graz 1986, pp. 381-388; id., Kušanskaja Baktrija: problemy istorii i kul'tury («La Battriana Kusāna. Problemi di storia e cultura»), Mosca 1977, passim (ed. francese La Bactriane sous les Kushans, problèmes d'histoire et de culture, Parigi 1986); id., Le problème des liens entre le bouddhisme bactrien, le zoroastrisme et le cultes mazdéens locaux à la lumière des fouilles de Kara-tepe sur le site de l'antique Termez (Ouzbékistan), in F. Grenet (ed.), Cultes et monuments religieux dans l'Asie Centrale préislamique, Parigi 1987, pp. 47-51.