Vedi KANDAHAR dell'anno: 1961 - 1995
KANDAHAR
Capoluogo della provincia omonima, è la città più importante dell'Afghanistan dopo Kābul. È posta fra i fiumi Arghandab e Tarnak nel territorio della Harakuwatis delle iscrizioni cuneiformi, nella ᾿Αραχωσία dei Greci, nell'ar-Rukhag dei geografi arabi.
A circa due km ad O della città odierna, fondata da Ahmet Shah nel 1748, ai piedi del monte Kaitul, si trova un immenso campo di rovine noto come la Shar-i Kuna, la città vecchia, distrutta nel 1738 da Nadir Shah. Quasi con certezza essa corrisponde all'antica ᾿Αλεξάνδρεια ἐν ᾿Αραχωσία fondata da Alessandro Magno, meno probabilmente ad ᾿Αλεξανδρόπολις. Il suo nome è stato messo in relazione sia con quello di Alessandro, sia con quello del re indo-partho Gondophares e con il nome degli abitanti del Gandhāra, che vi sarebbero emigrati intorno al V sec. sotto la pressione degli Eftaliti.
Non sono state mai condotte ricerche nella Shar-i Kuna e praticamente nulla si sapeva del suo passato più antico fino alla scoperta occasionale, nel 1958, di un editto bilingue greco-aramaico di Ashoka (databile al 158 a. C.), scolpito su una roccia ai piedi del Kaitul presso l'ingresso settentrionale della città antica. Il documento, di enorme importanza storica ed archeologica, è la più orientale delle iscrizioni greche conosciute ed il più occidentale degli editti del grande imperatore Maurya, apostolo del buddismo, e l'unico scritto in greco. Oltre a fissare con sicurezza i limiti occidentali dell'impero Maurya nel periodo del suo massimo fiorire ed a risolvere il problema della durata della dominazione macèdone in Arachosia, che - ora sappiamo - fu effettivamente ceduta nel 305-304 da Seleuco Nicatore a Chandragupta, esso ci attesta soprattutto, con l'uso vivo della lingua dei Greci, la parte di primo piano da essi svolta in queste lontane regioni orientali, dove neppure un ventennio era durata la conquista macèdone.
La città, cinta da mura che scendono ad oriente dalle pendici del Kaitul, è dominata nella parte piana da una acropoli. La pianta rivela un'urbanistica di tipo ortogonale comune a moltissime città dell'Oriente, sia antico che moderno; non è possibile naturalmente dire, prima di ogni ricerca sotto il possente manto di rovine islamiche, se la sua pianta ricalchi o meno il primitivo impianto dei colonizzatori macèdoni. Oltre l'iscrizione, pochissime sono le testimonianze archeologiche preislamiche.
A N-O del Kaitul, in località Pir-i Sabz, è stato segnalato (1958) un sepolcreto preislamico. Nell'Antiquarium della città moderna si conservano due grandi placche di terracotta, provenienti, sembra, dalla Shar-i Kuna, una delle quali con una immagine del grande sovrano indo-greco Menandro; dal territorio fra la città antica e la moderna provengono due rare osteoteche cilindriche in calcare appartenenti a zoroastriani, e un piccolo monetiere con pezzi indo-greci, indo-sciti, indo-parthici e sassanidi.
L'immenso territorio della provincia, che nella sua parte meridionale è costituito dal Seistan, è anch'esso archeologicamente poco noto. Lo scavo più importante è quello eseguito dalla Missione Archeologica Francese a Mundigak, circa 70 km a N di K. (J. M. Casal, 1951-1958), che ci ha offerto un prezioso panorama, dal IV millennio a. C. fino al III sec. d. C., dei contatti e degli scambî fra le civiltà della valle dell'Indo e quelle iraniche. Un panorama analogo ci è offerto dai materiali provenienti dalle ricerche americane a Deh Morasi Gondi nel bacino dell'Argandab (W. A. Fairservis, 1949). A circa 25 km ad O di Kandahar, veniva scavata dall'americano L. Dupree la grotta di Shamshir Gar (1951), il cui materiale va dall'età tardo-Kuṣāna (III-IV sec.) all'invasione di Genghis Khan (1222).
Nel Seistan afghano, R. Ghirshman conduceva nel 1936 presso il villaggio di Nad-i Ali saggi di scavo che misero in luce un probabile abitato achemènide sotto il quale era un livello i cui materiali attestavano il confluire di elementi scitici, della civiltà di Anau ed iranici. La contemporanea esplorazione di J. Hackin segnalava la presenza di molte fondazioni islamiche, decadute ed abbandonate tra la fine del XIV e il XVI sec., che avevano sovente continuato antiche fondazioni iraniche precedenti all'invasione araba. I materiali recuperati, sono per la maggior parte depositati nel museo di Kābul.
Bibl.: K. Fischer, Handahar in Arachosien, in Wissensch. Zeitschrift der Martin-Luter Universität, Halle-Wüttemberg 1958, p. 1151 ss. (con ampia bibl.); G. Pugliese-Carratelli, G. Levi Della Vida, G. Tucci, U. Scerrato, Un editto bilingue greco-aramaico di Aśoka, Roma 1958; D. Schlumberger, L. Robert, A. Dupont-Sommer, E. Benveniste, in Journ. As., 246, 1958, p. i ss.; F. Altheim-R. Stiehl, in East and West, IX, 1958, p. 192 ss.; X, 1959, p. 243 ss.; C. Gallavotti, in Riv. di Cultura Classica e Medievale, I, 1959, p. 113 ss.; J. M. Casal, Quatre campagnes de fouilles à Mundigak, 1951-54, in Arts Asiatiques, I, 1954, p. 163 ss.; id., L'Afghanistan et les problèmes de l'Archéologie Indienne, in Artibus Asiae, XIX, 1956, p. 213 ss.; W. A. Fairservis Jr., Preliminary Report on the Prehistoric Archeology of the Afghan Baluchi Areas, in American Museum Novitates, 1952, n. 1587; L. Dupree, Shamshir Ghar: Historic Cave-site in Kandahar Province, Afghanistan, in Anthropological Papers of the American Museum of Natural History, XLVI, 2, New York 1958; R. Ghirshman, Recherches Préhistoriques dans la Partie Afghane du Seistan, in Revue des Arts Asiatiques, XIII, 1939, p. 10 ss.; cfr. Mémoires de la Délégation Archéologique Française en Afghanistan, XIII, Parigi 1959, p. 39 ss.; ed ivi p. 24 ss.; M. Bussagli, in Enciclopedia Univesrale dell'Arte, I, Venezia-Roma 1958, c. 33 ss.