KANACHOS (Χάναχος, Canachus)
1°. - Scultore del tardo arcaismo greco, nativo di Sicione nel Peloponneso, la cui attività si svolse nella seconda metà del VI sec. a. C. È la figura più rappresentativa della scuola sicionia nel periodo in cui fioriva Hageladas in quella di Argo. Scarne notizie sulle sue opere ed un giudizio di Cicerone (Brut., 18, 70) che definisce le sue sculture "troppo rigide per esser naturali" è quanto si può raccogliere dalle fonti letterarie; i tentativi degli storici dell'arte di ricostruirne la personalità artistica non hanno condotto, finora, a risultati tangibili. La sua fama presso gli antichi era legata soprattutto alla grande statua di culto nota col nome di Apollo Philèsios, fusa in bronzo eginetico per il santuario di Apollo in Mileto. Secondo Pausania (i, 16, 3; viii, 46, 3; ix, 10, 2) e Strabone (ii, p. 518 e 14, p. 634) la statua sarebbe stata portata in Persia da Serse, ma è più probabile si tratti di Dario che nel 494 a. C. (Herod., vi, 19) conquistò Mileto predando il santuario; la statua venne riportata a Mileto due secoli dopo da Seleuco I. L'Apollo era rappresentato stante, nudo, nello schema rigidamente arcaico con la gamba sinistra portata in avanti, il braccio sinistro con l'arco pendente lungo il fianco, il destro, piegato, che reggeva sul palmo della mano un cervo. Di questo animale Plinio (Nat. hist., xxxiv, 75) ricorda una particolarità: mediante un meccanismo esso oscillava alternativamente sulle zampe anteriori e posteriori creando l'illusione del movimento. La statua è riprodotta su monete di Mileto, su gemme e su un tardo rilievo proveniente dal teatro della stessa città; il rilievo, di scarso valore artistico, ha importanza documentaria perché riproduce la scultura direttamente dall'originale, ponendo in evidenza anche taluni particolari anatomici che se non consentono di formulare considerazioni stilistiche sono tuttavia da tener presenti nella ricerca delle copie. La testa dell'Apollo è riprodotta in un rilievo del Serapeion di Mileto: la fronte era incorniciata da un triplice ordine di riccioli, lunghe ciocche ondulate scendevano sul petto, mentre dietro la chioma cadeva libera sul dorso. Varî studiosi hanno creduto di riconoscere copie di questo Apollo famoso in alcuni bronzi di piccolo formato che con altre sculture e rilievi confermano la fama e la popolarità dell'idolo di Mileto: il più noto è l'Apollo di Piombino del Museo del Louvre, ma in questa bella scultura (come nel bronzetto Payne-Knight del British Museum) possiamo cogliere soltanto un'eco dell'opera originale, lo schema della figura. Ed è perciò che in questi ultimi anni la ricerca della personalità artistica di K. si è diversamente orientata, mentre viene ripreso in esame il problema delle scuole di Sicione ed Argo.
Delle altre opere di K. esiste soltanto il ricordo negli autori classici: un gruppo di fanciulli che gioca alla palla; una riproduzione del Philèsios scolpita con uguali dimensioni in legno di cedro per il santuario di Apollo Ismènios a Tebe; una statua crisoelefantina di Afrodite (rappresentata seduta, con una mela in una mano ed un papavero nell'altra) per il tempio della dea a Sicione; infine una musa che suona la zampogna.
Bibl.: M. Collignon, Sculpt. gr., I, p. 310 ss.; R. Kekulé v. Stradonitz, Ueber den Apoll des Kanachos, in Sitzungsber. d. Preuss. Ak. d. Wiss., 1904, p. 786 ss.; G. Lippold, in Pauly-Wissowa, X, 1919, cc. 1846 ss., s. v., n. i; Thieme-Becker, XIX, 1926, p. 512, s. v. Kanachos I; Ch. Picard, Manuel, I, Parigi 1935, p. 490; H. G. Beyen-W. Vollgraff, Argos et Sicyone, L'Aia 1947; G. Carettoni, in Boll. d'Arte, 1949, p. 193 ss.; F. Brommer, Vorhellenistische Kopien und Wiederholungen von Statuen, in Studies Presented to D. M. Robinson, I, St. Louis 1951, p. 677 ss.; E. Simon, Beobachtungen zum Apollon Philesios des K., in Charites, Bonn 1957, p. 38 ss.