KALLIPOLIS (Καλλίττολις, Κάλλιον)
Città fortificata posta all'estremità orientale dell'Etolia nei pressi del villaggio di Kallion (già Velouchovo), alle pendici meridionali del Monte Korax (Vardousia), nel punto d'incontro di tre fiumi, il cui nome è tramandato dalle fonti letterarie ed epigrafiche prevalentemente nella forma Καλλίπολις (Pol., XX, II, II = Steph. Byz., s.v. Κόραξ; Liv., XXXVI, 30, 4), benché siano attestate anche varianti.
K. fu il centro dei Kallieis e di tutta la tribù etolica degli Ophioneis o Ophieis. La ricerca topografica nel territorio di K. lungo il corso dello Stenò ha contribuito alla conoscenza dell'organizzazione e delle relazioni degli Ophieis nell'antichità. Una parte di K. è stata sommersa nel 1979 dal lago artificiale formato dallo sbarramento del fiume Mornos (antico Daphnos); un settore di questa venne scavato dal 1969 al 1979 dall'Eforia alle Antichità di Delfi, con la collaborazione di archeologi francesi, americani e olandesi.
Dei Kallieis si ha notizia per la prima volta nel 426 a.C. (Thuc., III, 96, 3). La città fortificata nacque probabilmente per sinecismo di molti piccoli insediamenti alla fine del IV sec. a.C., anche in connessione con una nuova evoluzione della comunità degli Etoli da unione di tribù a unione di città. Nel 279/8 a.C. fu presa d'assalto dai Galati agli ordini di Orestorio e di Kombuti, i quali, secondo il racconto di Pausania (x, 22, 2-7), vi commisero «cose assai empie» e delitti mai visti prima, saccheggiando e dando alle fiamme i santuari e l'abitato. La ricostruzione dovette avvenire grazie a elargizioni, tra le quali quella di Pirro (IG, IX, 12, 1, n. 154).
L'archivio di famiglia di Agetas, stratega degli Etoli, trovato in una casa di K., fornisce preziose informazioni sugli estesi rapporti con altre città, comunità e regni. Questa casa, assieme ad altre, bruciò o fu incendiata, dopo la battaglia di Pidna, nel corso dei disordini interni in Etolia. Nomi di Kallipolitai/Kallieis si conservano in molte iscrizioni relative ad affrancamenti, fino a poco dopo la metà del II sec. a.C., e nella stessa città si sono salvati diversi decreti di prossenia (ancora inediti) della stessa epoca. Sulla base dei ritrovamenti archeologici e della circolazione di monete sembra che K. cominci a rifiorire in epoca imperiale giungendo fino all'età paleocristiana-protobizantina.
Topografia e architettura. - La cinta muraria di K., che descrive con il suo perimetro un quadrilatero irregolare, racchiudeva anche l'acropoli, dotata a sua volta di una propria fortificazione. Era lunga c.a 2,5 km; la porta principale si apre al centro del lato E, mentre una seconda è posta all'angolo SE, ma vi erano anche altre posterule.
A causa delle differenze altimetriche solo il lato E della città, il più basso, era costruito su terrazzamenti. Nella parte NE è stato scoperto un quartiere di epoca tardoromana e bizantina; più a valle si è rinvenuto un muro di terrazzamento e, dinanzi a questo, lo stilobate di una stoà (lungh. 36 m) con dodici colonne, dietro la quale si è scoperto un edificio quadrangolare degli inizî del III sec. a.C., da identificarsi forse con il bouleutèrion della città. In quel punto, effettivamente, doveva trovarsi il centro della città antica, poiché in tale direzione conduce la strada principale dalla porta orientale, che era la più importante, e inoltre perché lì si rinvennero resti di monumenti pubblici di età ellenistica (base di una statua, esedra con decreti di prossenia).
Tra la stoà e le mura orientali è stata scavata una basilica paleocristiana, con pavimenti a mosaico recanti iscrizioni, e tombe posteriori alla basilica.
Due gruppi di tombe a cassone, appartenenti il primo a famiglie importanti, il secondo a individui di più modeste condizioni, sono stati scavati all'esterno delle mura settentrionali (necropoli settentrionale) e si datano tra il I e il III sec. d.C.
Dalla porta dell'angolo SE delle mura passava una strada, che correva parallela alle mura orientali. Su questa si aprivano le facciate di almeno cinque case, in tutto o in parte scavate, delle quali la III e la IV erano costruite con una tecnica migliore. Entrambe avevano l'ingresso a E e gli ambienti si articolavano attorno a un cortile centrale. La casa IV, non più ricostruita dopo la sua distruzione causata da un incendio intorno alla metà del II sec. a.C., era a due piani: al pianterreno, sul lato S del cortile, si trovavano un andròn (appartamento degli uomini), il pitheòn (cantina) e la stanza dell'archivio; sul lato N un ambiente di servizio, òikos (stanza nuziale) con il focolare, il bagno e un andròn, con pavimento a mosaico. La casa III ha le stesse dimensioni (18 x 15,40 m) e la stessa disposizione degli ambienti, ma venne ricostruita e di nuovo utilizzata fino a epoca tardoromana.
Su un terrazzamento più alto, a O della casa I, è stata in parte scoperta la scena del teatro.
All'esterno della cinta meridionale è venuta alla luce un'altra necropoli della quale il monumento più significativo è un edificio sepolcrale, contenente un sarcofago e due deposizioni più tarde. Più a S, presso il ponte dello Steno, sono state scoperte tombe di età geometrica.
Circa 150 m a S di K. è stato scavato un tempio períptero, forse dedicato a Artemide Eilèithyia con 5 x 10 colonne lignee su basi cilindriche, della prima età ellenistica. Al di sotto della sua cella si rinvennero un altare-focolare coperto, con materiali del VI-V sec. a.C., e le fondazioni di una piccola costruzione di età geometrica. La successione di questi luoghi di culto può paragonarsi a quella di Thermos.
Un altro piccolo tempio consacrato a Demetra e Kore, costituito da una semplice cella che conteneva in situ i basamenti delle due statue di culto, si trovava presso la porta SE: forse qui l'accesso era consentito solo agli iniziati (cfr. SEG, XVI, 368).
Dei materiali rinvenuti negli scavi sono state a tutt'oggi pubblicate in dettaglio solo le impronte di sigilli su argilla, provenienti dalla stanza dell'archivio della casa IV. Si tratta di un complesso importantissimo di cretule che erano applicate ai papiri del carteggio, soprattutto diplomatico, della famiglia dello stratego Agetas con la Lega Etolica e con altre città, confederazioni e regni. Un particolare significato presentano i numerosi sigilli pubblici, come anche i ritratti di sovrani (soprattutto dei Tolemei, dal I al VI) e di altre personalità dell'epoca. Anelli in bronzo, in argento e in ferro provengono dall'altare al di sotto del tempio períptero.
Figurine ellenistiche in terracotta sono state rinvenute nello strato di distruzione della casa I, mentre di eccellente fattura è un Eros alato con cetra dalla casa IV. Statuette fittili femminili, figurine di volatili (forse colombe) del
VI e del V sec. a.C. e un cavallino in bronzo (fine dell'VIII sec. a.C.), fanno parte dei materiali ritrovati negli ambienti sottostanti al tempio períptero. Una scatolina con applicazioni in osso (dalla casa IV) presentava sulla faccia principale una scena con tre figure (forse Arianna, Dioniso e un satiro), sui lati brevi un grifo che dilania animali, un gorgòneion e, sul coperchio, motivi vegetali e divinità della vegetazione (fine del IV sec. a.C. o più tardi).
Esempi di scultura ci sono giunti principalmente dal Tempio di Demetra e Kore e dalla casa IV. Nel tempio si trovarono, riverse dinanzi alle loro basi, la statua di culto di Kore raffigurata stante e quella seduta di Demetra, ricomposta da frammenti, entrambe del III sec. a.C. Nel cortile della casa, cadute dal piano superiore, si rinvennero tre statuette (alt. 60 cm), sempre del III sec. a.C.: una figura barbata con corno dell'abbondanza, con la sua base (forse Agathodàimon o Plouton); una figura femminile (Musa?), che regge un rhytón (cfr. la Tyche in D. Neverov, Antique Intaglios in the Hermitage Collection, Leningrado 1976, n. 68), dal quale beve un piccolo fanciullo nudo (Dioniso?); un torso femminile, forse relativo a una statua di Afrodite. Alla tarda antichità si data un curioso pezzo tricefalo dalla zona del bouleutèrion.
Di pochi altri materiali è stata data notizia nelle relazioni preliminari degli scavi (ceramica, lucerne, oggetti metallici, ecc.).
Mosaici pavimentali sono stati scoperti, infine, negli andrònes delle case ellenistiche (nella casa IV con rosette su fondo nero). Il mosaico di un edificio termale tardoromano reca ornamentazioni geometriche e, nella parte centrale, pavoni ai lati di un cratere, mentre nella basilica paleocristiana (?) i mosaici presentano solo motivi geometrici e cinque iscrizioni.
Bibl.: Rapporti di scavo: ADelt, XXIV, 1969, B' Chron., p. 216; XXVI, 1971, B' Chron., pp. 282-284; XXVII, 1972, Β' Chron., pp. 375-384; XXIX, 1973-74, B' Chron., pp. 524-527; XXXI, 1976, B' Chron., p. 165; XXXII, 1977, Β' Chron., pp. 114-118; XXXIII, 1978, Β' Chron., pp. 153; R. Laffi- neur, in BCH, CII, 1978, pp. 840-847; CIII, 1979, pp. 631-634 e CIV, 1980, pp. 742-747; P. Themelis, in AAA, XII, 1979, pp. 245-279; Ph. Zaphiropou- lou, in AEphem, 1982, Chron., pp. 1-13; P. Themelis, Δελφοί και περιοχή τον 8° και 7° π.Χ. αιώνα. Φοκιδα, δυτική Λοκρίδα, in ASAtene, XLV, 1983, pp. 237-244. - Topografia della zona: L. S. Bommeljé, P. K. Doom (ed.), Strouza Region Project. An Historical-Topographical Fieldwork (1981-84), Utrecht 1981, 1983, 1985; S. Bommeljé (ed.), Aetolia and the Aetolians. Towards the Interdisciplinary Study of Greek Region (Studia Aetolica, I), Utrecht 1987, pp. 84-85, passim; L.S. Bommeljé, P.K. Doom, An Inland Polity. The Spatial Organization and History of Eastern Aetolia (BAR Int. S.) (in preparazione). - Pausania su Kallion: Ν. Papachatzis (ed.), Παυσανιου Ελλάδος Περιηγησις. Βοιωτικά και Φωκικα, Atene 1981, p. 372 ss., figg. 409-414; Ch. Habicht, Pausanias und seine «Beschreibung Griechenlands», Monaco 1985, pp. 44-46.
Pubblicazione delle scoperte: P. A. Pantos, Τα σφραγίσματα της αιτωλικης Καλλιπόλεως (diss.), Atene 1985; P. Asemakopoulou-Atzaka, Σύνταγμα των παλαιοχριστιανικών ψηφιδωτων δαπέδων της Ελλάδος, II, Πελοποννησος Στερεά Ελλαδα (Βυζαντινα μνημεία, 7), Salonicco 1987, pp. 199-201, tavv. CCCLIV-CCCLX; P. A. Pantos, Das Wappen von Kalydon, in Πρακτικα του XII Διεθνούς Συνεδρίου Κλασικής Αρχαιολογίας, Αθήνα 1983, II, Atene 1988, pp. 167-172.