TRIFONOV, Jurij Valentinovič
Scrittore russo, nato a Mosca il 28 agosto 1925, morto ivi il 28 marzo 1981. Figlio di un dirigente del partito epurato nel 1937, T. si formò nell'ambiente dell'élite moscovita e a Mosca visse tutta la vita, escluso il periodo in cui dovette sfollare a Taškent (1941-42), laureandosi all'istituto di Letteratura nel 1949, dopo aver lavorato come meccanico in una fabbrica di aerei. Le conversazioni colte nello studio del padre, i giochi dei bambini, una solidità borghese inesorabilmente minata dal terrore costituiscono il fondale fisso della sua narrativa, intessuta di motivi autobiografici variamente cifrati ma sempre riconoscibili. Cominciò a pubblicare nel 1947 e già nel 1950 vinse il premio Stalin con il romanzo Studenty ("Studenti") − pubblicato su Novyj Mir-, storie di vita quotidiana in una scuola sovietica nell'immediato dopoguerra; scrisse quindi testi teatrali, racconti, articoli sullo sport, descrizioni delle missioni di lavoro.
Ai suoi soggiorni in Turkmenistan è dedicata in parte la raccolta di racconti Pod solncem (1959, "Sotto il sole"), che, insieme al successivo Utolenie žaždy (1963, "Il soddisfacimento della sete"), storia della costruzione di un grande canale in Turkmenistan, lo impone definitivamente. Del 1966 è Otblesk kostra (trad. it., I riflessi del rogo, 1981; poi Riflessi del rogo. Vita e morte di un rivoluzionario sovietico, 1988), biografia del padre rivoluzionario; nello stesso anno ha inizio una nuova fase dell'opera di T., che trova una vena più autentica nel farsi interprete della realtà quotidiana del ceto medio intellettuale delle grandi città, dell'atmosfera di arrivismo, grigiore, viltà, paura che avvelena la vita, mina amicizie e amori, distrugge le famiglie. I romanzi brevi Obmen (1969), Predvaritel'nye itogi (1970), Dolgoe proščanie (1971; trad. it., Lo scambio. Conclusioni provvisorie. Lungo addio, 1977) inaugurano un nuovo filone nella letteratura sovietica del dopoguerra: quello della gorodskaja (o intelligentskaja) proza, "prosa cittadina, intellettuale", dai toni sommessi, o, come accusa parte della critica, ''da camera'', sino alla rarefazione quasi bergmaniana di Drugaja žizn' (1976; trad. it., Un'altra vita, 1978), stenogramma del monologo interiore della protagonista che, in lunghe notti insonni successive alla morte del marito, ripercorre il proprio matrimonio.
Ma il nuovo T. non è soltanto cronista della povertà morale della piccola borghesia: dominante nei suoi romanzi, a partire da Dom na naberežnoj (1976; trad. it., La casa sul lungofiume, 1977), rifacimento di Studenty, è il tentativo di ristabilire il nesso fra epoche diverse, spostando continuamente la narrazione dal tempo in cui la trama è collocata a quello del ricordo, attraverso retrospettive, flashbacks, giochi d'intreccio, che arrivano ad abbracciare, ricostruendolo e analizzandolo, l'intero periodo storico del regime sovietico. In La casa sul lungofiume, l'incontro casuale di due uomini, che da ragazzi avevano vissuto nel palazzone staliniano sul Lungo Moscova abitato da dirigenti del partito, apre la strada a ricordi e a considerazioni su ciò che la vita ha riservato a tutti i condomini. In Isčeznovenie (1987; trad. it., La sparizione, 1988), insieme a Vremja i mesto (1981; trad. it., Il tempo e il luogo, 1983), il più autobiografico dei romanzi di T., il giovane Igor', tornato a Mosca per lavorare in una fabbrica di aerei, è turbato alla vista della casa sul lungofiume dove ha abitato prima dell'arresto del padre, e il ricordo di quel periodo sposta continuamente la narrazione all'indietro, all'infanzia, all'epoca dei grandi processi e delle feroci epurazioni staliniane. La dimensione della memoria non è però nostalgica: nel retaggio storico T. ricerca le linee della responsabilità e della colpa, ricostruendo in un'araldica morale il filo che dai grandi roghi della rivoluzione e, ancora prima, dalle bombe dei terroristi (Neterpenie, 1973; trad. it., L'impazienza, 1978) giunge ai burocrati dell'età di Brežnev: il protagonista di Starik (1978; trad. it., Il vecchio, 1979), un vecchio comunista che ha fatto la guerra civile, riesce a provare l'innocenza di un compagno alla cui ingiusta condanna a morte non aveva a suo tempo osato opporsi, ma non arriva a vincere l'indifferenza prudente di familiari e conoscenti, degni eredi delle ''belve'' che tormentano la sua memoria.
La prosa ''in tono minore'' di T., con la lingua piana dei personaggi −il cui ''parlato'' non travalica mai i confini del russo letterario colto −, la dimensione tutta retrospettiva della narrazione, la scelta di spazi ben delimitati, come limitato è l'orizzonte di chi abita in città, ha costituito una profonda novità nella narrativa sovietica, che con T. si è arricchita di nuovi toni e nuovi ritmi, destinati a caratterizzare gli anni Settanta e a trasmettersi fertile agli anni successivi.
Bibl.: N. Ivanova, Proza Jurija Trifonova ("La prosa di Jurij Trifonov"), Mosca 1984; W. Kasack, Lexicon der russischen Literatur ab 1917, Monaco 1986.