Tynjanov, Jurij Nikolaevič
Scrittore, teorico della letteratura e sceneggiatore russo, nato a Rezica (od. Vitebsk) il 18 ottobre 1894 e morto a Mosca il 20 dicembre 1943. Considerando il cinema una forma artistica massimamente innovativa nell'ambito dell'estetica, T. ne ha evidenziato la capacità di reinventare con estrema originalità le strutture tradizionali delle altre arti, come la letteratura e la poesia. Studioso di letteratura, fu, insieme a Victor B. Šklovskij, uno dei principali rappresentanti del formalismo russo e animatore, sin dalla seconda metà degli anni Dieci, della Obščestvo izučenija poetičeskogo jazika (OPOJAZ, Società per lo studio del linguaggio poetico). Autore di importanti studi di storia della letteratura, maturò una profonda attenzione per l'opera letteraria analizzata nelle sue connessioni strutturali con la realtà e la Storia come in Problema stichotvornogo jazika (1924, Il problema del linguaggio poetico). Dalla seconda metà degli anni Venti iniziò a occuparsi di cinema, riconoscendo nella nuova arte un vero e proprio laboratorio sperimentale di forme espressive, non assimilabile agli altri generi artistici. Il suo celebre articolo Ob osnovach kino (1927; trad. it. Le basi del cinema, in I formalisti russi, 1971, pp. 53-85) individua nell'apparente imperfezione del cinema la sua specifica essenza strutturale: la mancanza di rilievo, di suono e di colore non rende il film un'imperfetta rappresentazione del reale, ma, al contrario, permette di considerare le sue forme come forme astratte, adeguate alla costruzione di un discorso poetico di tipo nuovo e incredibilmente potente. La differenza tra il cinema e le altre arti, la sua particolare forza, "non consiste soltanto nel materiale usato ma anche nel fatto che lo stile e le leggi del processo costruttivo cinematografico trasformano tutti gli elementi, apparentemente omogenei e applicabili indifferentemente a ogni specie d'arte e a ogni loro genere" (p. 76). Il cinema ha dunque la capacità di lavorare il materiale filmato come artificio, senza preoccuparsi (al contrario della fotografia) della verosimiglianza tra l'immagine e il suo referente, ma con la necessità di costruire il testo coerentemente, seguendo un ritmo e uno stile adeguati alle intenzioni registiche e alle particolarità del tema. L'interesse per le innovazioni formali ed estetiche che il cinema introduce nel panorama dell'arte (prima fra tutte la pratica del montaggio) è al centro della raccolta di saggi letterari Archaisty i novatory (1929, Arcaisti e innovatori). In questi scritti, tra l'altro, T. mette in evidenza come ogni forma estetica (compreso il cinema) si sviluppi all'interno di una dinamica storico-concettuale, in cui il nesso tra le forme e la cultura che le produce si configura come un rapporto dialettico e i linguaggi poetici diventano strumenti di interpretazione della realtà storico-culturale. L'accento posto sul cinema come artificio tecnico caratterizzato dall'astrattezza delle forme trovò poi un'applicazione pratica: negli anni Venti infatti T. lavorò come consulente presso gli studi della Leningradkino e tra il 1925 e il 1933 scrisse molti romanzi, racconti e numerose sceneggiature cinematografiche in cui sviluppò le sue riflessioni teoriche.
Una delle collaborazioni più feconde realizzata da T. fu quella con Grigorij M. Kozincev e Leonid Z. Trauberg, i due fondatori del laboratorio d'avanguardia della FEKS (Fabbrica dell'attore eccentrico), per i quali T. lavorò alle sceneggiature di Šinel′ (1926, Il cappotto), tratto da N.V. Gogol′, e S.V.D. ‒ Sojuz Velikogo Dela (1927, S.V.D. ‒ L'Unione della Grande Causa), ambientato nel contesto delle lotte contadine dell'Ottocento. T. lavorò sul testo dei due film sviluppando una narrazione libera sia dal punto di vista cronologico sia da quello stilistico; la concatenazione dei segmenti narrativi permette di produrre, sin dalla fase della sceneggiatura, un meccanismo creatore di finzione, in cui la fascinazione per l'immagine e le sue costruzioni danno vita a un cinema antirealistico in cui è la forma a creare il mondo e non viceversa. L'elemento di novità rappresentato da questa radicale scelta di cinema è evidente soprattutto in Šinel′: se da una parte, infatti, la struttura sembra portare all'estremo il primato del montaggio tipico del cinema sovietico degli anni Venti, dall'altra il film pone in primo piano la figura del protagonista attraverso la realtà deformata che si svela davanti ai suoi occhi, introducendo in tal modo una prospettiva individuale che costituisce un elemento di rottura rispetto ai film russi degli anni Venti, incentrati, al contrario, sulla messa in scena di un soggetto collettivo (gli operai, i contadini ecc.). La convinzione che il cinema possa rappresentare un fattore di trasformazione e di innovazione per le altre arti è inoltre alla base del lavoro sul poeta dell'Ottocento V.K. Kjuchel′beker, al quale T. dedicò il suo primo romanzo storico-biografico dal titolo Kjuchlja (1925; trad. it. 2004). Applicando la propria idea di montaggio come principio in grado di operare su molteplici forme d'arte, T. isolò alcune parti del poema dello scrittore russo David, considerandole scisse dal testo di provenienza (come se fossero dei frammenti di montaggio) e investendole così di un nuovo significato di oggetto estetico capace di acquisire e creare, come forma autonoma, un senso totalmente inedito.
G. Kraiski, Introduzione a I formalisti russi nel cinema, a cura di G. Kraiski, Milano 1971, pp. 5-10; J.T. Heil, The Russian literary avantgarde and the cinema (1920s and 1930s): the film-work of Isaak Babel′ and Jurij Tynjanov, Berkeley (CA) 1984; E. Vlasov, Scissors and glue: Tynjanov's theory of verse language and the notion of montage in early Eisenstein, in "Culture & language", 1994, 1, pp. 89-125.