ĆULINOVIĆ (Ciulinovich), Juraj (Giorgio Schiavone)
Figlio di Tommaso, nacque a Scardona presso Sebenico (allora sotto il dominio veneziano) tra il 1433 e il 1436.
Fu pittore e si firmava Sclavonus Discipulus Squarcioni, Georgius Dalmaticus Discipulus Squarcionis, Georgius Sclavonus Squarcioni. Compì, a quanto si può desumere, i primi studi in patria forse nella bottega del pittore Dujam Vuśković. Nel marzo 1456 andò a Padova: dopo aver stipulato a Venezia nel marzo di quell'anno un accordo con il pittore padovano Francesco Squarcione, in cui si obbligava a lavorare senza stipendio, mentre lo Squarcione doveva "docere mysterium suum" e mantenerlo. L'accordo fu rinnovato con piccole variazioni a Padova nell'agosto 1456 e nel dicembre 1458 (Lazzarini, 1908, pp. 283-285). Il Ć. rimase a Padova fino al 1460-61; ma già in precedenza aveva rotto i rapporti con lo Squarcione il quale lo accusò più tardi di avergli rubato alcuni disegni tra i quali "unum cartonum cuin quibusdam nudis Poleyoli". Si trasferì quindi a Zara dove la sua presenza viene documentata in atti notarili del 1461 e 1462 (Chiappini, 1961). Passato a Sebenico, dove rimase per oltre quarant'anni, nel 1463 prese "in discipulum" il giovane Mihajlo figlio di Stipša Stipšić dal villaggio di Krković presso Scardona e sposò Elena figlia del grande architetto e scultore Giorgio Dalmata (Giorgio di Matteo da Zara, comunemente chiamato Giorgio Orsini: Kolendić, 1920, pp. 132-133). I documenti dell'archivio di Sebenico che riguardano il Ć. parlano assai raramente della sua attività artistica. Sebbene venisse sempre chiamato "pictor", risulta che si occupasse molto più di commerci vendendo olio, vino, formaggio, cera, lana e fili doro, acquistando e vendendo terreni e prestando danaro con interessi che erano al limite dell'usura. Altri atti notarili parlano della sua controversia con lo Squarcione, controversia che, anche dopo la morte del pittore padovano, continuò con il figlio di questo Bernardino (Lazzarini, 1908, pp. 286 s., 295 s.), e delle sue liti con il cognato Paolo, e ricordano un suo soggiorno a Padova nel 1479, dove acquistò da Antonio Vidal, studente dell'ateneo padovano e figlio dell'ex cancelliere del Comune di Sebenico, una casa (Kolendić, 1920, p. 137). Del 1489 è l'accordo stipulato con la famiglia Didomerović per un polittico da collocare sul loro altare nel duomo di Sebenico con "la Nostra Dona cum lo Fiolo in brazo in el campo di mezo et altre figure". Dopo le usuali clausole sul prezzo, sui colori e altro, il pittore dichiara che farà quest'opera "più per lassar una memoria bella e zentile de mia man in questa terra, più per onore et fama che per lo guadagno" (ibid., pp. 149-150). Un documento posteriore ricorda un'altra opera del Ć. in patria: il dipinto per la famiglia Grizanić per lo stesso duomo (sarà finito nel 1536 dal pittore Niccolò Braccio da Pisa operante in Dalmazia nella prima metà del Cinquecento: ibid., p. 187).
Il 24 nov. 1504 il C. fece testamento lasciando una somma per il duomo con robbligo di venirvi sepolto e dividendo i beni tra la moglie Elena e il figlio illegittimo Luca (ibid., p. 181-185).
Morì a Sebenico il 6 dic. 1504 (ibid., p. 13).
Il numero delle opere conservate del Ć. è abbastanza esiguo. Se si eliminano le attribuzioni problematiche, incerte ed erronee, esso si limita a una quindicina di dipinti, i migliori dei quali appartengono secondo l'opinione della maggior parte degli studiosi al periodo giovanile. Queste opere sono: il politticodella National Gallery di Londra proveniente dalla chiesa di S. Niccolò a Padova (firmato); il trittico proveniente dalla chiesa di S. Francesco a Padova (firmato: la parte centrale con la Madonna col Bambino si trova negli Staatlichen Muscen in Berlino-Dahlem, mentre i pannelli laterali si conservano nella sacrestia dei canonici della cattedrale di Padova); l'affresco con Cristo morto fra angeli, nella chiesa degli Eremitani di Padova (distrutto nell'ultima guerra); la Madonna col Bambino tra s. Pietro martire e s. Antonio da Padova e il Ritratto virile (firmato) nel Museo Jacquemart-André a Parigi; vari dipinti di Madonna coi Bambino rispettivamente nella Galleria Sabauda di Torino (firmata: da identificarsi, con ogni probabilità, con quella vista dal Lanzi a Fossombrone), nel Rijksmusetini di Amsterdam (Madonna "Goudstikker"), nel Museo Correr di Venezia, nella Nat. Gallery di Londra, nella Galleria Walters di Baltimora (n. 1026, firmata); S. Girolamo e S.Alessio - pannelli di polittico - nella Galleria dell'Accademia Carrara a Bergamo (tutti riprodotti in Prijatelj, 1961). A questi dodici dipinti, accettati da tutti gli - studiosi, si possono aggiungere la Madonna col Bambino tra s. Rocco e s. Antonio abate nella collezione Vitetti di Roma, attribuita dal Longhi (1926) allo Squarcione e rivendicata al Ć. da G. Gamulin e S. Bottari, come pure - con qualche incertezza - la Madonna col Bambino della Galleria d'arte di Spalato proveniente dalla collezione Frezzati di Venezia. Alcune altre opere gli vengono attribuite con più o meno fondate ipotesi (Madonna col Bambino nella Galleria Walters di Baltimora, n. 519, Madonna col Bambino dell'ex collezione Kaufmann di Berlino, e altre). Delle diverse ipotesi sull'attività del Ć. dopo il ritorno in patria mi sembra la più fondata quella di G. Gamulin che considera opera tarda del Ć. la Madonna col Bambino in trono, probabilmente parte di un polittico smembrato, che ora si trova nel convento francescano di S. Lorenzo a Sebenico.
Quantunque limitato, questo catalogo è sufficiente a illustrarci il profilo artistico del Ćulinović. La componente dominante. è il riflesso logico dei'suoi studi nella bottega dello Squarcione.
Questa bottega, l'atmosfera della quale e stata rievocata in una delle più belle pagine del Longhi (1926), era stata in quel tempo un centro di artisti di grande talento che sapevano sentire lo spirito dell'epoca e comprendere la grande rivoluzione del concetto dello spazio che veniva da Firenze. La presenza di Donatello a Padova rendeva ancora più fervido il clima culturale e apriva agli artisti nuovi orizzontì. Mentre l'influenza personale dello Squarcione sul Ć., risulta in alcuni elementi decorativi emella presenza del repertorio ornamentale ispirato ai frammentì architettonici e scultorei che si trovavano nella sua bottega, Pimpronta donatelliana si avverte piuttosto nel plasticismo esasperato e drammatico delle sue figure. Una latente componente di derivazione toscana o, meglio, lippesca, si può pure intuire in certe Madonne, mentre chiari riflessi della pittura veneziana dell'epoca sono riscontrabili nei paesaggi degli sfondi. Se si accetta l'attributione al Ć. anziano della Madonna di Sebenico, si devono supporre pure contatti coi Vivarini e col giovane Giambellino nell'ultima fase dell'artista che presenterebbe pure una decadenza qualitativa.
Nel quadro di questa impostazione generale della visione artistica comune a tutta la generazione di artisti che si erano educati a Padova all'ombra di Donatello, il Ć. si distingue per alcune sue caratteristiche individuali e certe scelte tipologiche: le Madonne, in sostanza anticlassiche, dallo sguardo sostenuto e severo e dalla bocca semichiusa; i suoi caratteristici Bambini, angeli e putti dal viso grassoccio, dalle guance paffute e dai capelli ricciuti e come di paglia che talvolta confinano col grottesco; i suoi santi quasi "espressionistici" nelle loro smorfie. Non meno personali sono le sue varianti di ornamenti "archeologici", di festoni con frutta e le sue "nature morte" come pure le sue interpretazioni dei paesaggi profusi di una nota lirica. A questi elementi, che più o meno si possono inquadrare in una esasperata tendenza volumetrica sintetizzata idealmente nelle frutta poste sui davanzali davanti alle Madonne, si deve aggiungere anche la sua gamma coloristica vivace e spesso contrastante, con effetti di innegabile raffinatezza.
Nel tentativo di ricostruire l'evoluzione del Ć. nel periodo giovanile, che certamente rappresenta la sua epoca più creativa, si può ritenere che il polittico di Londra sia la sua prima opera fra quelle conservate, essendo la più goticizzante e la più legata allo Squarcione. A questo seimirebbero il trittico diviso tra Berlino e Padova, l'affresco padovano col Cristo morto e la Madonna fra due santi di Parigi, dove il Ć. ha ripreso nello schema più libero della "sacra conversazione" quasi direttamente i due santi del polittico londinese.
Nella bellissima Madonna di Torino si può scorgere una nuova tappa nello sviluppo dell'artista. Nella natura morta con mele, pere e limoni in un recipiente di vetro poggiato sopra il parapetto di una edicola, quasi metafisica, ornata da putti, vasi di bronzo e altri ornamenti del repertorio classico, si ha uno dei più bei particolari di tutta ropera del Ćiulinović. Nella tavola di Londra, pure sotto un arco ornato da putti e bucrani, la Vergine è presentata in senso inverso. Essa sostiene ritto sulla balaustrata il Bambino al quale un angelo offre un piatto colmo di frutta, mentre una mela in primo piano sintetizza in certo modo questa nuova esasperata visione dello spazio e del volume.1 difficile datare le Madonne di Venezia e di Amsterdam: in quella del Correr il Bambino paffuto rappresenta il culmine di questa tendenza ad accentuare il volume fino al parossismo, quella di Amsterdam si distingue per la raffinatezza del colorito che raggiunge la sua massima bellezza nel manto di broccato.
Certamente opere ancora più mature sono la Madonna di Baltimora e il Ritratto di Parigi. Il garofano e le ciliege davanti alla Vergine, intorno alla quale sono sparite le pesanti architetture ciassicheggianti, sono quasi un simbolo di una visione più discreta e raffinata, più calma e tranquilla. Il ritratto di Parigi si differenzia dalle opere già descritte del Ć. per il tema e per il modo di portare il personaggio nello spazio, oltre che per la raffinatezza del colore.
Nel quasi mezzo secolo di soggiorno in patria le testimonianze già citate danno l'impressione che l'artista si sia dedicato piuttosto ad altri mestieri e più raramente alla pittura; e infatti sia gli affreschi sia le miniature che certi autori hanno cercato di includere in questa fase non hanno retto alla critica posteriore, e d'altra parte il dipinto di Sebenico, se si accetta l'ipotesi del Gamulin, dimostra un chiaro indebolimento della forza dell'artista. L'ambiente provinciale trovato in patria, caratterizzato da un linguaggio ancora tardogotico, è stato probabilmente una delle cause di questa involuzione. È da ricordare infine che il Ć. ha forse avuto qualche influenza sullo sviluppo artistico di Carlo Crivelli il quale si recò, forse su suo consiglio, in Dalma ia col fratello Vittore e vi trascorse alcuni anni prima di trasferirsi nelle Marche e che il suo ritorno in Dalmazia influì pure, certamente, sullo sviluppo della scuola pittorica locale.
Sottovalutato dalla critica della prima metà del nostro secolo (Venturi, Fiocco, Berenson), il C. è stato restituito dal Pallucchini e da altri autori più recenti (Prijateli, Gamulin) al posto che gli spetta nell'arte del primo Rinascimento: che non è quello di un grande maestro, ma certo di un pittore dalla fisionomia propria, con opere di alta qualità e con accenti individuali.
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