GREEN, Julien
Scrittore francese, nato a Parigi il 6 luglio 1900 da genitori nordamericani. Studiò al liceo Janson-de-Sailly. Nel 1918 prestò servizio sul fronte francese, poi in Italia. Dopo la guerra, studiò in America nell'univ. della Virginia. Del 1924 è la sua prima breve opera, il Pamphlet contre les catholiques de France, apparso con lo pseud. di Théophile Delaporte. Accanto ad alcuni saggi critici, in riviste americane e francesi, sulla poesia metafisica inglese del Seicento, su Ch. Lamb (1924), S. Johnson (1925), le sorelle Brontë (1925), W. Blake (1926), pubblicò (1925) il primo romanzo, Mont-Cinère, ambientato in Virginia. L'opera che lo rese famoso fu Adrienne Mésurat (1927), che ottenne il premio dell'Académie Française (1927) e il premio Femina inglese (1928).
Ad esso seguirono Les clefs de la mort (1927), Christine (1928, racconto), Le voyageur sur la terre (1928), Léviathan (1929), lo studio Un puritain homme de lettres: Nathaniel Hawthorne (1928), L'autre sommeil (1931), Èpaves (1932), Le visionnaire (1936), Minuit (1936), Le malfaiteur (1936), Varouna (1940), l'ampio Journal (1929-58; giunto ora al settimo volume con il titolo di Le bel aujourd'hui), Si j'étais vous (1947), Moïra (1950), i drammi Sud (1953), anch'esso ambientato negli Stati del Sud, durante la guerra di secessione, L'ennemi, L'ombre.
Vissuto in Francia (1926-40), si rifugiò poi negli Stati Uniti per svolgervi opera di propaganda nelle trasmissioni radio in francese da New York; tradusse Péguy e pubblicò in inglese Then shall dust return (1941) e i Memories of happy days (1941; ediz. franc. Souvenirs des jours heureux). È di questi anni il suo riaccostamento al cattolicesimo. A guerra finita si stabilì di nuovo in Francia, pur avendo in precedenza ottenuto la cittadinanza americana.
Il suo mondo, di un allucinato pessimismo, si esprime in sentimenti ad un tempo torbidi e delicati, violenti e consapevoli. I protagonisti appaiono oppressi dalla tentazione che li spinge al delitto coercendo ogni loro volontà di resistere. La fatale attrazione del peccato, ove la religiosità greeniana svela i suoi toni protestantici, assume da Le visionnaire a Moïra l'aspetto di una incombente ed arcana presenza. Questa, se può essere individuata in alcuni personaggi-simbolo, si estende altresì all'evocazione irrealistica di ogni atto e di ogni oggetto che il suggestivo stile dello scrittore suscita per immergerli in un alone d'indeterminatezza e di possibilità allusive.
Bibl.: R. Bespaloff, in Cheminements et carrefours, Parigi 1938; V. Photiadès, L'irréalisme de J.G., in La Guilde du Livre, 1942, fasc. 5; A. Rousseaux, J. G., in La Guilde du Livre, 1943, fasc. I; A. Borne, Sur J. G., in Confluences, 1943, fasc. 21-24; R. Micha, Le monde de G., in La Nef, I (1944), I; G. Picon, Sur J. G., in Fontaine, n. 55 (ott. 1946).