BAJZA, Jozsef
Poeta ungherese, nato il 31 gennaio 1804 a Szücsi, morto a Budapest il 3 marzo 1858. Studiò a Oroszi (odierna Nagyoroszi) e poi a Budapest, ove s'iscrisse alla facoltà di filosofia. Più tardi (1823) frequentò anche l'università di Pozsony, perfezionandosi particolarmente nello studio della lingua tedesca, nella quale da allora in poi fu versatissimo. Gli furono compagni di ginnasio il poeta Michele Vörösmarty e Luigi Kossuth, e con essi mantenne viva l'amicizia per tutto il corso della vita. Nel 1822, più per bisogno che per disposizione, si diede agli studî di giurisprudenza, e nell'aprile del 1829 poté dare anche l'esame di avvocato. Ma nello stesso anno rinunciò all'avvocatura per darsi invece tutto ai suoi studî di estetica e di critica.
Fornito di soda cultura e dotto specialmente in letteratura tedesca, Jozsef Bajza ben presto si fece notare con le sue traduzioni, e con poesie originali, che furono pubblicate dalla rivista letteraria allora più importante, l'Aurora. Aperto e fervente assertore della necessità di importare in Ungheria la tendenza politica liberale e l'idea del progresso inarrestabile della civiltà, ingaggiò numerosissime battaglie con gli scrittori e critici dell'epoca, e quasi sempre ne uscì vincitore, soprattutto per la straordinaria obiettività che sapeva mantenere nelle dispute letterarie, sebbene il suo temperamento combattivo e l'entusiasmo che professava per le proprie idee gl'ispirassero talvolta invettive e sarcasmi all'indirizzo dei suoi avversarî.
Iniziò numerose imprese editoriali di vario genere, diresse per qualche anno la stessa rivista Aurora e fondò parecchie altre riviste, fra le quali vanno ricordate le Pagine critiche, l'Athenaeum, l'Epoca. Fu a due riprese, nel 1837 e nel 1847, direttore del Teatro nazionale di Budapest, e contribuì sensibilmente al suo sviluppo. Nel corso degli avvenimenti del 1848 stette sempre dalla parte dei patriotti ungheresi favorevoli all'indipendenza, e per questo motivo sofferse persecuzioni e miseria. Tradusse opere di Goethe, Uhland, Immermann, Herder. Tentò nel 1851 la pubblicazione delle sue opere complete, ma l'edizione venne sequestrata per una poesia patriottica intitolata Apoteosi, nella quale cantava la tragedia della nazione. A partire dal 1852 la sua vita fu una sequela di stenti e di dolori. Le sue opere furono pubblicate in sei volumi, dopo la sua morte, dall'amico e letterato Francesco Toldy.