Losey, Joseph (propr. Joseph Walton)
Regista e sceneggiatore statunitense, nato a La Crosse (Wisconsin) il 14 gennaio 1909 e morto a Londra il 22 giugno 1984. Il mondo cinematografico di L. è segnato da una ricerca inquieta delle ragioni morali, psicologiche, politiche dell'agire sociale, percorso da ombre e interrogativi sulla complessità dei rapporti interpersonali, di classe e di potere, immerso in climi ora duramente realistici ora metaforici, carichi di tensione drammatica risolta spesso in una elaborata teatralità degli spazi e degli effetti drammaturgici, e in una sofisticata, a volte barocca, ma sempre lucida, indagine sull'ambiguità di fondo dell'identità umana e della condizione esistenziale. Due suoi film furono premiati al Festival di Cannes: Accident (1967; L'incidente) con il Gran premio della giuria e The go-between (1971; Messaggero d'amore) con la Palma d'oro, mentre Monsieur Klein (1976; Mr. Klein) ricevette due César, come miglior film e migliore regia. Cresciuto nell'ambiente colto di una vecchia famiglia del Middle West ed educato negli schemi rigidi di una morale puritana L. rimase orfano nel 1926 e con l'aiuto di alcuni parenti terminò gli studi liceali. Iscrittosi prima alla facoltà di Medicina passò poi a quella di Lettere alla Harward University, dove studiò letteratura inglese. Si accese in lui una passione teatrale che segnò l'avvio della sua carriera nel mondo dello spettacolo e che lo spinse a lasciare gli studi per trasferirsi nel 1930 a New York, dove collaborò come critico teatrale e letterario al "New York times", al "New York Herald tribune", alla "Saturday review of literature", e al "Theatre magazine". Erano gli anni del New deal roosveltiano e L. si immerse in quel clima di entusiasmi ideologici e di impegno civile. Nel 1931, con l'aiuto di John Hammond Jr, suo amico e sodale nella comune passione per il jazz, L. compì una sorta di viaggio di formazione in Europa. Conobbe un attore di temperamento e impegnato come lui sul piano civile, Charles Laughton, con cui lavorò nelle sue prime regie teatrali, a partire dal 1932 con Fatal alibi tratto da A. Christie, con Laughton nel ruolo dell'investigatore Poirot. Nel 1935 si recò in Unione Sovietica, dove assorbì la lezione scenica di V.E. Mejerchol′d e quella cinematografica di Sergej M. Ejzenštejn. Fu questa temperie culturale che spinse L. a inventare forme di teatro 'agit-prop' come il Living newspaper una specie di 'giornale scenico' o il Political cabaret, inserendovi già gli umori antirazzisti, di sferzante critica anticapitalista, di lucido resoconto delle tensioni di classe, che costituiranno poi il retroterra di gran parte del suo cinema. Dopo un'esperienza radiofonica, nel 1942, alla NBC e alla CBS, L., divenuto amico di B. Brecht durante il suo esilio statunitense, mise in scena nel 1947 una memorabile edizione del suo Leben des Galilei interpretata da Charles Laughton, quindi basandosi su quel testo girò nello stesso anno un breve filmato diretto con Ruth Berlau, e molto più tardi realizzò un'ulteriore versione interpretata dall'attore Topol, Galileo (1974). Intanto, tra il 1939 e il 1942 L. si era avvicinato al cinema lavorando a diversi film di montaggio didattico-educativi, finanziati dalla Fondazione Rockefeller, e ad alcuni documentari e cortometraggi di impegno civile realizzati per il Dipartimento di Stato. L'occasione di esordire nel film di finzione gli fu offerta da un produttore-sceneggiatore come lui impegnato sul piano sociale, Dore Schary, e fu una parabola antirazzista, The boy with green hair (1948; Il ragazzo dai capelli verdi), in cui una forma di realismo fiabesco racchiude, nei colori pastello del Technicolor, l'avventura metaforica di un ragazzo che si sveglia un mattino con i capelli tinti di verde e precipita nell'angoscia della diversità e dell'emarginazione ben presto rivelatasi motivazione per una sorta di apprendistato iniziatico nel mondo dei rapporti sociali e di classe.
È l'inizio esemplare della filmografia di L., che si trova sempre in bilico tra cupo realismo e formalismo allegorico e dove si elabora un significativo connubio di ansie etiche di matrice puritana e di tensione critica di matrice marxista. I suoi primi film testimoniano ciò attraverso un'atmosfera inquietante che sposta la critica sociale al limite dell'allucinazione. Così la cupa violenza che scorre tesa e feroce in The lawless (1950; Linciaggio), denuncia le oscure pulsioni razziste che ribollono nella psicologia della folla; così lo spazio ventrale dei bassifondi di Los Angeles che avvolge il duello tra le gang e l'infanticida maniaco in M (1951), rifacimento psicoanalitico di un classico dell'espressionismo e omaggio a Fritz Lang, un regista per certi versi affine a L.; così l'intreccio di colpa e salvazione nel rapporto padre-figlio in The big night (1951; La grande notte) scarno e concentrato thriller; così il ritratto fosco e tragico di un poliziotto criminale in The prowler (1951; Sciacalli nell'ombra), un noir che diventa occasione per indagare sul nesso tra rapporti di potere e rapporti amorosi e che L. annega in un flusso di piani-sequenza spesso notturni rendendo insieme lucido e ipnotico l'agire ossessivo del protagonista. A quest'ultimo film partecipò in incognito come sceneggiatore Dalton Trumbo, all'epoca già sotto inchiesta per attività anti-americane, e il maccartismo non tardò a colpire lo stesso L., incriminandolo mentre il regista era in Italia sul set di Imbarco a mezzanotte, noto anche come Stranger on the prowl o Encounter, e uscito con la firma di Andrea Forzano nel 1952, una curiosa storia di amicizia tra un vagabondo assassino e un bambino, dove la recitazione enfatica di Paul Muni contrasta con i toni neorealistici e dimessi della messinscena.
L. decise di trasferirsi in Gran Bretagna, dove inizial-mente fu costretto a lavorare sotto pseudonimi. Con il nome di Victor Hanbury firmò The sleeping tiger (1954; La tigre nell'ombra), la storia del triangolo amoroso tra uno psichiatra di riformatorio, sua moglie e un giovane delinquente (Dirk Bogarde, che L. avrebbe prediletto in seguito) in cui è racchiusa un'indagine psicologica e sociale dai risvolti tragici; successivamente come Joseph Walton diresse The intimate stranger (1956; L'amante misteriosa), un giallo basato su elementi quasi autobiografici e ambientato nel mondo del cinema. L. tornò a firmare con il suo nome Time without pity (1957; L'alibi dell'ultima ora), una fredda riflessione sull'ambiguità della colpa e sulle storture della giustizia, pervasa di quell'amarezza e di quel freddo disincanto che avrebbero caratterizzato sempre più il suo stile. Con i film successivi si andò precisando la sottigliezza tipica di L. nel trattare le figure della specularità, dell'ambivalenza, del doppio in relazione a una spietata analisi dei rapporti di classe in cui misurare tutto il gioco ambiguo della visione, del valore etico dello sguardo (l'analogia tra la rappresentazione pittorica e l'indagine poliziesca di Blind date, 1959, L'inchiesta dell'ispettore Morgan), o l'irruzione della violenza e l'intreccio barocco delle passioni, raffreddando i canoni del melodramma (il delirio amoroso di The gypsy and the gentleman, 1957, La zingara rossa) o le pulsioni dell''orrore sociale', rinserrate in luoghi chiusi (il carcere di The criminal, 1960, Giungla di cemento e il bunker antiatomico che segrega i bambini di The damned, 1962, Hallucination). Con Eva (1962) il cinema di L. acquistò uno stile rarefatto, sofisticato, implicitamente simbolico, nella storia, ispirata a un romanzo noir di J.H. Chase, sull'ossessione erotica di uno scrittore per una prostituta irresistibilmente fatale, che ha il fascino magnetico di Jeanne Moreau, che si dipana in una circolarità di impianto disseminata di metaforici specchi e riflessi. La tensione nel descrivere implacabilmente l'itinerario di una degradazione morale e l'implicito disfacimento esistenziale ritorna sotto un'altra luce anche in due film dove L. si servì della scrittura sospesa e obliqua di Harold Pinter in veste di sceneggiatore, The servant (1963; Il servo), dal romanzo di R. Maugham, e Accident. Il primo film è tutto racchiuso nella crudeltà della stringente logica sottesa al nesso ambivalente servo-padrone e diventa un thriller dell'anima capace di percorrere sottilissimi fili psicologici nella geometria del rapporto torbido tra il tormentato, remissivo aristocratico e il cinico e mefistofelico cameriere, 'schermato' dalla seduzione perfidamente messa in atto dall'amante del servo, arrivando alla desolante, terribile radiografia del dissolvimento di un'identità. Il secondo è altrettanto circoscritto nella ritualità ipocrita e perversa dell'ambiente universitario di Oxford ed è spietato nello scavare sotto la superficie formale per scoprire, in una struttura di racconto a incastri, il verminaio e la brutalità dei conflitti in cui si dibatte la società in vitro descritta. Tra questi due film L. aveva girato due personali incursioni nei generi bellico e spionistico, rispettivamente King and country (1964; Per il re e per la patria), cupa e claustrofobica denuncia della miseria morale insita in ogni guerra, e l'algido divertissement fumettistico, interpretato da Monica Vitti, Modesty Blaise (1966; Modesty Blaise, la bellissima che uccide). Il barocchismo di L. arrivò al limite dell'estenuazione in due film del 1968: Boom (La scogliera dei desideri), viziato dall'artificiosità della sceneggiatura di Tennessee Williams come dal manierismo della coppia Richard Burton-Elizabeth Taylor, e Secret ceremony (Cerimonia segreta), tratto da un romanzo di M. Danevi, psicodramma dove il gioco di maschere e doppi si sfalda in un melodramma che assimila i personaggi alla claustrofobia degli spazi. Sebbene ambientato in una metaforica landa deserta, Figures in a landscape (1970; Caccia sadica) è anch'esso claustrofobico nel costruire in forma di apologo l'angoscia della condizione di braccati che, nell'implacabile caccia da parte di un elicottero (quasi un'anticipazione dell'enigmatico inseguimento in Duel, 1971 di Steven Spielberg), diventa emblema della condizione umana, di un esistenzialista "essere per la morte". Si può dire sia questo il nucleo della poetica di L.: l'attivarsi progressivo e sottile di uno sguardo sull'educazione al dolore attraverso la traumatica consapevolezza dell'intima crudeltà dei rapporti umani, sociali e tra i sessi, ma soprattutto del tacito accordo tra eros e morte. The go-between, scritto ancora da Pinter, ne è il sommesso, delicato, sofferto compendio, scandito nei palpiti straziati del cuore del piccolo 'messaggero' tredicenne i cui slanci sono irretiti e soffocati dal perbenismo vittoriano e dall'idillio segreto che non può sfuggire alle perfidie della lotta fra le classi, ma insieme sono allontanati negli ovattati ricordi della malinconica vecchiaia dei protagonisti che fa da cornice alla vicenda. Dopo L'assassinio di Trotsky (1972, noto anche come L'assassinat de Trotsky), viaggio 'politico' nei labirinti dell'identità e delle motivazioni oscure che sottostanno alla storia ufficiale, e la riduzione del dramma ibseniano A doll's house (1973; Casa di bambola), con Jane Fonda appassionata interprete delle motivazioni protofemministe di Nora, dopo un film intellettualisticamente intrigante come The romantic Englishwoman (1975; Una romantica donna inglese), dipanato sulla sceneggiatura di Tom Stoppard con una lucidità di sguardo appuntata sul vuoto delle illusioni e dei sentimenti, L. approdò a uno dei suoi film più perturbanti, Monsieur Klein, sceneggiato da Franco Solinas. Serrato intorno all'angoscia dello sdoppiamento e al nodo di un universale senso di colpa, di esemplare asciuttezza nell'accompagnare lungo la deriva autodistruttiva l'usuraio kafkianamente perseguitato dal suo sosia ebreo, sullo sfondo della Parigi occupata dai nazisti, il film raggiunge un equilibrio inquietante e laconico tra introspezione analitica e lucida riflessione storico-politica. Conserva tale intenzionalità piena di dolente consapevolezza anche Les routes du Sud (1978; Le strade del Sud), ritorno ai luoghi e alle motivazioni etiche dell'antifranchismo del film diretto da Alain Resnais, La guerre est finie (1966), e che rivede all'opera lo stesso protagonista, Yves Montand, e lo stesso sceneggiatore, Jorge Semprun. Di raffinata eleganza e intelligenza fu la sua lettura del Don Giovanni di W.A. Mozart nell'omonimo film-opera (1979), dove viene brechtianamente rintracciata da un lato la sottesa sovversione di ogni potere contenuta nello spirito libertino e prerivoluzionario del melodramma, e orchestrato dall'altro con saturnina malinconia il turbine di eros e thanatos che trascina metafisicamente i personaggi, facendoli muovere negli scenari veneti funebremente neoclassici delle ville palladiane. Un'analoga malinconia si trova anche in La truite (1982), girato in Francia con due collaboratori legati entrambi ai mitici anni Trenta, come il direttore della fotografia Henri Alekan e lo scenografo Alexander Trauner, crepuscolare e musicale ritratto femminile interpretato da un'intensa Isabelle Huppert.
Dopo aver preparato una trasposizione della proustiana Recherche du temps perdu, rimasta irrealizzata, L. diresse nel 1984 il suo ultimo film Steaming (Steaming ‒ Al bagno turco), ritornando alla predilezione per i luoghi chiusi che rispecchiano conflitti dell'anima ed evidenziano rapporti di classe, e componendo una coralità tutta al femminile di comportamenti e psicologie ambientata in un bagno turco, dove le età, le differenze sociali, i pudori e le voglie, si allineano e si annullano in un'estrema elegia dell'ambiguità e del desiderio.
J. Leahy, The cinema of Joseph Losey, New York 1967.
C. Ledieu, Joseph Losey, Paris 1970.
Losey: il gioco dei rimandi, in "Cinema e cinema", luglio-sett. 1977, 12, nr. monografico.
M. Porro, Joseph Losey, Milano 1978.
G. Cremonini, G. De Marinis, Joseph Losey, Firenze 1981.