LISTER, Joseph
Chirurgo, nato il 5 aprile 1827 in Upton (Essex), morto a Walmer (Kent) il 10 febbraio 1912. Studiò medicina nell'University College di Londra, diplomandosi nel 1852. Recatosi subito dopo (1853) in viaggio d'istruzione a Edimburgo, vi si stabilì, divenendo assistente di James Syme, professore di clinica chirurgica in quell'università. Nel 1863 fu nominato "regius professor" di clinica chirurgica nell'università di Glasgow e nel 1869 fu chiamato a Edimburgo quale successore del Syme. Passato, nel 1877, al King's College di Londra, vi tenne la cattedra di clinica chirurgica fino al 1891, nel quale anno si ritirò dall'insegnamento. Nel 1897 fu creato pari d'Inghilterra e fu, con ciò, il primo medico elevato alla camera dei lords.
I contributi portati dal L. alla chirurgia sono numerosi. Tra essi vanno ricordati alcuni metodi operatorî (amputazione della gamba a livello dei condili femorali; resezione del polso; amputazione-resezione dell'anca). D'importanza assai maggiore sono gli studî del L. sulla legatura dei vasi mediante materiale assorbibile, che portarono all'introduzione nella pratica del catgut sterilizzato e più tardi del catgut cromico. Ma la gloria del grande chirurgo inglese, per la quale egli rimarrà "uno dei più grandi benefattori del genere umano" (R. Virchow) è l'ideazione del metodo antisettico (1867). Nel corso di estese ricerche sulla natura dell'infiammazione e della suppurazione delle ferite, il L. era giunto alla conclusione che la causa essenziale di questa fosse da ricercare nella decomposizione del sangue, del siero e dei tessuti morti, per azione dell'aria, quando venne a conoscenzȧ della dimostrazione, data da L. Pasteur, che le proprietà "settiche" dell'atmosfera non dipendevano dai suoi componenti gassosi, bensì da minutissimi organismi in essa sospesi. Il L. pensò che a tali organismi fosse egualmente da attribuire la decomposizione dei tessuti lesi dal trauma e che questa potesse essere evitata applicando, a guisa di medicatura, al disopra delle ferite, una sostanza capace di uccidere i minimi esseri viventi sospesi nell'aria. La sostanza scelta a questo scopo dal L. fu l'acido fenico, dapprima assoluto, in seguito, per l'azione fortemente caustica da questo dimostrata, sotto forma di soluzione acquosa (al 5%) per la disinfezione della cute, mentre per la medicatura delle ferite fu scelta la soluzione oleosa, sostituita più tardi da una pasta, composta da acido fenico mescolato al carbonato di calcio e all'olio di lino, che era applicata sulle ferite tra due pezzuole di cotone. Al disopra, quale materiale assorbente, il L. si servì dapprima di pannolini di vecchia tela; in seguito del cosiddetto oakum (fibre di vecchie corde imbevute di catrame) e, infine, preparò la sua garza fenicata, con che giunse a quella che fu chiamata per antonomasia "medicatura alla L.". Questa era composta di otto strati di garza, dei quali i più interni erano imbevuti di soluzione fenicata, mentre fra il settimo e l'ottavo di essi era interposto uno strato di tessuto impermeabile (mackintosh) per impedire che la secrezione della ferita filtrasse all'esterno. Perché il contatto dell'acido fenico non irritasse troppo i tessuti, il L. finì con l'interporre tra la medicatura fenicata e la ferita il cosiddetto protettore" (silk protective), costituito da un pezzo di seta oliata. Poiché, d'altra parte, i germi sospesi nell'aria potevano depositarsi, non soltanto sulle ferite e sulla cute dell'ammalato, ma sul materiale di sutura e di medicatura, sugli strumenti, sulle mani del chirurgo, ecc., tutto quello che direttamente o indirettamente potesse venire a contatto con il campo operatorio doveva essere disinfettato con l'acido fenico. E, sempre guidato dallo stesso concetto, il L. pensò perfino di formare intorno al campo chirurgico un'atmosfera antisettica, proiettando minutissime goccioline di una soluzione fenicata (al 2,5%) per mezzo d'un apposito spruzzatore (spray), di cui costruì successivamente diversi modelli. Lo spray si manifestò ben presto dannoso, e per l'ammalato e per i chirurghi (irritazioni cutanee e bronchiali, forse intossicazioni renali) e venne per questo battezzato dallo stesso L. "un male necessario". Dopo qualche anno, le prove sempre più palesi che, nell'infezione delle ferite, l'aria aveva una importanza senza paragone minore delle mani del chirurgo, degli strumenti e dei materiali di sutura e di medicazione, consigliarono di abbandonarlo; anche il L. vi rinunziò nel 1887. Le proposte del L. non furono accolte in Inghilterra senza opposizione, specialmente da parte di J. Simpson e più tardi da Lawson Tait. A questo proposito bisogna notare che la maggior parte delle critiche erano dettate da una valutazione inesatta del vero significato del metodo antisettico e specialmente dall'equivoco insorto immediatamente, ma che ancora in parte sussiste, di ritenere che, nel metodo proposto dal L., tutto consistesse nel trattamento delle ferite per mezzo dell'acido fenico; con che era facile negare al L. il merito della priorità, perché l'azione disinfettante del fenolo sulle ferite suppuranti e cancrenose era già stata osservata e studiata da altri e tra questi da E. Bottini (v.). Ma il merito del L. non sta in questo, ché anzi egli ebbe più volte a dichiarare d'avere scelto l'acido fenico soltanto per il suo alto potere antisettico, ma che gli stessi effetti si sarebbero potuti ottenere anche con qualche altro disinfettante. Quello a cui il L. teneva, e giustamente, era il sistema da lui ideato di evitare l'infezione delle ferite, accidentali e operatorie, distruggendo gli agenti capaci di provocarla, prima che essi potessero giungere a contatto dei tessuti. È evidente che la concezione originaria del L., che i germi, capaci d'infettare le ferite, provengano dall'aria ambiente, non risponde al vero stato delle cose. In pratica, però, credendo di combattere i germi dell'aria, il L. non faceva che eliminare quelli esistenti sulla cute dell'ammalato, sulle mani del chirurgo, sugli strumenti operatorî, sul materiale di sutura e di medicatura, e così si spiegano i risultati miracolosi, rispetto ai periodi precedenti, da lui ottenuti; risultati che finirono col convincere anche i più restii e portarono alla diffusione mondiale del metodo "antisettico". Tale appellativo è dovuto allo stesso L., ma, a rigor di termini, esso non s'adatta al metodo da lui suggerito, secondo il significato che si dà oggi alla parola "antisepsi" (v.). In realtà il L. faceva della vera e propria "asepsi", ricorrendo alla sterilizzazione chimica, anziché a quella con il calore, come si fa oggi. Se in Inghilterra il metodo antisettico fu dapprima accolto con scarso fervore, il più ampio e immediato riconoscimento ebbe invece in Germania, specialmente per opera di N. Nussbaum, di K. Thiersch e di R. von Volkmann, il "profeta del L." come ebbe a chiamarlo G. Stromeyer. In Italia, il metodo antisettico si diffuse più lentamente, per opera specialmente di G. Ruggi (1878), di E. Bottini (1878), di E. Albanese. E lo stesso avvenne in Francia, dove per parecchi anni si tentò di opporre al metodo listeriano la medicatura occlusiva di A. Guerin. Il primo a persuadersi dell'efficacia dell'antisepsi, fu, a Parigi, J. Lucas-Championnière (1876). Oggi il metodo antisettico, così come fu ideato e perfezionato, attraverso un lavoro paziente d'indagine e una serie interminabile di osservazioni minuziose, dal L., non è più che un ricordo storico, ma è ben certo che gli odierni metodi dell'asepsi derivano tutti dalle regole dettate dal sommo chirurgo inglese.
Fra le pubblicazioni più importanti del L. ricordiamo: On a new method of treating compound fracture, abscess, ecc., with observations in the conditions of suppuration (in The Lancet, 1867, I); On the antiseptic principle in the practice of surgery (ibid., 1867, II); An address on the antiseptic system of treatment in surgery delivered before the Medico-chirurgical Society of Glasgow (in Brit. med. J., 1868, II; 1869, I); Observations on the ligature of arteries on the antiseptic system (Londra 1869); On the effects of the antiseptic system of treatment upon the salubrity of a surgical hospital (Edimburgo 1870); On the germ theory of putrefaction and other fermentative changes (in Nature, 1873); The germ theory of fermentation and its bearings on pathology (in Pathol. Transact., 1878); The present position of antiseptic surgery (Verhdlg d. internat. med. Kongress, Berlino 1890); Principles of antiseptic surgery (in Virchow Festschr., III, Berlino 1890). V. anche i suoi Collected Papers, Oxford 1909.
Bibl.: R. J. Godlee, Lord L., Oxford 1924.