Maistre, Joseph de
Pensatore e diplomatico (Chambéry 1753-Torino 1821). Di nobile famiglia, fu magistrato e nel 1788 membro del Senato sabaudo. Di fronte alla Rivoluzione francese il suo atteggiamento parve dapprima favorevole, ma poi, influenzato dallo storicismo di E. Burke, la avversò; quando i francesi invasero la Savoia, si rifugiò in Svizzera (1793) e qui scrisse le Considérations sur la France (1796), in cui, dopo aver criticato la dottrina e l’azione rivoluzionarie, finiva per delineare un programma di restaurazione che tenesse conto dei nuovi interessi che la Rivoluzione aveva creato. Tale polemica antirivoluzionaria divenne, dopo il suo ritorno a Torino (1797), polemica antiprotestante: nelle Réflexions sur le protestantisme dans son rapport avec la souveraineté metteva infatti in relazione il libero arbitrio dei riformatori religiosi con lo spirito rivoluzionario. Costretto a lasciare di nuovo Torino, fu nominato (1799) reggente della cancelleria di Sardegna, ma a Cagliari entrò in urto con il viceré Carlo Felice, e allora fu inviato da Vittorio Emanuele I (1802) come ministro plenipotenziario in Russia, dove lo zar gli offrì di passare al suo servizio. Qui egli compose le sue opere maggiori: le Soirées de Saint-Pétersbourg (post., 1821), in cui, di fronte all’illuminismo mistico, prende una netta posizione critica, e Du pape (1819). La sua teorizzazione dell’assolutismo pontificio e la sua critica accanita contro il pensiero liberale indussero però Alessandro I, allora incline alle idee occidentali di progresso e di libertà, a chiedere il suo richiamo. De M. passò a Torino i suoi ultimi anni. Nella Lettre sur l’état du Christianisme en Europe (1819) l’autore sostiene la sua fede nell’avvento di un’unica Chiesa cattolica capace di riunire in sé tutte le Chiese. Nell’Europa della Restaurazione de M. è il massimo esponente, con L. de Bonald, di quella corrente teocratica e ultramontanistica che speculativamente si innesta nel grande moto del Romanticismo europeo, contribuendo a esso con il concetto della storia (in opposizione all’Illuminismo) come tradizione (nel senso della conservazione eterna dei supremi e trascendenti valori etico-religiosi). Correlativamente, nella politica de M. pone a fondamento della vita degli Stati il principio di legittimità, sola forza morale capace di rigenerare l’uomo e di restaurare il diritto che la Rivoluzione francese ha calpestato. Tale principio deve realizzarsi in una struttura teocratica dello Stato. La pregiudiziale reazionaria di de M. spiega il declino della sua fortuna nella politica e nella cultura di fronte all’affermarsi del pensiero liberale.