ADDISON, Joseph
Nacque il 1° maggio 1672, da famiglia di tradizioni ecclesiastiche: il fratello della madre fu vescovo di Bristol; il padre, Lancelot, passati in sedi minori i primi gradi della gerarchia, intorno al 1676 era arcidiacono di Salisbury e nel 1683 decano di Lichfield. Addison fece i primi studî in queste città; e nel 1686 fu mandato al collegio di Charterlhouse (Londra), dove ebbe principio la sua amicizia con Richard Steele, insieme col quale doveva tanto strettamente collaborare nel Tatler e nello Spectator. Nel 1687 entrò a Queen's College (Oxford), e tre anni dopo passò a Magdalene College; a Oxford intanto l'aveva seguito Steele. In cotesti anni, la cultura letteraria inglese subiva l'influsso di quella francese e italiana. Una testimonianza dei gusti dell'A. ad Oxford è offerta dall'Account of the greatest English Poets (1694), dove lo Shakespeare è addirittura omesso; Chaucer e Spenser, considerati barbari ed antiquati; e il posto supremo è concesso al Milton, cui A. si accosta soprattutto per considerazioni morali e religiose; prova ne sia che egli colloca quasi sullo stesso piano del Paradise Lost un indigesto e dimenticato centone poetico, la Creation del Blackmore, contro l'ateismo. La preparazione classica dell'A. a Oxford fu particolarmente elaborata e fruttuosa; e il Johnson, non sempre tenero per A. (v. Boswell sotto le date: 8 maggio 1778; 15 aprile 1781, ecc.) fu liberale d'encomî per le sue poesie latine.
Dopo la campagna del 1695, A. offerse a re Guglielmo III una composizione poetica sulla presa di Namur, pel tramite di sir John Sommers, che divenne uno dei suoi patroni. Fra i quali, poco dopo, fu anche Charles Montagu, cancelliere dello Scacchiere; cui A. dedicò, nel 1697, versi latini sulla pace di Ryswick, ricavandone una pensione di trecento sterline annue, sì da poter viaggiare sul continente e studiare le letterature moderne. I Remarks on several parts of Italy, ecc., mostrano, tuttavia, che, nei viaggi in Francia e in Italia, A., più che altro, s'interessava di monumenti e ricordi d'antichità classica; vedeva il paesaggio, osservava i costumi attraverso citazioni da Virgilio, Orazio, Tibullo, Ovidio, ecc.; inframezzando battute antícattolíche in schietto sole puritano, (per cui il libro fu messo all'Indice) e complimenti per il Montagu e gli altri suoi mecenati, che regolavano le faccende politiche inglesi. Nel 1702, alla morte del re, l'assegno annuo venne a cessare; ma ormai A. era instradato nella cosa pubblica. D'ordine superiore, compose The Campaign, una delle sue opere poetiche più trascurabili, sulla battaglia di Blenhein. Attraverso svariati incarichi ed uffici, diventò sottosegretario di stato per l'Irlanda. Nel 1709, eletto deputato di Malmesbury, entrò alla Camera dei Comuni; ma le sue prove oratorie non furono brillanti. Dal 1709, quando ancora si trovava in Irlanda, al 1711, fu occupato nella collaborazione al Tatler e poi allo Spectator; e quando anche quest'ultimo morì, dette scritti al Guardian. Nell'agosto 1716 sposò la contessa di Warwick: matrimonio poco felice. La cattiva salute lo costrinse nel 1718 a rinunciare all'ufficio politico. Si ritirò con lauta pensione; ma gli ultimi tempi di sua vita, oltre che dall'asma, dall'idropisia e dai dispiaceri domestici, furon contristati dalla rottura della lunga amicizia con lo Steele. Morì il 17 giugno 1719.
Nell'aprile 1713, la tragedia Cato, abbozzata in collegio a Oxford, cominciata durante i viaggi in Francia e in Italia, infinite volte ripresa e ritoccata, venne messa in scena al Drury Lane, nonostante non fosse stata concepita per il teatro. Famosa ai suoi giorni, il Compton-Rickett non si perita a chiamarla "la più noiosa tragedia che mai fosse composta da un grande scrittore". Il Morley ne spiega spiritosamente il successo, dicendo che i Whigs la applaudirono perché Catone poteva passar facilmente per un Whig ideale; e i Tories, per parte loro, non l'applaudiron meno, perché avevano interesse a mostrarsi amici della libertà, quanto i Whigs più scalmanati. Al Cato, ai versi latini ed inglesi e agli altri lavori di secondaria importanza, si aggiunga l'"opera" Rosamond (1707). Ma gli scritti cui A. deve la propria fama cominciano nel Tatler, che lo Steele prese a stampare nell'aprile 1709; ed al quale, dopo forniti alcuni saggi nei primi numeri, A. collaborò attivamente, a partire dal numero ottantacinquesimo. Il Tatler, che alternava nelle sue colonne notizie, curiosità, critiche drammatiche e veri e proprî saggi, cessò le pubblicazioni il 2 gennaio 1711; il i° marzo successivo nacque lo Spectator, che continuò per 555 numeri, costituito unicamente di saggi, i quali eran risultati la parte vitale del Tatler.
Lo Spectator è intitolato a lord John Sommers, barone di Evesham, il primo mecenate di A. già ricordato e, nel secondo numero, Steele vi tratteggia, fra quelle di altri collaboratori, la figura di A., chiamandolo Roger de Coverly, e rappresentandolo come un erudito gentiluomo, di carattere fra sentimentale e umoresco, che vive quasi sempre nel Worcestershire, lontano dal rumore mondano, perché convinto, senza nessuna acredine, "che il mondo batte una strada falsa". Entra così il secondo tema, pensoso e delicato, di una musica che, nel primo numero, Steele stesso aveva introdotto, parlando in persona propria, con maggior rudezza e calore, quando annunciava il foglio che "sarebbe apparso oggi mattina per il benefizio de' suoi conterranei, a contribuire al diletto e alla istruzione del paese", e a bandire il vizio e l'ignoranza dalla Gran Bretagna. Di temperamento energico ed emotivo, lo Steele aveva sempre esercitato un'azione animatrice sull'A., gentile e reticente; e con ragione diceva in uno degli ultimi numeri dello Spectator (532): "attribuirsi il merito d'aver ottenuto scritti da persona delle più alte capacità, che altrimenti non avrebbe mai consentito a farli conoscere".
L'importanza letteraria e sociale dello Spectator non si capisce senza riferirsi a quella trasformazione del gusto e della morale dell'Inghilterra settecentesca, che appunto nello Spectator è rispecchiata nel modo più lucido e convincente. Insieme, si scorge che gli scritti del Tatler e dello Spectator presuppongono una assai profonda modificazione nello spirito dello Steele e dell'A., che vedemmo, ad Oxford, ligi alla cultura francese e classicisti fino allo snobismo. Alle classi di vera o pretesa aristocrazia, che avevano ormai compiuta la propria funzione storica, succedeva una borghesia cui il Puritanesimo dotava d'ideali morali e sociali, forse ristretti, ma sinceramente sentiti; e di una capacità di ritrovarsi nelle più genuine virtù casalinghe e nazionali. M. Arnold scrisse che, rinchiudendosi nel Puritanesimo, l'Inghilterra si intralciò per duecent'anni circa il progresso intellettuale. Se in questa osservazione non manca una parte di vero, non si vede, tuttavia, come senza la reazione puritana avremmo avute produzioni letterarie di prim'ordine, e che implicano vastissimi sviluppi, come quelle che stiamo esaminando.
Non bisogna poi intendere il Puritanesimo esclusivamente nell'eloqenza, nell'enfasi e nei violenti chiaroscuri, prediletti dal Milton e dai primi puritani. Tutto al contrario, con l'A. e con lo Steele, lo scrittore comincia ad intrattenere famigliarmente un suo pubblico, e un pubblico capace di seguire ed apprezzare sottili sfumature d'eloquio e sentimento, discorrendogli della vita di tutti i giorni, di casi occorsi o immaginati, d'opere letterarie, senza partirsi da una squisita confidenzialità, nella quale A., artista elegantissimo, sapeva abbandonarsi più capricciosamente. In tale confidenza, il suo stile non perde però mai di scrupolo e nitore; e si dice che spesso egli facesse fermar la stampa di uno de' suoi saggi, a cambiare un epiteto, sostituire una preposizione. "Ho portato la filosofia fuor de' pensatoi e delle biblioteche, delle scuole e dei collegi" scrisse di sé A., "nei ritrovi, nelle conversazioni, nei caffè". Non è qui il luogo di rintracciare (ma v. Cambridge Hist. of Engl. Lit., IX) la funzione di questi caffè letterarî dell'epoca. A Londra, A. frequentò soprattutto il Grecian Coffee House, e il Burton's Coffee House; e l'aulico Pope, grande avversario dell'A., disse che, indulgendovi al bere, questi vi s'era finito di rovinare la malferma salute. Il vanto che A. si attribuisce, d'aver liberato la cultura e il sentimento dalla pedanteria, è sostanzialmente giusto; e indubitabile è che con l'A. e con lo Steele si apre la grande letteratura giornalistica inglese. Attraverso il Lamb, l'Hazlitt, lo Stevenson, la lezione dei due scrittori si mantien viva, fino al Belloc, allo Chesterton, al Beerbohm e a tutti i migliori saggisti dei nostri giorni.
A. è sepolto nella Abbazia di Westminster, vicino al suo patrono Charles Montagu.
Bibl.: Works, prima ediz. 1721, 4 voll.; Spectator con introd. e note di Gregory Smith, Londra s. a.; Spectator, nel testo originale, con introd. note e indici di Henry Morley, Londra s. a. Biografia: Johnson, Lives of Engl. Poets, Londra 1781; W. I. Courthope, nella serie Men of letters, Londra 1884.