STRZYGOWSKI, Josef
Storico dell'arte, nato a Biala nella Galizia polacca, il 7 marzo 1872, morto a Vienna nel 1941.
Studiò archeologia e storia dell'arte a Vienna, Berlino e Monaco, e fu nominato professore a Graz nel 1892 e a Vienna nel 1909. Dopo alcuni lavori intorno alla storia dell'arte italiana (Cimabue und Rom, 1888) si volse allo studio delle origini dell'arte tardo-antica e paleocristiana, che egli ricercò sempre più ad Oriente (Die Akropolis in altbyz. Zeit, in Ath. Mitt., xiv, 1893, p. 271 ss.; Das Goldene Thor in Kpl. e Die Säule des Arkadius, entrambi nello Jahrbuch, viii, 1893, ecc.) spingendosi progressivamente verso l'Asia Minore, la Siria, la Mesopotamia, l'Armenia e l'Iran (Der Kiosk von Konia, in Zeitschr. f. Gesch. d. Architektur, i, 1908, p. 3 ss.). Specialmente risolutivo per lo svolgimento dei nuovi interessi il saggio su M'shatta, castello nel deserto di Giordania, la cui decorazione era stata in parte ricostruita nei musei di Berlino, apparsa nello Jahrbuch d. Preuss. Kunstssamml., xxv, 1904. Si poneva così il dilemma se il centro promotore dell'arte paleocristiana e medievale fosse l'Oriente oppure Roma (Orient oder Rom, 1901). Tra le opere fondamentali si ricordano: Kleinasien, ein Neuland der Kunstgeschichte, 1903; Amida, 1910; Altai-Iran, 1919. Le appassionanti scoperte nell'arte orientale - nelle quali egli deve certamente molto agli studî di un Crowfoot, di uno Smirnov, di un von Oppenheim - lo persuadevano sempre più di una sua teoria generale dell'arte e della storia dell'umanità. A Ursprung der christlichen Kirchenkunst, 1920, seguono scritti generali come Krisis der Geisteswissenschaften, 1923; Spuren indogermanischen Glaubens in der bildenden Kunst, 1936, e infine Europa's Machtkunst, 1941.
In questi scritti è sostenuta la tesi di un'unità artistica che si estende per tutte le regioni interne del continente asiatico sino alla sponda opposta dell'Oceano (corrente "amero-asiatica); quest'arte si contrappone a quella "decadente" del sud e specialmente del Mediterraneo e si congiunge invece all'arte nordica, con predilezioni formali che acquistano nelle parole dell'autore anche un valore morale. Dall'incontro dell'arte siberiana (metalli traforati, stilizzazione delle figure animali) con l'arte centro-asiatica (movimento ornamentale ricorrente e tappeti), in Mesopotamia, deriva quasi una degenerazione della "incorrotta arte del Nord".
Le tesi estreme dello S. (in Machtkunst, p. 123 ss., egli arriva ad attribuire le qualità positive di Raffaello ad una sua presunta origine montana e nordica) hanno screditato i lati positivi della sua ricerca, che rese attuale nello studio dell'arte europea, alla fine dell'antichità e nel Medioevo, il rapporto con l'arte asiatica e intuì l'arte figurativa ebraica e l'arte parthica. Ma specialmente la ricerca specifica ha scosso le basi delle ardite costruzioni dello S.: il castello di M'shatta, fulcro di tutta una serie di deduzioni, da lui attribuito al II-III sec. e ritenuto espressione del mito del Hvarenach degli Aramei, è invece sicuramente di età omàyyade (circa 740); la contrapposizione di Roma all'Oriente si è rivelata fittizia, dal momento che durante l'alto Medioevo Roma riceve costantemente influssi dall'Oriente ed è, semmai, un centro di trasmissione di quelle correnti sino alle lontane isole britanniche.
Bibl.: La più ampia disamina e critica dell'opera dello S. è in F. W. von Bissing, Kunstforschung oder Kunstwissenschaft? Eine Auseinenandersetzung mit der Arbeiten J. S., in Abhandl. d. Bayr. Akad. d. Wiss., XXXI e XXXII, 1950 e 1951. Inoltre: O. Wulff, in Repertorium f. Kunstwiss., Berlino-Stoccarda 1911, pp. 281-314; G. Rodenwaldt, in Gnomon, VII, 1931, pp. 289-90; id., in Röm. Mitt., XXXVI-XXXVII, 1921-22, p. 58; J. Lassus, Sanctuaires chrét. de Syrie, Parigi 1947, p. XXI; G. Rodenwaldt, in Jahrbuch, LIX-LX, 1944-45, p. 81; D. A. C. Creswell, Early Muslim Architecture, Oxford 1932; G. Millet, prefazione a J. S., L'ancient art de Syrie, Parigi 1936; G. de Francovich, in Commentari, IV, 1953, p. 381 ss.