CANIZARES, José de
Poeta drammatico spagnolo, nato a Madrid il 4 luglio 1676, morto ivi il 14 settembre 1750. Seguì in giovinezza la carriera militare. Scrisse nel 1711 la relazione delle esequie di don Luigi Borbone e dal 1708 fino alla morte disimpegnò la carica di fiscale o censore delle commedie. Ebbe anche un impiego nella segreteria del duca di Osuna, suo protettore. Come scrittore fu di una fecondità straordinaria. Compose zarzuelas, sainetes, commedie de figurón, storiche, mitologiche, de santos, de valentías de magía, ecc. Due loas, nove entremeses, due bailes, due fines de fiesta e tre mojigangas si conservano manoscritti nella Nazionale di Madrid. I massimi successi conseguì nelle commedie de figurón o di carattere, malgrado l'inverosimiglianza di talune situazioni e i lazzi sguaiati e banali che troppo spesso mescolò a scene veramente comiche: la più celebre è El dómine Lucas, dov'è felicemente delineato il carattere di un gentiluomo montanaro asturiano, che, sceso dal suo rustico maniero, in un mondo di cui ignora le usanze e le convenienze, vi porta un'esclusiva e intransigente coscienza della sua antica nobiltà, da renderlo bizzarro e ridicolo; e buona commedia, originale e gaia, è anche, nello stesso tipo, El montanés en la corte.
Fra le commedie storiche, El picarillo en España, è probabilmente il rifacimento di una commedia Amor, ingenio y muger, che faceva parte dei Donaires de Tersicore (1663). Uno sfacciato plagio di una commedia dello stesso titolo di Lope de Vega, è Las cuentas del gran Capitán, sebbene incontrasse il gusto del pubblico, tanto che si conservò sulle scene fino al principio dell'Ottocento. L'abitudine di riprendere e contaminare le scene del teatro classico spagnolo era antica; ma nessuno lo aveva fatto mai con tanta libertà. E anche al teatro straniero il C. si volse: rifece così con grande abbondanza d'immagini e frasi strampalate, in El sacrificio de Ifigenía, l'Iphigénie del Racine (la seconda parte è di Cándido María Trigueros). Riuscì un'opera manierata e insulsa; e forse anche peggiore è lo sdolcinato rifacimento del Temistocle di Metastasio.
Rivale fortunato di A. de Zamora, al quale somiglia, pur essendogli per più riguardi superiore, è innegabile che il C. possedette alcune qualità in grado singolare - abilità nel tessere la trama di una commedia e nel delineare figure e tipi comici, vivacità nel dialogo, felicità elegante e spesso naturale nel maneggiar l'ottonario; ma nel garbuglio degl'intrecci, nell'esagerazione dei sentimenti, nel manierismo artificioso del linguaggio culto, nella comicità che non disdegna di scendere a espedienti da farsa volgare, il grande teatro spagnolo presenta già nell'opera sua evidenti i segni del suo scadimento. Sette commedie del C. sono edite nella Bibl. de Autores Españoles, XLIX (Dramáticos posteriores a Lope de Vega, II, ed. R. Mesonero Romanos).
Bibl.: R. Mesonero Romanos, Introd. all'ed. cit.; L. Fernández de Moratín, Prologo alle Comedias, Parigi 1838 e Obras póstumas, III, Madrid 1868, pp. 144-174; J. E. Hartzenbusch, C., in Revista de España, de Indias y del Estranjero, IV; id., Racine y C., in El Correo de Ultramar, III; M. Menéndez y Pelayo, Obras de Lope de Vega, VIII, p. 78 e XI, pp. 118-125; L. de Viel Castel, Essai sur le théâtre espagnol, II, Parigi 1882, pp. 310-29; C. Pérez Pastor, Noticias y documentos relativos a la hist. y liter. españolas, I, Madrid 1910, pp. 73-96; E. Levi, Storia poetica di don Carlos, Pavia 1814; E. Cotarelo, Prol. alla Colección de entremeses, loas, ecc., I, Madrid 1911.