jōruri Termine giapponese che nel significato più ampio indica un tipo di racconto recitato con l’accompagnamento musicale dello shamisen (o samisen), strumento a corde composto di una canna rettangolare, tre corde e un lungo manico sottile, suonato con l’aiuto di un plettro. Il termine j. è tuttavia in generale riferito al teatro dei burattini (ningyü j., ningyō geki), sviluppatosi a partire dal 17° sec. come genere popolare in contrapposizione al teatro nō (➔), divenuto monopolio dell’aristocrazia. Nel teatro j. è determinante la stretta collaborazione fra il declamatore, i burattinai e l’accompagnamento musicale. Il nome deriva da uno dei primi racconti declamati, la cui protagonista è una dama chiamata Jōruri («lapislazzuli»). Con il passare del tempo si definirono vari tipi di drammi fra i quali furono predominanti i drammi storici (jidaimono, in 5 atti) e quelli di ambiente contemporaneo (sewamono, in 3 atti), anche se molto spesso i due generi finirono per mescolarsi. Il teatro j., che conobbe il massimo splendore grazie alla collaborazione dello scrittore Chikamatsu Monzaemon (1653-1725), ha esercitato un’influenza determinante sullo sviluppo del kabuki, sorto nello stesso periodo.